...Anzi in notevole ritardo!!! Purtroppo impegni imprevisti non mi hanno permesso di partecipare prima al trend. Ho notato che la discussione è andata molto avanti e la carne al fuoco è tanta che non so da dove iniziare. Per cui penso di ricominciare da…TRE! Cioè, provo a riprendere il filo partendo dalle due o tre cose che afferma don Paolo Farinella nella sua ormai famosa lettera. Penso di affrontare singolarmente i punti toccati dal sacerdote a cominciare, in questo post, da quello che ha sollevato più interesse: il discusso comportamento del nostro Presidente del Consiglio anche alla luce delle ultime dichiarazioni pubbliche esternate in proposito. Non so se sarò portatore di nuove considerazioni o alternativi piani di lettura; se lo sarò, ci saranno nuove argomentazioni su cui riflettere. Se non lo sarò, le mie parole si aggiungeranno a quelle di coloro che hanno già battuto la mia strada...
Chiedo scusa fin da ora per eventuali “lenzuoli”, ma sono anche certo di essere perdonato...se non da tutti, spero, da molti!!!!
Comincio da questa frase che avrà girato parecchio:
IL LIBERTINAGGIO NON E' FATTO PRIVATO!
Così sintetizzavano i titoli di diversi quotidiani in merito all’omelia di Mons. Crociata pronunciata in occasione della festa di santa Maria Goretti celebrata il 06.07.09 in provincia di Latina. Dal segretario generale della CEI, parole severissime che - seppur nella loro oggettiva formulazione – non potevano non fare riferimento (come confermavano ambienti vicino ai vertici della CEI) anche a Berlusconi e che, inevitabilmente sono andati a rafforzare le critiche antiberlusconiane (non certo campate in aria o così superficiali, come molti tentano di sostenere) portate avanti da molti organismi cattolici. A cominciare da
Famiglia Cristiana che, certo, le cose non le ha mandate a dire denunciando una misura ormai colma! Tali critiche sono state fatte proprie anche da molti segmenti cattolici di base quali
le Acli,
l’Azione Cattolica Italiana, La Comunità di sant’Egidio, gli universitari della
Fuci,
religiosi (francescani e salesiani in testa, ma anche numerosi sacerdoti) con toni, a volte anche sanguigni (come quelli usati da don Paolo Farinella), ma - di sicuro -
profetici. A questi si sono aggiunti il giornale
Avvenire (quotidiano dei vescovi) che in ben due editoriali ha invitato Berlusconi a fare chiarezza e a rispondere a tutti gli interrogativi riguardanti le sue vicende personali (evidentemente, per tale quotidiano, così come per moltissimi italiani, i confini della sfera privata di un uomo pubblico non sono poi così estesi, chiari e precisi). Anche il cardinale
Bagnasco ha fatto degli interventi su etica e moralità in politica (i cui toni mi sono sembrati leggeri come quelli di una piuma su argomenti che richiedevano, e richiedono, risposte più ferme e decise). Ultimo in ordine di arrivo, ma non di autorevolezza, il monito del
Papa sui giornali del 2 luglio u.s. che ribadiva l’importanza dei valori etici e morali (senza fare distinzione tra pubblico e privato) in politica.
“Tanto tuonò che, infine, piovve”. Ma qui, più che pioggia si deve parlare di vero e proprio ciclone! Nei precedenti post auspicavo un intervento da parte della CEI, dell’Osservatore Romano, di altri autorevoli organi ecclesiastici e/o del papa che ricalcasse nei toni e nella sostanza il famoso messaggio radiofonico trasmesso da papa Pio XII nel dicembre del 1942 in cui, pur senza nominare il nazismo, di fatto il pontefice usava parole ed espressioni che lo caratterizzavano e lo qualificavano in modo inequivocabile; A tal punto che i “diretti interessati” si sentirono direttamente chiamati in causa, come era giusto che fosse!!!! Bèh, credo di essere stato accontentato; le parole del Mons. Crociata, pur senza fare nomi espliciti (come è giusto che sia), richiamano anche (ma io direi:
soprattutto) le note vicende extrapolitiche di Berlusconi. Finalmente, è stata pronunciata una parola chiara, netta, che non dà spazio a fraintendimenti e che qualifica un discutibile atteggiamento che ha visto come protagonista anche (ma io sottolineerei di nuovo:
soprattutto) il sig. B.:
LIBERTINAGGIO!
E che l’omelia del monsignore ha fatto centro è fuori discussione. Diversamente, non si spiegherebbe la grande agitazione e il grande imbarazzo che si sono registrati tra i fedelissimi e lo staff del Presidente del Consiglio; agitazione ed imbarazzo che hanno reso difficile la messa a punto di una qualsiasi replica. La cronaca registra, poi, la notizia che Gianni Letta è stato mobilitato per cercare di strappare un’udienza col Papa dopo il recente G8 e di sondare gli umori delle massime cariche ecclesiastiche in merito alla faccenda. Per quanto mi riguarda, sono soddisfatto; non in modo ampio e completo, ma soddisfatto; non è il documento della CEI da molti auspicato (
in primis, da don Paolo Farinella), ma è la voce autorevole del suo Segretario Generale (in pratica, il numero 2…e scusate se è poco!). Una voce che si è levata dal pulpito di una chiesa durante l’omelia assumendo il carattere di giudizio morale (e così vuole essere, sottolineandone anche la sua immancabile valenza pubblica e politica) per mettere un punto fermo su un principio di vitale importanza e che ha generato molti equivoci:
la sfera privata non può essere invocata quale condizione sufficiente per mettere al riparo dal giudizio morale dei cittadini e della Chiesa (che non è moralismo, cosa ben differente) atti privati di un uomo pubblico aventi ricadute sulla sua vita pubblica.
Si potrebbe raffigurare schematicamente il duplice aspetto privato-pubblico della vita di un comune cittadino come un cerchio diviso dal suo diametro in due sezioni uguali: a sinistra è rappresentata la sfera “privata”; a destra, quella “pubblica” (si può fare anche il contrario, ovviamente). Va da sé che per l’uomo pubblico più la superficie della sfera pubblica si espande, più la linea che rappresentava il diametro si sposta a sinistra (o a destra), più l’area della sfera privata (meglio, autenticamente privata) diminuisce. I Romani, che di diritto se ne intendevano, erano soliti usare questa citazione:
“La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto”.
Ogni commento è superfluo: l’accento non è puntato tanto su Cesare (di cui si dà per scontata la trasparenza della sua vita
tout court: sia pubblica che privata), quanto sulla di lui moglie la cui vita è incontestabilmente riservata: una macchia nel privato della moglie di Cesare si ripercuote su Cesare. Punto! Don Paolo Farinella ha il merito di ricordare alla CEI proprio questo, seppur con toni “
sanguigni” (tipici del linguaggio “
profetico”) e non certo ”
forcaioli”, come ipotizzato da qualcuno. Certo, ad una più attenta riflessione si deve riconoscere che nel caso del sig. B. la figura geometrica su menzionata non lo rappresenta minimamente perché lui ha avuto il merito (o il demerito) di mescolare e di saldare indissolubilmente il pubblico col privato e viceversa; tutti ricorderanno che alla vigilia delle elezioni politiche del 2001 milioni di italiani (me compreso, sigh!) ricevettero un colorato e colorito libretto di circa 80 pagg. dove il sig. B. esibiva e rivelava numerosi dettagli della sua vita privata (corredata da molte foto “
private”) compresi il nome del suo camiciaio e quello del fornitore di cravatte, IN VIOLAZIONE – QUESTA, SI’ – DELLA LORO PRIVACY! Le ultime 3-4 pagg., forse anche meno, erano riservate al suo programma politico (e, quindi, inerente alla sua sfera pubblica).
Nell’ormai famigerato “
Caso Noemi” è stato sempre il sig. B. che in una pilotata intervista pubblica, grazie ad un conduttore compiacente, ha fornito dei particolari sul suo “privato” pieni di contraddizioni, smentite di smentite ed imprecisioni che hanno scatenato a loro volta le famose
dieci domande di un noto quotidiano (tutte, indiscutibilmente, legittime) a cui, ora, lui pretende di sottrarsi. Evidentemente, Il privato è meno privato in alcuni casi e lo si invoca con decisione in altri; convinzione che è frutto di una pretesa impunità suggellata e sacralizzata dal voto popolare attraverso il quale si rivendica il diritto assoluto di stabilire che cosa può essere considerato lecito e che cosa illecito (ben poco, nel caso in questione!), che cosa sia pubblico e che cosa debba rimanere privato…in tutta onestà, non posso non citare il noto adagio che recita:
“Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”.
E’ proprio questo atteggiamento che - nel rendere noto tutto il privato o buona parte di esso a tutti - lo espone, inevitabilmente, al giudizio di tutti. Il giudizio morale della Chiesa sui discutibili comportamenti del Presidente del Consiglio (immorali, prima ancora che illegali, ancorché tenuti nel discutibile ambito del privato), espresso attraverso le sue svariate forme e tramite i suoi numerosi canali ufficiali e non ufficiali, è più che legittimo perché lo stesso Berlusconi si è proposto
quale modello e difensore della famiglia tradizionale, oltre che tutore dei principi cosiddetti “non negoziabili”, facendosi vanto della morale cattolica. Ora, mi domando, in che modo egli può dimostrare ciò se non passando attraverso il suo comportamento tenuto necessariamente nel privato? Come potrebbe, Berlusconi, dimostrare di essere buon padre, buon marito, buon nonno...se non passando dalla sua dimensione privata? La fede non è qualcosa vissuta solo a livello intimistico e in forma privata, ma deve trovare riscontro anche nella vita pubblica e viceversa; il comportamento del sig. B è - in base alle premesse da lui vantate -
un contro annuncio, una
antitestimonianza evangelica! Un politico deve accettare la pubblicità di ogni sua attività quando questa serve a valutare la coerenza tra i valori proclamati (anche cristiani) ed i comportamenti effettivamente tenuti. La stesso cardinal Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è allineato su questa tesi; riporto le sue testuali parole:
“E’ giusto che le conferenze episcopali intervengano con i loro esponenti per ribadire principi fondamentali come la morale, l’etica e la conseguente coerenza delle singole persone”
...senza, per questo, metterle alla berlina. Ovvio!
La Chiesa dunque ha le sue buone ragioni a criticare l’operato degli uomini pubblici con argomenti morali e privati e, in questo senso, di partecipare indirettamente alla costruzione del giudizio.
Sono rimasto perplesso nel leggere gli interventi di alcuni foristi in cui era sostenuto che quando ci si rivolge ad un medico o un meccanico questi non devono essere giudicati in base alla loro condotta morale tenuta in privato, ma solo sulla loro professionalità; sulla loro capacità di svolgere la professione medica o quella di meccanico. A parte il fatto che c’è una differenza tra chi ha rapporti
col pubblico (il medico, il meccanico...) e chi è un
uomo pubblico (ministro, calciatore, attore...), questa affermazione non può essere fatta in modo assoluto; essa è valida fintanto che essere un donnaiolo nel privato (esempio riportato da qualcuno nel forum) non comporti conseguenze sul posto di lavoro tali da compromettere l’integrità fisica di eventuali pazienti o clienti; se a causa di atletiche prestazioni effettuate in ore notturne condite da colossali bevute di superalcolici il medico o il meccanico arrivano tardi al lavoro, non sono concentrati e commettono errori che portano a tragiche conseguenze, ecco che il loro “
privato” assume una importanza rilevante quale garanzia per la vita del paziente o del cliente di turno. C’è una superficiale quanto distorta visione alla base del concetto secondo cui un individuo debba essere valutato solo, o in buona misura, sulle sue capacità di “
fare”. Questa visione tende a considerare l’uomo non nella sua interezza, nella sua globalità, ma come una somma di compartimenti stagni; si tende, cioè, a vivisezionare l’individuo nei suoi singoli aspetti della vita e delle sue relazioni senza collegarli tra loro o collegarli in maniera marginale.
Distingueremo pedissequamente l’uomo pubblico dall’uomo privato; l’essere padre dall’essere marito; l’essere zio dall’essere amico o dall’essere collega ecc. così si giungerà ad affermare che X è un buon collega, ma al contempo un pessimo padre; un soddisfacente marito, ma un subdolo amico...senza arrivare ad una valutazione di sintesi che ci faccia comprendere chi sia o non sia il sig. X...per quanto è possibile conoscere. Questo distorto ragionamento è anche alla base di episodi a dir poco disdicevoli che hanno avuto come protagonisti personaggi quali l’ex parlamentare leghista Matteo Salvini il quale, dimentico della carica che ricopriva e del valore che la sua funzione istituzionale rivestiva, si lascia andare a cori razzisti contro i napoletani giustificando capziosamente la sua condotta sostenendo di stare al bar (poco importa se nell’ambito di una manifestazione politica, la più importante della Lega) e non sul palco!!!!! Così come a dir poco inopportuna quanto moralmente discutibile è la cena “
privata” del giudice costituzionale Luigi Mazzella che, contagiato dal virus berlusconiano, si auto assolve rivendicando la stessa privacy di un qualunque cittadino e cercando di far passare inosservata la circostanza che alla cena c’erano due giudici costituzionali chiamati a giudicare prossimamente la costituzionalità del famoso Lodo Alfano (lui stesso e il giudice Paolo Maria Napolitano), il ministro Alfano, di cui il Lodo porta il nome, Silvio Berlusconi (su cui pende il giudizio della legge ad personam), il sottosegretario Letta e due presidenti di commissioni parlamentari , Vizzini e Bruno. Lo stesso Mazzella si è affrettato ad affermare che gli argomenti di cui si è parlato non riguardavano minimamente il Lodo. Per carità! Sarà anche vero, ma mi si permetta di sollevare (insieme a diversi milioni di italiani) più che qualche legittimo dubbio in merito; è come se ad una cena di lupi si sostenga di non aver parlato di pecore. Sarà...
Una volta si diceva che il vero gentleman è colui che anche in privato prende la zolletta di zucchero col la pinzetta. Come sono lontani i tempi!
Mi prendo ancora un po’ di spazio prima di concludere per ribattere ad alcune argomentazioni che mi hanno colpito.
E’ stato affermato che Tommaso Moro, eletto a modello per il suo comportamento in contrapposizione a quello di certi ”preti”, non si è occupato delle scappatelle di Enrico VIII, re d’Inghilterra. Questo non è detto; il fatto che, come è sostenuto, non si abbiano notizie di conflitti tra i due uomini su tali argomenti non significa che non ce ne siano stati. I Vangeli, per esempio, tacciono intorno alla circostanza se Gesù abbia mai riso, ma questo non vuol dire che non l’abbia fatto (personalmente, credo proprio di sì!). Eppure in tempi lontani fu un argomento molto dibattuto e con passione, anche! Umberto Eco ricorda la vivacità e l’ardore profuso intorno a questo tema nel suo best seller: IL NOME DELLA ROSA. Del resto, se si considera che gli stessi Vangeli contengono solo una selezione di tutto ciò che riguarda Gesù, non mi meraviglia se lo stesso possa accadere anche nelle opere e nelle biografie di altri personaggi…
Interessante, invece, è la conclusione dell’editoriale di Beppe Del Colle apparso su Famiglia Cristiana in cui si legge:
“Tommaso Moro insegna anche questo: nella vita esistono principi etici superiori, affidati alla coscienza dei singoli, che vanno rispettati. Il “privato “ di Enrico VIII lo era tanto poco che provocò tragedie e sconvolgimenti politici e religiosi “pubblici” in tutta Europa. Quanto più in alto ci si trova, tanto più il “privato” conta, per le sue conseguenze “pubbliche”.
E fu così che le aspettative frustrate di un padre (di avere un figlio maschio – il privato) e le speranze disattese di un re (di avere un erede al trono – il pubblico) furono alla base dello scisma che diede vita alla Chiesa Anglicana.
Erode veniva criticato perché era un sanguinario stragista, il fatto che avesse relazioni che ad avviso del Battista erano illecite era solo la ciliegina sulla torta. Inoltre i matrimoni dei monarchi hanno tutto di politico… Suo padre sposò Mariamne per imparentarsi con gli Asmonei ad esempio… Questo matrimonio di Antipa con Erodiade aveva creato caos politico perché lei aveva abbandonato il suo primo marito, e lui la sua precedente compagna, oltre al fatto che la relazione era proibita dalla legge mosaica
Che i matrimoni dei monarchi hanno tutto di politico, su questo non ci piove! Ma, a mio parere, non aveva alcun significato politico l’unione illecita di Erode Antipa con Erodiade che non comportò, tra l’altro, alcuna conseguenza nella linea di successione al trono di Erode (la figlia di Erodiade non divenne regina). Si trattò di una “pruriginosa” voglia di re, certo, ma mossa dalla pulsione disordinata di Erode quale uomo. Il Battista, a sua volta, era un uomo pratico e lo si intuisce dalle risposte che dà a coloro che gli chiedono cosa fare per ricevere il perdono dei peccati; non si sofferma, quindi, sull’analisi delle azioni di governo del re (non è un politologo), ma denuncia il suo comportamento perché questi unendosi ad Erodiade aveva infranto la legge mosaica che regolava
tout court la vita e i rapporti dei singoli. La rottura del suo matrimonio spezza quell’unità che lega insieme Dio, il re e il popolo; coinvolge Erode nella sua interezza (nella dimensione di uomo, di marito e di re) ripercuotendosi a cascata sul popolo che rischiava di disgregarsi, di smarrire,così, il suo punto di riferimento nel governo del regno.
Natan, per tornare all'esempio portato, non denunciò solo l'adulterio di Davide (in qualità di re o di "privato cittadino"?), ma anche l'abuso di potere e l'omicidio.
Si tratta in entrambi i casi di denuncia di tradimento del mandato reale. Infatti Davide per avere quella donna aveva deliberatamente mandato a morire il marito di lei, e l’aveva fatto col suo potere di re. L’adulterio di Davide s’è consumato sul sangue di Uria.
Anche nel caso di Davide il richiamo del profeta Natan è sia all’uomo che al re; Lo si comprende dalla parabola del profeta che è un vero capolavoro in cui l’allegoria si dissipa all’istante per evidenziare la cruda realtà. Nel giudicare l’ipotetico ricco uomo che non ha avuto compassione del povero Davide, senza saperlo, sta giudicando se stesso e si applica la pena di morte comminata dalla legge contro gli adultéri (il Davide re sta giudicando il Davide uomo). Veemente contro chi credeva colpevole, riconosce poi umilmente il proprio peccato. In seguito a ciò è pacificamente riconosciuto che Davide compose il meraviglioso Salmo 51, conosciuto anche come: il “
Miserere”. Ora, quando ci si rivolge a Dio in preghiera o si chiede il Suo perdono, ogni uomo è nudo davanti al Signore; non esistono cariche onorifiche, titoli, riconoscimenti che valgono e che possiamo vantare; siamo semplicemente noi stessi, misere creature, davanti al nostro Creatore. Premesso questo, mi chiedo: se l’accusa di Natan fosse rivolta esclusivamente al Davide re in qualità di uomo pubblico (perché la denuncia del profeta riguarderebbe il tradimento del mandato reale), come è stato argomentato, perché il Davide uomo (quello del Salmo 51) dovrebbe chiedere perdono di ciò che ha fatto il Davide re? Le due figure si compenetrano come si compenetrano nell’uomo la dimensione dell’anima e quella del corpo. Natan denuncia il comportamento di Davide in quanto re e in quanto uomo.
Mi fermo qui. Riprenderò la disamina degli altri punti e le eventuali repliche al mio post fra una settimana circa, al mio ritorno dalle ferie.
Arrivederci a presto!!!
Un fraterno saluto.
Freddie
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Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto. Il tuo volto, Signore, io cerco.
[Modificato da !Freddie! 11/07/2009 23:55]