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messa e collette:cattolicesimo e ortodossia a confronto.

Ultimo Aggiornamento: 05/04/2009 23:32
09/03/2009 21:25
 
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Per Epifanio


intanto, mentre voi rispolverate nella medesima forma, con le stesse parole e la stessa acrimonia il vetusto e poco digeribile armamentario propagandistico anticattolico e antiortodosso, con profusione di citazioni, testi sbattuti sulle facce e giudizi morali sulla storia, la gente perde la fede, e da queste contrapposizioni che offendono lo Spirito Santo ricava solo confusione e sfiducia, e magari preferisce la Sala del Regno.



La verità e la carità sono due cose che non devono escludersi a vicenda. Che il primato romano nel I millennio non sia riducibile al vuoto "primus inters pares" che oggi cercano di far passare molti ortodossi è cosa che a mio avviso può comprendere chiunque non si accechi volutamente, e dunque, siccome sono certo che Teodoro è una persona molto intelligente e non uno che parla per copia&incolla che neppure capisce come invece certi TdG che discutono di greco in rete, sono certo, proprio in virtù della sua acribia e del suo intelletto, di riuscire a farlo ragionare.

Per Trianello


mentre l'elevazione del Patriarcato di Costantinopoli ad una dignità fino ad allora inusitata fu dovuta esclusivamente a motivi di carattere politico-pastorale.



Come spiegato nel mio precedente post, quel canone si può anche contestualizzare, ma non dobbiamo farcelo andare bene per forza, non può avanzare alcuna pretesa di infallibilità (per le ragioni enunciate nel mio ultimo messaggio).
[Modificato da Polymetis 09/03/2009 21:28]
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
09/03/2009 21:49
 
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Come spiegato nel mio precedente post, quel canone si può anche contestualizzare, ma non dobbiamo farcelo andare bene per forza, non può avanzare alcuna pretesa di infallibilità (per le ragioni enunciate nel mio ultimo messaggio).



La mia contestualizzazione voleva fare da preambolo ad una citazione della Catholic Encyclopedia sull'argomento che stavo traducendo per inserirla in questa discussione.

Uhm... dato che ci sono la inserisco direttamente in inglese, così faccio prima:


The twenty-eighth ratified the third canon of the Council of Constantinople (381), and decreed that since the city of Constantinople was honoured with the privilege of having the emperor and the Senate within its walls, its bishop should also have special prerogatives and be second in rank, after the Bishop of Rome. In consequence thereof he should consecrate the metropolitan bishops of the three civil Dioceses of Pontus, Asia, and Cappadocia.

This last canon provoked another session of the council, the sixteenth, held on 1 November. The papal legates protested therein against this canon, alleging that they had special instructions from Pope Leo on that subject, that the canon violated the prerogatives of the Patriarchs of Alexandria, Antioch, and Jerusalem, and was contrary to the canons (vi, vii) of the Council of Nicaea. Their protests, however, were not listened to; and the council persisted in retaining this canon in its Acts. With this incident the Council of Chalcedon was closed.

At the closing of the sessions the council wrote a letter to Pope Leo I, in which the Fathers informed him of what had been done; thanked him for the exposition of Christian Faith contained in his dogmatic epistle; spoke of his legates as having presided over them in his name; and asked for the ratification of the disciplinary matters enacted, particularly canon 28. This letter was handed to the papal legates, who departed for Rome soon after the last session of the council. Similar letters were written to Pope Leo in December by Emperor Marcian and Anatolius of Constantinople. In reply Pope Leo protested most energetically against canon xxviii and declared it null and void as being against the prerogatives of Bishops of Alexandria and Antioch, and against the decrees of the Council of Nicaea. Like protests were contained in the letters written 22 May, 452, to Emperor Marcian, Empress Pulcheria, and Anatolius of Constantinople. Otherwise the pope ratified the Acts of the Council of Chalcedon, but only inasmuch as they referred to matters of faith. This approval was contained in letters written 21 March, 453, to the bishops who took part in the council; hence the Council of Chalcedon, at least as to the first six sessions, became an ecumenical synod, and was considered as such by all Christians, both in the time of Poe Leo and after him.

[Modificato da Trianello 09/03/2009 21:53]

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

09/03/2009 22:36
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Elemosine o contribuzioni non solo nelle chiese
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mia cara sorella "veronika" che scrivi :

Luteranamanier, 06/03/2009 10.41:


Insomma sempre la stessa storia, siamo cattivi ce l'abbiamo con la chiesa cattolica che quando sbaglia non fa niente non lo dobbiamo fare notare dobbiamo guardare a qualche opere di carità che essa compie per carità...
Vedi caro Michele che io critico anche la chiesa Luterana quando sbaglia non ho problemi ma chiudere gli occhi certo non fa migliorare niente.




R I S P O S T A

mia cara sorella

e dove leggi le mie approvazioni??

vuoi vedere che vuoi far passare anche gli applausi per l'esempio che ho arrecato sulla Sanità???

mentre tu guardi il peccatore io mi fermo sul peccato.


Luteranamanier, 06/03/2009 10.41:


Che cosa esattamente per te è confuso? Ti ho fatto un esempio che a volte le leggi canonici non vengono applicate tu lo vorrai forse negare?
E poi si dice non è un problema nella mia parocchia non è cosi sai... e per forza perchè a volte come già detto i preti applicano le loro leggi e li fanno passare per legge della chiesa.Ti sembra normale questo?
Ed è questo che crea confusione nei fedeli e non il mio post.



R I S P O S T A

sempre il peccato dell'uomo [SM=x570868]

"rileggiti cosa avviene nella Sanità -
ed ora aggiungo
nel mondo del lavoro
nella scuola
nel condominio
per strada - traffico etc. etc."

ma io non ho mai detto che hanno il mio plauso

certo ognuno di noi iscrive i propri figli alle scuole, anche se distanti dalle proprie abitazioni, purché le "voci" garantiscono risultati e .....

ma non sarebbe più giusto iscrivere il proprio figlio presso il "plesso" antistante la propria abitazione???


Luteranamanier, 06/03/2009 10.41:


Ah che bello apprendi solo ora... e apprendi male perchè io una cosa non ho mai detto, io ti fatto una domanda caro l'esperto speciale della chiesa cattolica e te lo ripeto cosa dice la legge canonica? Una coppia non sposata può far battezzare la sua figliola nella chiesa cattolica sì oppure no?
Perché se è sì vorrei che tu mi postassi un documento valido che io posso far vedere a questa coppia nel modo che quest'ultima va con tale documento al prete al vescovo e compagnia bella per ottenere l'ok per il battesimo comprendi che la coppia è in crisi oppure no?



R I S P O S T A


per poter far Battezzare un neonato è sufficiente :
- il consenso di almeno uno dei due genitori - e che vi sia la fondata speranza che egli sarà educato nella "religione Cattolica"
- che vengano individuati padrini e madrine
Can. 872 - Al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino, il cui compito è assistere il battezzando adulto nell'iniziazione cristiana, e presentare al battesimo con i genitori il battezzando bambino e parimenti cooperare affinché il battezzando conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli obblighi ad esso inerenti.

Can. 874 - §1. Per essere ammesso all'incarico di padrino, è necessario che: 1) sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal parroco o dal ministro e abbia l'attitudine e l'intenzione di esercitare questo incarico; 2) abbia compiuto i sedici anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un'altra età, oppure al parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l'eccezione; 3) sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione, il santissimo sacramento dell'Eucaristia e conduca una vita conforme alla fede e all'incarico che assume; 4) non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata; 5) non sia il padre o la madre del battezzando.
§2. Non venga ammesso un battezzato che appartenga ad una comunità ecclesiale non cattolica, se non insieme ad un padrino cattolico e soltanto come testimone del battesimo.


ed aggiungerei al Rev. Parroco.......
così come si prega nella Liturgia della Messa :
"...non guardare i nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa..."

non partecipare al mio peccato (coppia che non ha ricevuto il Sacramento del Matrimonio), ma guarda alla salvezza di questa anima innocente.

(e chi sa se tanto possa servire per una riflessione reciproca)



Luteranamanier, 06/03/2009 10.41:


Sì ma il problema è se il primario dell'ospedale si rende conto che un suo medico è un incompetente rischiando pure la vita di qualche paziente di chi è la colpa ? Solo del medico incompetente?
Saluti fraterni caro Michele
Veronika



R I S P O S T A

sempre l'uomo? [SM=x570872] [SM=x570868]

grazie [SM=x570890] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto ini CRISTO RISORTO


.



[Modificato da cavdna 09/03/2009 22:40]
09/03/2009 23:02
 
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Re: Re: Re: Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello "Teodoro Studita" che scrivi :

Teodoro Studita, 06/03/2009 12.38:


ha perso coloro che hanno deliberatamente accettato di uscire



Noi non siamo usciti da un bel nulla, altrimenti mostrami in cosa avremmo cambiato la fede dal 1054 a oggi. E' il patriarcato di Roma ad essere uscito dalla comunione di fede con gli altri 4 patriarcati, introducendo innovazioni nella fede trasmessa dagli apostoli. Ergo peggio per loro, stando al tuo ragionamento.



R I S P O S T A

mio caro fratello


ma il mio dire non era rivolto a colui che continua a scompisciarsi di risate??? [SM=x570868]



Teodoro Studita, 06/03/2009 12.38:



ma in questi ultimi decenni ha avviato un cammino verso l'Ecumenismo
e non mi pare che vi sia stato mai una iniziativa contraria



Questa è la propaganda di Kasper &C. Stai tranquillo che l'ecumenismo è fermo e tale resterà almeno fino al prossimo papa.



R I S P O S T A

è evidente che viviamo contesti differenti

e può essere che io confonda
oppure tu sei così distratto da non saper leggere neanche il presente??

www.congressoeucaristico.it/

dai un'occhiata ai "documenti" - "ecumenismo" di quel Congresso e anche all'"Omelia" del Santo Padre, che riporto un piccolo trafiletto :
"L’Eucaristia – ripetiamolo – è sacramento dell’unità. Ma purtroppo i cristiani sono divisi, proprio nel sacramento dell’unità. Tanto più dobbiamo, sostenuti dall’Eucaristia, sentirci stimolati a tendere con tutte le forze a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. Proprio qui, a Bari, città che custodisce le ossa di San Nicola, terra di incontro e di dialogo con i fratelli cristiani dell’Oriente, vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Sono cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. "

vedi mio caro fratello ciò che tu asserisci trova smentita dalle parole e promesse fatte dal Santo Padre

proprio in questi giorni qui ha Bari si è realizzato ciò che veniva solo propagandato qualche anno fa.
Fatti e non chiacchiere.




Teodoro Studita, 06/03/2009 12.38:




vi saluto in CRISTO RISORTO

Siamo in Quaresima, per la cronaca.

Cordialità,



R I S P O S T A

e quindi non è RISORTO? [SM=x570872]

grazie [SM=x570892] [SM=x570864]

vi saluto in CRISTO RISORTO


.


[Modificato da cavdna 09/03/2009 23:05]
10/03/2009 01:45
 
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Grazie innanzitutto ad Andrea per il suo "penitentiagite": hai ragione, non sono argomenti che andrebbero trattati in questo contesto, né siamo noi che possiamo illuderci di risolverlo. Il massimo che possiamo ottenere è quello di scrivere mille pagine e di confondere al massimo tutti i non-specialisti.

L'argomento è molto complesso ed è sfuggito di mano, così che dalle "specie" eucaristiche siamo arrivati a parlare del primato, dell'infallibilità dell'ecumenicità dei concili, e chi più ne ha... semplicemente non è sostenibile se non altro per questioni di spazio.

Mi limiterò dunque al topic, rispondendo alla domanda sul perché diamo solo il vino ai neonati e/o ai celiaci. La risposta è che la fisiologia (o patologia) di costoro potrebbe avere un danno dall'elemento-pane. Questo è pacifico, e mi chiedo quale sia il problema rispetto a quanto ho esposto prima della nostra prassi. Un conto è prendere una malattia dal pane e un conto è soffrire per colpa del pane di una malattia (o di una condizione) che già si ha. Sono due situazioni ben diverse. Nessuno mette in discussione che nel solo pane ci sia "tutto Cristo", diciamo più che altro che per noi questo argomento ha un sapore discretamente sofistico. Preferiamo piuttosto chiederci perché mai il Signore abbia istituito due "specie", se in fin dei conti ne bastava una. Ecco il problema rovesciato, ancor più cogente alla luce dei detti sulla necessità del calice cha già abbiamo citato.

Non abbiamo la pretesa di anteporre una speculazione umana (come quella sulla sostanza e gli accidenti) ad un comando del Signore, questo è il punto. Se ha istituito due "specie", verosimilmente un motivo lo avrà avuto, e non vedo alcuna buona ragione per farlo passare in subordine rispetto ad una necessità pratica (come quelle che nel XII secolo determinarono la soppressione del calice per il popolo). Tutto qua, piuttosto semplice.

La progressiva perdite di corrispondenza tra significante e significato nella prassi liturgica occidentale del resto è ormai una
realtà, tale che è possibile che un beduino musulmano amministri con la sabbia un battesimo "valido" (caso estremo possibile -ad esempio- in caso di un disastro aereo in mezzo al deserto). I simboli sono importanti anche quando sono solo tali (come nel caso del battesimo senza battesimo, cioè immersione, giusto per restare in tema), figuriamoci quando sono più che simboli, come il calice eucaristico.

Detto ciò, spero almeno di aver illustrato un punto di vista. La disputa sul primato dovrà essere rimandata a sedi più opportune. Se avrò tempo, cercherò di mettere su un PDF.

Cordialità,
10/03/2009 02:03
 
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"Nessuno mette in discussione che nel solo pane ci sia "tutto Cristo"

Lo metto in discussione io !

Gesù quando nell'ultima cena versò il vino e disse bevetene tutti si sbagliava? mentre già il pane conteneva tutto Cristo!!
Già.... [SM=g1543783] poi con il tempo la LUCE tenue diventa con il tempo abbagliante come le lampadine a basso consumo energetico di qualche anno fa prima che beghelli inventasse la nuova che da subito il massimo bagliore.....
scusate ma questa del pane che contiene tutto non la capisco [SM=x570880] [SM=x570879]


Simpaticamente!!! [SM=g1537196] [SM=x570901] [SM=x570907]
[Modificato da Robenz 10/03/2009 02:06]
10/03/2009 02:10
 
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Re:
Teodoro Studita, 10/03/2009 1.45:

Grazie innanzitutto ad Andrea per il suo "penitentiagite": hai ragione, non sono argomenti che andrebbero trattati in questo contesto, né siamo noi che possiamo illuderci di risolverlo. Il massimo che possiamo ottenere è quello di scrivere mille pagine e di confondere al massimo tutti i non-specialisti.

L'argomento è molto complesso ed è sfuggito di mano, così che dalle "specie" eucaristiche siamo arrivati a parlare del primato, dell'infallibilità dell'ecumenicità dei concili, e chi più ne ha... semplicemente non è sostenibile se non altro per questioni di spazio.

Mi limiterò dunque al topic, rispondendo alla domanda sul perché diamo solo il vino ai neonati e/o ai celiaci. La risposta è che la fisiologia (o patologia) di costoro potrebbe avere un danno dall'elemento-pane. Questo è pacifico, e mi chiedo quale sia il problema rispetto a quanto ho esposto prima della nostra prassi. Un conto è prendere una malattia dal pane e un conto è soffrire per colpa del pane di una malattia (o di una condizione) che già si ha. Sono due situazioni ben diverse. Nessuno mette in discussione che nel solo pane ci sia "tutto Cristo", diciamo più che altro che per noi questo argomento ha un sapore discretamente sofistico. Preferiamo piuttosto chiederci perché mai il Signore abbia istituito due "specie", se in fin dei conti ne bastava una. Ecco il problema rovesciato, ancor più cogente alla luce dei detti sulla necessità del calice cha già abbiamo citato.

Non abbiamo la pretesa di anteporre una speculazione umana (come quella sulla sostanza e gli accidenti) ad un comando del Signore, questo è il punto. Se ha istituito due "specie", verosimilmente un motivo lo avrà avuto, e non vedo alcuna buona ragione per farlo passare in subordine rispetto ad una necessità pratica (come quelle che nel XII secolo determinarono la soppressione del calice per il popolo). Tutto qua, piuttosto semplice.

La progressiva perdite di corrispondenza tra significante e significato nella prassi liturgica occidentale del resto è ormai una
realtà, tale che è possibile che un beduino musulmano amministri con la sabbia un battesimo "valido" (caso estremo possibile -ad esempio- in caso di un disastro aereo in mezzo al deserto). I simboli sono importanti anche quando sono solo tali
(come nel caso del battesimo senza battesimo, cioè immersione, giusto per restare in tema), figuriamoci quando sono più che simboli, come il calice eucaristico.

Detto ciò, spero almeno di aver illustrato un punto di vista. La disputa sul primato dovrà essere rimandata a sedi più opportune. Se avrò tempo, cercherò di mettere su un PDF.

Cordialità,




Quoto buona parte del tuo post, fratello Teo, mi trovi daccordo con il battesimo, ma ridurre solo al pane ed evitando il Vino proprio non lo capisco!!

[SM=g1543902]


10/03/2009 07:14
 
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cambio tema
Dal momento che la discussione è troppo interessante per farla scivolare fuori tema, ho modificato il titolo, così chi vuole continuare a rispondere potrà farlo in tema.
ciao
Mario
10/03/2009 07:17
 
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Re:
Teodoro Studita, 3/10/2009 1:45 AM:

Grazie innanzitutto ad Andrea per il suo "penitentiagite": hai ragione, non sono argomenti che andrebbero trattati in questo contesto, né siamo noi che possiamo illuderci di risolverlo. Il massimo che possiamo ottenere è quello di scrivere mille pagine e di confondere al massimo tutti i non-specialisti.

L'argomento è molto complesso ed è sfuggito di mano, così che dalle "specie" eucaristiche siamo arrivati a parlare del primato, dell'infallibilità dell'ecumenicità dei concili, e chi più ne ha... semplicemente non è sostenibile se non altro per questioni di spazio.

Mi limiterò dunque al topic, rispondendo alla domanda sul perché diamo solo il vino ai neonati e/o ai celiaci. La risposta è che la fisiologia (o patologia) di costoro potrebbe avere un danno dall'elemento-pane. Questo è pacifico, e mi chiedo quale sia il problema rispetto a quanto ho esposto prima della nostra prassi. Un conto è prendere una malattia dal pane e un conto è soffrire per colpa del pane di una malattia (o di una condizione) che già si ha. Sono due situazioni ben diverse. Nessuno mette in discussione che nel solo pane ci sia "tutto Cristo", diciamo più che altro che per noi questo argomento ha un sapore discretamente sofistico. Preferiamo piuttosto chiederci perché mai il Signore abbia istituito due "specie", se in fin dei conti ne bastava una. Ecco il problema rovesciato, ancor più cogente alla luce dei detti sulla necessità del calice cha già abbiamo citato.

Non abbiamo la pretesa di anteporre una speculazione umana (come quella sulla sostanza e gli accidenti) ad un comando del Signore, questo è il punto. Se ha istituito due "specie", verosimilmente un motivo lo avrà avuto, e non vedo alcuna buona ragione per farlo passare in subordine rispetto ad una necessità pratica (come quelle che nel XII secolo determinarono la soppressione del calice per il popolo). Tutto qua, piuttosto semplice.

La progressiva perdite di corrispondenza tra significante e significato nella prassi liturgica occidentale del resto è ormai una
realtà, tale che è possibile che un beduino musulmano amministri con la sabbia un battesimo "valido" (caso estremo possibile -ad esempio- in caso di un disastro aereo in mezzo al deserto). I simboli sono importanti anche quando sono solo tali (come nel caso del battesimo senza battesimo, cioè immersione, giusto per restare in tema), figuriamoci quando sono più che simboli, come il calice eucaristico.

Detto ciò, spero almeno di aver illustrato un punto di vista. La disputa sul primato dovrà essere rimandata a sedi più opportune. Se avrò tempo, cercherò di mettere su un PDF.

Cordialità,



E noi aspettiamo ansiosi questo pdf, siamo qui per imparare e ascoltare persone preparate come te, poly trianello e epifanio non può che farmi-ci piacere!
ciao

10/03/2009 10:11
 
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Approfitto per ringraziare il mitico Mario70 per aver "rinominato" il tread.

Dunque volevo dire, da ignorante, [SM=g1543783] se basta il pane (ostia) perchè contiene TUTTO Cristo, allora,perchè il Prete prende il vino'
Una regola due misure?? [SM=x570872]

o solo questione di convenienza di tempo ed economica?
quindi si cerca di correre ai "ripari" inventandosi il contiene tutto il pane?

[SM=g1537196] [SM=g1537332] [SM=x570907]
10/03/2009 12:24
 
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Re:
Robenz, 10/03/2009 10.11:

se basta il pane (ostia) perchè contiene TUTTO Cristo, allora,perchè il Prete prende il vino'
Una regola due misure?? [SM=x570872]

o solo questione di convenienza di tempo ed economica?
quindi si cerca di correre ai "ripari" inventandosi il contiene tutto il pane?



E' semplice. Il prete cattolico, che di norma agisce in persona Christi smbra che solo quando prende il calice si trasformi e agisca in persona populi: è sufficiente che uno solo prenda il calice per la "validità" dell'eucaristia. Anche le parole del canone del resto sono un po' strane: ...prese il calice e disse: "prendete, bevetene tutti (???) questo è il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti (chi trova il passo del vangelo dove dice "versato per tutti" vince un premio speciale) in remissione dei peccati... etc.
A me sembra un'anafora impazzita: il sacerdote afferma che Cristo disse ciò che non ha mai detto per poi fare una cosa diversa da quella che comanda di fare. Fantastico, e menomale che è un rito rifatto ex novo da meno di quarant'anni, noi che abbiamo 1500 anni di corruttele testuali da scontare non siamo messi così male!
Cordialità,



10/03/2009 14:58
 
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Per Trianello


dato che ci sono la inserisco direttamente in inglese, così faccio prima:



Anche in questo caso la versione italiana dell'Enciclopedia Cattolica che ho postato nel mio messaggio pare superiore alla più vecchia versione inglese, che qui mi pare riassumere un po' troppo e non citare le righe originali.

Per Teodoro

". La risposta è che la fisiologia (o patologia) di costoro potrebbe avere un danno dall'elemento-pane. Questo è pacifico, e mi chiedo quale sia il problema rispetto a quanto ho esposto prima della nostra prassi. Un conto è prendere una malattia dal pane e un conto è soffrire per colpa del pane di una malattia (o di una condizione) che già si ha."

Ma il punto è che i microbi ipotetici e il glutine sono dello stesso ordine di realtà, cioè la chimica. Se resta il glutine che fa male ai celiaci, perché non dovrebbero rimanere i batteri? Fai passare la consacrazione come se fosse una disinfettare.
Se mi dici che non si possono prendere malattie col l'eucaristia perché in qualche modo quel pane viene consacrato dalla grazia divina, mi devi spiegare come a questo punto possa danneggiare qualcuno. Dio elimina i batteri in modo che chi si comunica non stia male, ma non elimina il glutine? Perché questo discrimine?
Non è che i batteri facciano male in sé e per sé, bensì fanno male perché loro sono una certa cosa, e noi siamo un'altra certa cosa. Il fulmine non è malvagio in sé, è un male se mi piomba in testa visto come è fatta la mia fisiologia. Allo stesso modo un batterio non è un male in sé, ma un male per chi è fatto come gli esseri umani. Cioè quella particolare cosa che è il batterio, interagento con quella tal cosa che è un essere umano, crea qualcosa che per l'uomo è spiacevole, ma che dal punto di vista naturale è una reazione al pari di un altra. perché dunque DIo non elimina anche il glutine, visto che sa che il suo fedele è celiaco? Se la giustificazione del fatto che non si prendono i batteri dipende dal fatto che Dio non può permettere che ci si faccia male prendendo il suo corpo, allora perché questo non deve valere anche per il glutine, cioè indipendentemente da come io sono fatto? Infatti nella tua ipotesi non è che se io sono umano non mi prendo i microbi perché sono fatto in un certo modo, bensì perché Dio interviene per eliminare l'elemento di rischio agendo sul pane. Allo stesso modo se io sono in un modo diverso, perché sono celiaco, perché Dio non dovrebbe agire sul pane per renderlo senza pericolo per me, visto che il motivo per cui annullerebbe i microbi è esattamente lo stesso, cioè che non potrebbe mai permettere che io stessi male prendendo il suo corpo santo?
Se si ammette di non dare il pane ai celiaci per una ragione sanitaria, e si ammette anche che non v'è nessuna perdita per loro in quanto il corpo di Cristo è comunque tutto anche nel vino, allora perché mai per la stessa ragione non si può ragionare sulle parola di Cristo e, per ragioni sanitarie di altro genere, comunicarsi solo col pane?
Prendere le parole di Cristo solo alla lettera, rifiutandoci di ragionare su di esse per vedere come ragioni contingenti possano far trovare loro delle diverse modalità di applicazione, sarebbe cadere nell'errore che anche Gesù rimprovera dicendo che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. In questo caso bisogna vedere se questa prassi liturgica tradisca solo la formulazione della norma, o se ne trasgredisca lo spirito, ed ovviamente non ne trasgredisce lo spirito, ma solo la forma, per via di ben precisa motivazioni che in nulla modificano la sostanza di quanto sta avvenendo.

Per Mario


Dal momento che la discussione è troppo interessante per farla scivolare fuori tema, ho modificato il titolo, così chi vuole continuare a rispondere potrà farlo in tema.



Scusa ma credo che teo intendesse dire che la discussione è troppo vasta, non che semplicemente sarebbe andato OFF-TOPIC rispetto al titolo. Sfortunatamente chi studia ha altre cose da fare che non discutere in rete, per quanto questo possa essere un divertissement piacevole. Io stesso dopo alcune battute, quando ho detto quello che avevo da dire, mollo una discussione, perché altrimenti uno svago diventa un lavoro.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
10/03/2009 15:25
 
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Vi saluto in CRISTO SIGNORE

così come dicevo dopo aver affrontato la tematica delle offerte
che completo in questo spazio

noi tutti dobbiamo partecipare all'AMORE sacrificale del nostro SIGNORE DIO

nella Celebrazione Liturgica non solo si offre il nostro CRISTO
ma dobbiamo offrirci anche noi,
e tale offerta deve essere anche materializzata in segni concreti
- ognuno doni quanto ha e lasci la sua offerta ai piedi dell'altare

ed ora cercherò di poter dire la mia circa L'EUCARISTIA

miei cari fratelli e sorelle voi tutti interessati all’EUCARISTIA

tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003 :

Per chi non ha un’idea precisa di chi siano i Padri della Chiesa, diciamo che con questo nome s'indicano i grandi testimoni della fede dei primi secoli, che, attraverso il servizio pastorale, la vita santa e l'insegnamento, hanno arricchito la vita della Chiesa antica.
Di solito erano i vescovi che univano in sé le caratteristiche del servizio pastorale (in quanto appunto erano vescovi), la vita santa (riconosciuta nella fede della Chiesa), e l'insegnamento, dato attraverso la predicazione e gli scritti.
La testimonianza dei Padri sull'Eucaristia è ricca, anche relativamente abbondante: gli alcuni testi qui raccolti sono davvero poca cosa, esistono raccolte molto più ampie degli insegnamenti dei padri
sull'Eucaristia.
Da un certo punto di vista, però, ce n'è meno di quanto ci si possa aspettare, se si pensa che l'insieme degli scritti dei Padri, diciamo dalla fine del I secolo fino al IX, X secolo dopo Cristo - il primo millennio cristiano,
prendendola un po' in grande - riempie tre-quattrocento volumi grossi e fitti di stampa: di materiale ne è arrivato. L'insegnamento sull'Eucaristia riempirebbe al massimo uno di questi volumi: tutto sommato, la cosa non è molto proporzionata.
Questo, da un parte, vuol dire che l'Eucaristia non ha fatto problema; la si viveva, era celebrata e, in definitiva, non c'era bisogno di molto altro: mentre gran parte degli scritti dei Padri derivano dai problemi che la Chiesa antica ha vissuto; poi, ad un certo punto, ha cominciato a farlo, e allora si è iniziato anche a scrivere sull'Eucaristia. La Chiesa dei primi secoli, forse, viveva l'Eucaristia dandole importanza, ma senza vederci troppi problemi, com'è accaduto in seguito ..
C'è da dire un'altra cosa, per spiegare un po' la relativa scarsità della testimonianza patristica sull'Eucaristia (< La cosa non riguardava solo i catecumeni, ma anche i pagani; coloro cioè ai quali non interessava, al momento almeno, diventare cristiani, ma che andavano in chiesa perché erano interessati a sentire i grandi oratori, che erano appunto i vescovi che predicavano. All'epoca, in mancanza di radio, televisione ed altro, l'oratoria era una delle attrazioni culturali più importanti, per cui c'erano anche dei non cristiani che andavano a sentire questi grandi oratori ed anche loro, al momento opportuno, venivano mandati fuori .
Gli altri cristiani, i cristiani iniziati, partecipavano anche al rito propriamente eucaristico, ma non potevano raccontare ai «non iniziati» che cosa succedeva al momento della celebrazione dell’Eucaristia, tant’è vero che poi nascevano dagli equivoci, delle dicerie: qualche cosa si «orecchiava», si sentiva di questi cristiani che «mangiavano il corpo del Signore» e magari venivano accusati di essere dei cannibali, di mangiare i bambini ecc.; queste voci sono circolate, nella Chiesa antica. Se qualche volta questo riserbo intorno all'Eucaristia e, in genere, ai sacramenti, è stato rotto, ciò è accaduto soprattutto in pubblicazioni «ufficiali», nate anche per rispondere alle voci di cui si diceva: sono i testi nei quali i cristiani ufficialmente si presentavano e descrivevano, anche di fronte all'autorità pubblica, quello che facevano.

È il caso di un testo famoso - tanto famoso che non l 'ho riportato qui, perché lo si trova abbastanza facilmente anche sui catechismi - quello di san Giustino martire. Questo autore, che scrive verso la metà del II secolo, intorno al 150 dopo Cristo, ci dà la prima descrizione, abbastanza dettagliata, di come si svolgevano i riti cristiani, compresa la celebrazione domenicale dell'Eucaristia. La descrizione datane da Giustino ci fa vedere un rito, una forma di celebrazione abbastanza simile, nella sua grande ossatura, a quello che ancora oggi celebriamo.
La ragione per cui Giustino rompe il riserbo e descrive in dettaglio i riti cristiani risiede nel fatto che il suo testo è un'apologia, cioè una «difesa» dei cristiani, presentata ufficialmente all'imperatore Antonino Pio: ha quindi il valore di un testo ufficiale, nel quale l'autore delinea bene le caratteristiche del Cristianesimo ancora giovane.
Spesso, però, non era così, per cui possiamo immaginare anche che tanti insegnamenti dei Padri sull’Eucaristia siano andati perduti, perché appunto erano circondati da questa riserva, che, per fortuna nostra, non era totale.
Un altro genere di testi che è uscito dal riserbo ed è arrivato fino a noi è quello delle cosiddette «catechesi mistagogiche». Non li prenderemo in considerazione nel nostro incontro, perché ci fermeremo alle testimonianze più antiche, mentre queste catechesi risalgono tutte alla fine del IV secolo, inizi del V (l'epoca di sant'Ambrogio e sant'Agostino); ma da questi testi noi sappiamo molto di come i cristiani celebravano l'Eucaristia e di che cosa pensavano e credevano riguardo alla stessa.
Anche qui il contesto è quello del Battesimo: i catecumeni, che, finita la predica, venivano mandati fuori dalla chiesa, quando finalmente si decidevano a farsi battezzare, facevano l'ultima preparazione al battesimo nella Quaresima e poi, nella notte di Pasqua, venivano battezzati.
Proprio a motivo del riserbo di cui dicevamo, nessuno spiegava loro, prima, che cosa sarebbe successo nel momento in cui avrebbero celebrato i sacramenti dell'iniziazione cristiana, cioè il Battesimo, la Cresima e poi l'Eucaristia. Era una celebrazione molto ricca e complessa: ancora oggi lo è, quando la si fa nella notte di Pasqua per i catecumeni adulti che vengono battezzati. I catecumeni vivevano questa realtà come qualche cosa di totalmente nuovo, d'inaspettato; poi, nei giorni successivi, il vescovo radunava in chiesa questi neo battezzati - «neofiti», come vengono chiamati - e parlava loro, faceva loro delle catechesi, delle meditazioni, diciamo così, che commentavano tutte le celebrazioni vissute nella notte di Pasqua. In maniera molto analitica, prendendo testo per testo e rito per rito i vari elementi delle celebrazioni sacramentali, i vescovi spiegavano ai catecumeni il senso dei sacramenti e ciò che essi comportavano per la vita cristiana.
Queste «catechesi mistagogiche» (l'aggettivo vuol dire: «che introducono nei 'misteri', cioè nei sacramenti) sono testimonianze di grande interesse: ne abbiamo di Ambrogio, di Agostino, di Cirillo, vescovo di Gerusalemme intorno al 350 - 360, di Teodoro di Mopsuestia (un altro vescovo orientale, che vive nei primi anni del V secolo), ne abbiamo di san Giovanni Crisostomo e di altri ancora, la loro teologia sacramentale, ed eucaristica in particolare, è molto ricca.

S E G U E


grazie [SM=x570890] [SM=x570864] [SM=x570892] [SM=x570890]

PS
continuo a chiedermi se per il fratello "Teodoro Studita" è meritevole di risposta il mio preecedente post a lui rivolto


vi saluto in CRISTO RISORTO



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[Modificato da cavdna 10/03/2009 16:03]
10/03/2009 15:28
 
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Vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle voi tutti interessati all’EUCARISTIA

C O N T I N U A
tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003

Celebrazione dell'Eucaristia e culto dell'Eucaristia
Un'ultima osservazione, prima di passare ai testi: nel mondo dei Padri, nel mondo della Chiesa dei primi secoli, ma si può dire fin verso il IX, X secolo, l'Eucaristia vuol dire soltanto la Messa, cioè l'Eucaristia celebrata. Manca pressoché totalmente ciò che sarà poi il «culto eucaristico» distinto dalla celebrazione della Messa: pensate alle nostre ore di adorazione, o alla preghiera personale davanti al Santissimo Sacramento, alle processioni eucaristiche e così via. Tutte queste forme di culto eucaristico sono conosciute dalla Chiesa soltanto a partire dall'alto Medioevo, in un momento in cui, invece, la dimensione celebrativa dell'Eucaristia, cioè l'Eucaristia vissuta attraverso la celebrazione della Messa, tendeva a perdere d'importanza.
Si tratta qui di un aspetto caratteristico e significativo, anche se comporta come una «distorsione», nella coscienza cristiana, riguardo all'Eucaristia. Progressivamente, la dimensione della Messa tende a perdere d'importanza, mentre acquistano maggior importanza altri elementi. Perderà d'importanza, per es., la Comunione, tanto che la Chiesa, ad un certo punto, si vedrà costretta a dire: «Cristiani, fate la Comunione almeno una volta all'anno» (a Pasqua, in particolare). È chiaro che se, a un certo punto, la Chiesa si è trovata
nella condizione di dover imporre una legge che chiedeva ai cristiani di fare la Comunione almeno una volta all'anno, l'idea di partecipare alla celebrazione dell'Eucaristia, facendo la Comunione, come cosa normale e ovvia, si era perduta.
Altro fatto caratteristico: la Comunione, diventata così rara, si stacca anche dalla celebrazione della Messa. Ne deriva che la celebrazione della Messa è una cosa, fatta dai vari suoi ministri (solo loro - il prete o il vescovo - fanno la Comunione durante la stessa); gli altri, i «semplici fedeli», fanno la Comunione o prima o dopo, ma non durante, appunto perché avviene una separazione dei diversi aspetti celebrativi. E si deve notare che questa situazione è andata avanti almeno fino alla fine dell'Ottocento: non è solo una cosa lontana nel tempo. Poi, poco alla volta, si è ricominciato a rimettere la Comunione dentro la Messa; Pio X, ad esempio, ha sollecitato i cristiani a fare la Comunione più frequentemente, ha anche ridotto le esigenze del digiuno eucaristico, in modo da facilitare un poco i fedeli.
Comunque, per molto tempo sono successe queste cose: accadeva che fosse più importante vedere il Pane Eucaristico, l'Ostia consacrata - ecco allora che dal pezzo di pane, riconoscibile alla vista e anche al gusto, si passa a queste cose rotonde, bianche (l'Ostia, appunto) in cui conta di più quello che si vede che quello che si gusta, perché si riteneva che la visione dell'Ostia consacrata avesse un valore salvifico. Succedeva, così, che in certe città le chiese si organizzavano in modo da mettere le Messe in orari scaglionati e la gente faceva il giro delle chiese: non partecipavano alla Messa - tanto quella era in latino e non ci si capiva niente - ma facevano in modo d'essere presenti quanto più possibile alle Messe nel momento in cui si faceva l'elevazione ed era quindi possibile vedere l'Ostia consacrata: dieci minuti in una chiesa, poi si andava nell'altra e nell'altra ancora ...
Vi dico queste cose per mostrare come la pratica dell'Eucaristia si è trasformata e per puntualizzare che tutto questo è completamente estraneo al mondo dei Padri della Chiesa, per i quali, ripeto, la forma, praticamente unica, di celebrazione dell'Eucaristia è proprio la Messa stessa; con una «aggiunta», possiamo dire, ma di importanza fondamentale proprio anche per ciò che verrà in seguito. Si tratta della convinzione che il Pane Eucaristico, consacrato durante la celebrazione dell'Eucaristia, rimane tale, rimane il corpo del Signore, anche una volta che la Messa si è conclusa.
Esso va quindi conservato, nel caso, per esempio, che si renda necessario portare la Comunione ai malati, ai moribondi oppure - sappiamo che in alcune parti della Chiesa si faceva così - che lo si porti a casa. I cristiani, di fatto, tenevano il Pane consacrato, il «Santissimo Sacramento» in casa e, giorno per giorno, nei giorni feriali, facevano la Comunione da soli.
San Basilio, in una lettera che scrive verso l'anno 372, ricorda ancora questa «prassi antica», presente soprattutto in Egitto, secondo la quale i cristiani potevano portarsi a casa il Pane Eucaristico, il Santissimo Sacramento, tenerlo in casa per fare la Comunione tutti i giorni, non essendo ci quotidianamente la Messa.

S E G U E


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]
vi saluto in CRISTO RISORTO



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[Modificato da cavdna 10/03/2009 15:30]
10/03/2009 15:37
 
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Vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle voi tutti interessati all’EUCARISTIA

C O N T I N U A
tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003

Un testo liturgico: la Didachè
I Padri della Chiesa, salvo qualche eccezione, non hanno scritto dei trattati, dei libri specifici sull'Eucaristia. Ne hanno parlato, per lo più, in maniera occasionale, proprio perché la cosa non faceva problema - vedremo un'eccezione soltanto - e raramente sono nate delle difficoltà particolari.
Era quindi più facile, per i Padri, parlare dell'Eucaristia a mano a mano che si viveva la vita normale della Chiesa: mettevano poi in relazione l'Eucaristia con varie dimensioni del vissuto concreto dell'esperienza cristiana.
Vediamo qualche esempio. Ci fermeremo su alcuni passi, limitandoci ad autori cristiani dei primi tre secoli.
Ci sono due tipi di testi che noi potremmo guardare. I primi sono i testi liturgici, cioè proprio i testi che si usavano nel celebrare la Messa. Ne riporto solo uno di questo tipo ed è il primo, il più antico - a parte quelli che troviamo nel racconto dell'Ultima cena di Mt, Mc e Lc, e in l Cor Il, testi che pure ricordano, in qualche modo, i testi liturgici.
Al di fuori del Nuovo Testamento, lo scritto liturgico più antico è il testo della Didachè, che è un piccolo manuale, forse ad uso dei missionari itineranti, che risale probabilmente al 70-80 dopo Cristo; contemporaneo, quindi, all'epoca tardo apostolica, l'epoca del Nuovo Testamento.
La Didachè contiene, a quel che ne sappiamo, la più antica espressione di quella che, poi, si chiamerà «la preghiera eucaristica» (preghiera che avrà poi anche altre denominazioni nella liturgia cristiana).
I testi dei Vangeli e della l Cor, che tramandano l'istituzione dell'Eucaristia, ricordano i gesti che Gesù ha fatto, quando «prese il pane, rese grazie, spezzò il pane, lo diede ai discepoli, dicendo: Prendete e mangiate ... », e analogamente per il calice; da questi gesti nasce la struttura stessa dell'Eucaristia. Queste testimonianze, però, non ci dicono come fece Gesù a rendere grazie: «Prese il pane, rese grazie ... »; lo stesso .fece con il calice: «Prese il calice, rese grazie ... ». In che modo «rese grazie»? Né i Sinottici, né Paolo, ce lo hanno detto, sebbene nella preghiera dei pasti - che il mondo ebraico viveva - il rendimento di grazie fosse un elemento importante, fondamentale.
Dispiace un po' che gli evangelisti non ci abbiano detto nulla al riguardo, anche perché il momento in cui Gesù «rese grazie» è un momento determinante della sua vita: <<.Nella notte in cui veniva tradito», come dice Paolo. In questa notte così straordinaria della vita di Gesù e della vita del mondo, Gesù rese grazie. Già questo è molto bello: Gesù, nella notte del tradimento, nella notte dell'abbandono, nella notte della passione e del rifiuto «rese grazie». Non si lamentò, non trovò da ridire, ma «rese grazie» (a Dio, evidentemente).
Ci piacerebbe certo sapere quali parole disse Gesù per «rendere grazie»; possiamo un poco, forse, immaginarcelo, però non lo sappiamo con certezza.
Certo è che i primi cristiani quando, a loro volta, cominciarono a fare quello che Gesù aveva comandato loro di fare - «Fate questo in memoria di me» - quindi a includere nelle loro celebrazioni un rendimento di grazie, evidentemente avevano qualche modello: erano le preghiere di ringraziamento del mondo ebraico. Altrettanto evidentemente loro dovevano metterei dentro Gesù Cristo, perché, per un cristiano, il rendimento di grazie viene caratterizzato da Gesù Cristo.
Ed è così - lo dico in maniera molto semplice, anche se la cosa andrebbe presentata in modo più completo e articolato - che nascono pian piano le preghiere eucaristiche.
Scorriamo queste preghiere nella Didachè senza la preoccupazione di dover fare particolari approfondimenti, ma per sentire un po' risuonare questo testo così venerabile, antico, che ci riporta alle origini della Chiesa:
9.1. Per l'eucaristia, poi, rendete grazie in questo modo, 2. Dapprima sul calice: ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la santa vite di David, tuo servo, che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo,' a te la gloria nei secoli. Amen.
3. Sul pane spezzato: ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che tu ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo; a te la gloria nei secoli. Amen.
4. Come questo pane spezzato, sparso sulle montagne e riunito è divenuto uno, casi sia riunita la tua chiesa dalle estremità della terra nel tuo regno.
A te la gloria e la potenza nei secoli. Amen.
Segue poi una piccola "nota tecnica":
5. Nessuno mangi, né beva della vostra Eucaristia se non i battezzati nel Nome del Signore; infatti il Signore riguardo a ciò disse: «Non date le cose sante ai cani» (Mt 7,6) (7),
Qui la Didachè riporta questa brevissima, sintetica preghiera di rendimento di grazie che riecheggia le preghiere di benedizione, di rendimento di grazie del mondo ebraico, ma le cristianizza per mezzo di Gesù Cristo,
La «santa vite di David»: il vino diventa, in qualche modo, il punto d'arrivo di tutta l'alleanza che Dio ha stabilito con Davide e la sua discendenza fino, appunto, a Gesù Cristo.
Il «pane spezzato», a sua volta, diventa il segno di questa vita donata per mezzo di Gesù Cristo.
E poi ecco un aspetto importante che ci fa entrare subito in una delle caratteristiche più significative del linguaggio dei Padri sull'Eucaristia: l'Eucaristia come sacramento di unità:

Come questo pane spezzato, sparso sulle montagne e riunito è divenuto uno, così sia riunita la tua Chiesa dalle estremità della terra nel tuo Regno.
Per i Padri, per la Chiesa antica, l'Eucaristia è, prima di tutto, il sacramento dell'unità, dell'unità della Chiesa, appunto perché - come già dice Paolo nella prima lettera ai Corinzi, «il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1 Cor 10,16s).
È importante notare questo, perché qui si vede un cambiamento, che pian piano si è poi insinuato nella storia della Chiesa e nella spiritualità cristiana: l'Eucaristia venne pensata e vissuta anzitutto come sacramento di unità della Chiesa, sacramento che fa il corpo di Cristo, nel doppio significato: fa il corpo di Cristo nel senso del corpo eucaristico, ma fa il corpo di Cristo anche nel senso del corpo ecclesiale, perché anche la Chiesa è il corpo di Cristo.
C'è uno stretto rapporto, quindi, tra il partecipare al corpo eucaristico e il diventare il corpo ecclesiale: e tutto questo è scontato per i Padri, almeno fino al V, VI, VII secolo. Ancora Agostino, con quelle sue espressioni molto sintetiche, dice: «Quando tu vai a fare la comunione, e ti viene detto: Il corpo di Cristo, e tu rispondi: Amen, diventi quello che ricevi». E poi anche: «Diventi quello che sei», nel senso che tu ricevi il corpo di Cristo e diventi quel corpo, perché in questo modo diventi la Chiesa nella sua pienezza ecclesiale.
È interessante ricordare ciò che succede nel corso dei secoli: questa dimensione ecclesiale, quindi comunitaria, dell'Eucaristia, che, come vedete, risalta da subito, fin dal primo testo che la tradizione cristiana ci trasmette, si perde sempre di più. Il cristianesimo viene pensato in termini sempre più individuali e l'Eucaristia, da sacramento dell'unità, diventa il sacramento della unione con Cristo. E ciò non è esattamente la stessa cosa. Per i Padri, l'Eucaristia è il sacramento che porta all'unità del corpo ecclesiale; nel Medio Evo, diciamo così schematicamente, l'Eucaristia è vista invece come un mezzo attraverso cui il singolo si unisce a Cristo.
La dimensione ecclesiale, comunitaria, si perde o, comunque, passa notevolmente in secondo piano; mentre, invece, per la Chiesa antica, questa è forse la dimensione più importante dell'Eucaristia: quella di essere appunto il sacramento dell 'unità della Chiesa.
Il rapporto stretto tra il corpo eucaristico e il corpo ecclesiale viene espresso anche nel linguaggio; un linguaggio che può sconcertare, perché, all'epoca dei Padri, si diceva che l'Eucaristia, il pane e il vino consacrati, sono il corpo mistico di Cristo, cioè sono il corpo di Cristo ricevuto nei santi 'misteri', cioè nella celebrazione dei sacramenti. La Chiesa, invece, è il corpo vero. È da sottolineare: l'Eucaristia è il corpo mistico, la Chiesa è il corpo vero, cioè è il corpo di Cristo realizzato nella storia, vivente e presente nella storia e nel mondo.
Ad un certo punto, cosa succederà? Verso il IX, X secolo, incominceranno a nascere dei dubbi sulla realtà della presenza di Cristo nell'Eucaristia, nasceranno discussioni teologiche a non finire, e pian piano il linguaggio si rovescerà. Si comincerà quindi a parlare dell'Eucaristia come «corpo vero», per sottolineare il realismo della presenza eucaristica, la presenza del Signore nell'Eucaristia; mentre s'incomincerà a parlare della Chiesa come «corpo mistico», rovesciando esattamente il linguaggio.
Tutto questo è avvenuto non senza diverse ragioni, ma anche non _ senza qualche distorsione nella percezione dell'Eucaristia. Ci si preoccuperà molto, allora, delle condizioni, delle premesse anche di tipo filosofico e teologico, che permettono di spiegare come mai l'Eucaristia è il corpo vero del Signore e come mai c'è una presenza reale, mentre si perderà un po' di vista il fatto che l'Eucaristia alimenta la vita di quel corpo vero del Signore che è la sua Chiesa.
È il caso di ricordarle, queste cose, perché noi abbiamo alle spalle un buon millennio di queste trasformazioni, di questi spostamenti di accento e di significato. Per questo, facciamo quindi un po' fatica - nonostante il Concilio Vaticano II ci abbia molto aiutato a ritrovare anche tante dimensioni in qualche modo originarie della concezione antica dell'Eucaristia - a rimetterla veramente al centro della nostra vita cristiana. È ancora forte in noi una visione individualistica dell 'Eucaristia ed è ancora debole la prospettiva comunitaria, ecclesiale, dell'Eucaristia, come luogo in cui si realizza veramente e pienamente la Chiesa.
Tornare ai Padri vuoI dire anche rimettere al posto giusto queste dimensioni, senza voler dimenticare anche gli altri aspetti.
Il testo della Didaché continua, perché, alla fine del I secolo, la celebrazione dell'Eucaristia era ancora strettamente legata con la cena, cioè con un pasto vero e proprio, come era all'origine - appunto perché il Signore istituisce l'Eucaristia all'interno di una cena. Tant'è vero che, nei racconti dei Vangeli, si dice che il Signore prese il pane, lo spezzò, lo diede ai discepoli, dicendo: «Prendete e mangiate ... ; dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice ... ».
«Dopo la cena» vuoI dire che i due riti, quello sul pane e quello sul calice, hanno di mezzo una cena, una cena vera e propria, perché questa era la struttura dei pasti importanti, religiosi del mondo ebraico, come la cena pasquale: in un contesto simile Gesù istituisce l'Eucaristia. Probabilmente, anzi certamente, i primi' cristiani hanno continuato a fare esattamente come aveva fatto il Signore, quindi a celebrare l'Eucaristia nel contesto di un pasto. Sappiamo, però, che ben presto nacquero dei problemi (Paolo ne indica alcuni in 1 Cor Il).
Ad un certo punto, quindi, si in cominciò a fare qualche spostamento. Probabilmente, come primo passo, le preghiere di rendimento di grazie sul pane e sul calice vennero accostate: e sono quelle che abbiamo già visto. Poi, la Didaché procede in questo modo:
10.1. Dopo esservi saziati, così rendete grazie .....
Questo «dopo esservi saziati» fa pensare che a quel punto ci fosse la cena propriamente detta; alla fine di questa, si ha ancora una preghiera di rendimento di grazie, che di nuovo riprende i grandi temi:
10.2. Ti rendiamo grazie, Padre santo, per il tuo santo Nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l'immortalità che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te la gloria nei secoli.
3. Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa per il tuo Nome (8), cibo e bevanda hai dato agli uomini in godimento, affinché ti rendessero grazie, ma a noi hai fatto dono di un nutrimento e una bevanda spirituali e della vita eterna per mezzo di Gesù tuo servo.
4. Per tutte queste cose ti rendiamo grazie, perché sei potente; a te la gloria nei secoli. Amen.
5. Ricordati, Signore, della tua Chiesa, di liberarla da ogni male e renderla perfetta nel tuo amore. E riuniscila dai quattro venti, santificata, nel tuo regno che tu le hai preparato. Perché tua è la potenza e la gloria nei secoli.
Da notare il ritorno del tema dell'unità della Chiesa, della riunificazione della Chiesa. Per i cristiani delle prime generazioni, il grande frutto della Pasqua del Signore, che poi l'Eucaristia commemora e rende presente, è che il Signore raccoglie tutti i suoi da ogni parte della terra e costituisce finalmente il suo popolo santo, il popolo degli ultimi tempi: di qui la preghiera perché questa unificazione della Chiesa sia portata a compimento
6. Venga la grazia e questo mondo passi. Osanna al Dio di Davide. Se qualcuno è santo si avvicini; se qualcuno non lo è, si converta. Maranatha.
Da notare, in questa frase, il senso fortemente escatologico: è l'idea che il cristiano viva il tempo, proteso verso la venuta del Signore, qui ancora atteso come una realtà molto imminente, molto prossima. E l'Eucaristia è anche il luogo in cui questa attesa del Signore raggiunge la sua massima espressione. La speranza, il desiderio è che, proprio mentre i cristiani celebrano l'Eucaristia, il Signore possa tornare definitivamente. Ecco perché è ripresa l'acclamazione (in aramaico) maranatha, che si può tradurre in due modi: «Il Signore viene», quindi come un'affermazione, al presente; oppure come un desiderio, un'aspettativa, un'invocazione: «Vieni, Signore».
Notate anche l'ultima osservazione:
7. Lasciate che i profeti rendano grazie come vogliono.
Chi sono i profeti? La cosa non è del tutto chiara, nel contesto della Didaché. Sembra che fossero dei missionari itineranti e carismatici, cioè dei personaggi ritenuti significativi, dotati di doni particolari dello Spirito per la vita della Chiesa, e che ponevano anche qualche problema, tant'è vero che la Didaché dedica anche un certo spazio al discernimento: i cristiani devono anche capire chi è veramente profeta. Una volta che lo si è riconosciuto, il profeta ha una certa libertà, che non è uguale per gli altri capi e responsabili della Chiesa: il profeta rende grazie come vuole; non gli viene prescritto un testo, una preghiera eucaristica già in qualche modo definita, ma è lasciato libero di fare.
Notate che questa libertà è stata caratteristica almeno fino al III secolo: il prete o il vescovo che presiedeva la celebrazione dell'Eucaristia, non aveva davanti agli occhi un testo già definito, già,scritto, come facciamo noi oggi, ma improvvisavano la preghiera eucaristica.
Probabilmente, c'erano degli schemi, una specie di scaletta in qualche modo definita, ma, poi, su questa scaletta, il vescovo che presiedeva, improvvisava la preghiera eucaristica. Le più antiche preghiere eucaristiche che conosciamo sono più dei modelli che dei testi in qualche modo codificati. Poi, pian piano, invece, i testi verranno fissati.
L'ultima parte del testo della Didaché ricorda come l'Eucaristia aveva la sua collocazione fondamentale nella domenica:
14.1. Nel giorno domenicale del Signore, essendovi riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, confessando le vostre cadute, affinché sia puro il vostro sacrificio. 2. Ognuno che abbia un diverbio con un suo compagno, non si unisca a voi finché non sia riconciliato, affinché il vostro sacrificio non sia profanato. 3. Questa, infatti, è la parola del Signore: «in ogni luogo e in ogni tempo 'mi si offre un sacrificio puro perché io sono un grande re - dice il Signore e il mio Nome è mirabile fra le genti)).

S E G U E


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



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10/03/2009 15:45
 
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C O N T I N U A
tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003

L'Eucaristia e l'unità della Chiesa: Ignazio

L'Eucaristia, proprio perché è il sacramento dell'unità della Chiesa, cioè della comunità cristiana che concretamente la celebra, è incompatibile con le divisioni. Non si può celebrare l'Eucaristia se si è divisi, se si è in conflitto, se si sta litigando, se ci sono delle tensioni, delle opposizioni ... È questo il senso del «segno della pace» nella Messa. Proprio perché l'Eucaristia è sacramento d'unità - e non semplicemente della nostra unione personale con il Signore - se non siamo in pace, non possiamo celebrarla.
Forse bisognerebbe chiedersi, qualche volta, quando ci scambiamo il segno della pace, se lo facciamo nel modo giusto. Senza allargare il discorso a chissà quali problemi, chiediamoci, per esempio, se siamo disposti ad andare a dare il segno di pace, sinceramente, proprio a quelle persone con le quali non andiamo d'accordo. Il problema è che, alle volte, proprio perché non andiamo d'accordo, non ci sediamo neanche di fianco a loro, a Messa, e stiamo ben attenti ad andare da un'altra parte ... Si può dire la cosa scherzando, ma capite la gravità della cosa. È chiaro che se pensiamo l'Eucaristia soltanto come un rapporto nostro, individuale, con il Signore, questa dimensione di cgndivisione vicendevole ci sfugge. Tutta la tematica del rapporto tra Eucaristia e unità della Chiesa è uno dei punti, forse il punto più importante, anche, dell'insegnamento sull'Eucaristia di Ignazio di Antiochia.
Ho preso soltanto due o tre testi. Ignazio è una straordinaria figura di vescovo e martire dei primi decenni del II secolo, che, mentre viene condotto prigioniero a Roma, dove spera ardentemente di subire il martirio, vede il martirio come espressione più alta proprio dell'Eucaristia, dove l'uomo stesso - il martire - diventa Eucaristia, diventa «pane che viene mangiato», secondo il bellissimo testo della lettera di
Ignazio ai Romani (9); una lettera, questa, molto diversa dalle altre che ci sono giunte sotto il nome di Ignazio: in quella ai Romani, si legge appunto questa straordinaria trasposizione: il martirio come la piena Eucaristia del cristiano, la piena conformazione del cristiano alla donazione del Signore. Come il Signore diventa pane nell'Eucaristia e si dona per la vita e la salvezza dell'uomo, così il martire entra in questa dinamica (10).
L'idea sembra bene presente nell'antica letteratura sul martirio, perché la troviamo attestata non solo in Ignazio, ma anche, per es., nel Martirio di Policarpo (11) e nell'inno di S. Ambrogio sul diacono e martire romano Lorenzo: dove l'idea è molto più profonda della battuta che qualche volta si ascrive a Lorenzo, il
7

Testimonianze patristiche sul! 'Eucaristia mondo,' il cuore pieno di mestizia e di tristezza, oppresso in precedenza dal peso dei peccati si libera nella gioia della bontà divina. Ma il calice non può produrre questo effetto benefico in colui che lo beve nelld Chiesa del Signore, se non viene preso così come il Signore lo ha stabilito.
È chiaro, dunque: Cipriano si sofferma sul problema particolare dell'uso del vino, perché questo era il punto in questione; ma tutto ciò dà un'idea di come veniva intesa, nella Chiesa antica, l'Eucaristia. La conformità, dunque, piena, totale al Signore è ciò che fa la verità dell'Eucaristia.
Ancora oggi, il cristiano è nella verità dell'Eucaristia se rimane fedele a quello che il Signore ha fatto. È chiaro che ,questa «legge di conformità» non vale solo per l'Eucaristia, ma nell'Eucaristia trova la sua espressiòne più alta un legge di conformità al Signore che riguarda tutta la vita cristiana.
Si tratta, cioè, d'essere fedeli, di conformarsi, di obbedire a ciò che il Signore ha fatto istituendo l'Ultima Cena, perché qui si ha l'applicazione eucaristica del criterio dell'obbedienza cristiana: se il cristiano è fedele all'insegnamento del Signore quando celebra l'Eucaristia, lo dovrà essere anche in tutto il resto della sua vita. La conformità al Signore, che viene celebrata nell'Eucaristia, diventa poi conformità al Signore in tutta la vita cristiana.
Così l'Eucaristia diventa davvero la sorgente di quel radicamento in Cristo che poi è il cuore della vita cristiana.
Per concludere con una frase semplice: così come si deve imitare in tutto e per tutto il Signore celebrando l'Eucaristia, si deve imitare in tutto e per tutto il Signore in tutta la vita cristiana. L'Eucaristia porta esattamente a questo.

S E G U E


un pò come accade ai giorni nostri??

ove molti fedeli si proclamano non "praticanti" e si lasciano andare a forme di "devozionismo che sfociano alcune volte in pratiche di paganesimo"??

un pò come accade che molti escono dalla CASA del PADRE per dare retta a favole o dicerie degli uomini???

un pò come l'anticlericalismo perpretato ai danni della CHIESA fondata dal SIGNORE????


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.
[Modificato da cavdna 10/03/2009 15:53]
10/03/2009 15:45
 
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x Michele cavdna
Grazie [SM=g1660613] [SM=g1543902]
10/03/2009 15:52
 
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Vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle voi tutti interessati all’EUCARISTIA

C O N T I N U A
tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003
La Comunione al pane e al vino

L'allontanamento della Chiesa dalla verità nella celebrazione eucaristica, per tante ragioni che non stiamo a riprendere, ha poi condotto a delle conseguenze un poco perverse.
Intanto si era perso il senso stesso del fare la Comunione. Al momento della riforma protestante i riformatori - ma non soltanto i riformatori che sono stati all'origine della spaccatura delle Chiese, come Lutero, Calvino ed altri - hanno ricordato che l'obbedienza al comando del Signore comportava il celebrare la «Cena» (come la chiamano i protestanti), secondo questa norma, quindi con la comunione anche al calice. Di fronte a questa esigenza, la reazione da parte cattolica è stata giocata soprattutto con la preoccupazione di una differenziazione: bisognava distinguersi dai protestanti; e siccome i protestanti volevano anche la comunione al calice, si è cattolici se si fa la comunione solo al pane - anche perché dietro c'era tutta la tradizione del culto eucaristico, di cui .abbiamo detto.
La questione è andata avanti per un bel po' di tempo, finché, poco alla volta, la riforma liturgica, voluta dal Concilio Vaticano II, ha aiutato a sbloccare la situazione, quindi a far ritrovare la Comunione al calice come elemento importante della celebrazione dell'Eucaristia, in un allargamento progressivo, che ha ormai raggiunto la quasi normalità: nel 2002, infatti, è stato pubblicato un documento della Congregazione del culto divino che estende i casi in cui è possibile fare la Comunione sia al pane che al vino, praticamente quasi generalizzando. La cosa dovrebbe essere adesso ulteriormente confermata anche dalla Conferenza episcopale, ma sta di fatto che oggi la Chiesa riconosce e afferma che la pienezza della partecipazione all'Eucaristia si ha nell'una e nell'altra assunzione: del pane e del calice.
Rimane il problema del modo in cui farlo. E' un problema un poco più complicato, perché qui entrano una serie di fattori anche culturali che creano maggiori difficoltà. Del resto, bisogna dire che, già da tempo, la tradizione cristiana, al riguardo, aveva percorso anche strade differenziate.
La tradizione ortodossa, che ha sempre mantenuto la Comunione al pane e al vino, ha scelto la forma, che a noi può sembrare un po' strana, di fare la «zuppetta«, cioè di mescolare il pane e il vino e poi fare la Comunione con il cucchiaino: si prende un pezzetto di questo pane intinto nel vino e lo si mette in bocca con un cucchiaino.
Il rito romano prevede possibilità diverse: da quella dell'assunzione, del bere al calice a quella dell'intinzione, fino a quella uguale al rito ortodosso. Le modalità sono diverse, dunque; è chiaro che ogni modalità suggerisce o evidenzia un aspetto oppure l'altro. La forma migliore - a mio parere - sarebbe quella del bere al calice: ma, in proposito, noi abbiamo anche delle ritrosie di tipo igienico, che alle volte creano qualche difficoltà. Forse, al riguardo, c'è bisogno anche di un po' di «pedagogia».
Sarebbe già importante che la Comunione al pane e al vino, comunque, diventasse normale nelle nostre celebrazioni, al di là del modo pratico in cui realizzarla. Al riguardo, voglio sottolineare una cosa: uno dei trabocchetti della liturgia, vissuta nel nostro mondo «romano», occidentale, è sempre stato quello di preoccuparsi degli aspetti pratici, perdendo di vista gli aspetti «simbolici» (dando a questo termine un senso forte) di riferimento alla Cena del Signore.
Diciamo così: è una complicazione in più, dal punto di vista pratico, dover far fare la Comunione a tutti anche al vino; di conseguenza - dal momento che, secondo la fede della Chiesa, l'intero corpo del Signore è contenuto anche soltanto in una specie - basta anche la comunione solo al pane.
Ora, la liturgia non dovrebbe mai ragionare in questi termini puramente «pratici». Le preoccupazioni pratiche vanno bene per altri aspetti della vita cristiana; ma la liturgia è il luogo in cui - attraverso i segni, i gesti, i riti, le preghiere - si manifesta e si vive la verità del mistero di Cristo. La preoccupazione dovrebbe essere quella di chiederci come noi diciamo e viviamo autenticamente - attraverso i gesti, i segni, i riti ... - il mistero del Signore. Noi, invece, veniamo sempre un po' «deviati» dalla forza di questa preoccupazione pratica che ci porta a dire: facciamo le cose nel modo più sbrigativo e semplice possibile, così intanto ce la caviamo. Ma questo non è mai un buon criterio nella vita liturgica.
Del resto, non è poi detto che nelle nostre comunità cristiane «normali» sia un'eccessiva complicazione fare la comunione - almeno per intinzione - anche al calice: invece che prendere quattro ministri della Comunione, far distribuire la Comunione al pane, in modo che in trenta secondi tutto è fatto - così che non c'è neanche il tempo di capire che cosa stiamo facendo che già tutto è finito - usiamo i ministri della Comunione anche per aiutare la distribuzione della Comunione anche al pane e al calice. Mi sembrerebbe molto più sensato.


c'è da aggiungere Basilio, Ep. 93:

«Quanto al fatto che in periodi di persecuzione si sia costretti a ricevere la comunione di propria mano, se non sono presenti un sacerdote o un ministro, è cosa superflua dimostrare che ciò non è in alcun modo colpevole, perché questo comportamento è confermato da una lunga tradizione in tal senso. Infatti, ,coloro che fanno vita monacale nel deserto, dove non si trovano sacerdoti, conservano la comunione a casa loro e la prendono da sé. Ad Alessandria e in Egitto ciascuno, anche fra il popolo, ha in casa sua, per lo più, la comunione, e, quando vuole, la prende con sé. Infatti, una volta che il sacerdote ha compiuto il sacrificio, e ha distribuito l'ostia, chi l'ha'ricevuta tutta intera, quando ogni giorno ne prende una parte, ha ragione di credere che ne partecipa e la riceve da colui che gliela ha data. In chiesa il sacerdote distribuisce la particola, e colui che la riceve la possiede in tutta libertà e così può avvicinarla alla bocca di sua propria mano» (trad. di A. Regaldo Raccone, S. BASILIO, Epistolario, Ed. Paoline, Ancona, 1966, pp. 296s).
ed allora dovremmo chiederci

quella EUCARESTIA (COMUNIONE) priva del "CALICE" effettuata nelle propre abitazioni non ha alcun valore?
tali pratiche errano errate??? [SM=x570868] [SM=x570872]

grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.
[Modificato da cavdna 10/03/2009 15:58]
10/03/2009 15:56
 
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Re: Re:
Teodoro Studita, 10/03/2009 12.24:



E' semplice. Il prete cattolico, che di norma agisce in persona Christi smbra che solo quando prende il calice si trasformi e agisca in persona populi: è sufficiente che uno solo prenda il calice per la "validità" dell'eucaristia. Anche le parole del canone del resto sono un po' strane: ...prese il calice e disse: "prendete, bevetene tutti (???) questo è il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti (chi trova il passo del vangelo dove dice "versato per tutti" vince un premio speciale) in remissione dei peccati... etc.
A me sembra un'anafora impazzita: il sacerdote afferma che Cristo disse ciò che non ha mai detto per poi fare una cosa diversa da quella che comanda di fare. Fantastico, e menomale che è un rito rifatto ex novo da meno di quarant'anni, noi che abbiamo 1500 anni di corruttele testuali da scontare non siamo messi così male!
Cordialità,






I Corinzi 10:21
Voi non potete bere il calice del Signore e il calice dei de mòni; voi non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.

Matteo 26:28
Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati.

Giovanni 6:53
Perciò Gesú disse loro: "In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi.

I Corinzi 11:26
Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga".

quindi quando dice bevetene TUTTI è una metafora?? [SM=x570868] [SM=x570872]

[SM=x570864]




10/03/2009 15:58
 
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Re:
cavdna, 10/03/2009 15.52:

Vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle voi tutti interessati all’EUCARISTIA

C O N T I N U A
tratto da uno scritto di don Daniele GIANNOTTI: marzo 2003
La Comunione al pane e al vino

L'allontanamento della Chiesa dalla verità nella celebrazione eucaristica, per tante ragioni che non stiamo a riprendere, ha poi condotto a delle conseguenze un poco perverse.
Intanto si era perso il senso stesso del fare la Comunione. Al momento della riforma protestante i riformatori - ma non soltanto i riformatori che sono stati all'origine della spaccatura delle Chiese, come Lutero, Calvino ed altri - hanno ricordato che l'obbedienza al comando del Signore comportava il celebrare la «Cena» (come la chiamano i protestanti), secondo questa norma, quindi con la comunione anche al calice. Di fronte a questa esigenza, la reazione da parte cattolica è stata giocata soprattutto con la preoccupazione di una differenziazione: bisognava distinguersi dai protestanti; e siccome i protestanti volevano anche la comunione al calice, si è cattolici se si fa la comunione solo al pane - anche perché dietro c'era tutta la tradizione del culto eucaristico, di cui .abbiamo detto.
La questione è andata avanti per un bel po' di tempo, finché, poco alla volta, la riforma liturgica, voluta dal Concilio Vaticano II, ha aiutato a sbloccare la situazione, quindi a far ritrovare la Comunione al calice come elemento importante della celebrazione dell'Eucaristia, in un allargamento progressivo, che ha ormai raggiunto la quasi normalità: nel 2002, infatti, è stato pubblicato un documento della Congregazione del culto divino che estende i casi in cui è possibile fare la Comunione sia al pane che al vino, praticamente quasi generalizzando. La cosa dovrebbe essere adesso ulteriormente confermata anche dalla Conferenza episcopale, ma sta di fatto che oggi la Chiesa riconosce e afferma che la pienezza della partecipazione all'Eucaristia si ha nell'una e nell'altra assunzione: del pane e del calice.
Rimane il problema del modo in cui farlo. E' un problema un poco più complicato, perché qui entrano una serie di fattori anche culturali che creano maggiori difficoltà. Del resto, bisogna dire che, già da tempo, la tradizione cristiana, al riguardo, aveva percorso anche strade differenziate.
La tradizione ortodossa, che ha sempre mantenuto la Comunione al pane e al vino, ha scelto la forma, che a noi può sembrare un po' strana, di fare la «zuppetta«, cioè di mescolare il pane e il vino e poi fare la Comunione con il cucchiaino: si prende un pezzetto di questo pane intinto nel vino e lo si mette in bocca con un cucchiaino.
Il rito romano prevede possibilità diverse: da quella dell'assunzione, del bere al calice a quella dell'intinzione, fino a quella uguale al rito ortodosso. Le modalità sono diverse, dunque; è chiaro che ogni modalità suggerisce o evidenzia un aspetto oppure l'altro. La forma migliore - a mio parere - sarebbe quella del bere al calice: ma, in proposito, noi abbiamo anche delle ritrosie di tipo igienico, che alle volte creano qualche difficoltà. Forse, al riguardo, c'è bisogno anche di un po' di «pedagogia».
Sarebbe già importante che la Comunione al pane e al vino, comunque, diventasse normale nelle nostre celebrazioni, al di là del modo pratico in cui realizzarla. Al riguardo, voglio sottolineare una cosa: uno dei trabocchetti della liturgia, vissuta nel nostro mondo «romano», occidentale, è sempre stato quello di preoccuparsi degli aspetti pratici, perdendo di vista gli aspetti «simbolici» (dando a questo termine un senso forte) di riferimento alla Cena del Signore.
Diciamo così: è una complicazione in più, dal punto di vista pratico, dover far fare la Comunione a tutti anche al vino; di conseguenza - dal momento che, secondo la fede della Chiesa, l'intero corpo del Signore è contenuto anche soltanto in una specie - basta anche la comunione solo al pane.
Ora, la liturgia non dovrebbe mai ragionare in questi termini puramente «pratici». Le preoccupazioni pratiche vanno bene per altri aspetti della vita cristiana; ma la liturgia è il luogo in cui - attraverso i segni, i gesti, i riti, le preghiere - si manifesta e si vive la verità del mistero di Cristo. La preoccupazione dovrebbe essere quella di chiederci come noi diciamo e viviamo autenticamente - attraverso i gesti, i segni, i riti ... - il mistero del Signore. Noi, invece, veniamo sempre un po' «deviati» dalla forza di questa preoccupazione pratica che ci porta a dire: facciamo le cose nel modo più sbrigativo e semplice possibile, così intanto ce la caviamo. Ma questo non è mai un buon criterio nella vita liturgica.
Del resto, non è poi detto che nelle nostre comunità cristiane «normali» sia un'eccessiva complicazione fare la comunione - almeno per intinzione - anche al calice: invece che prendere quattro ministri della Comunione, far distribuire la Comunione al pane, in modo che in trenta secondi tutto è fatto - così che non c'è neanche il tempo di capire che cosa stiamo facendo che già tutto è finito - usiamo i ministri della Comunione anche per aiutare la distribuzione della Comunione anche al pane e al calice. Mi sembrerebbe molto più sensato.


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.




incollare post lunghi crea problemi ai lettori, i quali scoraggiati non leggono, perchè non fai un sunto e scrivi in poche righe cosa vuoi dire?

ciao
Mario
10/03/2009 16:09
 
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Re: Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello ".Mario..." che scrivi :

(Mario70), 10/03/2009 15.58:




incollare post lunghi crea problemi ai lettori, i quali scoraggiati non leggono, perchè non fai un sunto e scrivi in poche righe cosa vuoi dire?

ciao
Mario




R I S P O S T A

mio caro fratello


non me ne vogliano i quanti interessati alla lettura

ma in altre occasioni mi è stato detto che non potevo appropriarmi di concetti altrui

pertanto ho preferito riportare testualmente i contenuti - anche se ripuliti del non necessario.

tra l'altro ho anche cercato di dividere in più parti

spero di essere perdonato da tale pesantezza

grazie [SM=x570864] [SM=x570892]

vi saluto in CRISTO RISORTO

.
10/03/2009 16:46
 
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Re:

Ma il punto è che i microbi ipotetici e il glutine sono dello stesso ordine di realtà, cioè la chimica.



Il glutine non è materia vivente, il batterio (o il virus) si, ma a prescindere da questo, il concetto è molto più elementare: noi crediamo che non si possa prendere una malattia dal corpo/sangue di Cristo poiché sarebbe un controsenso rispetto alla fede che professiamo. Sto parlando di essere contagiati da un veicolo di infezione (in questo caso il corpo di Cristo!). Della sostanza, della chimica, delle molecole non me importa un emerito nulla. Quello è il corpo e il sangue di Cristo e non può essere il veicolo di una malattia infettiva, è chiaro o no?
Io ti presento l'evidenza di una Chiesa di trecento milioni di persone che da duemila anni segue una prassi. Ti ripeto, se ci fosse un problema epidemiologico, i primi a risentirne sarebbero i preti ed i diaconi, che dovrebbero avere matematicamente tutti mononucleosi, stomatiti erpetiche, sindromi influenzali continue, epatite B o peggio. Se vuoi dimostrare che non è vero, che in realtà questo accade e nessuno se ne accorge... prego accomodati: neganti incumbit probatio.
Cordialità,


10/03/2009 19:47
 
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Il glutine non è materia vivente, il batterio (o il virus) si



Quando parlavo dello stesso ordine ontologico ho specificato che mi riferivo al fatto che sono entrambi materia che entra in relazione con qualcos'altro, sono cioè entrambi soggetti a reazioni chimiche col nostro corpo.


, ma a prescindere da questo, il concetto è molto più elementare: noi crediamo che non si possa prendere una malattia dal corpo/sangue di Cristo poiché sarebbe un controsenso rispetto alla fede che professiamo. Sto parlando di essere contagiati da un veicolo di infezione (in questo caso il corpo di Cristo!).



E io sto dicendo che il glutine è un veicolo di infezione quanto un batterio. Quello che volevo farti capire è che non è vero che il batterio è un veicolo di infezione in sé, mentre il glutine non lo sarebbe, in quanto solo il celiaco ne soffre. Questo è vero anche per il batterio. Anche tu soffri del batterio perché sei fatto in un modo e non diversamente, cioè hai una determinata biochimica, e non perché il batterio sia un veicolo di male in sé. Il batterio è un male solo perché tu, essendo fatto in un certo modo, a contatto col batterio, hai una reazione spiacevole. Ma se fossi una forma di vita diversa, quel batterio magari potrebbe anche essere positivo per te, così come avviene spesso in natura che ciò che è nocivo per alcuni oprganismi non lo sia per altri. Ergo come il batterio per te è un pericolo perché sei fatto in un certo modo, ma non è che il batterio sia un male in sé, così allo stesso modo il glutine è un pericolo per il celiaco non perché sia un male in sé, ma perché il ricevente è celiaco. Ergo se Dio elimina qualcosa di rischioso per te eliminando il batterio, perché non elimina il glutine?
La motivazione del fatto che elimini il batterio infatti sarebbe solo che non vuole che tu soffra mangiando il suo corpo, ma questa è esattamente la stessa condizione in cui si trova il celiaco che voglia accostarsi all'eucaristia.


" Quello è il corpo e il sangue di Cristo e non può essere il veicolo di una malattia infettiva, è chiaro o no? "



Ma il fatto che quel batterio sia per te una malattia, cioè una cosa spiacevole, non toglie il fatto che il glutine sia il pericolo corrispondente per il celiaco. Ergo l'eucaristia diverebbe veicolo di morte per lui? Quello che voglio far capire è che è filosoficamente insostenibile la tua distinzione tra un batterio che sarebbe un veicolo dell'infezione in sé e per sé, e il glutine invece che sarebbe non pericoloso in sé ma pericoloso per il celiaco. Infatti anche il batterio è pericoloso per te solo perché tu sei fatto in un certo modo e non sei invece un organismo che potrebbe vivere in simbiosi con quel batterio. Non v'è dunque alcuna distinzione: il glutine sta ai celiaci come il batterio sta a tutti, ciò che è un agente mortale per te in quanto sei fatto in un modo è un agente mortale per un celiaco perché è fatto in un altro modo. Il punto è che non si spiega perché Dio doivrebbe eliminare solo una minaccia e non entrambe, visto che sono tutte e due dello stesso ordine di realtà, cioè la materia.


Io ti presento l'evidenza di una Chiesa di trecento milioni di persone che da duemila anni segue una prassi.



Innanzitutto vorrei tanto sapere come puoi conoscere ciò che è successo negli ultimi 200 anni, come se ci fossero dei registri medici di qualsiasi epidemia capitata anche nel più sperduto dei villaggi. In secondo luogo tu non mi hai portato alcuna prova documentale. Non hai preso questi 300mln di ortodossi portandomi le loro cartelle mediche, mi hai semplicemente detto che, per quanto ti concerne, non hai mai sentito di un'epidemia. E la mia domanda è stata: ma se anche ci fosse stata un'epidemia, e ce ne sono sempre state, perché mai ad una persona dovrebbe venire in mente che quelle persone frequentano tutte la stessa parrocchia? Se anche queste epidemie ci fossero state, non è detto che verrebbero associate con l'ortodossia, e di conseguenza non è affatto detto che tu ne abbia sentito parlare. Io non devo ancora negare nulla, perché è la tua affermazione a non essere dimostrata. Tu mi stai dicendo che non c'è stata nessuna epidemia ma non mi porti delle statistiche mediche, ma semplicemente il fatto che tu non ne hai sentito parlare. In primis la tua ignoranza di qualcosa non implica che quella cosa non sia avvenuta, in secondo luogo se anche queste epidemia fossero avvenute non si vede proprio perché la gente dovrebbe associarle al fatto che se la sono presi in Chiesa.

Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
10/03/2009 19:47
 
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non me ne vogliano i quanti interessati alla lettura

ma in altre occasioni mi è stato detto che non potevo appropriarmi di concetti altrui



Non puoi copiare senza citare la fonte. Riassumere invece è molto gradito.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
10/03/2009 21:08
 
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Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello in CRISTO "Polymetis" che scrivi :

Polymetis, 10/03/2009 19.47:

Non puoi copiare senza citare la fonte.




R I S P O S T A

mio caro fratello


sembra che almeno questo lo abbia fatto



Polymetis, 10/03/2009 19.47:



Riassumere invece è molto gradito.

Ad maiora




R I S P O S T A

questo purtroppo nel passato mi è costata una tirata d'orecchio [SM=x570872] [SM=x570868]

mah!

comunque grazie [SM=x570892] [SM=x570864]

vi saluto in CRISTO RISORTO


.


10/03/2009 21:18
 
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vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle interessati alla tematica dell'EUCARISTIA

per quello che mi riguarda, io posso dire che
nelle immediate vicinanze dalla sede ove io abito vi è una Chiesa che in ogni Celebrazione Eucaristica presenta/offre l'EUCARISTIA nelle due specie
(tutti i giorni feriali vi sono almeno 2 (due) Celebrazioni, nei giorni festivi ve ne sono almeno 3 (tre))
inoltre i nostri gruppi Parrocchiali, quando si incontrano per i "ritiri" o campi Scuola etc. etc..., il Presbitero presenta/offre l'EUCARISTIA nelle due specie

e sicuramente BARI non è una isola "speciale", tale pratica E' sicuramente presente in ogni dove.

quindi non mi pare che tale "pratica" sia stata abbandonata dalla Chiesa Cattolica,
forse "i cambiamenti" dovrebbero essere individuati non solo da un punto di vista igienico/sanitario, ma anche per le motivazione che accennavo nei precedenti post.

grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.


10/03/2009 22:49
 
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Re:
cavdna, 10/03/2009 21.18:

vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle interessati alla tematica dell'EUCARISTIA

per quello che mi riguarda, io posso dire che
nelle immediate vicinanze dalla sede ove io abito vi è una Chiesa che in ogni Celebrazione Eucaristica presenta/offre l'EUCARISTIA nelle due specie(tutti i giorni feriali vi sono almeno 2 (due) Celebrazioni, nei giorni festivi ve ne sono almeno 3 (tre))
inoltre i nostri gruppi Parrocchiali, quando si incontrano per i "ritiri" o campi Scuola etc. etc..., il Presbitero presenta/offre l'EUCARISTIA nelle due specie

e sicuramente BARI non è una isola "speciale", tale pratica E' sicuramente presente in ogni dove.

quindi non mi pare che tale "pratica" sia stata abbandonata dalla Chiesa Cattolica,
forse "i cambiamenti" dovrebbero essere individuati non solo da un punto di vista igienico/sanitario, ma anche per le motivazione che accennavo nei precedenti post.

grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570864] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.



BENE!! [SM=g1660613] [SM=g1537336] [SM=x570907]






10/03/2009 23:06
 
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A prescindere che trovo questo spaccare in 4 il capello con analisi filosofiche del tutto estraneo alla mia mentalità, cercherò di trovare altre parole per qualcosa che a me sembra semplicissimo. Il tuo argomento è felicemente riassunto in



perché Dio doivrebbe eliminare solo una minaccia e non entrambe, visto che sono tutte e due dello stesso ordine di realtà, cioè la materia.



Ma io non ho detto che Dio elimini "minacce materiali", io ho detto che un uomo che si accosta (sano) al calice non ne può uscire malato. E' difficile da capire? Eppure a me sembra sufficientemente chiaro, dal momento che è la stessa liturgia a dire "quest'eucaristia non mi sia di giudizio o condanna ma a guarigione dell'anima e del corpo". Come può una cosa che gurisce essere la causa di una malattia? Altro discorso è se questa malattia già la hai, fermo restando il fatto che conosco diversi celiaci che stanno male anche solo se usano una forchetta che ha toccato un cibo "contaminato" di glutine e non ho mai visto nessuno star male anche se non solo il cucchiaio è "contaminato" (il Signore mi perdoni) di glutine ma il sangue stesso (vino) è pieno di particole. Siamo dunque su due piani di ragionamento paralleli ma totalmente distinti, noi ragioniamo come i padri che hanno scritto la liturgia (o se preferisci come l'emorroissa, che era certa che sarebbe stata guarita solo sfiorando un lembo del mantello di Gesù), tu vuoi cercare di imporre un principio razionale e scientifico (uno qualsiasi purché si vada a parare sulla liceità del solo pane). Uno dei motivi per cui non sono mai stato cattolico è proprio questo voler inscatolare tutto in categorie giuridiche, misurabili, quantificabili e soggette in qualche modo alle nostre speculazioni. Ma qui stiamo parlando di Dio, e di "mangiare Dio", un concetto talmente folle che il solo pensare di inserirlo in una categoria scientifica e misurabile mi fa sorridere.
Più di questo non so che dirti.

Parlando invece di epidemiologia, come ripeto è del tutto matematico che se le cose stanno come dici tu, i nostri preti dovrebbero essere tutti malaticci. Sono invece rubizzi e rotondi, non epatitici. Conosco tutto il clero d'Italia di persona (sono una cinquantina tra preti e diaconi), non ho mai sentito parlare di preti affetti cronicamente da qualche patologia chiaramente trasmissibile con la saliva, né ho mai sentito nulla del genere all'estero. Anche negli Stati Uniti -dove sai benissimo che gli avvocati ti sbranano per molto meno- si fa così e (pensa tu) nessuno è mai morto.
Questa è la mia esperienza e quella di tutti quelli con cui ho parlato di questo problema in Italia e in Europa (come sai sono stato delegato all'arcidiocesi d'Europa Occidentale). Se pensi che non sia vero dovresti cominciare con qualche evidenza, dal momento che le supposizioni non hanno valore probativo, neanche per i tomisti.
Cordialità,


[Modificato da Teodoro Studita 10/03/2009 23:06]
10/03/2009 23:50
 
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Perdonate per il secondo post in fila all'altro, ma mi sono venute in mente un altro paio di cose.

Innanzitutto ho perso un po' di tempo in rete a cercare esperienze nelle chiese ortodosse nordamericane, che sono sensibilissime a questo problema. Immaginate le cause milionarie che si potrebbero scatenare se venisse fuori un problema epidemiologico, da quelle parti basta pochissimo per chiedere risarcimenti milionari. Ebbene ho trovato decine di siti dove si parla del cucchiaio e ZERO segnalazioni di malattie. Neanche una. Un prete citava anzi uno studio del patriarcato di Antiochia all'estero (sempre negli USA) che avrebbe condotto studi epidemiologici sul clero concludendo che non c'era nessuna evidenza di contagio, però purtroppo non c'erano riferimenti bibliografici e quindi non fa testo.

L'altra cosa a cui ho pensato (doveva essere la prima, e qui si vede che come fedele non sono il massimo) è la famosa finale di Marco:

14 Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.
15 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».


Beh, non sarà né tomistico né scientifico (e in effetti il detto non soddisfa nessuno dei criteri di storicità di Meier), ma se vogliamo credere al Vangelo, questa potrebbe essere una base per la tradizione orientale secondo cui il calice non può trasmettere malattie ad un fedele che vi si accosti degnamente. Pensate in periodi di peste bubbonica (quando peraltro ad andare in chiesa era il 100% della popolazione) cosa sarebbe successo. Certo, mi rendo conto che vi sto trasmettendo idee e suggestioni e non argomenti scientifici, ma la fede è questo, non trovo migliori parole.

Cordialità,
10/03/2009 23:59
 
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per teodoro
ne deduco che tutti gli ortodossi hanno una fede da smuovere le montagne, perchè come hai detto tu, non è una questione meccanica, ma dipende dalla fede del singolo.

che invidia, tra i cattolici troviamo chi crede fermamente e chi crede poco, tra gli ortodossi sono tutti super-credenti!?

mah [SM=x570872]
[Modificato da Reietto74 10/03/2009 23:59]
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