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Gesù ebreo nei sinottici e nella storia

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2007 23:16
15/06/2007 15:05
 
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Scritto da: Polymetis 14/06/2007 22.43
La contrapposizione tra ebraicità e non-ebraicità di Gesù è vecchia e stantia: per il cristiano il cristianesimo è il compimento dell’ebraismo, dunque è ovvio che, tralasciato il formalismo, in Gesù la sostanza dell’ebraismo rimanga immutata e anzi ne porti a compimento l’essenza più profonda.
Sfortunatamente, essendo il giudaismo ortoprassi, dubito che ciò che io considero formalismo sarebbe considerato in questa maniera da un ebreo, perché è la tradizione e il restare nel solco delle usanze dei padri ciò che manda avanti il sentire ebraico.




E curioso ciò che scrivi. Quando lego la parola formalismo riferita all'ebraismo, ovvero, la tendenza a dare eccessiva importanza alle forme esteriori, mi sorprendo sempre. Tu hai detto molto bene dicendo che l'ebraismo è "ortoprassi", ma hai esordito affermando "sfortunatamente". Ma l'ortoprassi ebraica, è osservanza ai precetti divini, impegno, obbedienza, chiamata a responsabilità, disciplina. Il termine precetto, in ebraico mitzvah, significa "unione" tra Dio e l'ebreo, l'ordine ci unisce, ci avvicina, ci lega. E' l'azione che avvicina l'uomo a Dio e Dio all'uomo.
"...questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica, Deut 30.

Questi comandamenti riguardano leggi di natura diversa.
1)Norme di giustizia sociale e morale (chiamati mishpatim: non commettere omicidio, non rubare ect...) che anche qualora per ipotesi non fossero stati comandati, si sarebbero osservati lo stesso perchè appunto in conformità coi sentimenti umani di giustizia e moralità.

2)leggi di testimonianza, come rituali che attualizzano eventi vissuti in passato (es: uscita dall'Egitto).

3)decreti divini (denominati huqqim) che disciplinano l'ebreo a rimettersi al volere divino ("Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri"). Prevenendo tutti coloro che vorrebbero abbandonarli in quanto privi di senso logico, la Torah dice: "Io sono il Signore". Ovvero "E' un decreto da me ordinato. Non hai diritto di porlo discussione" (Num 19,2). L'ebreo fa proprio valori e propositi divini anche senza capirli, che richiedono fede senza riserve verso colui che è considerato Padre, Creatore e Curatore. E' solo l' assoluta fiducia in Dio che motiva l'ebreo all'osservanza di questi tipi di precetti, così come un paziente segue le complesse terapie prescritte dal suo medico curante.

L'ebreo ottempera a tutte questi categorie di precetti. La Torah non assegna sezioni separate agli uni e agli altri, ma li mescola assieme all'interno dello steso testo, così noi ebrei non facciamo distinzioni tra loro e la totalità del nostro impegno nell'osservarli. Non selezioniamo. Non questo o quello, quanto piuttosto... questo e quello.

Un ebreo riguardo ai precetti non chiede di norma "Perchè?" ma "In che modo va attuato?" oppure "Che insegnamento possiamo trarvi?".
Quando Giobbe chiede spiegazioni, si sente rispondere che un uomo mortale non ha il potere di indagare il pieno significato degli eventi. E' detto: "Shemà Ysrael", è il termine ebraico "Shemà" significa sia "ascolta" che "obbedisci".

Shalom
Topsy




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