27/02/2006 17:45 |
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Il tetragramma non è un feticcio dagli occulti poteri magici. Il nome di Dio è Suo simbolo ed è meritorio di rispetto in quanto “sta per” Dio, non è una sorta di idolo.
La pronuncia Geova che ne danno i TdG è, lo dicono tutti i biblisti ormai, sbagliata. Anche quella comunemente accettata oggi, però, non è certa. Quindi, anche la traduzione del tetragramma con Yahvèh è, in qualche modo, arbitraria (ci sono però alcune versioni, sia protestanti che cattoliche, che la hanno utilizzata, inserendola sistematicamente come traduzione del tetragramma). La cosa filologicamente più corretta sarebbe, forse, di traslitterare il tetragramma nudo è crudo, ma ciò andrebbe a scapito della leggibilità del testo, mentre i lettori digiuni di ebraico sarebbero comunque incapaci di intenderne il senso. Più ragionevole, pertanto, è fare quello che fanno normalmente gli odierni traduttori: sostituire il tetagramma con termini “comprensibili” (equivalenti, del resto, a quelli che pronunciano gli Ebrei nella lettura del testo originale, onde evitare di pronunciare il nome divino), indicando nelle note e/o nell'introduzione la "manipolazione" a cui è stato necessario ricorrere.
Perdonami, ora basta, ma io in questo non riesco a scorgere alcuna intenzione fraudolenta. Fraudolenta è invece l’operazione compiuta dai redattori della TNM, i quali hanno introdotto nel NT il termine Geova ben 237 volte in sostituzione del termine greco Kyrios (Signore), che, evidentemente, gli autori ispirati non ritenevano disdicevole come appellativo proprio di Dio.
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)
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