00 12/07/2009 13:28
Per !Freddie!

Gli unici interventi che mi interessano sono quelli che vengono da posizioni di “magistero”, e cioè il papa e il segretario della CEI, le altre organizzazioni cattoliche possono scrivere quello che più loro aggrada. Di entrambi questi pronunciamenti ho già detto che non fanno nulla di quello che don Farinella auspica, e che al contrario essi si comportano come io ho indicato dovrebbe regolarsi la Chiesa, cioè mai condannare il peccatore additandolo pubblicamente bensì condannare il peccato. Distinguere cioè l’errore dall’errante. Non posso che ribadire quello che ho già affermato. Quando il testo del segretario della CEI aggiunge che non si tratta di fatti privati, lo fa nel senso che la generale esibizione della mancanza di pudore contribuisce al degrado morale della società, e, nel caso di rapporti con minori, è doppiamente non privato in quanto costituisce reato. Questa distinzione tra “pubblico” e “privato” non ha nulla a che fare con quella che avevo fatto io, cioè che la Chiesa si occupa di ciò che Berlusconi fa come personaggio pubblico e ovviamente non si immischia con la sua vita privata. Quando il segretario della CEI in questo testo invece afferma non si tratta di “affari” privati intende dire che queste azioni commesse in privato hanno una ricaduta a cascata sul resto della società, perché ciascuno di noi che si comporta senza pudore istiga il fratello a fare altrettanto. Questo, ancora una volta, non ha nulla a che fare con quello che io ho affermato quando ho detto che la CEI non deve occuparsi della vita di Berlusconi in quanto fatto privato. La mia etichettatura come privato infatti non era nel senso di “è un fatto privato, dunque è giusto”, bensì nel senso “è un fatto privato, ergo la CEI non fa nomi”; la distinzione della CEI invece dice che non si può appunto dire “è un fatto privato, quindi tutto è moralmente giusto proprio perché privato”. Il testo della CEI condanna un’ideologia in base alla quale se qualcosa un fatto è privato, allora è permesso, ma fa quello che don Farinella auspicava, cioè prendere posizione sugli atti della vita privata di qualcuno per condannarli. Sono proprio due piani diversi. Farinella sostiene che l’eventuale libertinaggio di un capo di stato costruirebbe una sorta di impedimento dirimente che rende inabili ad essere capi di stato, mentre la CEI non dice nulla del genere, bensì condanna una teoria di filosofia morale in base alla quale se una cosa non nuoce a terzi (cioè resta privata), allora è lecita. Un’azione per la teologia cristiana resta sbagliata anche se non fa danni a terzi, perché la nostra filosofia morale non si riduce al “se non fai male a nessuno, fa’ ciò che vuoi”. Ma il fatto che peccati nel privato siano per l’appunto peccati, non dice nulla circa il fatto che quella persona sia un buon politico o che la CEI debba occuparsi dei suoi peccati ed additarli.
Men che meno c’entra qualcosa con la linea di Don Farinella l’intervento del papa, il quale dice solo, come fa da anni, che non si possono separare politica ed etica, non nel senso che una persona dev’essere irreprensibile nel privato, bensì nel senso di una conduzione etica della politica. L’accenno al fatto che non si può separare etica e politica non riguarda l’etica della vita dei politici, ma l’etica dell’azione politica: vale a dire che è un’azione etica favorire il bene del mondo, mentre è anti-etico portare il proprio stato a bombardare degli innocenti. Per parlare di connubio tra politica ed etica non ha nulla a che fare con l’etica del senso della conduzione della vita privata dei ministri (sempre che non facciano cose illegali, ovviamente).


“Ogni commento è superfluo: l’accento non è puntato tanto su Cesare (di cui si dà per scontata la trasparenza della sua vita tout court: sia pubblica che privata), quanto sulla di lui moglie la cui vita è incontestabilmente riservata: una macchia nel privato della moglie di Cesare si ripercuote su Cesare. Punto”



Cesare, e i Cesari in generale, erano dei puttanieri. Della moralità di Cesare non fregava niente a nessuno, perché i romani erano abituati al detto “il potere corrompe” e i loro Cesari erano uno più corrotto dell’altro. Se la moglie di Cesare (cioè dell’imperatore) d’essere al di sopra di ogni sospetto è perché le donne a Roma erano schiave del patriarcato, e dunque un esempio negativo della donna dell’imperatore avrebbe incoraggiato ad essere libertine anche le altre donne. A Roma c’era quella che gli storici delle idee e gli antropologi chiamano “doppia morale”, e cioè che la fedeltà era assolutamente obbligatoria per la donna ma non per l’uomo.
Ci sono casi in cui la morale nella vita privata ha ricadute anche nella sfera della gestione pubblica, ad esempio i casi di corruzione. Una persona che nella vita privata si fa corrompere potrebbe essere portato nell’espletamento delle sue funzioni ad essere un corrotto. Tra questue categorie di errori che impediscono di darsi alla vita politica non c’è ovviamente l’andare a donne.


“Nell’ormai famigerato “Caso Noemi” è stato sempre il sig. B. che in una pilotata intervista pubblica, grazie ad un conduttore compiacente, ha fornito dei particolari sul suo “privato” pieni di contraddizioni, smentite di smentite ed imprecisioni che hanno scatenato a loro volta le famose dieci domande di un noto quotidiano (tutte, indiscutibilmente, legittime) a cui, ora, lui pretende di sottrarsi. Evidentemente, Il privato è meno privato in alcuni casi e lo si invoca con decisione in altri; convinzione che è frutto di una pretesa impunità suggellata e sacralizzata dal voto popolare attraverso il quale si rivendica il diritto assoluto di stabilire che cosa può essere considerato lecito e che cosa illecito (ben poco, nel caso in questione!), che cosa sia pubblico e che cosa debba rimanere privato…in tutta onestà, non posso non citare il noto adagio che recita.”



Scusa ma non capisco cosa c’entra la I parte di questo intervento quotato con la II. Nella prima parte tenti di dimostrare, a mio avviso con tutte le ragioni, che questo rapporto con Noemi evidentemente non è stato per nulla innocente, mentre nella II parte passi da questo problema all’affermazione che Berlusconi dovrebbe risponderne agli italiani, e che questo atteggiamento con Noemi farebbe parte dell’atteggiamento di Berlusconi di crearsi da solo i parametri di cosa sia “lecito e che cosa illecito”. Anche ammettendo che Berlusconi ci sia andato a letto con questa Noemi, mi spieghi perché dovrebbe renderne conto agli italiani e perché la cosa sarebbe illecita? L’adulterio in Italia non è reato e questa Noemi, se i rapporti che ha avuto li ha avuto con una maggiorenne, erano del tutto leciti. Non ha violato nessuna legge, né deve risponderne a qualcuno in qualità di capo di stato.


“perché lo stesso Berlusconi si è proposto quale modello e difensore della famiglia tradizionale, oltre che tutore dei principi cosiddetti “non negoziabili”,”



No. Non è stato Berlusconi a porsi come un sostenitore della “famiglia tradizionale”. Nel suo partiti sono tutti divorziati e dunque si guardano bene dal farlo. Berlusconi non ha mai detto che andare a donne sia sbagliato. Sono stati i partiti del centro destra, per bocca di alcuni loro esponenti, a suonare la campana della famiglia tradizionale.


“buon marito, buon nonno...se non passando dalla sua dimensione privata? La fede non è qualcosa vissuta solo a livello intimistico e in forma privata, ma deve trovare riscontro anche nella vita pubblica e viceversa; il comportamento del sig. B è - in base alle premesse da lui vantate - un contro annuncio, una antitestimonianza evangelica!”



Questa è una valutazione del tutto teologica, e che posso anche condividere. Se Berlusconi è colpevole delle cose che gli ascrivono, è un contro-esempio. Ma questa è una valutazione che dà il cristiano, e che non ha nulla a che vedere con la liceità di qualcosa per lo stato, né soprattutto col fatto che la Chiesa debba additare dei politici che con la loro vita privata darebbero questa “contro-testimonianza”.


“La stesso cardinal Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è allineato su questa tesi; riporto le sue testuali parole: “E’ giusto che le conferenze episcopali intervengano con i loro esponenti per ribadire principi fondamentali come la morale, l’etica e la conseguente coerenza delle singole persone” ...senza, per questo, metterle alla berlina. Ovvio!”



Continuate a fraintendere il linguaggio della Chiesa, cui non siete per nulla avvezzi. La Chiesa condanna sempre il peccato e richiama alla coerenza persone, ma questo richiamo è del tutto generale, e non rivolto a qualcuno additandolo. Fa parte della predicazione della Chiesa dire che le persone devono essere coerenti, non fa parte della predicazione della Chiesa dire chi è quella persona che dovrebbe essere coerente. Spero sia chiara la differenza.


“A parte il fatto che c’è una differenza tra chi ha rapporti col pubblico (il medico, il meccanico...) e chi è un uomo pubblico (ministro, calciatore, attore...), questa affermazione non può essere fatta in modo assoluto; essa”



La notorietà non c’entra nulla. Si tratta sempre di varie professioni, nelle quali la vita privata non è in alcun modo rilevante per inficiare la capacità di svolgere quella professione.


“non comporti conseguenze sul posto di lavoro tali da compromettere l’integrità fisica di eventuali pazienti o clienti; se a causa di atletiche prestazioni effettuate in ore notturne condite da colossali bevute di superalcolici il medico o il meccanico arrivano tardi al lavoro, non sono concentrati e commettono errori che portano a tragiche conseguenze”



Stessa cosa ho detto io dicendo che ci sono dei “peccati privati”, come la corruzione, che possono avere delle ricadute nel pubblico. Essere un donnaiolo non rientra in questo frangente.


“ecco che il loro “privato” assume una importanza rilevante quale garanzia per la vita del paziente o del cliente di turno. C’è una superficiale quanto distorta visione alla base del concetto secondo cui un individuo debba essere valutato solo, o in buona misura, sulle sue capacità di “fare”.”



Un uomo non deve essere giudicato solo sulla base della sua capacità di “fare”, ma non spetta alla CEI il giudizio su quello che esula da questo “fare politico”. Dio, sua moglie, ecc. potranno essere interessati a quello che Berlusconi fa nel privato se va a donne, ma non si capisce proprio perché la Chiesa dovrebbe occuparsi con dichiarazioni pubbliche di questa sfera privata di Berlusconi. La Chiesa si occuperà di Berlusconi con dichiarazioni pubbliche quando c’è in gioco l’azione pubblica di Berlusconi, ad es. se proporrà una legge anti-cristiana. Per il resto, un giudizio su Berlusconi quale uomo nel privato si potrà anche dare, ma non sarà né compito né interesse della Conferenza Episcopale Italiana darlo, perché non si tratta per l’appunto di questioni nazionali ma di questioni private, e fare dichiarazioni su Berlusconi in quel frangente sarebbe come farle a proposito di un qualsiasi privato cittadino.


“Questa visione tende a considerare l’uomo non nella sua interezza, nella sua globalità, ma come una somma di compartimenti stagni; si tende, cioè, a vivisezionare l’individuo nei suoi singoli aspetti della vita e delle sue relazioni senza collegarli tra loro o collegarli in maniera marginale.”



Alcuni aspetti della vita possono interferire con altri, alcuni invece no. Moltissimi grandi uomini politici del passato erano dei noti donnaioli, Giulio Cesare stesso da te citato stava con Cleopatra quand’era ancora sposato con Calpurnia.


“Questo distorto ragionamento è anche alla base di episodi a dir poco disdicevoli che hanno avuto come protagonisti personaggi quali l’ex parlamentare leghista Matteo Salvini”



In questo caso è stato giudicato conflittuale con la funzione di parlamentare della Repubblica Italiana che, chi deve rappresentare tutti, sia una persona che invece odia il Sud.


“Questo non è detto; il fatto che, come è sostenuto, non si abbiano notizie di conflitti tra i due uomini su tali argomenti non significa che non ce ne siano stati.”



Io posso solo attenermi a quello che dicono le fonti e non inventare. Se qualcuno vuole sostenere qualcosa di cui le fonti non si occupano, è un problema suo dimostrare quello che dice. Comunque, è incompatibile con la filosofia di Moro il mollare un “principe” solo perché non ti va bene la sua vita privata. Il brano da Utopia che ho riportato è esemplare.


“I Vangeli, per esempio, tacciono intorno alla circostanza se Gesù abbia mai riso, ma questo non vuol dire che non l’abbia fatto (personalmente, credo proprio di sì!).”



E’ probabile, ma questa probabilità non dipende dalla figura di Gesù o dallo studio della storia, bensì dal fatto che Gesù era un uomo ed è improbabile che non abbia mai riso, visto che l’umanità si caratterizza per questo. Nel caso di Moro invece, non discende dal fatto che sia un uomo che debba aver parlato male ad Enrico VIII delle sue scappatelle. Il suo rifiuto di accettare il matrimonio con Anna Bolena era già di per sé un segnale inequivocabile che non approvava la relazione. Ma come ripeto qui il problema non è la colpevolezza di Enrico VIII, di cui né noi né Tommaso possiamo dubitare, bensì la sensatezza per un primo cancelliere di andare a dire al suo monarca che non gli va bene quello che faceva nella vita privata. Tommaso tra l’altro ha fatto del suo silenzio la sua strategia di difesa, per questo si può essere sicuri che non disse nulla al re. Infatti non disse mai apertamente di condannare le nozze tra Anna ed Enrico, bensì si rifiuto di approvarle pubblicamente. Il suo silenzio venne inteso come una condanna (e ovviamente lo era), ma Moro argomentò che se uno non dice niente non si può dedurre dal suo silenzio né un sì né un no. In questo modo cercava di tenersi fuori dai guai. Quando il re sposò Anna, gli chiese di ritirarsi a vita privata e si dimise dalla carica. Purtroppo al re non bastava il silenzio del cancelliere del regno, perché il suo silenzio gli pesava come un macigno, e la fama di Moro era tale che quel silenzio significava molto anche per il popolo.
“Interessante, invece, è la conclusione dell’editoriale di Beppe Del Colle apparso su Famiglia Cristiana in cui si legge: “Tommaso Moro insegna anche questo: nella vita esistono principi etici superiori, affidati alla coscienza dei singoli, che vanno rispettati. Il “privato “ di Enrico VIII lo era tanto poco che provocò tragedie e sconvolgimenti politici e religiosi “pubblici” in tutta Europa. Quanto più in alto ci si trova, tanto più il “privato” conta, per le sue conseguenze “pubbliche”.”

Siamo su tutt’altro piano, perché Enrico VIII ha ordinato quelle stragi proprio in qualità di re. Con Enrico non siamo davanti al peccato privato e la buona gestione pubblica, bensì all’utilizzo dei mezzi del potere pubblico per raggiungere quello che vuoi nel privato. In quel caso, trattandosi di azioni pubbliche e di governo, è bene intervenire e denunciare pubblicamente.


“Il Battista, a sua volta, era un uomo pratico e lo si intuisce dalle risposte che dà a coloro che gli chiedono cosa fare per ricevere il perdono dei peccati; non si sofferma, quindi, sull’analisi delle azioni di governo del re (non è un politologo)”



Bisogna fare alcune considerazioni. In primis che in Israele il re è una figura religiosa, e dunque se non risponde correttamente alle leggi divine secondo la mentalità antica sarebbe una calamita per la giustizia divina che s’abbatterebbe sull’intero popolo (questo concetto è estraneo alla mentalità contemporanea, che non concepisce punizioni divine sulla popolazione per le colpe dei governanti e soprattutto non crede affatto che i governanti siano una figura religiosa).
Erode Antipa, esattamente come suo padre, non aveva minimamente la simpatia dei giudei né prima né dopo aver sposato Erodiade perché come ripeto erano degli stragisti.
Un privato può criticare quello che gli pare della vita privata di qualcuno, lo faccio anch’io, sono chiacchiere da bar che può fare chiunque. Ma un privato non è un organismo nazionale come la CEI. Il punto di questa discussione non è se Berlusconi\Erode stia sbagliando, la se la CEI debba occuparsene. La Chiesa non ha nulla contro quei giornalisti od editorialisti cattolici che vogliano occuparsi della vita privata di Berlusconi, ma non è questo il tema del post: non stiamo parlando di Berlusconi ma del fatto che la CEI debba o meno additarlo come peccatore. La tua strategia di dimostrare che Berlusconi sia un peccatore nella sua sfera privata non dice nulla a proposito del nostro problema, che è di altro livello.


“Anche nel caso di Davide il richiamo del profeta Natan è sia all’uomo che al re;”



E’ sia all’uomo che al re ma perché l’uomo privato ha finito per sfociare nei compiti del re. Le due sfere si sono mischiate, e dunque il peccato privato è stato perpetrato tramite il tradimento del mandato pubblico. E’ dunque ovvio che il profeta, per rimproverare il tradimento del mandato pubblico, debba fare allusione alla causa scatenante del privato, ma ciò non toglie il fatto che sempre di un’azione pubblica si sia trattato.


“In seguito a ciò è pacificamente riconosciuto che Davide compose il meraviglioso Salmo 51, conosciuto anche come: il “Miserere”. Ora, quando ci si rivolge a Dio in preghiera o si chiede il Suo perdono, ogni uomo è nudo davanti al Signore; non esistono cariche onorifiche, titoli, riconoscimenti che valgono e che possiamo vantare; siamo semplicemente noi stessi, misere creature, davanti al nostro Creator”



Tutte queste considerazioni riguardano il rapporto del uomo con Dio. Come dicevo si stanno confondendo due piani. Berlusconi, se ha fatto quello che si dice, ne dovrà rispondere a Dio perché sta peccando contro il matrimonio. Ma questo non ha nulla a che fare con l’altro problema qui affrontato, e cioè perché mai la CEI dovrebbe occuparsi del suo singolo caso. La CEI condanna già l’adulterio…

Per Sonny


“Non te la prendere ma lo stridore delle unghie sui vetri mi ha sempre dato fastidio”



Altra aggettivazione senza alcun contenuto. Stridore di denti dove? Non ti sforzi neppure di essere credibile come argomentatore.


“non sto più nemmeno a tentare di confutarti, tanto è tempo perso!”



Questa frase invece fa passare l’idea che se Sonny non risponde è perché lui, pur avendo ragione, non ha tempo da perdere a rispondermi. Inutile dire che, finché non risponde, la sua pretesa rimarrà un flatus vocis. Chiunque infatti, anche se non sa rispondere, potrebbe scrivere che non risponde perché pensa che sia tempo perso.
Anche perché non s'è ancora capito cosa ti piaccia del posto di Freddie che tanto ammirri. Egli infatti sta attaccando l'idea da me espressa circa quello che la Chiesa dovrebbe fare, e sostiene che la Chiesa stessa mi abbia dato torto in quanto a suo avviso avrebbe agito contra Berlusconi. Tu invece insieme a don Farinella sostieni l'esatto contrario, cioè che la Chiesa sia una Chiesa di opportunisti silenziosi che non si schierano contro Berlusconi per paura delle loro finanze. SOno due posizioni antitiche...

Ad maiora
[Modificato da Polymetis 12/07/2009 13:29]
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)