Sandro, dai tuoi interventi in altri post non pensavo che saresti sceso al livello di fare citazioni in Jeowish-style, facendo passare Peri (che la storia del filioque la conosce meglio di tutti noi messi insieme) per un filioquista convinto, cosa che naturalmente non è.
Caro Teo, ti seguo dai tempi di Agape e ti ho sempre apprezzato; continuo ad apprezzarti anche dopo questo intervento, ovviamente. Tuttavia non è un intervento corretto: su Vittorio Peri non ho dato alcuna definizione (mentre tu lo definisci un antifiloquista) e la citazione che ho riportato, senza alcun commento, tratta dal suo scritto “Il Filioque divergenza dogmatica? Origine e peripezie conciliari di una formulazione teologica”, che si trova anche in rete, all’indirizzo
http://dialnet.unirioja.es/servlet/fichero_articulo?codigo=233596&orden=65327
è assolutamente integrale, senza alcun taglio Jeowish-style, e l’articolo di Peri è tutto da leggere.
Inoltre, ripetere che "nel frattempo, sulla base dell'anteriore tradizione teologica latina, i padri della chiesa d'occidente quali sant'Ilario, sant'Ambrogio, sant'Agostino e san Leone Magno, avevano confessato che lo Spirito Santo procede ( procedit ) eternamente dal Padre e dal Figlio.”, come prevede la linea del partito, è altrettanto contestabile (come Larchet ha opportunamente mostrato) e non ci porta lontano. Purtroppo la storia la scrivono i vincitori, il problema è sempre quello.
Ti posso garantire che sono totalmente fuori da “linee di partito” tanto che, in questa discussione, non sono d’accordo né con te né con Trianello, non tanto sul significato, quanto sul peso del filioque.
Per quello che voglio affermare non mi occorre scomodare Larchet. Che Agostino, Ilario, Ambrogio, Leone abbiano confessato “che lo Spirito Santo procede ( procedit ) eternamente dal Padre e dal Figlio” prima del 451 è semplicemente storia. il problema è che nessuno in quel periodo si è stracciato le vesti e gridato alla blasfemia; Agostino continua ad essere letto, rispettato e considerato un punto di riferimento; ciò che dice Agostino, come ciò che afferma ognuno degli altri Padri, viene discusso certo, viene analizzato, c’è un confronto, in alcuni casi anche serrato, ma comunque all’interno di un fraterno rapporto nella comunione. Ed anche il senso diverso che hanno le varie proposizioni in latino e greco vengono valutate e, per quanto ne ho capito, anche generalmente comprese; anche Fozio, nella sua lettera all’arcivescovo di Aquileia, giustifica l’uso delle introduzioni fatte da Agostino, Ambrogio, Ireneo ed altri, ritenendole plausibili ed utilizzabili (informazione riportata sempre da Peri).
Curiosamente però quello che nel 400 è un semplice motivo di confronto, all’interno della stessa Chiesa indivisa, diventa un problema sostanziale dopo il 1014; perfino il taglio della chioma dei sacerdoti ed il pane azzimo diventano problemi sostanziali dopo il 1014, segno che forse occorre rovesciare qualche punto di vista da sempre dato troppo per scontato; temo cioè che il filioque sia non la causa, ma una concausa, una concausa che forse serve ad entrambi per “nobilitare” lo scontro, mantenendolo su di un piano teologico, in quanto l’altra o le altre cause viaggiano su piani molto meno nobili. Chiaramente, dopo la scissione, un ulteriore inasprimento dei toni era, penso, in parte inevitabile, anche perché ognuna delle due Chiese, ora separate, tende ad agire come se fosse l’unica vera Chiesa, per cui le proprie decisioni assumono un carattere di assolutezza, che prima non potevano avere.
Non credo infine che in questa storia millenaria ci siano vincitori, c’è al contrario una Chiesa peccatrice, una “unica” Chiesa umanamente peccatrice, che ancora deve riscattare il suo peccato e, francamente, trovo risibile discutere sulle percentuali di colpa da attribuire alla parte sinistra o destra del corpo, in quanto la lacerazione in se mi appare largamente più dolorosa e scandalosa di questo aspetto.