PROLEGOMENI AD OGNI FUTURO MESSAGGIO DI SEA CHE VOGLIA PARLARE DI TEMPO
”Gesù credeva di ereditare il suo regno e di essere in qualche specie di Paradiso immediatamente dopo morto, in quello stesso giorno?”
Stai ragionando in termini temporali. Gesù non è andato in paradiso “dopo morto”, parlare di “dopo” è privo di senso.
”Come mai allora in Luca 9:22 si legge: "Il Figlio dell'uomo deve subire molte sofferenze ed esser rigettato dagli anziani e dai capi sacerdoti e dagli scribi, ed essere ucciso, e il terzo giorno esser destato".”
Non vedo il problema di questa frase, Gesù fu ucciso ed in seguito resuscitato il terzo giorno. (Ovviamente il terzo giorno terrestre)
“Le scritture non ci lasciano nel dubbio dove Gesù andò dopo la sua morte, dicono chiaramente che andò per 3 giorni nel Ades.”
Non esistono giorni nell’Ades per il semplice motivo che i giorni dipendono dal sole del NOSTRO SISTEMA SOLARE, ora, o tu mi dici che l’Ades si trova su un pianeta del nostro sistema solare, e in questo caso non riuscirei più a prenderti sul serio, oppure non parlare di giorni perché il tempo è solo una convenzione umana, NON ESISTE!
“Atti 2:27 (CEI)
"Perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione."
No, non puoi citarlo per ricostruire l’antropologia ebraica in quanto la citazione degli Atti è stata fatta partendo dai LXX, il testo masoretico ha “perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione (oppure “fossa”)” (Salmo 16,10) Qui sheol metafora per morte.
“Sonny magari mi dici pure cosa stava facendo Gesù durante quei 3 giorni negli inferi?”
Ancora? Potresti usare un’esegesi meno superficiale? Ma come si fa a dire che negli inferi passano i giorni?
“Eccoti qualche altro indizio:
Ecclesiaste 9:5 (CEI)
"I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce."
Ecclesiaste 9:10 (CEI)
"Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare."
Nell’Israele arcaico c’era una concezione dell’anima molto simile a quella di Omero, dopo la morte le anime sono solo vane ombre incoscienti. Questa antropologia estremamente arcaica fu superata dagli ebrei già prima di Cristo, al tempo della sua venuta infatti la maggioranza degli ebrei credeva alla vita dopo la morte. Il Nuovo Testamento sceglie questo indirizzo. Comunque già nell’Ecclesiate c’è una speranza infatti in 12,7 si dice che l’anima non va nello scheol ma ritorna a Dio che l’ha data. “E ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato” Prove dell’immortalità dell’anima:
-1 Samuele 28 (lo spirito di Samuele salì dal soggiorno dei morti e rimproverò Saul che lo aveva evocato, i TdG sostengono che sia un demone)
-Siracide 46,20 (dopo la sua morte Samuele profetizzò, predicendo al re Saul la sua fine; anche dal sepolcro levò ancora la voce per allontanare con una profezia l’iniquità dal popolo);
·Giobbe 19,26 (Giobbe ebbe fede che, dopo la distruzione del corpo, senza la sua carne, avrebbe visto Dio “Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio.”)
·Giobbe 26,4 (le ombre tremano nel soggiorno dei morti);
·Salmo 22,30 (A Dio solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a Lui si curveranno quanti discendono nella polvere);
·Isaia 14,9-17 (nel soggiorno dei morti, le ombre dei principi della terra si svegliarono, presero la parola, guardarono ed interrogarono il re di Babilonia);
·Ezechiele 32,21 (i principi barbari caduti in battaglia accolsero il faraone nel soggiorno dei morti);
·2 Maccabei 12,38-45 (Giuda Maccabeo offrì un sacrificio per i morti in espiazione)
·2 Maccabei 15,12-13 (il profeta Geremia defunto e il sommo sacerdote Onia assassinato pregarono per il popolo ebraico);
·Sapienza 3-4-5 (parla del giorno del giudizio finale);
·Matteo 17,3 (apparvero Mosé ed Elia: mentre di Elia era atteso il ritorno, Mosé era sicuramente morto da secoli);
·Luca 16,19-31 (Abramo, il ricco e Lazzaro dialogarono tra loro, sebbene morti);
·Luca 23,43 (Gesù promise "oggi" il paradiso al buon ladrone);
·2 Corinzi 5,1-5 (parla della tenda del corpo e del desiderio di non essere spogliati ma sopravvestiti);
·2 Corinzi 5,8-10 (parla della partenza dal corpo, del giudizio sulle opere compiute finché si era nel corpo e della vita presso il Signore dopo la morte);
·Filippesi 1,23 (parla della partenza dal corpo e della vita presso il Signore, dopo la morte);
·1 Pietro 3,19-20 (Cristo morto andò a predicare ai morti, aspetto ancora una risposta di Sea su questo passo);
·1 Pietro 4,6 (Cristo morto andò a predicare ai morti);
·2 Pietro 1,12-15 (parla della partenza dalla tenda del corpo);
·Ebrei 9,27 (dice che dopo la morte viene il giudizio);
·Apocalisse 6,11 (narra come ai tempi delle persecuzioni romane le anime dei martiri sotto l'altare pregassero, gridassero vendetta, chiedessero giustizia a Dio, ricevessero una veste bianca, dialogassero con il Signore ed attendessero con pazienza la fine della prova dei loro fratelli);
·Apocalisse 14,1-7 (davanti al trono di Dio, i 144.000 compagni dell'Agnello redenti dalla terra, cantano un canto nuovo)
Elenco tratto da
digilander.libero.it/domingo7/Anima.htm, con alcune mie aggiunte.
“Di certo non meritò di essere "unto" e di andare in cielo quel giorno!”
Questo ragionamento esige come premessa la separazione geovista tra gli unti e le altre pecore. Il buon ladrone non meritò di essere “unto” per la semplice ragione che i 144.000 unti non esistono,meritò di andare in paradiso, non di “essere un unto”.
“Come mai se Gesù quel giorno era in paradiso insieme al malfattore in un'occasione quando Gesù dopo la sua resurrezione appariva diverse volte ai suoi seguaci disse a Maria: "Non sono ancora asceso al Padre". (Giovanni 20:17)”
E’ molto semplice. La Scrittura non dice che Gesù non sia ancora andato in paradiso, ma che non sia ancora asceso al Padre. Sta parlando dell’ascensione in cielo col corpo. Comunque, sia chiaro, anche qui parlare di prima o dopo non ha senso. Gesù non è mai “uscito” dalla Trinità, neanche nell’incarnazione. L’Eternità non ha ne prima né dopo. Dire che Gesù ascese al cielo in un determinato momento mentre “prima” in cielo non c’era, significherebbe affermare che nel cielo passi il tempo, ossia che Dio “prima” abbia avuto al suo fianco qualcuno, poi per una trentina d’anni ne abbia fatto a meno e in cielo sia rimasto un posto vacante, e che passato questo periodo Gesù sia ritornato dal Padre. Questa visione così maledettamente umana implica che nel regno dell’eternità di Dio scorra il tempo, ossia gli anni. Ora, il tempo non esiste, Einstein ha dimostrato che viaggiando a velocità prossime a quelle della luce il tempo rallenta, e che alla velocità della luce il tempo si ferma. Se ne evince che stare qui a fare calcoli temporali su un “prima” e su un “dopo”, ossia metterci a disputare di quando Cristo ascese al cielo come se ci potesse essere un prima e un dopo, è quanto di più ridicolo si possa fare. Dio non sta “in cielo”, non è oltre le nuvole da qualche parte della Galassia, Dio è onnipresente. “Se salirò nel cielo, là sei tu, se scenderò negli inferi, tu sei presente” (Salmo 138,8) E ancora: “Io riempio il cielo e la terra” (Ger.23,24) Ecco perché è doppiamente assurdo pensare che ci sia un “prima” dove Gesù sarebbe stato lontano da Dio, e un “dopo” in cui Gesù tornò al fianco di Dio. Se i Vangeli dicono che Gesù salì al cielo usano un linguaggio figurato. Se fosse salito “al cielo” in senso letterale, giacché nulla può andare più veloce della luce senza causare un’inversione temporale (come ha dimostrato Einstein), a quest’ora sarebbe ancora nella Via Lattea. Gesù inoltre è onnipresente come il Padre (Mt 18,20; Mt 28,20), ecco perché può essere al contempo a predicare ai morti nell’Ades, nel paradiso col buon ladrone, in seno alla Trinità, e sulla terra di corpo e spirito non ancora asceso corporalmente al Padre. La mente prova una vertigine dinnanzi a questi fatti squisitamente metarazionali, “Dio è tutto in tutti”, secondo la celebre definizione di Paolo. Possiamo solo esclamare col libro di Giobbe:
“Puoi forse scandagliare le profondità di Dio,
arrivare a conoscere appieno l'Onnipotente?
Si tratta di cose più alte del cielo;
tu che faresti? Di cose più profonde del soggiorno dei morti; come le conosceresti?
La loro misura è più lunga della terra,
più larga del mare.” (Gb 11, 7-9)
Già, l’intimo Logos di Dio è più profondo dello Scheol, la sua Ragione è ovunque ed imperscrutabile perché i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri.
Per pura curiosità riporto la spiegazione che diede Sant’Agostino nel De Trinitate:
“Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient’altro che quello che vedevano. Ecco perché Gesù dice: "Se mi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me", che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre perché fino a quando mi vedete in questa condizione e, basandovi su ciò che vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che sono e dall’aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia uguaglianza con il Padre. È per questo che il Signore dice: "Non mi toccare, ancora non sono salito al Padre mio". Infatti il tatto in un certo modo segna il limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che si vedeva. Invece l’ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al Padre, così com’è, per divenire in cielo l’oggetto di quella visione che ci basta."
A presto