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caro cavdna.....

Ultimo Aggiornamento: 25/06/2009 22:22
21/05/2009 16:09
 
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La fede religiosa [modifica]
Giotto, Fede, Cappella degli Scrovegni, PadovaAnche soltanto in ambito religioso la parola "fede" ha molti significati o quantomeno coloriture. A volte sta ad indicare la lealtà nei confronti della propria religione (è in questi termini che si parla, ad esempio, di "fede cattolica"). In alcune religioni, la fede è costituita dal fatto che certe asserzioni vengono ritenute vere; in altre religioni, che non sono basate su un certo “credo” codificato, la fede consiste nella lealtà nei confronti della propria comunità religiosa.

Altre volte si intende per fede un certo modo di relazionarsi a Dio (e di assumere reciprocamente degli impegni, come nel caso dell’ebraismo). In questo caso, "fede" diventa sinonimo di "fedeltà". Un tale modo di relazionarsi alla divinità non implica alcuna sottomissione acritica se non quella relativa alla credenza dell'esistenza della divinità stessa. Per alcuni la fede diventa elemento di identità (qualcuno può pensare a sé stesso ad esempio come ad un “musulmano” o ad uno "scettico").

La critica del razionalismo è che una siffatta fede sia irrazionale. Secondo questa prospettiva, la credenza andrebbe limitata a ciò che è sostenibile tramite la logica, oppure all’evidenza dei fatti. Molte religioni riconoscono comunque nella ragione e nella logica un mezzo da affiancare alla fede per giungere alla verità (all'interno del cattolicesimo, ad esempio, l'enciclica Fides et Ratio esprime questo concetto).

A volte si intende per fede la credenza nell’esistenza di Dio, distinguendo tra la convinzione personale e quella che è materia di una certa confessione religiosa. Molti ebrei, cristiani e musulmani sostengono che esiste un sufficiente numero di prove storiche sia dell’esistenza di Dio sia del suo intervento nelle questioni umane. Di conseguenza, a loro avviso, non c’è bisogno di una fede in Dio a dispetto dell’evidenza contraria; si tratta piuttosto di affermare l’evidenza, e di utilizzare al più la logica per chiarire chi o cosa sia “Dio”, e perché sia opportuno credere in lui. Per queste persone la fede è dunque un sinonimo di “conoscenza di Dio".

Infine, alcuni credenti –– e molti critici – usano spesso il termine "fede" come assenso ad una certa credenza, anche in mancanza di qualsiasi prova a favore e spesso in aperta negazione dell’evidenza. Molti ebrei, cristiani e musulmani ammettono del resto che, anche quando fosse possibile rintracciare prove concrete a supporto della loro fede in Dio, essa non sarebbe per questo più salda. Questa nozione di “fede” rifiuta di rinchiudere il discorso nell’ambito della logica. Una forma di fede simile a questa è chiamata fideismo: si “deve” credere nell’esistenza di Dio, senza basarsi su alcuna prova o convinzione o argomento razionale. Una tale prospettiva è spesso associata al pensiero di Søren Kierkegaard (ed in particolare alla sua opera Timore e tremore), e ad altri pensatori religiosi facenti capo all’esistenzialismo. William Sloane Coffin ha affermato che ”fede” non è accettazione senza dimostrazione, ma fiducia senza riserve.

Raimon Panikkar ha proposto al riguardo la seguente distinzione: per “fede” si intende la capacità di aprirsi all’ulteriorità, a qualcosa di più, di oltre; si tratta di una capacità che non ci viene data né dai sensi né dall’intelletto (Panikkar si richiama alla filosofia cristiana, che distingueva tra credere in Deum – apertura al mistero – credere Deo – fiducia in ciò che può essere stato affermato da un essere supremo – e credere Deum – credere nella sua esistenza). La fede (in Deum) non ha oggetto; è il pensiero che ha un oggetto; se la fede avesse un oggetto sarebbe ideologia, un frutto del pensiero, mentre la divinità affiora oltre il pensiero. La “credenza” è invece la formulazione, l’articolazione dottrinale, compiuta ordinariamente da una comunità, che si è progressivamente cristallizzata in proposizioni, frasi, affermazioni e, in termini cristiani, dogmi. Credenza è l’espressione simbolica, più o meno coerente, della fede che spesso viene formulata in termini concettuali.


Visione della fede nei singoli credi [modifica]

Secondo il Nuovo Testamento [modifica]
Il significato principale della parola "fede" (traduzione dal greco πιστις, pi´stis), si riferisce a colui che ha fiducia, che confida, che si affida, la cui persuasione è salda. La parola greca può anche essere intesa nel senso di “fedeltà” (Tit 2,10).

L’estensore della Lettera agli ebrei ha scritto che

« La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. » (Ebrei 11,1) Interessante è prendere in considerazione la traduzione di questo brano dal testo siriaco:

"La fede è convincimento delle cose che si sperano e di quelle che furono in atto, rivelazione di quelle che non si vedono."[1]


La Lettera agli ebrei continua illustrando il significato ed il ruolo pratico della fede:

« Senza la fede è impossibile essere graditi a Dio; chi infatti gli s'accosta deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano. » (Ebrei 11,1)

Riassumendo il concetto neotestamentario di fede, si può dire che esso è basato sull’autorivelazione di Dio, soprattutto per quanto riguarda la fiducia nelle promesse ed il timore dei castighi contenuti nella Bibbia.

Inoltre, gli autori del Nuovo Testamento associano la fede in Dio a quella in Gesù Cristo. Il Vangelo di Giovanni è particolarmente chiaro al riguardo, dove Gesù dice che

« ... il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato » (Giovanni 5,22-23)

Alla richiesta

« "Che cosa dobbiamo fare per compiere la volontà di Dio?” Gesù rispose: “Questa è la volontà di Dio: credere in colui che egli ha mandato." » (Giovanni 6,28-29)


Protestantesimo [modifica]
La conoscenza è un elemento essenziale di ogni fede, spesso i termini vengono trattati come sinonimi (Vangelo di Giovanni, 10:38; Prima lettera di Giovanni, 2:3). Tuttavia, la fede aggiunge alla conoscenza l’assenso, in quanto si tratta di un atto del volere oltre che di un atto dell’intelletto.


Giudaismo [modifica]
La teologia giudaica sostiene che è meritorio credere in Dio: infatti, conta tanto il credere in Dio, quanto il condurre una vita timorata. Alcuni razionalisti ebrei sostengono che la semplice fede in Dio, priva di ogni supporto razionale, è ben inferiore a quella che è possibile raggiungere tramite l’uso della ragione.


Nachman di Breslov [modifica]
Secondo questo Rabbino la fede si esprime ed è vissuta nel modo più semplice: egli dice che in Ghematriah il valore numerico delle lettere che formano la parola ebraica "Emunah", fede, corrisponde al valore numerico della parola "bambini": in questo senso egli riconosce che in alcuni casi la speculazione è vana, ciò non mancando nel riconoscere alla rivelazione divina della verità raggiunta con sapienza, conoscenza ed intelligenza un valore predominante e comunque legato alla fede che è prova della genuinità più vera e netta dell'uomo; la fede si differenzia dalla ragione anche per la sua peculiarità di immediatezza nel legame con Dio la cui ricerca continua richiede tenacia e grande forza. L'Ebraismo ritiene infatti che la fede, come talento peculiare dell'anima, è radicata nell'uomo fin dalla nascita e che solo in seguito potrà migliorarne l'effettività rendendosene consapevole o allontanarsi dal legame con il divino.


Devekùth: l'attaccamento [modifica]
« Non è un metodo la Devekuth né una tecnica, è un modo di vivere: "Ama l'Eterno tuo Signore, ascolta la Sua voce, legati a Lui: è la condizione della tua vita e della tua longevità... Se osserverete tutte le leggi che vi prescrivo, amando l'Eterno vostro Signore, camminando sempre nelle Sue vie ed attaccandovi sempre a Lui (Deuteronomio, 30,20; 11,22)" »
( Alexandre Safran, La Kabbalà)

La Devekuth indica l'unione dell'uomo con Dio che, nella tradizione ebraica, è sempre stata indicata come aspirazione continua e meta di tutto il popolo d'Israele; nella Qabbalah ebraica si ritiene costituisca l'unione tra il Signore, Israele e la Torah; lo studio e l'osservanza da parte dell'Ebreo delle 613 mitzvòt comandate nella Torah hanno sempre rappresentato per il popolo d'Israele il riferimento spirituale e pratico della propria fede e della propria vita nel legame con il divino e con il mondo. Le Middot, tra cui anche l'amore ed il timore per il Signore, sono le qualità indispensabili affinché la Devekuth e la Kavvanà, esse stesse loro fondamento, possano realizzarsi.


Kavvanà [modifica]
Con questo termine si intende l'intenzione che l'uomo rivolge anche con la propria preghiera a Dio; essa è la forza impiegata nella fede per l'attacamento a Dio ed il sostentamento spirituale. Secondo le proprie caratteristiche, ogni Ebreo raggiunge livelli sempre differenti nella Devekuth, così anche nel grado della preghiera: questa è poi la tradizione degli Hekalot, i palazzi spirituali cui l'Ebreo può accedere passando metaforicamente e spiritualmente di stanza in stanza fino al Signore affinché le proprie preghiere possano essere ascoltate, considerate ed esaudite e renderne saldo e vivo il legame nella propria fede. La kavvanà è paragonabile al ratson, il desiderio, ma mentre il desiderio che è vicino all'idea di scopo, può assumere differenti forme, la kavvanà può essere unicamente indirizzata al Servizio del culto di Dio sia esso svolto nella preghiera, nello studio della Torah o nel compimento delle Mitzvot. Esiste però una forma di ratson assoluta che rivela l'aspetto forte e puro della santità dell'inclinazione dell'uomo.


Amore per Dio [modifica]
« Amerai l'Eterno Tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue facoltà... »


Anche Alexandre Safran nota che l'Ebraismo individua differenti tipi di amore anche in merito a quello tra Dio e l'uomo come nel caso dell'Avat 'Olam, l'amore eterno, e dell'Avat Rabba, l'amore grande: il primo è più alto del secondo e riguarda la tensione dell'anima verso l'Eterno e l'assoluto, ma esso non può essere mantenuto continuamente in ogni istante della propria vita; esso viene accompagnato e intervallato al secondo che si riferisce alla sempre presente vivacità e sollecitudine dell'Ebreo nell'ascoltare Dio ed osservare i Suoi precetti. Nell'Avat 'Olam si distingue un tipo di studio più profondo ma non sempre raggiungibile e che si fonda sulla comprensione e la riflessione di quanto riguada il mondo nella sua interezza, studio soprattutto concernente i segreti della Qabbalah come l'Avat Rabba che però è nel cuore di ciascun Ebreo, ciò considerando comunque i differenti livelli d'interpretazione della Torah. I due tipi di amore possono essere presenti nella stessa persona senza una reale distinzione e sono manifesti anche nella preghiera ed in ogni manifestazione del culto e della religione ebraici.

Si parla qui della tensione dell'anima verso Dio che, non potendo essere effettuata sempre al livello più alto, può essere realizzata tramite la preghiera, lo studio della Torah, l'azione religiosa e tutte le Mizvot, i preccetti religiosi, comandate nella Torah.

Vi è poi un terzo amore donato per concessione divina chiamato Amore ignoto o Amore delizioso: Rabbi Shneur Zalman di Liadi dice che la prima definizione si riferisce alla contrazione di questo amore, ed è quanto descrive lo Tzimtzum (cfr. Creazione): a questo tipo di amore per Dio si riferisce la lettera ebraica Yod che - come un punto (י) è la lettera più semplice dell'alfabeto ebraico - si apre per rivelarsi nelle opere tutte della Creazione al fine di dare spazio a quel tipo di amore per Dio definito Amore delizioso per la continua rivelazione di ogni cosa che risulta così essere delizia per chi ad esse rivolga la propria attenzione speculativa e contemplativa.


Timore di Dio [modifica]
« il timore di Dio è il principio della sapienza »


Diversamente dalla paura o dal timore delle persone il timore di Dio riguarda l'onore e la consapevolezza della Magnificenza divina e del suo Giudizio; esistono differenti tipi di timore; esso è spesso anche stretto all'osservanza dei precetti ed alla loro accettazione nel giogo della Torah e del Regno dei Cieli.

Esistono vari tipi di timore tra cui il più semplice, quello per le punizioni così come l'amore per i meriti acquisiti; quello secondo la coscienza della superiore volontà divina che tutto controlla e governa; infine quello legato all'amore incondizionato.

Secondo l'insegnamento che afferma che lo stolto non ha timore del peccato anche il timore del peccato è un'ulteriore prova della fede in Dio che permette di perseguire il comportamento più consono alle prescrizioni della Torah, sia etiche che pratiche: senza sapienza non c'è timore.

Alcuni Maestri insisterono sull'insegnamento secondo cui l'uomo che teme il proprio prossimo portandogli così rispetto dovrebbe soffermarsi maggiormente e con attenzione sul timore che deve essere rivolto a Dio ed imparare dal primo per il secondo.


Induismo [modifica]
Diverse religioni affiancano la fede alla conoscenza: il caso più chiaro è forse quello dell’Induismo, che però – va ricordato – non è una religione esclusivamente monoteistica, e quindi non fa riferimento ad un'unica combinazione di forma/nome della Divinità). Dal punto di vista esclusivamente logico-dottrinale, tuttavia, è impossibile che tutte queste religioni, con il loro bagaglio di credenze mutuamente incompatibili, siano vere. L’Induismo cerca di superare tale problema suggerendo che le varie religioni non sono altro che modi diversi (Dharma) di esprimere il contatto con la verità ultima, con tutte le difficoltà che ciò comporta (da una prospettiva vicina a quella dell’Induismo, Raimon Panikkar ha proposto una certa idea di pluralismo basata sulla nozione di pars pro toto). Si tratterebbe, in qualche modo, della possibilità che esistano percorsi diversi per raggiungere la stessa meta, vale a dire l'unione con la Divinità. Questo metodo di approccio dell'Induismo alla diversità interna che lo caratterizza, concezione che permette all'ambiente induista il mantenimento dell'armonia tra le varie correnti, è stato sostenuto nel corso del tempo da molti religiosi che hanno intrapreso un cammino mistico sperimentando religioni diverse. Anche questi religiosi hanno affermato la sostanziale validità di tutte le religioni, in quanto non vi è alcuna differenza nell’esperienza ultima, poché tutti i cammini religiosi conducono, attraverso percorsi diversi, al medesimo obiettivo finale.


Baha'i [modifica]
In passato, qualche volta, gli studiosi si sono riferiti alla Fede Bahá’í come ad una "setta" dell’Islam perché il suo Profeta e i primi seguaci venivano da una società islamica. Oggi gli specialisti di religioni riconoscono che tale riferimento sarebbe come definire il Cristianesimo una setta del Giudaismo, o riferirsi al Buddismo come ad una "denominazione" dell’Induismo. Sebbene Cristo in verità fosse ebreo e Buddha indù, i Loro messaggi religiosi non furono semplici reinterpretazioni delle religioni in cui nacquero, ma andarono ben oltre. Nello stesso modo, Bahá’u’lláh ha posto fondamenta spirituali completamente nuove. I Suoi scritti sono indipendenti, ed il Suo lavoro trascende quello di un riformatore religioso. Come lo storico Arnold Toynbee ha osservato nel 1959: "Il Bahaismo (sic) è una religione indipendente alla pari con l’Islam, il Cristianesimo e le altre religioni mondiali riconosciute. Il Bahaismo è una religione, ed ha lo stesso rango delle altre religioni riconosciute."

Vi è un solo Dio, il Creatore dell’Universo. Nel corso della storia, Dio Si è rivelato all’umanità con una serie di Messaggeri divini, ognuno dei quali ha fondato una religione. Erano Messaggeri Abramo, Krishna, Zoroastro, Mosè, Buddha, Gesù e Maometto. Questa successione di Insegnanti divini riflette un unico e storico "Piano di Dio" per far conoscere all’umanità il suo Creatore e per coltivare le capacità morali, intellettuali e spirituali della razza umana con l’obbiettivo di preparare la strada ad una civiltà globale, unica e in costante progresso. La conoscenza della volontà di Dio per l’umanità dell’epoca moderna fu rivelata poco più di cento anni fa da Bahá’u’lláh, che è l’ultimo di questi Messaggeri Divini.


Un altro punto di vista [modifica]
Accanto ai diversi punti di vista qui sopra espressi, che nascono all'interno di opzioni culturali ben definite, ci sono altre possibilità per riflettere sul fenomeno "fede". Secondo quanto afferma Boris Porena, potrebbe essere vantaggioso relativizzare le differenti proposte culturali, allargando la visione della fede al di là della pura interpretazione religiosa.

« “È la fede delle femmine come l’Araba Fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.” »
([[ Così fan tutte- Mozart\Da Ponte]])

La fede delle femmine (come dei maschi) sta qui per ‘fedeltà’ e quindi può essere osservata o disattesa a seconda degli umori individuali e variamente valutata in base ai codici locali morali, civili e penali.

Per contro la fede come ‘marchiatura dell’anima’ può addirittura contraddire i codici locali e distruggere gli individui (martiri, kamikaze, …).in linea di principio è incrollabile, capace di spostare le montagne o di fermare il sole …, in pratica fortunatamente assai più labile di quanto lo siano le marchiature del corpo.

Comunemente si associa ‘fede’ a ‘religione’, facendone quasi dei sinonimi (il tale è ‘di fede –o religione– maometana’); Ed è abbastanza strano che individui che si riconoscono in una stessa fede (cattolici e protestanti, per esempio, o sciiti e sunniti) all’occasione si avventino gli uni sugli altri proprio in nome dello stesso dio. evidentemente la fede è qualcosa di assai più indistinto che non il suo oggetto si può credere in Jahvè, Allah o Gesù Cristo in tanti modi diversi e ciò che ci trattiene dall’ammazzarci a vicenda non è tanto o non è solo il dio che ci siamo scelti quanto il modo –con cui esercitiamo la nostra fede. La fede come sostituto di Dio.
Ma la fede non investe soltanto il dominio delle religioni. Si può aver fede nella ragione, nella scienza, nella parola di un amico. In qualche caso anche questi ‘oggetti’ si fanno sostituti della religione, come si osserva in alcune correnti filosofiche (idealismo, materialismo, positivismo), nelle quali al posto della divinità si istaurano modelli mentali altrettanto costrittivi delle religioni monoteiste. Tra questi fedi ‘laiche’ la più forte e, per così dire, interdisciplinare è la fede nella ragione che giunge addirittura a proiettarsi sulla realtà, concepita come razionale. Di qui non è difficile postulare una mente che abbia ‘creato’ il mondo così come ci appare, cioè razionale, e siamo di nuovo alla religione propriamente detta: fede e ragione potrebbero per tal via riunificarsi, come vuole il Vaticano. Ed è singolare che, per evitare quella che molti considerano una iattura per l’umanità, non tanto serve la ragione quanto proprio l’apertura all’irrazionale, al caos. Se vogliamo conservare il primato della ragione sulla fede dobbiamo accogliere la seconda nella prima, dobbiamo cioè accettare la formula “fides et ratio”, non come articolo di fede, ma come un modello mentale valutabile dalle sue conseguenze pratiche. E, poiché queste non sembrano allo stato attuale concorrere alla sopravvivenza nostra e degli altri viventi –e questo per il semplice fatto che a quel modello è legato un potere interessato in primis alla salvaguardia di sé stesso– molti di noi pensano di sciogliere il binomio e di conservare la sola ratio senza tuttavia accordarle una ‘fides’ che la renderebbe assoluta.


Caro Trian. anche se non è della Treccani il testo da me trovato mi sembra molto ampio e variegato, ho evidenziato i passaggi secondo me particolarmente interessanti, penso bene se dico che la prima evidenziatura rispecchia la tua idea di fede?
Cosa ne pensi dei due successivi, sempre da me evidenziati?
Trovo molto interessante il concetto Giudaico, tutto il resto è invece per me il nocciolo del problema in una società multietnica e multireligiosa, penso che essere passati da una religiosità politeistica ad una monoteistica non ci giovera affatto.

Ciao ciao Flabot
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