filippo65, 25/01/2008 22.54:
Caro berescitte,carissimi tutti,riprendo con il dirvi che mercoledì ho avuto un'altro incontro con i soliti testimoni di geova,e la nostra discussione è stata impostata sul solito libretto:"Cosa insegna realmente la bibbia",e siamo andati un'altra volta a cozzarci sul discorso del nome di Dio.
Filippo
Non errano affatto i tdg quando affermano che tra i nomi biblici di Dio, il sacro
tetragramma è distinto in un modo speciale dagli altri nomi divini. Esso è il "
Nome" per eccellenza a cui è attributa una più elevata santità, e si ebbe grande timore di pronunciarlo per intero affinchè non fosse profanato da coloro che lo invocavano. Tuttavia, su come vada inteso il comandamento "Non nominare il mio Nome invano" e le sue modalità di applicazione, i tdg giungono a conclusioni molto lontane da quelle che sono le categorie di pensiero proprie dell'ebraismo; quelle stesse cioè che hanno concorso alla formazione delle Scritture Ebraiche per come Israele le ha custodite e trasmesse di generazione in generazione, per secoli.
Quello che piuttosto desideravo accennare è il fatto che, per l'ebraismo, la personalità del
Dio unico si manifesta con modelli e volti differenti, e cioè risiede nell'idea di Dio come
personalità dinamica. Sarebbe ciò un grave errore bloccare il divino in una sola dimensione (figurativa o concettuale) tentando di definirlo in modo univoco, isolando uno dei suoi momenti. Data la complessità della realtà divina (mai pienamente compresibile all'uomo)la tradizione ebraica insiste sulla
pluralità dei
Nomi e delle
Forme del divino, memoria delle diverse esperienze religiose, ovvero, Dio non può essere pensato se non nelle diverse esperienze in cui si manifesta, nelle diverse modalità o forme che assume
di volta in volta per l'uomo.
I Nomi divini equivalgono alle
qualità o
dimensioni di Dio, alle sue
emanazioni (in ebraico "
middot") per come l'uomo li percepisce:
Elohim (attributo della Giustizia, quando Egli giudica le creature),
El Shadday ( il Potente, quando sospende i peccati del mondo),
Seva'ot (Dio delle schiere, quando combatte le sue battaglie)
Adonay (Signore/padrone, quando esercita la sua Signoria),
YHWH (che equivale all'attributo della Misericordia, quando usa Clemenza e dispensa la Sua Grazia, perdona e rinnova la sua bontà e il suo sostentamento a tutta la creazione)...Secondo tradizione, quando
Moshè riferisce a Dio le parole degli Israeliti: "Qual'è il Suo Nome?". Il significato di quella domanda equivarebbe a: con quale dei Suoi
attributi ti manda a noi? In quale
dimensione delle sue dimensioni tu sei mandato a noi?
La richiesta del Nome divino da parte del popolo ebraico, non ha nulla di
filosofico. Essi vogliono sapere in quella data
esperienza storica, in quell'
evento preciso, quale
lato del divino si rivela nell'esperienza religiosa di
Moshè e di
Israel.
Ma Dio è soprattutto
Padre. Ebrei e Cristiani condividono entrambi questa visione della Divinità. Forse non molti sono a conoscenza del fatto che dalle parole dei Dottori della Legge i rapporti che esistono fra il Creatore e le sue creature sono concepiti come quelli di
Padre e
figli. I Farisei furono i primi ad usare l’espressione "
Avinu shebashamaim" (Padre nostro che sei nei Cieli).
In primo luogo perchè per essi la paternità di Dio era sinonimo del Suo amore per la famiglia umana e
in secondo luogo Per evitare di pronunciare il sacro tetragramma.
L'espressione "
Padre Nostro", veniva (e viene tutt'oggi) utilizzata dagli ebrei perchè le preghiere ufficiali, sono normalmente formulate al
plurale e ciò dipende dalla circostanza che nella religione ebraica è forte il senso dell'
appartenenza alla
comunità. Non esiste soltanto la propria salvezza individuale ma il singolo che agisce e sta davanti a Dio anche come
rappresentate di tutto il popolo. L' aspetto
collettivo (sebbene esso non vada certamente assolutizzato) costituisce per l'ebraismo indubbiamente il baricentro.
Shalom!
[Modificato da Topsy 26/01/2008 19:02]