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I "defunti" secondo il geovismo e il cattolicismo

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2005 18:38
02/11/2004 14:02
 
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I "DEFUNTI" SECONDO LA DOTTRINA GEOVISTA
Mi correggano i TG esperti se sbaglio.
Secondo la dottrina, che il CD dice di ricavare dalla Bibbia,
i defunti non Unti sono nullificati dalla morte. L'anima, che non farebbe entità a sé ma sarebbe nient'altro che il concetto indicante il tutto dell'individuo, fatto di "corpo" e "forza vitale" (impropriamente ed equivocamente definita "spirito") è mortale. Morto l'individuo scompare tutto di lui entitativamente. Resta "il ricordo" di lui, completo di struttura biologica acquisita fino a quel punto e di memoria psichica, "sepolto" nella "comune tomba del genere umano" costituita dal "cervello di Geova" che tiene i dati in archivio per la risurrezione di "giusti e ingiusti" (invero decidendo anche per la non risurrezione di certi ingiusti).*

Per gli Unti si fa eccezione. Come visto parlando dei Santi, essi non dormono nel sonno della morte** e, dotati di un apposito "corpo spirituale" sono assunti nell'istante della morte nel reame dei cieli. Quindi essi e solo essi restano vivi andando a "coregnare con Cristo".
Perciò per i defunti dei TG non si fa alcuna preghiera in loro suffragio, né li si prega perché a loro volta si facciano intercessori a nostro favore presso Dio, cosa che la Bibbia testimonia invece e loda che si faccia tra vivi (cf le varie assicurazioni di Paolo in tal senso e la richiesta di esserne corrisposto).***

Non è questo il luogo di confutare la tesi geovista della "mortalità dell'anima"; dizione peraltro impropria poiché si dovrebbe dire la tesi che l' anima/spirito come entità distinta e separabile dal corpo non esiste. Sappiamo tutti che per sostenere questo, contro secoli di tradizione cristiana che parla in lungo e in largo di questa realtà come distinta dal corpo e sopravvivente alla sua morte, il geovismo si abbarbica alla concezione prefilosofica dell'israelita biblico veterotestamentario. Ignorando sia lo sviluppo dottrinale della stessa rivelazione ampliatasi e precisatasi nel Nuovo Testamento e l'apporto concettuale della filosofia greca che ha permesso di chiarire ciò che era prima confuso circa l'antropologia; dottrina che poi ha ricevuto l'avallo infallibile della Chiesa, come si vede in tantissimi espliciti passi del CCC, Catechismo della Chiesa cattolica.(cf l'elenco in calce)
Per quanto riguarda la confutazione limitata solo al piano biblico rimando al mio lavoro postato sul sito di Lorenzi al link: www.infotdgeova.it/anima.htm
Per ora ci basti esporre la dottrina del geovismo, così come viene insegnata con tanto di enfatica ostentazione di rivelare chissà quale segreto occultato dalla classe clericale. "La vostra anima siete voi!" e siccome siete mortali la verità è che l'anima muore! (sic!)

Naturalmente per mantenere in piedi questa traballante e singolarissima posizione, glissando ogni volta dal concetto ebraico di anima=vivente a quello di anima=spirito (poiché è quello che si vuole far credere mortale! e non l'individuo la cui mortalità è ovvia), il geovismo è costretto a reinterpretare molti passi biblici torcendoli alla propria dottrina, e a dichiarare, aiutato dall'incorenza del protestantesimo precedente, "apocrifi" dei libri biblici ove esso stesso ammette che si parla della sopravvivenza della persona dopo la morte, come ho pazientemente mostrato con il mio lavoro bereano a cui rimando...
________________________
* Abbiamo osservato costantemente che in tal modo non è vero che si "risusciti" la stessa persona nullificata a suo tempo. Manca l'elemento di continuità che permetta di parlare di ri-surrezione ovvero di suscitare di nuovo la stessa entità che è in stato di morte. Ciò che viene fuori da questa sorta di risurrezione geovista è solo una copia di quel soggetto perduto per sempre. Geova se volesse potrebbe con quei "ricordi" farne più copie identiche e ciascuna di esse sarebbe indivuo diverso dagli altri anche se simile agli altri (come nella clonazione e anzi peggio poiché nella clonazione il punto di derivazione della copia è una cellula vivente del soggetto fonte).
** Ma ciò dicendo si dimentica di spiegare la situazione degli Unti morti dalla Pentecoste al 1918, data della "prima risurrezione"
*** Di qui abbiamo ricavato l'incongruenza geovista di escludere perfino questa reciproca preghiera da parte dei fedeli geovisti, di richiesta all'Unta Maria, viva e vegeta nel reame dei cieli, perché in risposta interceda presso Dio a loro favore.


E SECONDO LA DOTTRINA CATTOLICA
Secondo la dottrina, che la Chiesa Cattolica (e anche molte altre Chiese cristiane) dice di ricavare dalla rivelazione, sia essa rivelazione derivante da Traditio Apostolica che dai documenti definiti "Bibbia",
I defunti sono vivi, grazie a quell'entità che chiamiamo "anima" (o a volte "spirito"). E con essi, per il semplice fatto che sono membra del corpo di Cristo, tralci uniti alla Vite, il Signore mantiene con noi la compartecipazione alla vita divina e con essa la possibilità di reciproco influsso di crescita nella carità (si parla dei defunti "santi" in situazione di paradiso e purgatorio, non dei dannati).

La lex orandi cultuale (liturgia) della Chiesa illumina la lex credendi (fede) che la anima. In ogni S. Messa c'è il ricordo dei defunti; così pure nella Liturgia delle Ore; si possono celebrare Messe specifiche in loro suffragio; esiste una giornata speciale per la loro Commemorazione (il 2 novembre) nella quale i sacerdoti sono abilitati a dire tre Messe (privilegio eccezionale) per soddisfare le varie richieste; esiste la pratica della indulgenza applicabile ai defunti in suffragio ecc... E non è da dilungarsi sul culto dei morti che proprio nel cristianesimo è fiorito alimentando la pietà e la "corrispondenza d'amorosi sensi" (Foscolo) tra i fratelli giunti alla Patria e i fratelli ancora in viaggio. L'antropologa C. Gatto Trocchi dice che mentre la paganità relegava i defunti fuori della città dei vivi, coerente con il disprezzo del corpo che non più vivo non aveva alcun valore, la cristianità ha reso i defunti vicini di casa creando sia i cimiteri urbani sia seppellendone alcuni all'interno delle Chiese, in coerenza con il rispetto dovuto allo strumento che era servito per acquistare la santità e destinato alla risurrezione (senza il corpo né si demerita né si merita! Ed è questa la situazione attuale dei defunti che sono fissati nella loro "statura di Cristo" raggiunta al momento della morte).

Poiché per noi cattolici i libri chiamati "apocrifi" dai TG non sono tali ma costituiscono una legittima e autenticata Parola di Dio, individuata in un secondo tempo (e perciò definiti "deuterocanonici") abbiamo i libri di Sapienza e dei Maccabei come prima smentita della tesi geovista.
Il primo dice testualmente che sembrò che le anime dei giusti perissero, essi invece "sono nella pace" nelle "mani di Dio" (cf Sap 3,1ss)
Il secondo attesta e loda il fatto che Giuda Maccabeo abbia offerto un sacrificio di espiazione in favore dei defunti che si erano resi colpevoli di idolatria, "affinché fossero assolti dal peccato " (cf 2 Mac 12,38-45).

Ma non voglio togliere a nessuno il piacere di scorrere con tutta calma una analisi ampia e dettagliata nella quale si risponde anche alla eventuale contestazione geovista. Perciò rimando al mio lavoro citato (lavoro che, iniziato e ben sviluppato nel primo Forum, come ho annunciato più volte, attende di essere completato con almeno altre 15 testimonianze bibliche che, riguardo ai defunti e all'anima, le cose stanno proprio come ritengono i cattolici e la cristianità).

Per la ricerca (quasi esaustiva!) e il confronto con una parola ufficiale sul tema della composizione umana e immortalità dell'anima, segnalo i seguenti punti del Catechismo della Chiesa Cattolica.
nn. 33, 360-366; 403; 471; 908; 990; 996-1479; 1042; 1051-10-60; 1323; 1703; 1705; 1711; 1813; 1934; 2002; 2516; 2562.

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est modus in rebus
05/11/2004 13:08
 
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Scolio: il senso delle preghiere di suffragio e le indulgenze

Non è che voglio discuterne. Ne parlo solo a titolo informativo poiché l'accettazione di questo discorso è strettamente dipendente dalla convinzione che la Chiesa di Cristo sia la Cattolica e che sia corretto il di lei intendimento circa il potere delle chiavi.
E siccome so che secondo il geovismo le chiavi erano prima due poi tre e che si ridurrebbero alle "opportunità di predicazione" che Pietro ebbe e non al potere di giurisdizione ecclesiastica che Pietro avrebbe avuto su tutto il popolo di Dio (come poi si pretende invece che lo abbia lo Schiavo geovista!) non voglio discuterne qui.

Semmai la cosa si farà in un thread apposito. Qui voglio solo completare il discorso relativo ai defunti spiegando che:

QUANTO A SUFFRAGI E INDULGENZE
La fede cattolica ammette che la comunione nella grazia di cui gode l'unico Corpo di cristo, fatto di Capo e membra, consenta lo scambio di carità nella intercessione che chiede perdono e misericordia a Dio in favore dei fratelli. E quindi hanno senso ed efficacia reale e non solo simbolica sia le preghiere in suffragio dei defunti (che come abbiamo detto sono vivi) sia l'indulgenza in sconto dei loro peccati che i vivi meritano per loro (come nella commemorazione di novembre).

E nessuno si sogni di tirare fuori lo scandalo delle indulgenze che non inficia minimamente tale discorso. Esso infatti in tanto fu scandalo in quanto concernente un potere reale sulle realtà sacre che Dio ha donato alla sua Chiesa e sottoposto al potere donato a Pietro. E' di questo potere che si sta parlando, non del suo eventuale cattivo uso che danneggia solo i vivi. Si tratta di una realtà di amore caritatevole che Dio non lascia certo vanificare dal comportamento fasullo di alcuni ecclesiastici.

QUANTO ALLA LORO APPLICAZIONE AI DEFUNTI
Un'ultima cosa da chiarire è sul come vengono applicati questi tesori spirituali di grazia e di perdono provenienti dai vivi a favore dei defunti. vengono applicati:

1)- secondo un libero, inperscrutabile criterio divino che non fa preferenze di persone e perciò, mentre da un lato ci dice di chiederGli ciò che ci sta a cuore perché dobbiamo relazionarci con Lui alla maniera umana, dall'altro si riserva di applicare a chi, come e dove vuole tali tesori. Non essendo neanche pensabile che una persona per cui nessuno pensa a pregare resti di fatto senza l'aiuto suffragante di tale tesoro.

In altre parole noi possiamo e dobbiamo chiedere a Dio che sollevi l'anima di XY, ma al contempo dobbiamo sapere che Dio lo farà solo se lo riterrà opportuno, riservandosi di smistare altrove il beneficio.

2)- secondo un criterio che prescinde dalle leggi dello spazio-tempo. Così come la grazia di Cristo ha agito anche retroattivamente santificando Adamo, Abele, Abramo, Noè, i Patriarchi ecc..., così anche le preghiere di suffragio possono essere fatte oggi sia per chi è morto ieri, anche in un lontano passato, sia per chi morrà domani.

Il che non permette di ometterle con tranquillità se la persona è già defunta e si pensa che "ormai i giochi son fatti" e che "non si può cambiare il passato". In ambito soprannaturale si deve pensare che su quel passato gravava anche il futuro e perciò Dio avrà trattato il soggetto anche in previsione di ciò che liberamente gli oranti futuri avrebbero fatto a suo favore. Quindi le preghiere che lo Spirito e il nostro buon cuore ci suggeriscono oggi per i cari defunti, fossero anche di lunga data, vanno fatte perché è come se fossero contemporanee al momento in cui Dio ha pronunciato il suo giudizio definitivo su quella persona costituendo la sua entità di doverosa purificazione (le preghiere di suffragio non riguardano né i beati né i dannati ma solo le anime purganti).
Ecco perché non bisogna meravigliarsi né credere che stava ancora in purgatorio Michelangelo quando Paolo VI ha celebrato una Messa di suffragio nel V° secolo anniversario della sua morte.
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est modus in rebus
27/11/2004 18:12
 
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Non l'ho scritto io, ma lo sottoscrivo in pieno:

"Dagli approfondimenti storico-letterari e filosofici ho notato che non vi sono dubbi sull'introduzione di questa dottrina con l'avvento del pensiero platonico. Tanto è vero che, nè la Parola di Dio nè gli scritti dei primi Padri della Chiesa, attestano un insegnamento del genere.

Come dicevo, le Scritture non attestano in nessun posto anche solo l'idea che l'uomo abbia un'anima immortale, e la stessa parola "anima immortale" è assente in tutte le Scritture. (...) le Scritture parlano di "anima mortale", espressione che non dovrebbe esistere se davvero esistesse un anima immortale sia per i buoni che per i cattivi.

A prova del fatto che anche i primi Padri non intendevano l'anima come un'"entità immortale", desidero citarvi alcuni loro scritti:

Dal "Dialogo con Trifone" di San Giustino (ediz.Paoline) pag.262: <>

Sempre San Giustino, nel suo Prologo al "Dialogo con Trifone", pag.98-100 dice: <>

In "Apologia del Cristianesimo" Tertulliano scrive a pag.299: << Noi riteniamo che è molto più ragionevole credere che un uomo ridiverrà un uomo, riprendendo la stessa condizione umana. Ma in qual modo la materia dissolta può essere riprodotta? Considera te stesso, o uomo, e troverai la ragione di credere. Ripensa a ciò che tu eri prima che esistessi:proprio nulla. Se tu non sei stato proprio nulla prima di esistere, e parimenti nulla sarai dopo morto, perchè no potresti di nuovo esistere dal nulla per il volere di quello stesso autore che volle che tu esistessi dal nulla? E d’altra parte sarà assai più facile ricreare ciò che tu fosti una volta, dato che non è stato punto difficile crearti quando non eri prima mai esistito. Risorgerai in qualunque posto il tuo corpo sia stato dissolto; qualsiasi la materia che l'abbia distrutto, inghiottito, assorbito, ridotto a nulla, essa lo restituirà.>>



San Giustino in "Le due Apologie" (ediz.Paoline) pag.64 scrive: << Le necromanzie e le evocazioni di anime umane vi persuadono che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive; e gli insegnamenti degli scrittori Empedocle, Pitagora, Platone e Socrate... Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poichè diciamo che nulla è impossibile a Dio.>> (...)

Anche un dizionario biblico che ho nella mia biblioteca dice un'interessante nota che vorrei che prendeste in considerazione:

Dal "Dizionario Biblico" di Giov. Miegge, (ediz. Feltrinelli) pag.28-29: << Anima = nèfès, indica l'uomo come creatura sensibile, vivente, ponendo l'accento sul suo carattere individuale, personale. E' la vita individualizzata, sia nel senso fisiologico,sia nel senso psicologico. L'anima non è di essenza divina. Quando Dio dà il suo spirito (rùah), appare l'uomo-persona, l'anima vivente. L'anima muore quando Dio ritira il suo soffio (Eccl.12:9). Non è immortale... In conclusione il termine 'anima' esprime nel NT la totalità della vita umana, nella sua realtà creata, nella sua umanità e carnalità, contrapposte alla potenza dello Spirito di Dio; l'uomo è un'anima vivente.>>"

Agabo.


Visita:

"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
27/11/2004 21:00
 
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Noi riteniamo che è molto più ragionevole credere che un uomo ridiverrà un uomo, riprendendo la stessa condizione umana. Ma in qual modo la materia dissolta può essere riprodotta? Considera te stesso, o uomo, e troverai la ragione di credere. Ripensa a ciò che tu eri prima che esistessi:proprio nulla. Se tu non sei stato proprio nulla prima di esistere, e parimenti nulla sarai dopo morto, perchè no potresti di nuovo esistere dal nulla per il volere di quello stesso autore che volle che tu esistessi dal nulla? E d’altra parte sarà assai più facile ricreare ciò che tu fosti una volta, dato che non è stato punto difficile crearti quando non eri prima mai esistito. Risorgerai in qualunque posto il tuo corpo sia stato dissolto; qualsiasi la materia che l'abbia distrutto, inghiottito, assorbito, ridotto a nulla, essa lo restituirà.>>



Credo che Agabo si riferisca all'Apologetico; questa citazione, ampiamente incompleta e tolta dal suo contesto, distorce (volutamente?) in maniera totale il senso del discorso che Tertulliano stava facendo.

E’ tratta dal capitolo 48 dell’Apologetico, che inizia dicendo: “Gli uomini risorgeranno, riprendendo ciascuna anima il proprio corpo. Nulla è impossibile a Dio che fece l’universo dal nulla.”

Poi inizia contestando il parere di alcuni filosofi del tempo (cita Laberio e Pitagora), secondo i quali l’anima umana va a risiedere anche negli animali, per cui un mulo può ospitare l’anima che era di un uomo, un serpente l’anima di una donna.

A questa concezione Tertulliano oppone il concetto cristiano, secondo il quale , nella resurrezione, “da un uomo un uomo ritornerà, un uomo per ogni uomo, ma sempre uomo: talché la medesima qualità di anima nella medesima condizione venga rimessa, se non nella medesima figura.”

E, poco più avanti aggiunge:
“Perciò anche i corpi saranno ricostruiti, PERCHE’ NEMMENO PUO’ PATIR NULLA L’ANIMA DA SOLA, SENZA UNA MATERIA STABILE, CIOE’ LA CARNE; E PERCHE’ QUELLO CHE, PER GIUDIZIO DI DIO, LE ANIME DEBBONO PATIRE, NON LO MERITARONO AFFATTO SENZA LA CARNE, ENTRO LA QUALE OGNI ATTO COMPIRONO” (il maiuscolo è mio).

E continua: “Ma tu dirai, come potrà una materia caduta in dissoluzione ripresentarsi? Considera te stesso, o uomo, e la cosa troverai credibile. A quello che eri, prima di essere, ripensa. Certo eri niente. Te ne ricorderesti, infatti, se qualche cosa fossi stato. Orbene, tu che nulla prima di essere, eri stato e nulla, del pari, sei divenuto quando hai cessato di essere, perché non potresti essere nuovamente dal nulla, per volontà proprio di quello stesso autore, che volle che tu fossi dal nulla? Che ti accadrà di nuovo? Tu che non eri, sei stato fatto; quando di nuovo non sarai, sarai fatto.”

Mettendo l’intero discorso nel suo contesto corretto si comprende molto bene come invece Tertulliano stia distinguendo tra il corpo carnale, che si dissolverà nella morte, ma che verrà restituito all’integrità da Colui che lo creò dal nulla, e l’anima immortale che dovrà con il corpo ricongiungersi, per presentarsi insieme al giudizio di Dio.
Sandro

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Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
28/11/2004 00:24
 
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“Dagli approfondimenti storico-letterari e filosofici ho notato che non vi sono dubbi sull'introduzione di questa dottrina con l'avvento del pensiero platonico.”

Questo si sente ripetere molto spesso, e lo trovate in opere di ogni livello, dalle sciocchezze reperite in internet sino ai libri scritti da studiosi seri. Peccato che non ci sia nulla di più falso. E’ lo stesso problema che hanno i professori di lettere classiche quando parlano di Platone o Aristotele, l’approccio è completamente diverso da quello che ha un docente di filosofia. In ugual modo sembra che molti biblisti si siano fissati su dei luoghi comuni, e questo è dovuto al fatto che essendo specializzati nelle scienze bibliche probabilmente non studiano più filosofia dai tempi del liceo e di essa conservano solo un vago ricordo, avendo preso tutt’altro ramo nel curriculum di studi. La concezione dell’anima platonica non ha nulla a che fare con quella cristiana, la quale al massimo nel tomismo medievale riprende Aristotele e vede l’anima come forma humani corporis. Un neoplatonico come Agostino non fa certo testo quando dice che l’uomo è un’anima che si serve di un corpo in perfetto stile plotiniano. Al tempo di Gesù tra gli ebrei quelli che si aspettavano qualcosa dopo la morte erano la maggioranza, i sadducei erano l’eccezione non la regola. Non c’è dunque bisogno di andare a prendere concezioni immortalistiche altrove. Mi spiegate che cosa avrebbe in comune l’anima di Platone con quella del cristianesimo? L’anima in Platone è tripartita, scissa completamente dal corpo in un dualismo inaccettabile, preesistente alla nascita e capace di reincarnarsi! Devo forse mettermi a spiegare il mito della biga alata per far capire le profonde differenze tra Platone e la dottrina attuale della Chiesa?

“Come dicevo, le Scritture non attestano in nessun posto anche solo l'idea che l'uomo abbia un'anima immortale”

Non è vero, ne abbiamo parlato più o meno quaranta volte. Sul sito di Achille puoi trovare tutte le spiegazioni che vorrai, specie sull’ “uomo anima vivente” e sull’evoluzione del concetto di “anima” in Israele.

A presto
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
28/11/2004 15:12
 
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Citazione fuorviante

Scritto da: peraskov 27/11/2004 21.00... Credo che Agabo si riferisca all'Apologetico; questa citazione, ampiamente incompleta e tolta dal suo contesto, distorce (volutamente?) in maniera totale il senso del discorso che Tertulliano stava facendo.

Tertulliano parla chiaramente di anima immortale, dicendo che alla resurrezione l'anima verrà ricongiunta con il corpo:
«Ma poiché il motivo della resurrezione è la fissazione del giudizio finale, è necessario che colui che esistette si possa riconoscere, per ricevere la sentenza di Dio circa le proprie benemerenze od il proprio demerito. Saranno perciò fatti comparire dinnanzi anche i corpi, anzitutto perché l'anima da sola, senza una materia stabile, cioè la carne, non può sentir nulla, ed in secondo luogo perché tutto ciò che nel giudizio di Dio le anime debbono patire, lo meritarono unitamente ai corpi, entro i quali sempre agirono» (XLVIII, 4).
E' davvero incredibile che si riesca a citare Tertulliano in maniera tale da far credere che questo apologeta non credesse nell'anima immortale!
Agabo però ha copiato/incollato senza accertarsi di persona dalla correttezza e completezza della citazione. Si può sapere chi sono quindi i responsabili di questo completo travisamento delle parole di Tertulliano?
Mi auguro che si tratti di un errore involontario: mi domando comunque quanta serietà vi sia in persone che citano in tal modo delle fonti e quanta credibilità e fiducia si possa attribuire a tali persone...
28/11/2004 15:29
 
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Anima e primi cristiani

Scritto da: Agabo 27/11/2004 18.12
Non l'ho scritto io, ma lo sottoscrivo in pieno ... A prova del fatto che anche i primi Padri non intendevano l'anima come un'"entità immortale", desidero citarvi alcuni loro scritti:....San Giustino in "Le due Apologie" (ediz.Paoline) pag.64 scrive: << Le necromanzie e le evocazioni di anime umane vi persuadono che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive; e gli insegnamenti degli scrittori Empedocle, Pitagora, Platone e Socrate... Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poichè diciamo che nulla è impossibile a Dio.>> (...)

Un'altra citazione incompleta e fuorviante. Se si citano le parole di Giustino nella loro interezza si comprende infatti senza alcuna incertezza che questo cristiano credeva nell'immortalità dell'anima:
«Volgete lo sguardo alla fine di ciascuno degli imperatori precedenti, come siano morti della morte comune a tutti. Se questa conducesse alla cessazione di ogni sensibilità, sarebbe un guadagno per tutti gli ingiusti. Ma poiché a tutti coloro che sono vissuti rimane la sensibilità ed è apprestata una punizione eterna, non trascurate di persuadervi e di credere che queste sono cose vere. Le negromanzia, infatti, e le osservazioni di fanciulli incontaminati e le evocazioni di anime umane e gli spiriti che, presso i maghi, sono detti evocatori di sogni e loro assistenti e tutti i fenomeni che avvengono per opera dei conoscitori di scienze occulte, vi persuadano che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive; ve ne persuadano anche gli uomini posseduti e agitati dalle anime dei defunti, che tutti chiamano indemoniati e furiosi, e quelli che voi chiamate oracoli di Anfiloco e di Dodona e della Pizia, e quanti altri esistono di tal genere, e gli insegnamenti degli scrittori - Empedocle e Pitagora e Platone e Socrate, e la fossa nominata da Omero e la discesa di Ulisse alla scoperta di quei misteri - e di quanti affermano cose simili. Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poiché diciamo che nulla è impossibile a Dio».

http://www.monasterovirtuale.it/s_giustino.html

A questo punto dubito molto che si tratti di errori involontari.
Ma dove hai trovato Agabo queste citazioni così ingannevoli?

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 28/11/2004 15.30]

28/11/2004 15:51
 
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Agabo dice...
> le Scritture parlano di "anima mortale",

R
Non è vero. Parlano di "nèphesh" mortale. Il tradurlo "anima" è già frutto di una scelta fatta senza criterio e confusionaria, sia perché non solo crea equivoci con l'attuale concetto di "anima" che si riferisce comunemente alla parte/principio/entità spirituale della persona umana composta di anima e corpo, sia perché nèphesh nel dizionario ebraico non ha mai il corrispettivo di anima. Alcuni dizioanri possono usare la parola ma poi spiegano che si intende la persona, l'individuo senziente eccetera... E allora c'è da chiedersi perché mai adoperano la parola anima per significare questo dal momento che oggi anima significa altro? Perché sono rimasti allo "anima" del latino che appunto significa persona, vivente, individuo eccetera! Ma anch'esso (il termine latino) non corrispode al moderno "anima".

Esemplifico: se il salmista prega "aiutami o Dio perché le acque mi sono giunte sino alla nèphesh" quel nèphesh non può tradursi né con lo anima latino né con lo anima italiano moderno. Chi lo facesse farebbe solo confusione.
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est modus in rebus
29/11/2004 21:10
 
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Agabo replica

Internet può trasformarsi in una “rete acchiappapesci”, come è successo al sottoscritto. Attenzione, però. Il mio esordio fu: “Non l’ho scritto io, ma lo sottoscrivo in pieno”. Una “sottoscrizione” che ritiro dopo le precisazioni che mi sono giunte.

MALAFEDE? Non è detto per quanto riguarda il compilatore delle citazioni “incriminate” e, in ogni caso, non da parte mia, che so bene che dall’ “altra parte” vi sono ex docenti di teologia e laureati in filosofia. Imprudenza, quella sì. E ne faccio ammenda.

MA, QUANTO SAREBBE STATO MEGLIO che la versione corretta di quelle citazioni di Padri della Chiesa fosse stata quella da me segnalata! Grato per le precisazioni, ma i testi “canonici” che avete riportato delineano, in relazione allo stato dei morti, un impianto dottrinale del tempo inquinato non solo dalla filosofia greca, ma anche dal paganesimo. La credenza nell’immortalità dell’anima presenta il suo conto nefasto: negromanzia, evocazione di anime di defunti, magia, possessioni ecc. E Giustino che invocava:

“ …vi persuadano che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive; ve ne persuadano anche gli uomini posseduti e agitati dalle anime dei defunti, che tutti chiamano indemoniati e furiosi, e quelli che voi chiamate oracoli di Anfiloco e di Dodona e della Pizia, e quanti altri esistono di tal genere, e gli insegnamenti degli scrittori - Empedocle e Pitagora e Platone e Socrate, e la fossa nominata da Omero e la discesa di Ulisse alla scoperta di quei misteri - e di quanti affermano cose simili. Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: …”

come se vi fosse qualche virtù nell’essere “persuasi” da tali testimonianze, mentre Tertulliano sembra faticare non poco argomentando contro chi sostiene un’improbabile trasmigrazione d’anime di umani in corpi di animali! Per di più, i due sono in disaccordo: mentre Giustino dice che “le anime mantengono le facoltà sensitive”, Tertulliano, al contrario,dice: “l'anima da sola, senza una materia stabile, cioè la carne, non può sentir nulla,”

La fede nel biblico sonno incosciente dei defunti, ai quali peraltro li attende la risurrezione, spazza via tale nembo popolato da non-morti che possono addirittura avere relazioni con i viventi.

POLYMETIS, di sciocchezze ne diciamo un po’ tutti. La tua, per esempio, è quella di negare lo stretto rapporto mutuato tra il dualismo greco e la dottrina “cristiana” dell’immortalità dell’anima (“La concezione dell’anima platonica non ha nulla a che fare con quella cristiana …”, affermi). Dillo per favore anche a Vittorio Messori il quale sta diffondendo idee opposte, cose che la “Santa Inquisizione” avrebbe guardato con molta attenzione:

“I greci avevano quell’immagine di uomo che certa teologia cristiana ha poi ereditato, rischiando di allontanarsi dalla genuina concezione ebraica. Per Israele, l’uomo è un’unità inscindibile e indivisibile di corpo e anima, di materia e di spirito: non può dunque esistere risurrezione se non di questo uomo completo. Per i greci, al contrario, l’uomo è il risultato di un’addizione: corpo + anima + spirito. Due realtà distinte, giustapposte, spesso in lotta tra loro. In ogni caso, nelle culture di impronta greca, non è concepibile una risurrezione che coinvolga anche il corpo: ciò che è pensabile è, semmai, solo una immortalità spirituale, una sopravvivenza dell’anima” (“Dicono che è risorto”, p. 54 SEI Torino)

CARO BERESCITTE, ma che cosa pretendi da Dizionari biblici, Lessici e quant’altro? Lo studioso, come ci insegni, va alla ricerca della semantica originale dei termini di testi antichi, e solo in seguito riferisce anche l’eventuale evoluzione di significato che hanno subito nel tempo, Per esempio, nella stesura della versione biblica dei “Settanta” fu trovato in PSYCHE un corrispettivo TECNICO, ma non SEMANTICO dell’ebraico NEFESH. E che cos’altro avrebbero potuto capire in seguito coloro che leggevano la Bibbia in greco, se non che l’uomo HA un’anima, anziché ESSERE UN’ANIMA? Se poi una traduzione della Bibbia in un’altra lingua diventa pretesto per mettere su una fabbrica di santi … fate un po’ voi.

“Il maggior errore e la peggiore illusione consiste nel ritenere che si possa passare da un universo di pensiero a un altro, stabilendo semplicemente una corrispondenza linguistica tra due termini che in realtà non hanno lo stesso significato. L’illusione consiste nell’immaginarsi che l’analogia verbale che risulta semplicemente dalla traduzione, ricopra un’analogia reale” (C. Tresmontant, Il problema dell’anima Ed. Paoline, Roma 1972, p. 63).

Con tanti saluti.
Agabo.
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“POLYMETIS, di sciocchezze ne diciamo un po’ tutti. La tua, per esempio, è quella di negare lo stretto rapporto mutuato tra il dualismo greco e la dottrina “cristiana” dell’immortalità dell’anima (“La concezione dell’anima platonica non ha nulla a che fare con quella cristiana …”, affermi).”

E lo nego ancora. Ho detto che la dottrina cristiana non c’entra con Platone, non che alcuni cristiani non si siano lasciati influenzare da Platone. Questo infatti è impossibile negarlo, in Agostino c’è dualismo, ma in Tommaso invece no, in quanto l’anima è legata al corpo come la forma è legata alla materia. Per questo il dottor d’Aquino diceva “forma humani corporis”. Sembra che tu non abbia presente la dottrina cattolica, quindi ti invito a leggere il Catechismo:

“«Corpore et anima unus» - Unità di anima e di corpo
362 La persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice: «Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente» (Gn 2,7). L'uomo tutto intero è quindi voluto da Dio.
363 Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, oppure tutta la persona umana. Ma designa anche tutto ciò che nell'uomo vi è di più intimo e di maggior valore, ciò per cui più particolarmente egli è immagine di Dio: « anima » significa il principio spirituale nell'uomo. […]
365 L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la «forma» del corpo; ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura.”

“Dillo per favore anche a Vittorio Messori il quale sta diffondendo idee opposte, cose che la “Santa Inquisizione” avrebbe guardato con molta attenzione:”

Non trovo nelle parole di Messori nulla di poco ortodosso. Evidentemente non conosci la filosofia antica e ti mancano le categorie concettuali per inquadrare quello che leggi. Non è un’offesa, semplicemente non si può parlare di filosofia antica non conoscendola. Hai studiato Platone e Aristotele? Altrimenti è perfettamente inutile che tu mi venga a parlare di confronti tra l’anima in Platone e l’anima nel cattolicesimo.

“I greci avevano quell’immagine di uomo che certa teologia cristiana ha poi ereditato, rischiando di allontanarsi dalla genuina concezione ebraica.”

Appunto, “certa teologia cristiana”, non la teologia cristiana.


“Per Israele, l’uomo è un’unità inscindibile e indivisibile di corpo e anima, di materia e di spirito: non può dunque esistere risurrezione se non di questo uomo completo.”

Vero.

“Per i greci, al contrario, l’uomo è il risultato di un’addizione: corpo + anima + spirito. Due realtà distinte, giustapposte, spesso in lotta tra loro.”

Vero. Questa infatti non è la dottrina cattolica ma quella di alcuni filosofi come Agostino o Cartesio.

“In ogni caso, nelle culture di impronta greca, non è concepibile una risurrezione che coinvolga anche il corpo: ciò che è pensabile è, semmai, solo una immortalità spirituale, una sopravvivenza dell’anima”

Questo non è sempre vero, basti pensare al mito di Er.

"E che cos’altro avrebbero potuto capire in seguito coloro che leggevano la Bibbia in greco, se non che l’uomo HA un’anima, anziché ESSERE UN’ANIMA?"

Potevano capire quello che volevano. Psyché in greco ha come primo significato vita, non anima. E spessissimo significa persona, come l'ebraico nefesh. Questo termine è così complesso che non si può disquisire su di esso senza conoscere l'evoluzione che esso ha avuto nella letteratura e nel pensiero greco. La psyché di Omero non è quella di Socrate, la psyché di Socrate non è quella di Platone, la psyché di Platone e non è quella di Aristotele, ecc.
E ora scusami, ma ho un treno da prendere tra un’ora. se hai domande ti risponderò tra una settimana circa.


Bye bye
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Caro Agabo...

Il fatto è che noi, per le verità attingibili con la sola ragione, non possiamo stare a ricasco di come la pensavano singoli autori del passato quasi che la verità sia stata afferrabile solo da loro; né la loro limitatezza sparisce per il fatto che si tratti di autori biblici.

A me se una verità mi venisse dal barbiere, non per questo la riterrei meno verità. E così se nella Bibbia non si afferma da nessuna parte che la pizza napoletana è buona, non per questo essa cesserebbe di esserlo.

Ora se si dà il caso che noi, per sapere la verità sui denti andiamo dal dentista, se sull'equilibratura delle ruote andiamo dal gommista eccetera... potremmo pure ben rivolgerci ai filosofi per sapere qualcosa sull'antropologia, o no? O solo per il semplice fatto che sono filosofi dicono bugie? Stai per la demonizzazione della filosofia asserita (fraudolentemente) dalla WT? Spero proprio di no.
Quindi se io riesco a sapere dalla filosofia che l'essenza umana si compone di anima spirituale e corpo (certi testi antichi dicono animam intellectivam, per distinguerla dall'anima animale), la Bibbia non se ne avrà a male. E se gli scrittori che hanno scritto in essa dimostrano di seguire un'antropologia ancora rabberciata e confusa, non si avrà alcun diritto di farla passare per antropologia divina con diritto di soffocare ogni altra concezione. Quando la concezione della realtà umana della Bibbia si discosta da quella che è accertata da fior di scienze successive, la verità sarà che il messaggio divino non si oppone prescinde dalla scienza scrausa che avevano gli israeliti. Lo stesso vale per la antropologia, perché Dio nella Bibbia non insegna né scienze né fa filosofia: adopera la cultura della gente del tempo e, tramite essa, che non ha nulla di divino, ci trasmette il suo pensiero religioso che è divino.

Applichiamo. A Pagina 32 di Ragioniamo il CD chiede "L'anima umana può morire?" Fa una domanda che a me, uomo del 2000 che ha studiato filosofia e anche se non lo avesse fatto condivide il concetto comune di anima come "parte/elemento/principio spirituale del composto umano", mi fa chiedere "questa mia componente spirituale è mortale o no?"

E poi, invece di ragionare DI QUESTA REALTA' che ha messo in discussione, mi viene a portare degli esempi biblici (pure sbagliati ma lasciamo perdere!) secondo cui per anima io dovrei intendere le persone, cioè il loro insieme con quali che siano le parti che le compongono, e alla fine conclude brillantemente che l'anima è mortale! Cioè che le persone sono mortali!
Al che io mi chiedo se ci voleva la Bibbia a dimostrare questa ovvietà che ci viene riproposta dal telegiornale di ogni sera...

No, non è la Bibbia che suona ogni melodia, ma il soprammanico che la strumentalizza.
Né ha recato alcuna danno alla rivelazione divina l'averla interpretata utilizzando categorie mentali mutuate dall'ellenismo. Anzi, l'hanno servita nel modo migliore (cf il Logos giovanneo che altrimenti sarebbe un'inquinamento paganeggiante!).
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est modus in rebus
30/11/2004 22:06
 
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Caro Berescitte,

"...e se portiamo qualche spanna di pelle di bove a un calzolaio, non meravigliamoci se dopo qualche giorno ritireremo un paio di scarponi, magari anche fuori moda!

Io vedo i risultati del dogma cattolico dell'immortalità dell'anima:

> l'uomo è diventato immortale (così egli si crede): ha creduto alle parole di Satana "Non morrete affatto" contrariamente all'avvertimento di Dio: "Il giorno che ne mangerai, per certo morrai" (oltre al fatto che la perpetuazione della sua esistenza era legata all'albero della vita in Eden"

> il cristianesimo è diventato esattamente quello che tutti gli uomini di Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento hanno avversato: un nembo di divinità venerate al posto del Creatore (santi, Madonne, angeli).

> i cristianucci moderni hanno perso quella che Paolo definì "la beata speranza", il ritorno in gloria di Gesù Cristo (perché attendere il suo ritorno se già alla morte si riceve il debito trattamento che si spetta?).

> le pratiche medianiche sono moltiplicate e sono giunte a pretendere la "dignità" di scienza (la parapsicologia, per esempio), oltre alle tante correnti pseudoreligiose orientali e la modernissima New Age.

> alcune sette hanno indotto diversi giovani a suicidi collettivi: credevano che liberandosi del fardello-corpo al momento giusto, la loro anima avrebbe potuto "imbarcarsi" su un'astronave di passaggio.

> gli ultimi pontefici hanno trasformato il cristianesimo in "marianesimo" e non si contano le presunte apparizioni mariane.

...se continuassi farei un torto alla tua intelligenza (e, indovino che mi dirai che il "torto" l'ho fatto invece scrivendoti queste cose[SM=g27827] ).

Ciao, Agabo.

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01/12/2004 21:23
 
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La palude della filosofia.
Replica a polymetis

Non sono laureato in filosofia, ma l’italiano lo capisco ancora. Questa citazione è per chi insiste ad affermare la “quasi estraneità” dell’influsso della filosofia greca nel cristianesimo, fino (dico io) a inquinarlo:

“Quando il cristianesimo, per difendersi dagli attacchi polemici e dalle persecuzioni, nonché per garantire la propria unità contro sbandamenti ed errori, dovette venire in chiaro dei propri presupposti teoretici e organizzarsi in un sistema di dottrine, si presentò come l’espressione compiuta e definitiva della verità che la filosofia greca aveva cercata, ma solo imperfettamente e parzialmente raggiunta. Una volta postosi sul terreno della filosofia, il cristianesimo tenne ad affermare la propria continuità con la filosofia greca ed a porsi come l’ultima e più compiuta manifestazione di essa. (…).
Era naturale, da questo punto di vista, che si tentasse da un lato di interpretare il cristianesimo mediante concetti desunti dalla filosofia greca e così di riportarlo a tale filosofia, dall’altro di ricondurre il significato di quest’ultima allo stesso cristianesimo. Questo duplice tentativo, che in realtà è uno solo, costituisce l’essenza dell’elaborazione dottrinale che il cristianesimo subì nei primi secoli dell’era volgare.
In questa stessa elaborazione i Padri della Chiesa furono frequentemente aiutati e ispirati, com’era inevitabile, dalle dottrine delle grandi scuole filosofiche pagane; e specialmente dagli Stoici essi attinsero molte delle loro ispirazioni, spingendosi talora (come accadde a Tertulliano) sino ad accettare tesi apparentemente incompatibili con il cristianesimo, come quella della corporeità di Dio”
“Storia della filosofia”, v. II, pp.12-13, Nicola Abbagnano.

Uno tra mille e più esempi di inquinamento:

“Lo stesso demonio, egli (Origene, ndr) dice, non è malvagio per sua natura, ma lo è divenuto di sua vlontà (In Joan., XX,28). La caduta è dovuta a un atto libero di ribellione a Dio”

E fin qui, nulla di strano. I problemi sorgono adesso:

“Il suo primo risultato è che le intelligenze divengono anime, destinate a rivestirsi di un corpo, più o meno luminoso p più o meno tenebroso a seconda della gravità della colpa originaria. Il secondo grado della caduta è appunto il rivestimento del corpo. Appare allora il mondo visibile nella sua varietà e molteplicità degli esseri che lo costituiscono. E così alcune intelligenze diventano le anime di corpi celesti eterei luminosi e sottili. Altre divengono angeli, ai quali Origene dà i nomi biblici di troni, potenze, dominazioni, ecc, destinati ad essere i ministri di Dio presso gli uomini. Altre ancora “discendono sino alla carne ed al sangue” e divengono uomini. Le ultime, infine, divengono diavoli.
Il mondo visibile è dunque nient’altro che la caduta e la degenerazione del mondo intelligibile e delle pure essenze razionali che lo abitano. Origene ammette una pluralità successiva di mondi; ma, correggendo lo stoicismo, nega che questi mondi siano la ripetizione l’uno dell’altro. La libertà di cui gli uomini sono dotati impedisce tale ripetizione (Contra Cels., IV, 67-68). Tuttavia dopo che un numero indeterminato di mondi si è succeduto, si giunge alla fine. Il mondo visibile ritornerà al mondo invisibile. Gli esseri razionali avranno espiato lungo la serie delle vite successive nei vari mondi il loro peccato iniziale e saranno giunti alla perfezione e alla salvezza finali. Potranno allora essere restituiti alla loro condizione primitiva e conoscere Dio (In Joan., I, 16, 20).
(…) Il destino dell’uomo fa parte integrante del movimento complessivo del mondo cui l’uomo appartiene. L’uomo era dapprima una sostanza razionale, un’intelligenza; con la caduta è diventata un’anima. L’anima è qualcosa di mezzo tra l’intelligenza e i corpi: l’intelligenza, come pura vita spirituale, è refrattaria al male, l’anima è invece suscettibile di bene e di male (In Joan., XXXII, 18).
(…) La via per questo ritorno può essere lunghissima. Se l’esistenza di un mondo non basta, l’uomo rinascerà nel mondo successivo e poi in altri ancora finché non abbia espiato la sua colpa e non sia ritornato alla perfezione primitiva."

“Storia della filosofia”, v. II, pp. 44-45, Nicola Abbagnano.

Alla faccia! E qualcuno ha il coraggio di negare l’influsso esercitato dalla filosofia greca, attraverso i Padri della Chiesa, sulla dottrina cristiana.
Nelle idee di Origene, come esposte dal Prof. Abbagnano, non solo si dà per scontato tale influsso, ma sono evidenti anche influssi provenienti dal paganesimo (la continuità dei mondi per giungere alla perfezione, si scardinano le basi della Creazione come atto volontario e libero di Dio, si falsano i veri motivi della caduta dell’uomo e, cosa ancora più grave, scompare il piano di redenzione che è sostituito da una “purificazione” che avverrebbe attraverso molte esistenze per ritornare al “mondo invisibile”
BINGOOO!
Carissimo Plymetis, non che stai facendo il “gioco dei potenti”: I sapientoni laureati si permettono di dire tutto e il contrario di tutto, tanto, come potranno i semplici tener loro testa?

Saluti, Agabo.

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02/12/2004 07:49
 
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Io ho provato ad argomentare su un argomento
... Agabo mi risponde con una pappardella di affermazioni (che andrebbero ben discriminate e argomentate).

Quindi resto in attesa della risposta (se gentilmente vuole darmela) sul problema di come il CD ha inteso trattare il problema dell'anima.
Grazie

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est modus in rebus
02/12/2004 21:17
 
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Re: Io ho provato ad argomentare su un argomento

Scritto da: berescitte 02/12/2004 7.49
... Agabo mi risponde con una pappardella di affermazioni (che andrebbero ben discriminate e argomentate).

Quindi resto in attesa della risposta (se gentilmente vuole darmela) sul problema di come il CD ha inteso trattare il problema dell'anima.
Grazie





Ciao Berescitte,
non posso rispondere io alla tua domanda "sul problema di come il CD ha inteso trattare il problema dell'anima" perché, vedi, io non sono un tdG, anche se credo nel sonno incosciente dei defunti in attesa della promessa risurrezione.
Quanto alla "mia pappardella", io al tuo posto mi preoccuperei di quella dei Padri della chiesa i quali hanno operato un sincretismo disdicevole tra le LORO idee platoniche e quelle cristiane, finendo col far prevalere, tutto sommato, il pensiero umano al posto della rivelazione divina.

In conclusione, siccome ti rispetto, non ti faccio la "lista della serva", perché so che conosci già i testi biblici che potrei citarti. Titubo se farlo veramente perché questo è un sito ove si discutono dottrine geoviste. Non vorrei essere OT.
Ma se me lo si richiederà, dirò la mia sull'argomento, senza per questo voler difendere la posizione del sacro verbo del CD.
Cari saluti.
Agabo.
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03/12/2004 09:41
 
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Puoi leggere una mia trattazione approfondita sull'anima, sulla base dei testi biblici, sul SITO (Achille l'ha aggiornata poco fa con la seconda parte. La terza ancora devo comporla).

Io, come cattolico, so che il pensiero dei Padri ha valore di Tradizione (cioè fonte autorevole di rivelazione) solo a due condizioni:
- il loro essere concordi su una dottrina
- la loro accettazione da parte del Magistero
Perciò è un po' difficile trovare questa unanimità, ed è illusorio porre la dottrina di qualcuno di loro contro il Magistero quasi che fossero loro il "canale ufficiale" a cui Gesù ha detto "chi ascolta voi ascolta me" e "lo spirito di verità che io vi manderò vi farà capire ogni cosa".

Non mi sento minimamente turbato perciò né da qualche aspetto dissidente del pensiero dei Padri, né dal loro rifarsi alla Bibbia (poiché il verdetto sulla interpretazione biblica spetta al Magistero).

Poi so anche che la filosofia non va demonizzata (Paolo l'ha adoperata e ha detto che è condannabile chi non lo fa) e che il Magistero la adopera solo per esprimere con termini più appropriati (data la ricchezza maggiore del lessico greco rispetto alla povertà di quello ebraico-aramaico) la verità rivelata.
Altro è l'uso che fa della filosofia e dell'ellenismo il Magistero, altro il possibile "inquinamento" della verità biblica secondo l'uso che ne hanno fatto singoli autori.

Comunque, se ti fa piacere, apri un thread specifico sulla immortalità dell'anima (ma se mi costringi a ripetere ciò che ho già scritto in passato ed ora sta sul SITO non ti seguirò).
Porre qui questa tematica sarebbe fuori posto e a rischio di non essere letta perché non indicata espressamente nel titolo del thread.
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est modus in rebus
03/12/2004 09:55
 
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Anima

Scritto da: berescitte 03/12/2004 9.41Puoi leggere una mia trattazione approfondita sull'anima, sulla base dei testi biblici, sul SITO (Achille l'ha aggiornata poco fa con la seconda parte. La terza ancora devo comporla).

Le pagine di Berescitte sull'anima sono queste:
http://www.infotdgeova.it/anima.htm
La prima parte
http://www.infotdgeova.it/anima1.htm
La seconda parte.

Achille
04/12/2004 16:54
 
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Mio caro Agobo. Non ha la minima idea di che cosa c’entri quello che hai scritto con l’argomento in analisi. La questione era se la dottrina ufficiale della Chiesa SULL’ANIMA fosse influenzata da Platone. Non mi hai detto assolutamente nulla su quest’argomento ma hai deviato il discorso sull’utilizzo dei termini filosofici greci da parte dei padri della Chiesa. Ma la questione rimane: non mi hai mostrato nessuna somiglianza tra concezioni platoniche dell’anima (tipicamente dualistiche) e concezioni tomistiche come quelle della Chiesa che vedono l’anima come forma humani corporis, il che è esattamente il contrario del presupposto platonico. Hai voluto citare il buon Abbagnano per fargli sostenere un pensiero che non gli appartiene, infatti in quelle citazioni non c’è nulla che confermi la tua idea secondo cui la dottrina cristiana dell’anima sia platonica.

“Non sono laureato in filosofia”

E allora perché ne disquisisci se non hai una base concettuale per inquadrare i problemi? Hai studiato filosofia almeno al liceo? O conosci Platone o non ne parli, la cosa mi sembra talmente evidente che non so perché perdo tempo a dimostrarlo..

“ma l’italiano lo capisco ancora.”

Il problema non è saper leggere o no, il problema è avere gli strumenti per sapere se quello che leggi è vero o falso. Chi non sa nulla di Euripide potrebbe leggersi un saggio di Eva Cantarella dove costei sostiene che nell’Ippolito si dimostra misogino, e, siccome di Euripide non sa nulla, è capace di crederle. Ma non è colpa sua, semplicemente ci vogliono degli strumenti per leggere criticamente un testo di filosofia o letteratura greca.

Vorrei chiarire definitivamente: non mi interessa sapere se Origene sia stato influenzato dal platonismo, ma se la dottrina ufficiale della Chiesa sia stata influenzata dal platonismo. I Padri sono portavoce del pensiero della Chiesa soltanto quando s’accordano con la sua Tradizione, questo vuol dire che quando Origine dice cose contrarie al magistero cattolico non ci rappresenta. Se un DOTTORE della Chiesa come Sant’Agostino ha un’idea dell’anima influenzata dal neoplatonismo allora in quel momento non ci rappresenta. Le tesi di Origene sull’anima sono talmente fuori dalla concezione della Chiesa che sono state condannate per eresia. Come vedi Agabo, la tua argomentazione ti si rivolta contro.
Come già detto il testo di Abbagnano è perfettamente accettabile, perché non sostiene neppure una delle tue affermazioni. Egli dice solo che i Padri della Chiesa si sono espressi con termini derivati dalla filosofia greca. Che grande scoperta! Ma il problema non è questo, poiché io posso usare un termine e caricarlo di nuovo significato. In questo modo le ipostasi di Plotino non sono le ipostasi della dottrina trinitaria, il Logos di Giovanni non è il Logos degli stoici, e via dicendo…
E ora ti ripropongo la domanda cui abilmente NON hai risposto: dove la dottrina cattolica dell’anima sarebbe influenzata da Platone?

Leggilo Platone invece di parlarne a vuoto, potrebbe essere un piacevole acquisto natalizio.
Inizia col Simposio, è in assoluto il dialogo più bello. (De gustibus...)

A presto
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04/12/2004 20:30
 
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Ciao Polymetis,

oltre ai testi di filosofia della laurea di mio figlio, ho l'Enciclopedia della Filosofia curata da E. Severino ed altri testi di larga divulgazione.
Ma il punto non è questo. Io potrei essere anche un docente in filosofia e malgrado questo troveremmo ancora motivi di disaccordo. Un esempio? Quando si tratta di interpretare un testo biblico e si confrontano le rispettive interpretazioni tra appartenenti a denominazioni CRISTIANE diverse (sottolineo "cristiane", per fare un po' d'ironia, dal momento che si prende il comune Libro di base, la Bibbia) nel migliore dei casi c'è disaccordo, nel peggiore qualcuno si trincea dietro il "Magistero della chiesa", dando per inteso che, in definitiva, il compito di interpretare le Scritture non spetta a lui (quello di giudicare le altrui credenze, stranamente, sì!). Va da sé che il disaccordo si accentua laddove le divergenze sono più sensibili per obiettiva differenza di competenza ed altro ancora. Ma nemmeno questo è il punto. Qual'è, allora, il punto?

Tu affermi che la dottrina cattolica dell'anima non dipende dalla filosofia platonica. Ora, io leggo in tutte le opere che trattano di filosofia e di teologia tutto il contrario. Io non capirò un accidente di filosofia (mettiamola pure così!), ma quando teologi e filosofi molto noti affermano che il concetto dell'anima della dottrina cattolica deriva dal suo antesignano platonico, io dovrei credere il contrario, Perché? Perché lo affermi tu!
Allora diciamo che non ho capito nemmeno quello che teologi come O. Culmann hanno affermato su questo, e buonanotte!

In realtà, chi sta scantonando un po' sei anche tu perchè nessuno ha mai voluto dire che la chiesa cattolica ha preso pari pari il concetto di anima da Platone e lo ha inserito nel suo catechismo. Sto affermando che, a differenza degli Ebrei, per i quali l'anima è mortale (almeno, per gli Ebrei antecedenti a Filone e alla "scuola alessandrina") e, quindi per Bibbia, la chiesa cattolica ha mutuato dalla filosofia greca il suo concetto di anima. Dicendo "dalla filosofia greca" dico sommariamente da Platone agli scolastici, passando dai Padri. Non intendo dire che non vi sia stata un'elaborazione del pensiero cristiano sull'anima in tutti i secoli che ci separano da Platone (il quale non credeva in un Dio creatore di tutte le cose e il suo pensiero non può essere considerato alla stregua della Rivelazione, naturalmente!).

Quando l'apostolo Paolo, nel suo discorso rivolto ai greci nell'Areòpago di Atene parlò di "risurrezione", scatenò l'ironia e l'ilarità dei suoi uditori, perché?
Rispondere a questa domanda significa comprendere la diversità riguardo della concezione che si aveva dello stato dei morti fra Ebrei e Ebrei/cristiani da una parte e Greci dall'altra. Differenza che, con tutta l'elaborazione successiva che v'è stata in campo cattolico, che esiste ancora.

Agabo.
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"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
05/12/2004 01:12
 
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Sbaglio o non mi hai risposto? Faccio notare che ti stai basando su argumenta ex auctoritate. Oscar Culmann dice una cosa? E che me ne importa, Giovanni Reale che è il più grande antichista italiano dice il contrario. E allora come si fa a sapere chi ha ragione? Triste ma vero: chi ha studiato può capire da che parte è meglio stare, chi è ignorante in questo campo invece deve decidere a simpatia. Questa non è presunzione ma una constatazione. Del resto io sono convinto che Platone non si possa capire senza averlo letto in greco quindi figuriamoci. Ogni traduzione è sempre un tradimento, e rendere in italiano il mito di Eros raccontato da Diotima nel Simposio è un crimine. Mi dispiace ma è la verità… è esattamente come voler parlare di Dante dopo aver letto la Divina Commedia in tedesco. Pensate che resterebbe qualcosa di Dante in traduzione?

“oltre ai testi di filosofia della laurea di mio figlio”

Ti sei letto l’intera bibliografia consigliata per tutti i suoi corsi universitari? Comunque sia chiedi a lui la differenza tra la concezione platonico-agostiniana e quella tomistico-aristotelica dell’anima, poi sappimi dire.

“ho l'Enciclopedia della Filosofia curata da E. Severino “

Non è uno specialista in filosofia antica, come non lo è Abbagnano del resto. Se vuoi studiare il pensiero antico a suon di enciclopedie non andrai da nessuna parte, sarebbe come preparare un esame universitario usando dei bigini. Se vuoi proprio darti alle enciclopedie almeno scegline una specializzata in filosofia antica. Ti consiglio la “Storia della filosofia greca e romana” di Giovanni Reale, in 10 volumi pubblicata da Bompiani. Il volume su Platone è il terzo, nonostante siano solo duecento pagine è una sintesi chiarissima del pensiero platonico.

“ed altri testi di larga divulgazione.”

E allora dimmi quali prove questi testi portano a sostegno della tua teoria. Sempre che tu non abbia letto le opere di divulgazione sulla filosofia antica scritte da De Crescenzo, perché in questo caso non penso di poter intavolare una discussione seria…

“il punto non è questo. Io potrei essere anche un docente in filosofia e malgrado questo troveremmo ancora motivi di disaccordo.”

Nel mondo filosofico non c’è disaccordo sul fatto che la concezione platonica e quella tomistica siano ad anni luce.

“Ora, io leggo in tutte le opere che trattano di filosofia e di teologia tutto il contrario”

Sarei proprio curioso di sapere quali opere hai letto.

“non capirò un accidente di filosofia (mettiamola pure così!), ma quando teologi e filosofi molto noti affermano che il concetto dell'anima della dottrina cattolica deriva dal suo antesignano platonico, io dovrei credere il contrario, Perché? Perché lo affermi tu!”

Basarsi sugli ipse dixit non va più di moda dal tempo di Galileo. Inoltre io non ti chiedo di fidarti su quello che dico io, ma sui fatti. Non mi stupisce che hai trovato molti teologi caduti in questo equivoco, del resto all’inizio della discussione avevo scritto: “Questo si sente ripetere molto spesso, e lo trovate in opere di ogni livello, dalle sciocchezze reperite in internet sino ai libri scritti da studiosi seri. Peccato che non ci sia nulla di più falso. E’ lo stesso problema che hanno i professori di lettere classiche quando parlano di Platone o Aristotele, l’approccio è completamente diverso da quello che ha un docente di filosofia. In ugual modo sembra che molti biblisti si siano fissati su dei luoghi comuni, e questo è dovuto al fatto che essendo specializzati nelle scienze bibliche probabilmente non studiano più filosofia dai tempi del liceo e di essa conservano solo un vago ricordo, avendo preso tutt’altro ramo nel curriculum di studi.”

Tuttavia l’equivoco è presto smascherato: “Siccome l’anima in Platone è immortale, e giacché anche nel cristianesimo è così, il cristianesimo ha copiato da Platone”, dice il disinformato. Sfortunatamente questo discorso non ha il minimo senso, perché in quasi tutti i filosofi greci l’anima è immortale. Di questo passo potrei dire che la concezione dell’anima è stata copiata da Aristotele, da Pitagora, dai riti misterici, e chi più ne ha più ne metta. Altre analogie? Io non le ho ancora sentite. In Platone l’anima quando muore non va in paradiso, contempla le Idee prima di reincarnarsi, nel mythos della biga alata la caduta dell’anima è dovuta all’auriga che non riesce a controllare il cavallo nero e riottoso. L’anima in Platone è tripartita: irascibile, concupiscibile e razionale. In Platone l’anima è totalmente altro rispetto al corpo, anzi, il corpo è una contaminazione che non permette di vedere la Verità, esso è la tomba dell’anima. Nel cattolicesimo al contrario io con questo mio corpo vedrò Dio ed esso non è d’impedimento perché ciò che è corruttibile si veste di incorruttibilità. Per non parlare del fatto che in Platone è immortale solo una delle tre parti dell’anima, quella razionale, perché sole essa coglie la dialettica delle Idee. Nel cattolicesimo non c’è nulla di simile. Non parliamo poi della dottrina del daimon in ognuno di noi, o del fatto che secondo Platone le anime preesistono al corpo e scelgono da sole il destino che avranno nella loro prossima reincarnazione! Cosa ci sia di simile al cattolicesimo qualcuno deve seriamente spiegarmelo!

“Allora diciamo che non ho capito nemmeno quello che teologi come O. Culmann hanno affermato su questo, e buonanotte!”

Oscar Culmann oltre a non essere uno specialista in filosofia antica è pure un teologo a dir poco discutibile. Suppongo che tu ti riferisca al suo libro “Immortalità dell'anima o resurrezione dei corpi”, peccato che il pensiero di Culmann sia un unicum nel mondo teologico e accademico. Sia cattolici che protestanti prendono le distanze dalle sue tesi.

Te lo chiedo di nuovo: dove la dottrina cattolica si rifà a Platone? Vuoi rispondermi con altri ispe dixit o quello che credi lo sai motivare con qualche argomentazione?

“Sto affermando che, a differenza degli Ebrei, per i quali l'anima è mortale (almeno, per gli Ebrei antecedenti a Filone e alla "scuola alessandrina") e, quindi per Bibbia, la chiesa cattolica ha mutuato dalla filosofia greca il suo concetto di anima.”

Potremmo discuterne a lungo. A me non importa cosa credessero gli ebrei in età arcaica, i quali avevano una concezione dell’anima come vana ombra nello scheol, a me interessa il pensiero di Gesù Cristo e del I secolo d.C.
Se posso trovare dimostrata l’immortalità dell’anima nel NT allora non c’è bisogno di invocare Platone o Plotino.

-Matteo 17,3 (apparvero Mosé ed Elia: mentre di Elia era atteso il ritorno, Mosé era sicuramente morto da secoli);
-Luca 16,19-31 (Abramo, il ricco e Lazzaro dialogarono tra loro, sebbene morti);
Vale la pena di leggersi il brano integralmente perché la cosa è talmente lapalissiana da non aver quasi bisogno d’alcun commento:

“C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi”.
E quegli replicò: “Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui: “No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi”. (Lc 16,19-31)

Le fiamme ovviamente sono simboliche, il racconto vuole mettere in luce come l’inferno sia un luogo di tormento caratterizzato non dal fuoco in senso letterale ma dall’eterna privazione di Dio.

-Luca 23,43 (Gesù promise "oggi" il paradiso al buon ladrone);
-2 Corinzi 5,1-5 (parla della tenda del corpo e del desiderio di non essere spogliati ma sopravvestiti);

“Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli.Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi.
In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.” (2 Corinzi 5,1-5)

-2 Corinzi 5,8-10 (parla della partenza dal corpo, del giudizio sulle opere compiute finché si era nel corpo e della vita presso il Signore dopo la morte);
-Filippesi 1,23 (parla della partenza dal corpo e della vita presso il Signore, dopo la morte);
-1 Pietro 3,19-20 (Cristo morto andò a predicare ai morti);
-1 Pietro 4,6 (Cristo morto andò a predicare ai morti);
-2 Pietro 1,12-15 (parla della partenza dalla tenda del corpo);
-Ebrei 9,27 (dice che dopo la morte viene il giudizio);
-Apocalisse 6,11 (narra come ai tempi delle persecuzioni romane le anime dei martiri sotto l'altare pregassero, gridassero vendetta, chiedessero giustizia a Dio, ricevessero una veste bianca, dialogassero con il Signore ed attendessero con pazienza la fine della prova dei loro fratelli);
(Per una lista più dettagliata http://digilander.libero.it/domingo7/Anima.htm)

“Quando l'apostolo Paolo, nel suo discorso rivolto ai greci nell'Areòpago di Atene parlò di "risurrezione", scatenò l'ironia e l'ilarità dei suoi uditori, perché?”

Perché i greci della resurrezione non sanno che farsene, il corpo è solo un peso per loro, non ci tengono a riaverlo.

“concezione che si aveva dello stato dei morti fra Ebrei e Ebrei/cristiani da una parte e Greci dall'altra.”

Appunto. Se leggesi il catechismo della Chiesa cattolica invece di parlare di platonismo non avendo mai letto Platone in vita tua noteresti che sta scritto: “«Corpore et anima unus» - Unità di anima e di corpo”. E ancora: “L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la «forma» del corpo”. Dà quest’ultima frase in mano a tuo figlio e poi chiedigli di dirti da che filosofo è presa! Non ti risponderà MAI, e dico MAI, Platone. Le ipotesi sono due, o ti risponde Aristotele o ti risponde Tommaso d’Aquino, perché quella frase è l’esatta ANTITESI del pensiero platonico il quale è radicalmente dualistico.

A presto
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
05/12/2004 20:50
 
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Piccola selezione di emeriti "disinformati"...


Caro Plymetis,
vedo che ti diverte far sfoggio di cultura, ma sei in errore se pensi che con tale atteggiamento tu possa tappare la bocca alla dea Logica. Voglio per prima cosa farti una piccola lista di “disinformati” (o preferisci “ignoranti”?, fai un po’ tu):

WILLIAM TEMPLE, arcivescovo di Canterbury: “L’uomo non è immortale né per natura né per diritto; ma è capace d’immortalità che gli è offerta alla risurrezione dei morti. La stessa vita eterna può riceverla da Dio nei termini da lui stabiliti” (W. Temple, “Christian Faith and life”, London 1954, p.81)

OSCAR CULLMANN: “L’anima non è immortale. Ci deve essere una risurrezione per entrambi (corpo e anima); poiché dalla caduta l’intero uomo è “seminato” corruttibile” (Ah, dimenticavo che di Cullmann non te ne importa niente e E. Severino, come Abbagnano, non è uno specialista in Filosofia antica! [Scusa, Polymetis, io “questi qua” li conosco almeno per nome. Ma, TU chi saresti]) (O. Cullmann “Immortalità dell’anima o risurrezione?” p.28).

HEINECKEN MARTIN, teologo luterano, rifiuta come “falso dualismo” la nozione che alla creazione “Dio abbia creato un’anima, che poi costituisce la vera persona, e poi abbia dato a quest’ultima una casa temporanea in un corpo fatto dalla polvere della terra … L’uomo deve essere considerato un’unità … Il dualismo cristiano non è quello dell’anima e del corpo, della mente eterna e di materia transitoria, ma il dualismo del Creatore e della creatura. L’uomo è una persona, un essere unito, un centro di responsabilità, che si pone di fronte al Creatore e giudice. L’uomo non ha nessuna vita o immortalità in sé” (M.J. Heinecken “Basic Cristian Teaching”, Philadelphia, 1949 pp 37, 133.

B F.C. ATKINSON: “… E’ stato detto che essere fatti all’immagine di Dio implichi l’immortalità, perché non implica anche l’onniscenza, l’onnipresenza o qualsiasi altra qualità o attributo di Dio? … Attraverso tutta la Bibbia, l’uomo eccetto Cristo, è concepito come fatto di polvere e cenere, una creatura fisica, alla quale Dio ha dato in prestito la vita. I pensatori greci hanno concepito l’uomo come un’anima immortale imprigionata nel corpo. Questa antropologia si trova in netto contrasto con quella biblica, ma ha trovato ampio spazio nel pensiero cristiano” (“The Pocket Commentary of the Bible”, London, 1954, p 32).

CLAUDE TRESMONTANT, francese, studioso cattolico domenicano: “Il maggior errore e la peggiore illusione consiste nel ritenere che si possa passare da un universo di pensiero a un altro, stabilendo semplicemente una corrispondenza linguistica tra due termini che in realtà non hanno lo stesso significato … L’esistenza corporea e fisica, nella tradizione ebraica, non è mai sentita come colpevole, né vergognosa, né impura” (“Il problema del’anima” Ed. Paoline, Roma- pp. 63,64)
DELLO STESSO AUTORE: “Ma la dottrina giudeo cristiana della risurrezione è di natura e di struttura diversa. Non significa che una parte dell’uomo, l’anima, sarà liberata abbandonando l’altra parte, il corpo, alla materia. La dottrina biblica della risurrezione implica la salvezza della totalità dell’uomo” (“Paolo di Tarso” Mondatori, p. 139).

Y.B. TREMEL, studioso cattolico domenicano francese: “ Il Nuovo Testamento chiaramente non concepisce una vita dell’essere umano dopo la sua morte né filosoficamente né nei termini dell’immortalità dell’anima. Gli autori sacri non pensano alla vita futura come fine di un processo naturale. Al contrario, per loro essa è sempre il risultato della salvezza e della redenzione; è condizionata dalla volontà di Dio e dalla vittoria del Cristo” (Man Between Death and Resurrection” Theology Digest, Autumn 1957, p.151).

DOM WULSTAN MORK, altro studioso cattolico domenicano: “L’uomo biblico, così chiameremo d’ora innanzi l’uomo come è rivelato nella Bibbia, è un’unità di carne, anima e spirito, non una tricotomia, né una dicotomia di corpo e anima” ( “Linee di antropologia biblica” Editrice Esperienze, Fossano, 1971, p.8).

REINOLD NIEBUHR, famoso teologo americano e professore da lunga data all’Union Theological Seminary: “Tutte le prove plausibili e inammissibili per l’immortalità dell’anima sono sforzi da parte della mente umana per dominare e controllare il disfacimento della vita. Tutti gli sforzi sono tesi a provare, in un modo o nell’altro, che un elemento eterno della natura dell’uomo è degno e capace di sopravvivere oltre la morte. Ma ogni tecnica mistica o razionale che cerchi di liberare l’elemento eterno tende a negare il pieno significato dell’intero procedimento storico con le sue elaborazioni di quell’unità” (“The Nature and Destiny of Man” NY 1964, p.295).

TAITO A. KANTONEN, teologo luterano: “una caratteristica del pensiero occidentale, sin dai tempi di Platone, è quella di distinguere nettamente fra l’anima e il corpo. Il corpo si ritiene essere composto di materia e l’anima di spirito. Il corpo è una prigione dalla quale l’anima è liberata alla morte per continuare la propria esistenza non fisica. Così la questione della vita dopo la morte è stata una disputa sulla dimostrazione dell’immortalità, della capacità dell’anima di sfidare la morte. Il corpo è di poca importanza. Questo modo di pensare è estraneo alla Bibbia. Fedele alla Scrittura e rifiutando definitivamente l’opinione greca, il credo cristiano non dice “Io credo nell’immortalità dell’anima”, ma “Io credo nella risurrezione del corpo” ( “The Christian Hope, Philadelphia, p.28).

R.G. OWEN, già Rettore del Trinità College, dell’Università di Toronto crede che l’uomo costituisca “unità psicosomatica” e “che non vi possa essere nessun elemento divisibile dall’uomo che sopravviva alla morte fisica” – “La Bibbia afferma che la natura umana è un’unità indivisibile; nel Nuovo Testamento il destino finale dell’uomo coinvolge, con la risurrezione del corpo, tutto l’uomo” – suggerisce che: “L’antica dottrina dell’immortalità dell’anima separata dal corpo debba essere gentilmente accompagnata nel mondo degli estinti” (“Body and Soul: A Study of Christian View of Man, Philadelphia, p.27, 29 e 98).

E. BRUNNER, noto teologo svizzero, riconosce che: 1) “il dualismo platonico non si esprime solo nel rendere inoffensiva la morte, ma altresì nel rendere inoffensivo il male. Come la morte viene cacciata nella parte bassa dell’uomo, così pure il male. Esso esiste unicamente nella sensorialità, nell’istinto. Per il male non sono dunque io stesso propriamente responsabile, ma solo la mia parte più bassa, che è appiccicata, quasi, alla mia vera essenza migliore, più elevata. Il male non è quindi un atto dello spirito, nessuna ribellione dell’io contro il creatore, ma unicamente la sensorialità o l’istintività non ancora domata dello spirito. Per dirla più esattamente. Il male è assenza di spirito, non di peccato”. 2) “Che l’uomo è, nella sua parte ed esenza spirituali, di natura divina, non di natura creata, Dio non è il suo creatore, Dio è il tutto ciò di cui lo spirito umano è solo una parte. L’uomo è “partecipe” del divino nel senso diretto, letterale, del “far parte”. Perciò, dato che questo rendere inoffensivo il male necessariamente va in parallelo con il rendere inoffensiva la morte nella dottrina dell’immortalità dell’anima, questa soluzione del problema della morte è in contrasto inconciliabile con il pensiero cristiano. O si crede all’immortalità dell’anima … ovvero si crede al dio della rivelazione” ( E. Brunner, “L’eternità come futuro e tempo presente” Ed. Dehoniane, Bologna, 1973, pp. 148, 142,143).

STEPHEN H. TRAVIS, eminente teologo britannico: “L’immortalità dell’anima è una dottrina non biblica derivata dalla filosofia greca. Nell’insegnamento biblico, l’uomo ha un’immortalità condizionata, cioè ha la possibilità di diventare immortale se riceve la risurrezione o l’immortalità come dono di Dio. Questo implica il dono della risurrezione a quanti lo amano, ma la non esistenza a coloro che lo respingono” (“I Believe in the Second Coming of Jesus” Grand Rapids 1982, p.198).
EGLI CONTINUA AFFERMANDO: “l’antico concetto dell’anima, che salvaguardava al continuità della persona da questa vita a quella successiva, è stato sicuramente abbandonato nel pensiero moderno. La natura dell’uomo è pensata come unità; non consiste di due parti, in un corpo fisico che muore e un’anima che vive per sempre. La “sua” anima o il suo sé o la personalità, è semplicemente una funzione del cervello. Così, quando il cervello muore, la persona muore, enon rimane niente che possa entrare in un’altra vita” (Ibidem, p.163).

B. REICHENBACH, filosofo americano: “La dottrina che l’uomo come persona (anima) non muoia, pone particolari difficoltà al credente dualista. Per cominciare, è apparentemente contraria agli insegnamenti della Scrittura … (cita molti testi). Ognuno di questi e numerosi altri passi indicano che ognuno di noi, come persona, deve morire. Non è fatto alcun cenno, però, a che l’unica cosa destinata alla distruzione sia il solo organismo fisico, mentre la persona reale, l’anima, non abbia a morire, ma continui a vivere” (“Is Man the Phoenix? -E’ l’uomo una Fenice?- A Study of immortalità, Grand Rapids, 1978, p.58).

A. HOEKEMA, teologo calvinista: “ Non possiamo contare su una parte innata nell’uomo o su un aspetto dell’uomo che lo renda indistruttibile” (“The Bible and the Future, Grand Rapids, 1979, p.90).


H.DOOYEWEERD, filosofo calvinista olandese: “l’idea di una sostanza centrata nella ragione umana (l’anima) è in conflitto con la confessione della corruzione radicale della natura umana, ma anche perché la divisione dell’anima dal corpo fa sorgere vari problemi. Uno di questi consiste nell’impossibilità dell’anima di compiere delle attività una volta separata dal corpo, perché le funzioni psichiche sono indissolubilmente collegate con la totale relazione temporale delle funzioni del corpo” (“Kuypers Wetenschapsleer”, Philosophia reformata, IV, pp. 199,201).

Naturalmente, potrei continuare a lungo …

TU, POLYMETIS SCRIVI: “Te lo chiedo di nuovo: dove la dottrina cattolica si rifà a Platone? Vuoi rispondermi con altri ispe dixit o quello che credi lo sai motivare con qualche argomentazione?”

Adesso hai la risposta. Non sono io a sostenere che la dottrina dell’immortalità dell’anima si rifà, in primo luogo, al dualismo platonico e solo in seguito ad un rielaborazione “cristiana”.
E’ chiaro, che ammetterlo significa riconosce le origini pagane, non cristiane, di questa dottrina e la posta in gioco è molto grande.

Agitati pure quanto vuoi, Polymetis. Come vedi, ti ho dato un piccolo saggio che le tue affermazioni sono false, in particolare:

1) non è vero che la dottrina dell’immortalità dell’anima non ha niente da spartire col dualismo greco e che, come affermi tu, la chiesa ha preso a prestito dai greci solo il “vocabolario”. Raccontala ai catecumeni da Prima Comunione della tua parrocchia.
2) non è vero che le tesi di Cullmann non sono condivise né da cattolici né da protestanti.
3) le neuroscienze e la ricerca psicologica stanno diventando le avversarie più agguerrite della tesi dicotomica greco/cattolica della natura dell’uomo.

La prossima volta comincerò a darti una risposta ai testi biblici che mi ha proposto.

Saluti, Agabo.
-------------------------------------------------------------
PS: se voglio, sono capace anch’io di fare battute ironiche e provocatorie. Auspico che si mantenga il confronto entro i limiti di un dialogo rispettoso. O devo pensare che nessuno ti ha detto che “certi atteggiamenti” sono solo segnali di debolezza?
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"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
05/12/2004 23:04
 
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Evidentemente non mi sono spiegato. Ho già detto che sono consapevole del fatto che molti tra teologi e biblici ritengono che il concetto di anima immortale sia preso dalla filosofia platonica. A quelle citazioni che mi hai fatto se ne potrebbero aggiungere un centinaio, il problema è che ce ne sono cento anche in senso contrario. Inoltre, tra le citazioni da te messe, moltissime non hanno nulla a che spartire con questo discorso. Esse infatti affermano che la concezione dell’anima dualistica è mutuata da Platone, e questo è vero. Peccato che la cosa non mi tocchi, perché quegli autori sostengono quello che vado ripetendo da molti post. Probabilmente non conoscendo la filosofia antica ti mancano le basi concettuali per capire quello che ti sto dicendo e ciò che hai letto in quegli autori. Chiariamo i concetti: la concezione dell’anima dualistica è quella che prevede una separazione netta e radicale tra anima è corpo, essa è tipica di Platone, Plotino, Agostino, Cartesio, ecc.
La concezione della Chiesa Cattolica è quella di costoro? No. Il catechismo afferma: “«Corpore et anima unus» - Unità di anima e di corpo”. E ancora: “L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la «forma» del corpo”.
Ora, la maggior parte delle citazioni da te portate nega che appartenga al cristianesimo la posizione dualista, e questo è vero. Non so più come fare a spiegartelo.
Avevo chiesto le analogie tra l’anima in Platone e quella nella dottrina cattolica, non le ho ancora sentite. Mi hai dato una sfilza di citazioni in cui non si dice NULLA dell’anima in Platone, né si MOSTRA ALCUNA analogia con la dottrina cattolica. Alcuni di costoro hanno affermato che la concezione cristiana attuale è influenzata da Platone, ma non hanno neppure provato ad argomentare questa loro tesi. Forse ho letto male io, ma non ho trovato una sola citazione da Platone o un minimo riferimento alle sue dottrine. Stai giocando agli ispe dixit per caso? Come già detto l’anima in Platone è:
1)Nettamente separata dal corpo
2)Il corpo è la tomba dell’anima
3)L’anima è tripartita: anima irascibile, anima concupiscibile, anima razionale
4)Di queste tre anime l’unica immortale è quella razionale, in quanto contempla le Idee nell’iperuranio
5)In Platone le anime preesistono al corpo
6)In Platone le anime si reincarnano
7)In Platone le anime decido il loro prossimo destino prima di reincarnarsi.

Cosa ha in comune il cattolicesimo con tutto ciò? Nulla.

“Voglio per prima cosa farti una piccola lista di “disinformati” (o preferisci “ignoranti”?, fai un po’ tu)”

Sì, in effetti come lista è un po’ misera. Un qualsiasi esame universitario ha il doppio della bibliografia consigliata. E considerato che studio da anni Platone potrei consigliarti una bibliografia un po’ più sostanziosa.

Analizziamole una per una:

“WILLIAM TEMPLE, arcivescovo di Canterbury: “L’uomo non è immortale né per natura né per diritto; ma è capace d’immortalità che gli è offerta alla risurrezione dei morti. La stessa vita eterna può riceverla da Dio nei termini da lui stabiliti” (W. Temple, “Christian Faith and life”, London 1954, p.81)”

Felice che lo pensi. Ma questa è un’affermazione, non un’argomentazione. Inoltre ti rammento che non è in discussione se l’anima sia immortale o no, ma se la dottrina dell’immortalità dell’anima sia mutuata da Platone o no.

“OSCAR CULLMANN: “L’anima non è immortale. Ci deve essere una risurrezione per entrambi (corpo e anima); poiché dalla caduta l’intero uomo è “seminato” corruttibile” (Ah, dimenticavo che di Cullmann non te ne importa niente e E. Severino, come Abbagnano, non è uno specialista in Filosofia antica! [Scusa, Polymetis, io “questi qua” li conosco almeno per nome. Ma, TU chi saresti]) (O. Cullmann “Immortalità dell’anima o risurrezione?” p.28).”

Anche questo non c’entra nulla con Platone.

“HEINECKEN MARTIN, teologo luterano, rifiuta come “falso dualismo” la nozione che alla creazione “Dio abbia creato un’anima, che poi costituisce la vera persona, e poi abbia dato a quest’ultima una casa temporanea in un corpo fatto dalla polvere della terra … L’uomo deve essere considerato un’unità …”

Vero, i cattolici lo predicano da secoli.

“in un corpo fatto dalla polvere della terra … L’uomo deve essere considerato un’unità … Il dualismo cristiano non è quello dell’anima e del corpo, della mente eterna e di materia transitoria, ma il dualismo del Creatore e della creatura. L’uomo è una persona, un essere unito, un centro di responsabilità, che si pone di fronte al Creatore e giudice. L’uomo non ha nessuna vita o immortalità in sé”

Anche questo non c’entra nulla con Platone, sono pareri di teologia.

“B F.C. ATKINSON: “… E’ stato detto che essere fatti all’immagine di Dio implichi l’immortalità, perché non implica anche l’onniscenza, l’onnipresenza o qualsiasi altra qualità o attributo di Dio? …”

Perché esiste un solo Dio, ed essere onnipresenti implica essere Dio. Al contrario essere immortali non rende Dio, si veda l’esempio degli angeli.

“Attraverso tutta la Bibbia, l’uomo eccetto Cristo, è concepito come fatto di polvere e cenere, una creatura fisica, alla quale Dio ha dato in prestito la vita.”

Vero nell’Israele arcaico.

“I pensatori greci hanno concepito l’uomo come un’anima immortale imprigionata nel corpo. Questa antropologia si trova in netto contrasto con quella biblica, ma ha trovato ampio spazio nel pensiero cristiano”

Infatti quest’antropologia è in contrasto con la Bibbia, ed è rifiutata dai cattolici.

“CLAUDE TRESMONTANT, francese, studioso cattolico domenicano: “Il maggior errore e la peggiore illusione consiste nel ritenere che si possa passare da un universo di pensiero a un altro, stabilendo semplicemente una corrispondenza linguistica tra due termini che in realtà non hanno lo stesso significato … L’esistenza corporea e fisica, nella tradizione ebraica, non è mai sentita come colpevole, né vergognosa, né impura” (“Il problema del’anima” Ed. Paoline, Roma- pp. 63,64)”

Non so cosa c’entri né con Platone né con l’immortalità dell’anima.

“Ma la dottrina giudeo cristiana della risurrezione è di natura e di struttura diversa. Non significa che una parte dell’uomo, l’anima, sarà liberata abbandonando l’altra parte, il corpo, alla materia. La dottrina biblica della risurrezione implica la salvezza della totalità dell’uomo” (“Paolo di Tarso” Mondatori, p. 139).”

E chi dice di no? Ma qui sta parlando della resurrezione, non dice di credere o no all’immortalità dell’anima. (Anche perché, essendo cattolico, suppongo che ci creda). Inoltre, questo passo, per l’ennesima volta, non parla di Platone

“Y.B. TREMEL, studioso cattolico domenicano francese: “ Il Nuovo Testamento chiaramente non concepisce una vita dell’essere umano dopo la sua morte né filosoficamente né nei termini dell’immortalità dell’anima. Gli autori sacri non pensano alla vita futura come fine di un processo naturale. Al contrario, per loro essa è sempre il risultato della salvezza e della redenzione; è condizionata dalla volontà di Dio e dalla vittoria del Cristo” (Man Between Death and Resurrection” Theology Digest, Autumn 1957, p.151).”

Sta affermando che l’anima non è immortale in sé e per natura sua ma solo perché Dio vuole che sia così. Non nega l’immortalità dell’anima. Inoltre, non vedo neppure qui Platone.

“DOM WULSTAN MORK, altro studioso cattolico domenicano: “L’uomo biblico, così chiameremo d’ora innanzi l’uomo come è rivelato nella Bibbia, è un’unità di carne, anima e spirito, non una tricotomia, né una dicotomia di corpo e anima” ( “Linee di antropologia biblica” Editrice Esperienze, Fossano, 1971, p.8).”

Condivido in pieno. Lo sa qualunque biblista e il nostro catechismo lo afferma a chiare lettere.

“REINOLD NIEBUHR, famoso teologo americano e professore da lunga data all’Union Theological Seminary: “Tutte le prove plausibili e inammissibili per l’immortalità dell’anima sono sforzi da parte della mente umana per dominare e controllare il disfacimento della vita. Tutti gli sforzi sono tesi a provare, in un modo o nell’altro, che un elemento eterno della natura dell’uomo è degno e capace di sopravvivere oltre la morte. Ma ogni tecnica mistica o razionale che cerchi di liberare l’elemento eterno tende a negare il pieno significato dell’intero procedimento storico con le sue elaborazioni di quell’unità” (“The Nature and Destiny of Man” NY 1964, p.295).”

Questo è un parere personale, non parla né di Bibbia né, cosa più importante, di Platone. Ergo è irrilevante in questa discussione.

“TAITO A. KANTONEN, teologo luterano: “una caratteristica del pensiero occidentale, sin dai tempi di Platone, è quella di distinguere nettamente fra l’anima e il corpo. Il corpo si ritiene essere composto di materia e l’anima di spirito. Il corpo è una prigione dalla quale l’anima è liberata alla morte per continuare la propria esistenza non fisica. Così la questione della vita dopo la morte è stata una disputa sulla dimostrazione dell’immortalità, della capacità dell’anima di sfidare la morte. Il corpo è di poca importanza. Questo modo di pensare è estraneo alla Bibbia.”

Fin qui tutto corretto.

“Fedele alla Scrittura e rifiutando definitivamente l’opinione greca, il credo cristiano non dice “Io credo nell’immortalità dell’anima”, ma “Io credo nella risurrezione del corpo” ( “The Christian Hope, Philadelphia, p.28).”

Questa è un’affermazione, non un’argomentazione. Dica questa sua “sentenza” al buon ladrone cui Cristo ha detto: “tu domani sarai con me in paradiso”.

“.G. OWEN, già Rettore del Trinità College, dell’Università di Toronto crede che l’uomo costituisca “unità psicosomatica””

Vero

“che non vi possa essere nessun elemento divisibile dall’uomo che sopravviva alla morte fisica”

L’ennesimo parere. Non ho ancora letto un solo passo di Platone o dei Vangeli.

“Bibbia afferma che la natura umana è un’unità indivisibile; nel Nuovo Testamento il destino finale dell’uomo coinvolge, con la risurrezione del corpo, tutto l’uomo” –“

Vero

“E. BRUNNER, noto teologo svizzero, riconosce che: 1) “il dualismo platonico non si esprime solo nel rendere inoffensiva la morte, ma altresì nel rendere inoffensivo il male. Come la morte viene cacciata nella parte bassa dell’uomo, così pure il male. Esso esiste unicamente nella sensorialità, nell’istinto. Per il male non sono dunque io stesso propriamente responsabile, ma solo la mia parte più bassa, che è appiccicata, quasi, alla mia vera essenza migliore, più elevata. Il male non è quindi un atto dello spirito, nessuna ribellione dell’io contro il creatore, ma unicamente la sensorialità o l’istintività non ancora domata dello spirito. Per dirla più esattamente. Il male è assenza di spirito, non di peccato”

Vero

“Perciò, dato che questo rendere inoffensivo il male necessariamente va in parallelo con il rendere inoffensiva la morte nella dottrina dell’immortalità dell’anima, questa soluzione del problema della morte è in contrasto inconciliabile con il pensiero cristiano.”

Vero. Continuo a non capire il perché di queste citazioni che non dicono nulla circa il dibattito in esame. Anzi, smentiscono la tua idea. Infatti in Platone, come giustamente viene detto, la brama di piaceri deriva dall’anima concupiscibile, la quale non è immortale ed è separata dall’anima razionale. Nel cattolicesimo invece se uno decide di fare il male non è una parte bassa dell’anima a venire coinvolta, ma l’anima intera. Infatti in Platone l’anima concupiscibile muore, mentre nella dottrina cattolica è eterna e va all’inferno nel caso abbia condotto una vita di perdizione.

“O si crede all’immortalità dell’anima … ovvero si crede al dio della rivelazione” (“

Non capisco la frase, cosa c’è tra quei puntini?

“STEPHEN H. TRAVIS, eminente teologo britannico: “L’immortalità dell’anima è una dottrina non biblica derivata dalla filosofia greca. Nell’insegnamento biblico, l’uomo ha un’immortalità condizionata, cioè ha la possibilità di diventare immortale se riceve la risurrezione o l’immortalità come dono di Dio. Questo implica il dono della risurrezione a quanti lo amano, ma la non esistenza a coloro che lo respingono””

Secondo me questa è la prima citazione pertinente che hai fatto, infatti Travis afferma che la dottrina dell’immortalità dell’anima è presa dalla filosofia greca, peccato che non dica nulla per suffragare la sua ipotesi.

“l’antico concetto dell’anima, che salvaguardava al continuità della persona da questa vita a quella successiva, è stato sicuramente abbandonato nel pensiero moderno. La natura dell’uomo è pensata come unità; non consiste di due parti, in un corpo fisico che muore e un’anima che vive per sempre. La “sua” anima o il suo sé o la personalità, è semplicemente una funzione del cervello. Così, quando il cervello muore, la persona muore, enon rimane niente che possa entrare in un’altra vita””

Veramente ogni tentativo di ridurre le facoltà di pensiero umano alle interazioni neuronali è fallito. Del resto è impossibile cogliere ciò che è soggettivo con strumenti scientifici, è il paradosso di Nagel.

“B. REICHENBACH, filosofo americano: “La dottrina che l’uomo come persona (anima) non muoia, pone particolari difficoltà al credente dualista. Per cominciare, è apparentemente contraria agli insegnamenti della Scrittura … (cita molti testi). Ognuno di questi e numerosi altri passi indicano che ognuno di noi, come persona, deve morire.”

Ma che rivelazione! Le persone muoiono… (se dovevo aspettare la lettura di costui per venirlo a sapere allora sono messo male).

“A. HOEKEMA, teologo calvinista: “ Non possiamo contare su una parte innata nell’uomo o su un aspetto dell’uomo che lo renda indistruttibile” (“The Bible and the Future, Grand Rapids, 1979, p.90)”

Anche questi sono pareri sull’immortalità o no dell’anima. Te ne potrei citare cento che dicono il contrario. Il problema è: che diavolo c’entra? Non stavamo parlando della presunta influenza platonica sul pensiero cristiano? Io Platone non l’ho ancora sentito nominare. Stai sviando clamorosamente.

“H.DOOYEWEERD, filosofo calvinista olandese: “l’idea di una sostanza centrata nella ragione umana (l’anima) è in conflitto con la confessione della corruzione radicale della natura umana, ma anche perché la divisione dell’anima dal corpo fa sorgere vari problemi.”

Ha ragione, infatti non sono divise. L’anima è forma humani corporis, nel sinolo materia-forma. Non so più come fare a dirtelo.

“Uno di questi consiste nell’impossibilità dell’anima di compiere delle attività una volta separata dal corpo, perché le funzioni psichiche sono indissolubilmente collegate con la totale relazione temporale delle funzioni del corpo”

Dipenda da che funzioni intenda.

“Naturalmente, potrei continuare a lungo …”

Fai pure, ma citami qualcosa che c’entri con l’argomento in esame. IN TUTTE LE TUE CITAZIONI NON E’ CITATO NEPPURE UNA VOLTA IL NOME DI PLATONE.


“Adesso hai la risposta. Non sono io a sostenere che la dottrina dell’immortalità dell’anima si rifà, in primo luogo, al dualismo platonico e solo in seguito ad un rielaborazione “cristiana”.”

No, la maggior parte di coloro che hai citato sostengono che la dottrina dualistica sia opera di Platone (il che è vero), ma siccome i cattolici non credono ad un dualismo non vedo che cosa possa importarmene. Evidentemente non hai gli strumenti filosofici per capire la differenza tra l’immortalità dell’anima dualistica di Platone, e l’immortalità dell’anima aristotelico-tomistica che non è dualista. Per entrambi le correnti l’anima è immortale, ma non hanno nulla a che fare l’una con l’altra.

“E’ chiaro, che ammetterlo significa riconosce le origini pagane, non cristiane, di questa dottrina e la posta in gioco è molto grande.”

Hai una bella faccia tosta considerato che tutti gli autori che mi hai citato sono solo degli argumenta ex auctoritate, e che in nessuno di essi c’è un solo passo della Bibbia o di Platone. Al contrario ti riporto la lista di versetti ai quali NON HAI RISPOSTO:

Matteo 17,3 (apparvero Mosé ed Elia: mentre di Elia era atteso il ritorno, Mosé era sicuramente morto da secoli);
-Luca 16,19-31 (Abramo, il ricco e Lazzaro dialogarono tra loro, sebbene morti);

-Luca 23,43 (Gesù promise "oggi" il paradiso al buon ladrone);
-2 Corinzi 5,1-5 (parla della tenda del corpo e del desiderio di non essere spogliati ma sopravvestiti);
-2 Corinzi 5,8-10 (parla della partenza dal corpo, del giudizio sulle opere compiute finché si era nel corpo e della vita presso il Signore dopo la morte);
-Filippesi 1,23 (parla della partenza dal corpo e della vita presso il Signore, dopo la morte);
-1 Pietro 3,19-20 (Cristo morto andò a predicare ai morti);
-1 Pietro 4,6 (Cristo morto andò a predicare ai morti);
-2 Pietro 1,12-15 (parla della partenza dalla tenda del corpo);
-Ebrei 9,27 (dice che dopo la morte viene il giudizio);
-Apocalisse 6,11 (narra come ai tempi delle persecuzioni romane le anime dei martiri sotto l'altare pregassero, gridassero vendetta, chiedessero giustizia a Dio, ricevessero una veste bianca, dialogassero con il Signore ed attendessero con pazienza la fine della prova dei loro fratelli);
(Per una lista più dettagliata digilander.libero.it/domingo7/Anima.htm)

Come vedi dal tempo di Qoèlet il pensiero in Israele era cambiato.

“Agitati pure quanto vuoi, Polymetis. Come vedi, ti ho dato un piccolo saggio che le tue affermazioni sono false, in particolare:”

Non ho visto proprio niente.

“non è vero che la dottrina dell’immortalità dell’anima non ha niente da spartire col dualismo greco e che, come affermi tu, la chiesa ha preso a prestito dai greci solo il “vocabolario”.”

L’immortalità dell’anima non presuppone una concezione dualistica. Evidentemente non le basi concettuali per capire la problematica.

“non è vero che le tesi di Cullmann non sono condivise né da cattolici né da protestanti.”

Lo dico e lo ripeto, le tesi di Cullmann sono a dir poco eretiche.

“le neuroscienze e la ricerca psicologica stanno diventando le avversarie più agguerrite della tesi dicotomica greco/cattolica della natura dell’uomo.”

Evidentemente non ti entra in testa, eppure basta leggere il nostro catechismo: NOI NON CREDIAMO IN NESSUNA DICOTOMIA. Inoltre, le neuroscienze non sono in esame, è in esame l’influenza di Platone sulla dottrina cattolica, e questo prescinde completamente dal fatto che l’anima sia in realtà immortale o no. Evidentemente sei un mago nell’arte di sviare i discorsi, e posso dimostrartelo. Nel tuo ultimo post non hai usato NEPPURE UNA VOLTA il nome Platone. Se non mi credi rileggilo tu stesso. E allora mi spieghi di che cosa stai parlando? Non mi interessa sapere se l’anima in realtà sia immortale o no, ma se Platone abbia influenzato la dottrina cattolica o se essa derivi dalla Bibbia. Infatti, dal punto di vista logico, è possibilissimo che la Bibbia insegni l’immortalità dell’anima, che dunque i cattolici non l’abbiano copiata da Platone, ma tuttavia la Bibbia si sbagli in quanto l’anima in realtà non è immortale. Ecco perché è del tutto inutile parlare di neuroscienze, il problema in analisi è il rapporto tra Platone e cattolicesimo.

“La prossima volta comincerò a darti una risposta ai testi biblici che mi ha proposto.”

Non vedo l’ora.

Appendici:

Vista la mia disperazione, e la tua totale non conoscenza della dottrina platonica dell’anima, ti riporto il celebre mythos della biga alata dove Platone descrive le sorti escatologiche dell’anima:

“Si raffiguri l’anima come la potenza d’insieme di una pariglia alata e di un auriga. Ora tutti i corsieri degli dèi e i loro aurighi (b) sono buoni e di buona razza, ma quelli degli altri esseri sono un po’ sí e un po’ no. Innanzitutto, per noi uomini, l’auriga conduce la pariglia; poi dei due corsieri uno è nobile e buono, e di buona razza, mentre l’altro è tutto il contrario ed è di razza opposta. Di qui consegue che, nel nostro caso, il compito di tal guida è davvero difficile e penoso. Ed ora bisogna spiegare come gli esseri viventi siano chiamati mortali e immortali. Tutto ciò che è anima si prende cura di ciò che è inanimato, e penetra per l’intero universo assumendo secondo i luoghi forme (c) sempre differenti. Cosí, quando sia perfetta ed alata, l’anima spazia nell’alto e governa il mondo; ma quando un’anima perde le ali, essa precipita fino a che non s’appiglia a qualcosa di solido, dove si accasa, e assume un corpo di terra che sembra si muova da solo, per merito della potenza dell’anima. Questa composita struttura d’anima e di corpo fu chiamata essere vivente, e poi definita mortale. La definizione di immortale invece non è data da alcun argomento razionale; però noi ci preformiamo il dio, [d] senza averlo mai visto né pienamente compreso, come un certo essere immortale completo di anima e di corpo eternamente connessi in un’unica natura. Ma qui giunti, si pensi di tali questioni e se ne parli come è gradimento del dio. Noi veniamo a esaminare il perché della caduta delle ali ond’esse si staccano dall’anima. Ed è press’a poco in questo modo.
2 La funzione naturale dell’ala è di sollevare ciò che è peso e di innalzarlo là dove dimora la comunità degli dèi; e in qualche modo essa partecipa del divino piú delle altre cose che hanno attinenza con il corpo. Il divino è [e] bellezza, sapienza, bontà ed ogni altra virtú affine. Ora, proprio di queste cose si nutre e si arricchisce l’ala dell’anima, mentre dalla turpitudine, dalla malvagità e da altri vizi, si corrompe e si perde. Ed eccoti Zeus, il potente sovrano del cielo, guidando la pariglia alata, per primo procede, ed ordina ogni cosa provvedendo a tutto. A lui vien dietro l’esercito degli dèi e dei demoni ordinato in undici [267 a] schiere: Estia rimane sola nella casa degli dèi. Quanto agli altri, tutti gli dèi, che nel numero di dodici sono stati designati come capi, conducono le loro schiere, ciascuno quella alla quale è stato assegnato. Varie e venerabili sono le visioni e le evoluzioni che la felice comunità degli dèi disegna nel cielo con l’adempiere ognuno di essi il loro compito. Con loro vanno solo quelli che lo vogliono e che possono, perché l’Invidia non ha posto nel coro divino. Ma, eccoti, quando si recano ai loro banchetti e festini, salgono (b) per l’erta che mena alla sommità della volta celeste; ed è agevole ascesa perché per le pariglie degli dèi sono bene equilibrate e i corsieri docili alle redini; mentre per gli altri l’ascesa è faticosa, perché il cavallo maligno fa peso, e tira verso terra premendo l’auriga che non l’abbia bene addestrato. Qui si prepara la grande fatica e la prova suprema dell’anima. Perché le anime che sono chiamate immortali, quando sian giunte al sommo della volta celeste, si spandono fuori e si librano sopra il dorso del cielo: e l’orbitare del cielo le trae attorno, cosí librate, ed esse (c) contemplano quanto sta fuori del cielo.
3Questo sopraceleste sito nessuno dei poeti di quaggiú ha cantato, né mai canterà degnamente. Ma questo ne è il modo, perché bisogna pure avere il coraggio di dire la verità soprattutto quando il discorso riguarda la verità stessa. In questo sito dimora quella essenza incolore, informe ed intangibile, contemplabile solo dall’intelletto, pilota dell’anima, quella essenza che è scaturigine della [d] vera scienza. Ora il pensiero divino è nutrito d’intelligenza e di pura scienza, cosí anche il pensiero di ogni altra anima cui prema di attingere ciò che le è proprio; per cui, quando finalmente esso mira l’essere, ne gode, e contemplando la verità si nutre e sta bene, fino a che la rivoluzione circolare non riconduca l’anima al medesimo punto. Durante questo periplo essa contempla la giustizia in sé, vede la temperanza, e contempla la scienza, ma non quella [e] che è legata al divenire, né quella che varia nei diversi enti che noi chiamiamo esseri, ma quella scienza che è nell’essere che veramente è. E quando essa ha contemplato del pari gli altri veri esseri e se ne è cibata, s’immerge di nuovo nel mezzo del cielo e scende a casa: ed essendo cosí giunta, il suo auriga riconduce i cavalli alla greppia e li governa con ambrosia e in piú li abbevera di nettare.
4[248 a] Questa è la vita degli dèi. Ma fra le altre anime, quella che meglio sia riuscita a tenersi stretta alle orme di un dio e ad assomigliarvi, eleva il capo del suo auriga nella regione superceleste, ed è trascinata intorno con gli dèi nel giro di rivoluzione; ma essendo travagliata dai suoi corsieri, contempla a fatica le realtà che sono. Ma un’altra anima ora eleva il capo ora lo abbassa, e subendo la violenza dei corsieri parte di quelle realtà vede, ma parte no. Ed eccoti, seguono le altre tutte agognanti quell’altezza, ma poiché non ne hanno la forza, sommerse, sono spinte qua e là e cadendosi addosso si calpestano a vicenda nello sforzo di sopravanzarsi l’un l’atra. Ne conseguono (b) scompiglio, risse ed estenuanti fatiche, e per l’inettitudine dell’auriga molte rimangono sciancate e molte ne hanno infrante le ali. Tutte poi, stremate dallo sforzo, se ne dipartono senza aver goduto la visione dell’essere e, come se ne sono allontanate, si cibano dell’opinione. La vera ragione per cui le anime si affannano tanto per scoprire dove sia la Pianura della Verità è che lí in quel prato si trova il pascolo congeniale alla parte migliore dell’anima (c) e che di questo si nutre la natura dell’ala, onde l’anima può alzarsi. Ed ecco la legge di Adrastea. Qualunque anima, trovandosi a seguito di un dio, abbia contemplato qualche verità, fino al prossimo periplo rimane intocca da dolori, e se sarà in grado di far sempre lo stesso, rimarrà immune da mali. Ma quando l’anima, impotente a seguire questo volo, non scopra nulla della verità, quando, in conseguenza di qualche disgrazia, divenuta gravida di smemoratezza e di vizio, si appesantisca, e per colpa di questo peso perda le ali e precipiti a terra, allora la legge vuole che questa anima non si trapianti in alcuna natura ferina [d] durante la prima generazione; ma prescrive che quella fra le anime che piú abbia veduto si trapianti in un seme d’uomo destinato a divenire un ricercatore della sapienza e del bello o un musico, o un esperto d’amore; che l’anima, seconda alla prima nella visione dell’essere s’incarni in un re rispettoso della legge, esperto di guerra e capace di buon governo; che la terza si trapianti in un uomo di stato, o in un esperto d’affari o di finanze; che la quarta scenda in un atleta incline alle fatiche, o in un medico; che la [e] quinta abbia una vita da indovino o da iniziato; che alla sesta le si adatti un poeta o un altro artista d’arti imitative, alla settima un operaio o un contadino, all’ottava un sofista o un demagogo, e alla nona un tiranno.

5 Ora, fra tutti costoro, chi abbia vissuto con giustizia riceve in cambio una sorte migliore e chi senza giustizia, una sorte peggiore. Ché ciascuna anima non ritorna al luogo stesso da cui era partita prima di diecimila anni – giacché non mette ali in un tempo minore – tranne [249 a] l’anima di chi ha perseguito con convinzione la sapienza, o di chi ha amato i giovani secondo quella sapienza. Tali anime, se durante tre periodi di un millennio hanno scelto, sempre di seguito, questa vita filosofica, riacquistano per conseguenza le ali e se ne dipartono al termine del terzo millennio. Ma le altre, quando abbiano compiuto la loro prima vita, vengono a giudizio, e dopo il giudizio, alcune scontano la pena nelle prigioni sotterranee, altre, alzate dalla Giustizia in qualche sito celeste, ci vivono cosí come hanno meritato dalla loro vita, passata in forma umana. (b) Allo scadere del millennio, entrambe le schiere giungono al sorteggio e alla scelta della seconda vita; ciascuna anima sceglie secondo il proprio volere: è qui che un’anima può passare in una vita ferina e l’anima di una bestia che una volta sia stata in un uomo può ritornare in un uomo. Giacché l’anima che non abbia mai visto la verità non giungerà mai a questa nostra forma. Perché bisogna che l’uomo comprenda ciò che si chiama Idea, passando da una molteplicità di sensazioni ad una unità organizzata dal (c) ragionamento. Questa comprensione è reminiscenza delle verità che una volta l’anima nostra ha veduto, quando trasvolava al seguito d’un dio, e dall’alto piegava gli occhi verso quelle cose che ora chiamiamo esistenti, e levava il capo verso ciò che veramente è. Proprio per questo è giusto che solo il pensiero del filosofo sia alato, perché per quanto gli è possibile sempre è fisso sul ricordo di quegli oggetti, per la cui contemplazione la divinità è divina. Cosí se un uomo usa giustamente tali ricordi e si inizia di continuo ai perfetti misteri, diviene, egli solo, veramente perfetto; e [d] poiché si allontana dalle faccende umane, e si svolge al divino, è accusato dal volgo di essere fuori di sé, ma il volgo non sa che egli è posseduto dalla divinità.” (Platone, Fedro, 246 a-249d)

Per vederci qualcosa di simile al cattolicesimo ci vuole davvero molta fantasia.

A presto


P.S. Prima di dire altre corbellerie sull'anima in Platone è il caso di leggersi:
"Corpo, anima e salute. Il concetto di uomo da Omero a Platone" di Reale Giovanni, editore Cortina Raffaello


[Modificato da Polymetis 05/12/2004 23.08]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
06/12/2004 22:00
 
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Caro Polymetis,
non so tu, io lavoro tutto il giorno ed ho poche ore libere la sera, ma molte cose da fare.

E DAMMI UN PO' DI FIATO! Non ti ho risposto perché "ciò famija" e me devo guadagnà er pane. Un po' alla volta ti risponderò, come meglio so fare.

Agabo.
Visita:

"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
07/12/2004 18:57
 
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Cullmann

Scritto da: Polymetis 05/12/2004 23.04...“OSCAR CULLMANN: “L’anima non è immortale. Ci deve essere una risurrezione per entrambi (corpo e anima); poiché dalla caduta l’intero uomo è “seminato” corruttibile” (Ah, dimenticavo che di Cullmann non te ne importa niente e E. Severino, come Abbagnano, non è uno specialista in Filosofia antica! [Scusa, Polymetis, io “questi qua” li conosco almeno per nome. Ma, TU chi saresti]) (O. Cullmann “Immortalità dell’anima o risurrezione?” p.28).”

Anche questo non c’entra nulla con Platone.
...

Scusa Polymetis se taglio tutto il tuo interessantissimo intervento. Volevo solo chiedere un tuo parere in merito ad alcune citazioni di Cullmann che ho trovato nel web. Sono state tratte dal libro "Immortalità dell'anima o risurrezione dei morti?" (Paideia editrice Brescia 1967,1986) e mi fanno pensare che questo studioso non neghi la soppravvivenza di "qualcosa" nel tempo che intercorre fra la morte fisica e la resurrezione finale (il grassetto è mio):

"[pag. 51] Se la resurrezione del Cristo rappresentasse la grande svolta solo per i vivi e non per i morti i vivi avrebbero un enorme vantaggio rispetto i morti"... ma [continua a pag 52] è inconcepibile che nella concezione dei primi cristiani nulla sia cambiato per i morti in quanto riguarda il tempo che precede la fine.
Proprio le immagini di cui si serve il nuovo testamento per definire lo stato di coloro che sono morti in Cristo provano che la resurrezione di Cristo, quest'anticipazione della fine, produce i suoi effetti nello stato intermedio anche per i morti e soprattutto per loro: - essi sono accanto a Cristo -, dice Paolo ". E continua a pag. 53-54: "Secondo il v.8 dello stesso capitolo [2 Cor.5] sembra anzi che i morti siano più vicini al Cristo; sembra che il 'sonno' li avvicini di più a Lui: - preferiamo essere fuori del corpo ed essere accanto al Signore -.
Per questo l'apostolo Paolo può scrivere in Phil. 1:23 che - desidera morire - per essere accanto al Signore. Quindi l'uomo senza il corpo fisico, se possiede lo Spirito Santo, è più vicino al Cristo di prima... [Pag. 56]: "ci si potrebbe chiedere se a questo modo non ci troviamo ancora ricondotti alla dottrina greca dell'immortalità dell'anima, e se il NT non presupponga per il tempo successivo alla Pasqua una continuità dell'uomo interiore...entro certi limiti ci avviciniamo in effetti alla dottrina greca, nel senso che l'uomo interiore trasformato, vivificato dallo Spirito Santo fin da prima (Rom. 6:3), continua a vivere, così trasformato, accanto al Cristo nello stato di sonno. Questa continuità della vita in ispirito è sottolineata particolarmente dall'evangelo giovanneo (Giov. 3,36; 4:14; 6,54 passim)."

Ciao
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 07/12/2004 19.09]

07/12/2004 21:39
 
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Polymetis, la tua ha l’aria di una strategia revisionista tesa a emendare la dottrina cattolica dell’immortalità dell’anima dalle sue reminiscenze pagane, ammesso che sia possibile riuscire in un’impresa simile.

Studiosi di tutto il mondo e di ogni confessione cristiana, sebbene con accenti diversi, affermano che il dualismo corpo-anima dei Padri della chiesa affonda le radici in quello filosofico-greco, a cominciare da Platone (Fedone). Era ovvio che tale dualismo non poteva ottenere cittadinanza nel cristianesimo se non passando da una riformulazione. Così, la teoria platonica dell’immortalità dell’anima passò al cristianesimo attraverso il giudaismo alessandrino, prima; in seguito Tertulliano e Origene prepararono la strada ad Agostino che sviluppò il sistema che prevarrà nella chiesa cattolica fino a Tommaso d’Aquino, il quale non esitò ad affermare: “ L’ANIMA E’ IMMORTALE, COME DICE IL GRANDE PLATONE” (appunto!). Nel 1513, il Concilio Laterano 5° proclamò ufficialmente il dogma dell’immortalità dell’anima.

Tu non sarai d’accordo con quanto scrivo: avrai i tuoi motivi; anch’io ho i miei e sono convincimenti maturati sulla scorta di affermazioni di studiosi competenti e non di quelli alla “De Crescenzo”.

D’altra parte, in questa sede nessuno deve superare degli “esami di Stato”, tanto meno io! Qui si scambiano opinioni, convinzioni, credenze, il più delle volte motivate, ma che possono essere condivise o confutate. Per conto mio, quindi, chiudo questo argomento e passo a commentare i testi biblici che mi hai proposto.
Agabo.

[Modificato da Agabo 07/12/2004 21.58]

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"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
07/12/2004 21:55
 
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SHEOL-ADES
Introduco il commento ai testi biblici che Polymetis mi ha proposto con uno studio preliminare sul significato e l’uso della parola ebraica “sheol” e del suo corrispettivo greco “ades”, ricordando le parole di un prelato cattolico:

CLAUDE TRESMONTANT, francese, studioso cattolico domenicano: “Il maggior errore e la peggiore illusione consiste nel ritenere che si possa passare da un universo di pensiero a un altro, stabilendo semplicemente una corrispondenza linguistica tra due termini che in realtà non hanno lo stesso significato … L’esistenza corporea e fisica, nella tradizione ebraica, non è mai sentita come colpevole, né vergognosa, né impura” (“Il problema del’anima” Ed. Paoline, Roma- pp. 63,64)
DELLO STESSO AUTORE: “Ma la dottrina giudeo cristiana della risurrezione è di natura e di struttura diversa. Non significa che una parte dell’uomo, l’anima, sarà liberata abbandonando l’altra parte, il corpo, alla materia. La dottrina biblica della risurrezione implica la salvezza della totalità dell’uomo” (“Paolo di Tarso” Mondatori, p. 139).

Questo studio l’ho trascritto da un’opera di un mio fratello in fede. Prevengo eventuali obiezioni su tale procedimento dicendo che tale “scelta” è dettata dalla mancanza di tempo che mi affligge ma, sebbene con una perizia, uno stile e una competenza nettamente inferiori, io non potrei che esprimere gli stessi concetti biblici dell’autore di questo studio.


SHEOL-ADES

L’etimologia e l’ubicazione di sheol.
L’etimologia del termine sheol è incerta. Le derivazioni più frequentemente menzionate sono quelle legate alla radice di un verbo che significa “chiedere”, “domandare” e “seppellire se stesso”. Dobermann ne propone la derivazione dalla radice “shilah”, il cui significato primario è “essere quieto”, “a riposo”. Egli conclude che “si può fare un collegamento tra “sheol” e “shilah” e non sarebbe tanto collegato con la localizzazione del regno dei morti, quanto piuttosto con il carattere dei suoi abitanti, che sono principalmente “a riposo”. La differenza fra le due parola è relativa. La più importante è il fatto che lo sheol sia il posto dove i morti riposano. Lo sheol è localizzato profondamente sotto la superficie della terra, perché è spesso menzionato in relazione con il cielo per configurare così i limiti estremi dell’universo.

Lo sheol è il luogo più profondo nell’universo, esattamente come il cielo è quello più alto.
Amos descrive l’inevitabile ira di Dio in questi termini: “Anche se penetrassero nel soggiorno dei morti (sheol), la mia mano li strapperebbe di là; anche se salissero in cilelo, io lo tirerei giù: Anche se si nascondessero in vetta al Carmelo, io li scoverei lassù e li prenderei; anche se si nascondessero al mio sguardo in fondo al mare, laggiù ordinerei al serpente di morderli” (Amos 9:2,3). Anche il salmista esclama: “Salmi 139:7-8: Dove potrei andarmene lontano dal tuo spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là.” (cfr. Gb 11:7,9).

Essendo posto sotto la terra, i morti raggiungono lo sheol “andando giù”, un eufemismo per indicare il seppellimento nella terra. Quando Giacobbe venne informato della morte di suo figlio Giuseppe, disse:”Io scenderò con cordoglio da mio figlio, nel soggiorno dei morti (sheol)” (Gn 37:35). Forse l’esempio più chiaro della localizzazione dello sheol sotto la terra è il racconto della punizione di Kore, Dathan e Abiram, che si sono ribellati contro l’autorità di Mosé. “Numeri 16:31-33: “ Appena egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si spaccò sotto i piedi di quelli, la terra spalancò la sua bocca e li ingoiò: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. Scesero vivi nel soggiorno dei morti; la terra si richiuse su di loro, ed essi scomparvero dal mezzo dell'assemblea.”. Questo episodio mostra chiaramente come l’intera persona, e non solo l’anima, scenda nello sheol, nel regno dei morti.

Le caratteristiche del “soggiorno dei morti”
La caratteristiche dello sheol sono essenzialmente quelle del regno dei morti, o la tomba. In numerosi passi lo sheol è posto in parallelo con la parola ebraica “bor”, cioè, “fossa” o qualsiasi tipo di grotta sotterranea, usata come sinonimo di tomba. Per esempio, il salmista scrive: “Salmi 88:3-5: “ perché l'anima mia è sazia di mali e la mia vita è vicina al soggiorno dei morti.Io sono contato tra quelli che scendono nella tomba; sono come un uomo che non ha più forza. Sto disteso fra i morti, come gli uccisi che giacciono nella tomba, di cui non ti ricordi più, e che la tua mano ha abbandonato.” (Cfr. Salm 30:3; Prv. 1:12; Is 14:15; 38:18; Ez 31:16). Qui il parallelismo identifica sheol con la fossa, cioè il luogo di sepoltura dei morti.

Svariate volte sheol appare insieme con “abaddon”, che significa “distruzione” o “rovina” (Num. 16:33). “Abaddon” appare in parallelo con tomba: “La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione (abaddon)?” (Sal 88:11); con lo sheol: “Davanti a lui il soggiorno dei morti (sheol) è nudo, l’abisso (abaddon) è senza velo” (Gb 26:6; Prv 15:11). “Il soggiorno dei morti (sheol) e l’abisso (abaddon) stanno daventi al SIGNORE; quanto più i cuori dei figli degli uomini!” (Pr 15:11; cfr 27:20). Il fatto che lo sheol sia associato ad abaddon, il luogo della distruzione, dimostra che il regno dei morti fosse visto come luogo di annientamento e non come quello della sofferenza eterna degli empi.

Tutte le caratteristiche sopra esaminate in merito allo sheol descrivono accuratamente il regno dei morti. La fossa, il luogo di distruzione, di tenebre, di silenzio, il viaggio senza ritorno, sono tutte descrizioni del regno dei morti. Si è visto inoltre, come in qualche caso, lo sheol sia messo in parallelo con la morte e la tomba: “Li sorprenda la morte! Scendano vivi nel soggiorno dei morti (sheol)! Poiché nelle loro case e in cuor loro non c’è che malvagità” (Sal 55:15): In virtù del parallelismo, lo sheol è identificato con la morte e la tomba.

Nel Salmo 141:7 troviamo un altro esempio in cui lo sheol è associato alla tomba: “Come quando si ara e si rompe la terra, le nostre ossa sono sparse all’ingresso [alla bocca] del soggiorno dei morti (sheol)”.Le varie figure usate per descrivere lo sheol servono tutte a mostrare come non sia il luogo degli spiriti eterei, ma il “regno dei morti”.
Anthony Hoekema, uno studioso calvinista, giunge alla stessa conclusione nel suo libro “The Bible and the Future”. Egli scrive: “Le varie figure applicate allo sheol possono essere capite come riferentesi al regno dei morti: lo sheol ha le sbarre (Gb 17:16), è un posto buio e tetro (Gb 17:13), è un mostro dall’appetito insaziabile (cfr prv. 27:29; 30:15,16; Is 5:14; Ab 2:5). Quando pensiamo allo sheol in questo modo, dobbiamo ricordarci che sia i giusti sia gli empi vanno nello sheol quando muoiono, perché entrambi entrano nel regno dei morti (A.A. Hoekema, o.c. p.96).

Nello studio, “Antropologia dell’Antico Testamento”, Hans Walter Wolff, fa notare che, contrariamente alle antiche religioni orientali dove i morti erano glorificati o persino deificati, “simili espressioni sarebbero inconcepibili per il Vecchio Testamento. Per lo più quando si parla della discesa nello sheol come mondo dei morti non si vuole indicare niente di più: la sepoltura nella tomba e la fine della vita (Gn 42:38; 44:29,31; Is 38:10,17; Sal 9:16-18; 16:10; 49:10,16; 88:4-7,12; Prv 1:12)”. Qualsiasi tentativo di trasformare lo sheol nel luogo di tormento per empi o nella dimora degli spiriti/anime, contraddice la caratterizzazione dello sheol quale deposito sotterraneo dei morti.

La condizione dei morti nello sheol
Siccome la morte è l’arresto biologico dell’esistenza, lo stato dei morti nello sheol è descritto in termini antitetici al concetto della vita sulla terra. Vita significa vitalità e attività; la morte significa debolezza e inattività: Questo è vero per i giusti e per gli empi. “Tutto succede ugualmente a tutti; la medesima sorte attende il giusto e l’empio, il buono e puro e l’impuro” (Ec 9:2). Tutti vanno nello sheol, il regno dei morti.

Il saggio offre una descrizione della condizione dei morti nello sheol: Ecclesiaste 9:10 “Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c'è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza.” E’ chiaro che lo sheol, il regno dei morti, è il luogo della non esistenza. “Infatti, i viventi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla, e per essi non c’è più salario; poiché la loro memoria è dimenticata. Il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole” (Ec 9:5,6). L’argomento principale qui è che la morte pone una fine brusca a tutte le attività svolte “sotto il sole”, e ciò che segue la morte è lo sheol, dove regna uno stato di inattività, senza conoscenza e senza consapevolezza. Questo stato è meglio descritto come “sonno”.

La frase “si addormentò con i suoi padri” (1 Re 2:10; cfr. 1:21; 11:43) riflette l’idea che i morti si uniscano ai loro antenati nello sheol in uno stato di totale incoscienza. L’idea del riposo e del sonno nello sheol è presente in Giobbe, che grida in mezzo alle sue sofferenze: “Perché non morii fin dal seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo grembo? … Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei così riposo … Là cessano gli empi di tormentare gli altri. Là riposano gli stanchi” (Gb 3:11,13,17).

Il riposo nello sheol non è il riposo delle anime che godono della beatitudine del paradiso o subiscono i tormenti dell’inferno, ma il riposo dei corpi che dormono nei sepolcri. Giobbe 17:13-16: “Se aspetto come casa mia il soggiorno dei morti, se già mi sono fatto il letto nelle tenebre,al sepolcro dico: "Tu sei mio padre", e ai vermi: "Siete mia madre e mia sorella". Dov'è dunque la mia speranza? Questa speranza mia chi la può scorgere? Essa scenderà alle porte del soggiorno dei morti, quando nella polvere troveremo riposo assieme».” I morti dormono nello sheol fino alla fine: Giobbe 14:12: “così l'uomo giace, e non risorge più; finché non vi siano più cieli egli non si risveglierà né sarà più destato dal suo sonno.” “Finché non vi siano più i cieli” E' possibile un accenno alla venuta del Signore alla fine dei tempi per risuscitare i santi. In tutte le sue sofferenze, Giobbe non ha mai rinunciato alla sua speranza di vedere il Signore persino dopo la rovina del suo corpo. “Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere. E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non quelli di un altro; il cuore, dal desiderio, mi si consuma!” (Gb 19:25-27).

Riassumendo, la condizione dei morti nello sheol, il regno dei morti, è la più completa incoscienza caratterizzata dall’inoperosità, sonno, riposo che dureranno fino al giorno della risurrezione. Nessuno dei testi esaminati suggerisce che lo sheol sia il luogo di purificazione per gli empi (l’inferno) o di sopravvivenza cosciente delle anime o degli spiriti dei defunti. Non ci sono anime nello sheol semplicemente perché nell’Antico Testamento l’anima non sopravvive alla morte del corpo. Come chiaramente afferma N.H. Snaith: “Il cadavere di un uomo, di un uccello o di qualsiasi altro animale è senza nefesh (anima). Nello sheol, la dimora dei morti, non c’è nessuna nefesh (anima) (Life after Death, I 1947, p. 322).

LO STATO DEI MORTI NEL NUOVO TESTAMENTO
La parola greca ades è stata introdotta dai traduttori della Septuaginta nel tradurre l’ebraico sheol. Il problema è che era un termine utilizzati nel mondo greco in modo molto diverso da sheol. Mentre lo sheol nell’Antico Testamento è il regno dei morti, dove, come si è visto, i defunti sono in uno stato d’incoscienza, l’ades nella mitologia greca è il mondo sotterraneo, dove le anime dei defunti sono divise in due gruppi: quelle dei dannati e quelle dei beati.

Edward William Fudge offre questa descrizione della concezione greca dell’ades: “Nella mitologia greca Ades era il dio del mondo sotterraneo e allo stesso tempo il nome del mondo inferiore. Caronte traghettava le anime dei morti attraverso il fiume Stige o Acheronte nella sua dimora, dove il cane da guardia, Cerbero, custodiva il cancello affinché nessuno potesse scappare. Il mito pagano conteneva tutti gli elementi dell’escatologia medievale: c’erano da un lato i piacevoli Campi Elisi, dall’altro il miserabile e oscuro Tartaro, e persino le praterie degli Asfodeli, dove i fantasmi potevano vagare poiché non erano adatti per nessuno dei due luoghi indicati. Accanto al dio che governava, c’era la regina Proserpina ( o Persefone), da lui rapita dal mondo di sopra.” (“The Fire That Consumes. A Biblical and Historical Study of the final Punishment, Houston, 19189, p. 205).

Questa concezione greca dell’ades ha influenzato i giudei ellenisti, durante il periodo intertestamentario, i quali adottarono l’immortalità dell’anima e l’idea d’una separazione spaziale nel mondo sotterraneo tra i giusti e gli empi. Le anime dei giusti alla morte acendevano immediamente verso la felicità celeste, in attesa della risurrezione, mentre le anime degli empi scendevano nel luogo del tormento, cioè l’ades (vedi J. Jeremias, “Ades”. In G. Kittel Grande Lessico del Nuovo Testamento, Paidea, Brescia, 1965 vol 1 col. 395).

La Revised Standard Version trascrive semplicemente la parola con ades. La traduzione di ades come “inferno” è inesatta e mistificante, perché, a eccezione di Luca 16:23, il termine si riferisce alla tomba o al regno dei morti e non a un luogo di punizione. Quest’ultimo è designato come “geenna”, termine che è anche tradotto “inferno” 11 volte nel Nuovo Testamento, dal momento che si riferisce allo stagno di fuoco, il luogo della condanna per i perduti. L’ades, d’altra parte, è usato nel Nuovo Testamento come equivalente di sheol, il regno dei morti o la tomba.

Gesù e l’ades
Nei Vangeli, Gesù fa riferimento per ben tre volte all’ades. La prima si trova in Matteo 11:23, dove Gesù lancia un rimprovero contro Capernaum: “E tu, Capernaum, sarai innalzata fino al cielo? Sarai abbassata fino all’ades" (cfr. Lc 10:15). Qui l’ades, come lo sheol nell’Antico Testamento (Am 9:2,3; Gb 11:7,9), indica il posto più basso dell’universo esattamente come il cielo è il posto più elevato. Questo significa che Capernaum sarà umiliata fino al regno dei morti, il posto più basso.

La seconda occasione in cui Gesù utilizza il termine ades si trova nella parabola del ricco e di Lazzaro (Lc 16:23). Si ritornerà successivamente su questo episodio. La terza volta si trova in Matteo 16:18, dove Gesù esprime la propria fiducia affermando che “le porte dell’ades non potranno vincere” la chiesa. Il significato della frase “Le porte dell’ades” è illuminato dalla stessa espressione Nell’Antico Testamento e nella letteratura giudaica ( 3 Mac. 5:51; Sapienza di Salomone 16:13) dove è utilizzato quale sinonimo per la morte. Per esempio, Giobbe pone una domanda retorica: “Ti sono state mostrate le porte della morte, o hai forse visto le porte delle tenebre profonde?” (Gb 38:17; Is 38:18). Il mondo sotterraneo era ritratto come circondato da scogliere, dove i morti erano rimasti rinchiusi. Quindi Gesù voleva dire con “le porte dell’ades” che la morte non avrebbe vinto la chiesa, perché lui, ovviamente, avrebbe ottenuto la vittoria sulla morte.

Come tutti i morti, Gesù è andato nell’ades, cioè, nella tomba, ma a differenza degli altri, egli è stato vittorioso sulla morte. “Poiché tu non lascerai l’anima mia nell’ades, e non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione” (Atti 2:27; 2:31). Qui l’ades è la tomba dove il corpo di Cristo ha riposato per soli tre giorni e, di conseguenza, non ha visto “la corruzione”, il processo di decomposizione che avviene a seguito di un seppellimento prolungato. A motivo della sua vittoria sulla morte, l’ades, la tomba, è un nemico sconfitto. Quindi Paolo esclama: “O morte, dov’è il tuo dardo? O tomba (ades), dov’è la tua vittoria?” (1 Cor. 15:55). Qui l’ades è tradotto correttamente “tomba” nella KJV dal momento che è parallelo con la morte.

Cristo ora tiene le chiavi della “morte e dell’ades” (Ap. 1:18). Egli ha potestà sulla morte e la tomba. Questo lo rende capace di aprire le tombe e chiamare i santi a vita eterna alla sua venuta. In tutti questi passi, l’ades è conformemente associata con la morte, perché essa è il luogo di riposo dei morti, la tomba. Lo stesso è vero in Apocalisse 6:8, dove il cavallo giallastro ha un cavaliere il cui nome è “morte e dietro a essa veniva l’ades”. Il motivo per cui “l’ades” segue “la morte” è ovviamente da ricercarsi nel fatto che l’ades riceve i morti.

Nell’Apocalisse, alla fine del millennio, “la morte e l’ades” restituiranno i loro morti (Ap. 20:13) e “poi la morte e l’ades saranno gettate nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, lo stagno di fuoco” (Ap. 20:14). Questi sono due versetti significativi. Primo perché dicono che l’ades restituirà i suoi abitanti, indicando così di nuovo che l’ades è il regno dei morti. Secondo, informano che alla fine, l’ades stesso sarà gettato nello stagno di fuoco. Attraverso queste immagini, la Bibbia ci rassicura che alla fine, entrambe, la morte e la tomba, saranno eliminate. Questa sarà la morte della morte o, come dice l’Apocalisse, “la morte seconda”. Questa breve indagine sul termine ades nel Nuovo Testamento mostra chiaramente che il significato e l’uso sono conformi a quello di sheol nell’Antico Testamento. Entrambi i termini parlano di tomba o del regno dei morti e non del posto di punizione per gli empi.


Saluti, Agabo.
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08/12/2004 00:54
 
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“Polymetis, la tua ha l’aria di una strategia revisionista tesa a emendare la dottrina cattolica dell’immortalità dell’anima dalle sue reminiscenze pagane, ammesso che sia possibile riuscire in un’impresa simile.”

Ti ho citato il nostro catechismo. Io non faccio il revisionista, io ti espongo la dottrina della Chiesa.

“Studiosi di tutto il mondo e di ogni confessione cristiana, sebbene con accenti diversi, affermano che il dualismo corpo-anima dei Padri della chiesa affonda le radici in quello filosofico-greco”

Già, peccato che studiosi di tutto il mondo affermano anche l’esatto contrario, specie negli ultimi dieci anni. Ergo, o conosci Platone e dunque puoi decidere coscientemente da che parte stare, oppure decidi a simpatia. Sto ancora aspettando le presunte analogie con Platone. Possibile che vai affermando in ogni dove l’influenza platonica sulla dottrina cattolica e poi non mi sai trovare una sola corrispondenza tra il pensiero dell’Accademia platonica e quello della Chiesa? Se vuoi andare avanti ad argumenta ex auctoritate fai pure, ma ti avviso che è suoi testi antichi che si fa ricerca e si argomenta. Posso citarti centinaia di biblisti con prestigiose cattedre che sostengono o hanno sostenuto che Gesù Cristo non è mai esistito, e allora? Leggere una cosa su cento libri non è una garanzia, perché ce ne sono anche cento che dicono l’esatto contrario. Solo tornando a leggere i testi originali, in questo caso i dialoghi platonici, possiamo vedere chi ha ragione.

“a cominciare da Platone (Fedone)”

Le tre prove dell’immortalità dell’anima presentate nel Fedone (che suppongo tu non abbia letto), non c’entrano nulla con la dottrina cattolica, in quanto partono da presupposti inaccettabili.

1)Ogni processo di generazione e corruzione ha luogo fra stati contrari. Questi contrari si richiamano a vicenda. Dal freddo di passa al caldo, e dal caldo al freddo, non ha senso parlare di caldo se non c’è il freddo e viceversa. “Vita” e “morte” sono anch’essi due contrari, che si richiamano a vicenda. Come la vita chiama la morte, così la morte chiama la vita. La vita viene dunque dalla morte, tramite la rinascita. Come posso provare che la mia psyché rimane cosciente durante questo processo di reincarnazione? Con la dottrina dell’anamnesi, conoscere è solo ricordare ciò che si è visto prima di nascere. Nel Menone Platone dimostra che uno schiavo ignorante può descrivere il teorema di Pitagora che non ha mai studiato, opportunamente stimolato con l’ars maieutica, in quanto il conoscere è ricordare ciò che abbiamo visto nel mondo delle Idee. (Come si vede, questa prova non solo non c’entra nulla con la dottrina cattolica, ma va addirittura va contro di essa, perché si fonda sulla reincarnazione). Passiamo alla seconda prova che Platone fornisce.

2)L’anima immortale conosce realtà immutabili ed eterne, per poter cogliere queste cose, deve essere di natura affine ad esse. (La dottrina cattolica non contempla nessun Iperuranio, anche questa prova in ambito cristiano non ha senso, perché non ci sono Idee metasensibili da conoscere)

3)Le cose contrarie non possono combinarsi tra loro e stare insieme. L’anima ha come carattere essenziale l’Idea di vita, e poiché la morte è il contrario della vita, in base al principio appena menzionato, l’anima non può strutturalmente accogliere in sé la morte. Dire “anima morta” per Platone è un’assurdità esattamente come dire “fuoco-freddo” o “neve-calda”. (Anche qui, vorrei sapere cosa c’entra con la dottrina cattolica una simile speculazione).

Tiriamo le conclusioni: Le dimostrazioni dell’immortalità dell’anima platoniche esigono tutte per stare in piedi un dualismo tra mondo sensibile ed iperuranio, nonché la dottrina della metempsicosi.

“Così, la teoria platonica dell’immortalità dell’anima passò al cristianesimo attraverso il giudaismo alessandrino, prima; in seguito Tertulliano e Origene prepararono la strada ad Agostino”

Come già detto costoro sono effettivamente influenzati dal platonismo. (A dire il vero non si può proprio parlare di platonismo. Agostino aveva letto le Enneadi di Plotino, non Platone)

“prepararono la strada ad Agostino che sviluppò il sistema che prevarrà nella chiesa cattolica fino a Tommaso d’Aquino, il quale non esitò ad affermare: “ L’ANIMA E’ IMMORTALE, COME DICE IL GRANDE PLATONE” (appunto!).”

Senti amico, queste affermazioni (copiate da internet) fanno solo gelare il sangue. Hai appena dimostrato di non sapere nulla non solo di Platone ma neppure di Tommaso d’Aquino e di Aristotele. Qui non si tratta di darsi alle grandi teorizzazioni, qui mancano le basi più elementari, quelle che un qualsiasi liceo dà. Il concetto di anima in Tommaso copiato da Platone? Ma se ha combattuto contro questa concezione ogni istante della sua vita?! Era aristotelico fino al midollo. “L’anima è immortale come afferma il grande Platone”, infatti da erudito lo conosceva e l’aveva studiato, ma Tommaso riprende le argomentazioni del De Anima aristotelico e non del Fedone platonico. In quel momento stava combattendo contro l’aristotelismo eterodosso di Boezio di Dacia e Sigieri di Brabante i quali interpretavano Aristotele sulla base di Averroè. Tu sei cascato inconsapevole in una disputa filosofica medievale tra averroisti latini e “ortodossia” aristotelica pensando con una frase di capovolgere l’intera Summa Theologica di Tommaso. Se vuoi parlare di filosofia leggiti i testi originali invece di darti ai copia&incolla con riadattamento da internet. Il tuo brano:

“Così, la teoria platonica dell’immortalità dell’anima passò al cristianesimo attraverso il giudaismo alessandrino, prima; in seguito Tertulliano e Origene prepararono la strada ad Agostino che sviluppò il sistema che prevarrà nella chiesa cattolica fino a Tommaso d’Aquino, il quale non esitò ad affermare: “L’ANIMA E’ IMMORTALE, COME DICE IL GRANDE PLATONE” (appunto!). Nel 1513, il Concilio Laterano 5° proclamò ufficialmente il dogma dell’immortalità dell’anima

Da dove è copiato e riadattato:

“Tuttavia l'influsso del platonismo penetrò ben presto nel giudaismo alessandrino Tertulliano (morto nel 240) e Origene (morto nel 254) preparano la via a Sant'Agostino (morto nel 430), che per primo sviluppa tutto il sistema che prevarrà nella Chiesa Cattolica … La nozione è ripresa nel Medioevo, da Tommaso d'Aquino … in particolare, che non ebbe paura di affermare: "L'anima è immortale, come dice il grande Platone"Solo nel 1513, nel concilio Laterano V...la teoria dell'immortalità naturale dell'anima fu adottata quale dogma ecclesiastico. ". (http://www.liberi.it/pbAreaCode/viewmess.cfm?mss_cnl=118&id_mss=13988&mss_thread=13888&start=17)

Le parti in nero sono quelle copiate senza citare la fonte che hai solo parafrasato. In futuro invece di cercare in internet cerca sui testi originali. Alcuni parti sono assolutamente identiche: "Tertulliano(morto nel 240) e Origene (morto nel 254) preparano la via a Sant'Agostino(morto nel 430), che per primo sviluppa tutto il sistema che prevarrà nella Chiesa Cattolica" E il tuo: "in seguito Tertulliano e Origene prepararono la strada ad Agostino che sviluppò il sistema che prevarrà nella chiesa cattolica". Bhe, non c'è che dire, "prepararono la via" è diventato "prepararono la strada".

“Tu non sarai d’accordo con quanto scrivo: avrai i tuoi motivi; anch’io ho i miei e sono convincimenti maturati sulla scorta di affermazioni di studiosi competenti”

Non mi importano gli studiosi, mi importano le prove che portano. Non mi hai ancora citato un solo rigo di Platone! Cosa vuoi discutere se non l’hai mai letto e non riesci a parlarne?

“Per conto mio, quindi, chiudo questo argomento”

Non mi dire…

Il tuo studio sullo Scheol è completamente irrilevante, nessuno dubita che quella fosse la concezione dell’Israele arcaico. Peccato che questa non sia la concezione di Gesù Cristo. E non ho capito neppure la parte sullo Scheol nel NT, afferma soltanto che è usato con un significato simile a quello vetero-testamentario. Non ci voleva un genio per saperlo. Ma il problema non è sapere se lo Scheol sia la tomba del genere umano, non mi interessa il luogo né le connotazioni topografiche. Mi interessa sapere cosa fanno le anime che ci stanno dentro. E il tuo testo, mi dispiace dirlo, non tocca minimamente la questione dell’immortalità dell’anima. (Anche perché scansa accuratamente tutti i testi da me menzionati). L’ Ades di cui parlava Omero è lo stesso di cui palava Platone nel Gorgia, il problema è che in Omero le anime dell’Ades sono delle vane ombre senza vita, in Platone invece sono vive e vegete. Quello studio da te postato dimostra cose che sono lapalissiane di per sé. Qualche perla:

“Nell’Apocalisse, alla fine del millennio, “la morte e l’ades” restituiranno i loro morti (Ap. 20:13) e “poi la morte e l’ades saranno gettate nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, lo stagno di fuoco” (Ap. 20:14). Questi sono due versetti significativi. Primo perché dicono che l’ades restituirà i suoi abitanti, indicando così di nuovo che l’ades è il regno dei morti”

Ma che rivelazione! Dove starebbe il contrasto con la dottrina cattolica?

“Entrambi i termini parlano di tomba o del regno dei morti e non del posto di punizione per gli empi.”

Perché l’espressione regno dei morti escluderebbe la punizione? Tutta la letteratura greca chiama l’Ades il regno dei morti, eppure troviamo supplizi come quello di Tantalo. Se si dice “regno dei morti” è perché sono morti rispetto a noi, perché le persone morte sulla terra vanno in quel “luogo”.

“non del posto di punizione per gli empi”

Non è vero:

“E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.” (Lc 16, 27-28)

“E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna” (Mt 25,46)

Per Achille:

"Volevo solo chiedere un tuo parere in merito ad alcune citazioni di Cullmann che ho trovato nel web. Sono state tratte dal libro "Immortalità dell'anima o risurrezione dei morti?" (Paideia editrice Brescia 1967,1986) e mi fanno pensare che questo studioso non neghi la soppravvivenza di "qualcosa" nel tempo che intercorre fra la morte fisica e la resurrezione finale"

Non ho mai letto il testo in questione, ma le citazioni che mi hai fatto sono inequivocabili. Sta affermando un’evoluzione nel pensiero ebraico rispetto alla fase arcaica. (Cosa in verità già avvenuta da un bel pezzo, al tempo di Gesù quasi tutti i rabbì credevano ad una vita dopo la morte. I sadducei erano l'eccezione e non la regola).

A Presto

[Modificato da Polymetis 08/12/2004 1.01]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
08/12/2004 07:23
 
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Time out! mentre voi bevete un caffé...

... Berescitte vi ricorda che non a caso nella sua trattazione/ analisi intorno a nèphesh e psychè, insomma sull'anima dal punto di vista biblico (vedi sul sito) non ha affermato che la Bibbia parla della sopravvivenza dell'anima ma PARLA SICURAMENTE DELLA SOPRAVVIVENZA DELLA PERSONA, DEL SUO IO (comechessia concepito).

Così si prendono le debite distanze sia dalla antropologia greca (che è migliore di quella biblica nel sistema Aristotelico/tomistico) sia dalla antropologia ebraica che è stata utilizzata da Dio come tutti gli altri dati culturali difettosi della cultura dei singoli agiografi e non corretta e resa katexokèn. Questo è il lapsus ricorrente di chi si rifà alla Bibbia immaginando e pretendendo di trovarvi LA antropologia.
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PS Che il discorso di Cullmann sia tendenzioso è evidente già dal titolo che, enunciando la conclusione, sembra proprio coniato dalla WT. Perché mai "Immortalità dell'anima o risurrezione?". Non è evidente che già esclude l'et et preferito dalla Chiesa Cattolica che titolerebbe "Immortalità dell'anima e risurrezione!"? Risurrezione che poi sarebbe di corpo e anima, anche se l'anima è sussistente, poiché la risurrezione comporta anche la sua trasformazione nell'insieme chiamato... "donna" (bisogna che la piantiamo sempre con questo "uomo" d'Egitto!).

Vi lascio al seguito... mi affascinate!
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est modus in rebus
08/12/2004 19:45
 
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La parabola del ricco e Lazzaro.
Il testo più spesso citato da chi sostiene l’immortalità dell’anima è certamente la parabola del ricco e Lazzaro:
Luca 16:19-31: «C'era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c'era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nel soggiorno dei morti, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: "Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma". Ma Abraamo disse: "Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi". Ed egli disse: "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento". Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli". Ed egli: "No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno". Abraamo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita"».

Possiamo senz’altro dire che, essendo una parabola, è certamente sbagliato servirsene per sostenere una dottrina, come sarebbe sbagliato dedurre dalla parabola di Jotham, che gli alberi camminano o parlano!

Giudici 9:8-15: “Un giorno, gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all'ulivo: "Regna tu su di noi".
Ma l'ulivo rispose loro: "E io dovrei rinunziare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Allora gli alberi dissero al fico: "Vieni tu a regnare su di noi". Ma il fico rispose loro: "E io dovrei rinunziare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Poi gli alberi dissero alla vite: "Vieni tu a regnare su di noi". Ma la vite rispose loro: "E io dovrei rinunziare al mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Allora tutti gli alberi dissero al pruno: "Vieni tu a regnare su di noi". Il pruno rispose agli alberi: "Se è proprio in buona fede che volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!"”


Notiamo le diverse incoerenze in cui andremmo incontro interpretando la parabola letteralmente:

a) Risulta dal testo che l’Ades (il soggiorno dei morti, la tomba), è diviso in DUE parti: una è il £seno di Abramo” (il paradiso?), l’altra il “soggiorno degli empi” (l’ “inferno”?); inoltre, il paradiso e l’inferno sarebbero vicini, ma separati da “una gran voragine. Naturalmente chi crede nell’immortalità dell’anima considera questa condizione simbolica!
b) Secondo i sostenitori dell’immortalità dell’anima, alla morte è l’anima, spirituale, disincarnata che va in paradiso p all’inferno! Qui invece si parla di “occhi”, “dito”, “lingua”, quindi di esseri dotati di corpo. Solo che, il corpo sarà resuscitato soltanto alla fine dei tempi (1 Cor. 15: 52), come ne conviene anche chi crede nell’immortalità dell’anima! Inoltre, c’è da notare che la menzione della “gran voragine” per non permettere il passaggio dei dannati in paradiso e viceversa, sarebbe assurda nell’ipotesi di anime disincarnate (che potrebbero passare dovunque!).
c) Secondo Ebrei 11:8-19, 39-40 Abramo non ha ancora ricevuto il “premio” che SPETTA A LUI medesimo, quindi, né lui né la sua anima possono essere evidentemente in paradiso e con ciò contraddirebbe i vv 22,23.
d) Secondo il v. 24 il ricco è tormentato nelle fiamme, che sono una caratteristica della Geenna (Mt 5:22; 18:9) che, però, secondo il NT, si situa solo ALLA FINE DEI TEMPI (Mt 25:41); inoltre il ricco non va nella Geenna, ma nell’Ades che indica nella Bibbia solo la tomba e quindi non un luogo in cui c’è fuoco!
e) Secondo Gesù stesso, il premio o castigo verranno assegnati ad ognuno alla fine dell’età presente e non alla morte (Mt 13:30, 39-43. 49-50; 25:31-44 ecc.).

Tutte queste incongruenze rendono evidente che la parabola va interpretata per quello che è, cioè un racconto allegorico con una morale. Gesù utilizzò semplicemente alcuni elementi delle credenze religiose popolari del tempo (condivise in parte dai Farisei!) per insegnare che il destino eterno si decide in questa vita e per questo non c’è più la possibilità di una seconda prova dopo la morte; quindi bisogna sfruttare al massimo le occasioni di questa vita, come viene anche insegnato nella prima parte del capitolo 16 (vv 1-12) nella parabola del fattore infedele.

La testimonianza di Giuseppe Flavio.

I tradizionalisti citano spesso la descrizione che Giuseppe Flavio fa della dottrina degli esseni circa l’immortalità dell’anima e la punizione eterna degli empi, per sostenere che la loro opinione fosse ampiamente accettata ai tempi del NT. “L’Ades è una regione sotterranea dove la luce di questo mondo non splenda” -egli scrive- “questa regione è prevista come luogo di custodia per le anime e nella quale gli angeli sono posti come guardiani per infliggere loro punizioni temporanee, secondo la condotta e il modo di agire di ognuno” (F. Josephus to the Greeks Concernine Hades, in Complete Works, Gran Rapids 1974, p.637). Giuseppe dice ancora che l’Ades è divisa in DUE sezioni. Una è “la regione della luce” dove le anime dei morti giusti sono portate dagli angeli al “luogo che chiamiamo seno di Abramo”. La seconda regione è nelle “tenebre eterne” e le anime degli empi sono trascinate con forza “dagli angeli loro assegnati per la punizione”. Questi angeli trascinano gli empi “nel quartiere dell’inferno stesso”, vengono gettati nell’inferno dove rimangono fino a dopo il giudizio finale. “Un caos profondo e largo è posto fra di loro, a tal guisa che un uomo giusto, che avesse pietà di loro, non potrebbe varcarlo. Nemmeno un ingiusto, se fosse sfacciato abbastanza da tentarvi” (ibidem).

Le impressionanti similitudini fra la descrizione dell’Ades di Giuseppe Flavio e la parabola del ricco Epulone e Lazzaro sono evidenti, ma tale descrizione non è unica negli scritti giudaici del tempo.
E’ significativo che Giuseppe Flavio attribuisca l’immortalità dell’anima e la punizione senza fine, non già agli insegnamenti dell’AT, quanto alle “fiabe” greche che i giudei settari, come gli esseni, hanno trovato irresistibili. Il suo comento presuppone che non tutti i giudei abbiano accettato queste opinioni. Infatti, le indicazioni sono che perfino fra gli esseni vi fossero coloro che non le condividevano. Il “Documento di Damasco” –2,6,7- un’importante rotolo del Mar Morto, descrive la fine dei peccatori paragonando la loro sorte a quella degli antidiluviani che perirono nel Diluvio e a quella degli Israeliti increduli che morirono nel deserto. La punizione di Dio sui peccatori non lascia “nessun restante rimasuglio di loro o nessun sopravvissuto” (L. Morali, “I manoscritti di Qumram, UTET, Torino 1971 1QS 2,4,-8, p.137).

“Forse è stato proprio il silenzio del NT sui particolari dell’aldilà e sulla situazione intermedia fino alla parusìa che ha provocato la curiosità pseudodevozionale e ha fatto sì che non ci si accontentasse di porre la propria speranza in cristo, ma ha condotto a pensare di dover completare le affermazioni della Scrittura con fantasie umane: il che, in definitiva, sta a dimostrare una mancanza di fede. A questo movimento ha contribuito anche il fatto che al posto della fede neotestamentaria nella risurrezione dei morti (1 Cor 15) è subentrata in certo senso la dottrina greca dell’immortalità dell’anima, che rimane tuttora opinione prevalente anche fra i cristiani, senza che si rendano conto veramente della profonda originalità della speranza cristiana” (H. Bietenhard in “Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento” Ediz. Dehoniane Bologna, p.855).

Il cattolico Prof. Hans Kung ha scritto:
“l’uomo muore come totalità, con il corpo e l’anima, come unità psicosomatica” (Vita eterna? Mondatori, 1983, p. 181).

Saluti, Agabo.
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Polymetys, che tu sia un gran presuntuoso se nè accorto anche il mio Pc, infatti fa le smorfie quando apro i tuoi post. Adesso ti sei dato anche alla parapsicologia! Attento, come veggente rischi di fare la fine di Anna Marchi. Io non copio da Internet (faccio già molta fatica a rispondere qui, per mancanza di tempo), però mi fa immensamente piacere leggere che qualcun altro attinge da fonti che mi sono molto familiari, religiosamente parlando!

RIGUARDO A O. CULLMANN, HO LETTO PARECCHIE SCIOCCHEZZE, ma almeno una notizia ve la voglio regalare: quello che ha scritto lo ha appreso da un (allora) giovane seminarista della mia chiesa! Beccatevi questa!
Visita:

"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
09/12/2004 06:06
 
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Come Berescitte ti informo che
Hans Kung non è più cattolico da un pezzo.

Come Moderatore ti chiedo
Perché non ti trattieni dall'aggettivare negativamente Polymetis? Le sentenze vanno lasciate ai lettori/Giuria.
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