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Chi ha manipolato realmente la Bibbia?

Ultimo Aggiornamento: 14/04/2006 08:49
27/02/2006 13:06
 
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Sono mesi che analizzo i passi che secondo alcuni sono oggetto di manipolazione da parte della WTS, e sono arrivato a questa conclusione.

Ci sono delle dottrine da sostenere, e molte cose che non trovano riscontro o collegamento tra la lingua antica e quella moderna, devono essere tradotte a seconda del contesto e dell'intendimento complessivo della Bibbia stessa, di conseguenza accade che passi come quelli di Giovanni 1:1 sono tradotti, a seconda della dottrina da sostenere, per i trinitaristi " il verbo era Dio ", per i non trinitaristi, "il verbo era un Dio".
Detto questo posso concludere che tutto quello che in realtà viene definito manipolazione in realtà, è solo il frutto di una logica clonclusione alla quale si arriva dopo l'intendimento dell'affermata dottrina sostenuta dai passi bibblici che più palesemente indicano la natura di un soggetto.

Adesso vorrei parlare di un altro argomento, ovvero non la manipolazione, ma la omissione.

La TNM, risulta essere manipolata?

Ma risulta invece che tutte le altre traduzione, abbiano un omissione gravissima, che non trova giustificazione in nessun caso, e si tratta dell'omissione del nome di Dio del tetagramma, o qual si voglia nominare.

Per circa 7000 volte viene omesso deliberatamente questo nome, a mio avviso è una cosa allarmante, ma daltronde quando fa una cosa la chiesa cattolica non ci si fa caso, è normale.

Dovevo dire queste cose e sò che riceverò aspre critiche, ma le cose stanno cosi e i fatti sono questi.

Ciao a tutti.
27/02/2006 13:55
 
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L'omissione del nome di Dio (tetragramma), vista nell'ottica di trascendenza che il concetto di Dio assume nelle religioni evolute, diventa una ben "piccola" colpa e ad una attenta riflessione cessa proprio di esserlo.
Giá gli Ebrei avevano compreso come il nome divino potesse essere utilizzato come elemento discriminante nella selva di dei egizi, mesopotamici, fenici e cananei che al tempo popolavano un complessissimo pantheon. Uno dei meravigliosi concetti chiave dell'Ebraismo é che mentre tutti gli altri dei possono essere "controllati" dall'uomo tramite il nome, YHWH non puó esserlo. Nella cultura ebraica assegnare un nome equivaleva ad estendere una sorta di controllo. YHWH é dunque il Dio che si distingue dai falsi dei "nominabili" e diventa un atto di superbia verso Dio il pronunciarne il nome. Questo é il primo passo verso l'idea di un Dio trascendente, splendida intuizione dell'ebraismo. Il nome é un concetto ed un artificio puramente umano, di cui la trascendenza di Dio non ha bisogno. É l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio e non viceversa !
Col passare del tempo, tuttavia, molte regole e leggi nell'ebraismo hanno perso il loro significato profondo e si sono limitate a divenire una sorta di elenco di regole e sottocasi portati all'eccesso e da seguire pedissequamente. Cristo si ´r opposto a tutto questo, scontrandosi coi depositari per tradizione di queste regole: i farisei, gli scribi ed i dottori della legge. Ricordiamo le sue parole (Mt cap. 23):

...
16Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati. 17Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? 18E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati. 19Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
...

Ho preso proprio questo passo perché é significativo e fa nascere una bella riflessione sulla trascendenza di Dio e sull'importanza o no di un semplice nome. Si potrebbe affermare, parafrasando il passo citato: cosa é piú santo e importante, il nome di Dio o il suo concetto ?
Non per niente Cristo ci tiene al fatto che il concetto di Dio per noi sia chiaro e lui stesso va al di lá di qualunque nome chiamandolo per noi Padre. Se ci fosse stato un nome particolare di tutti di certo Gesú non avrebbe detto, in punto di morte:

"PADRE, nelle tue mani affido il mio spirito", ma di certo, in un momento cosí drammatico avrebbe usato il nome piú "potente".

Allo stesso modo, nel dichiarare la loro missione ai discepoli, non dice "Andate e battezzate nel nome di YHWH" ma "Andate e battezzate nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo".

Gesú quindi é il primo a superare il concetto di nome, ad affermare la trascendenza del concetto di Dio e a rivelare quello che é per noi veramente importante: l'amore di Dio per l'uomo ed il suo essere padre.
27/02/2006 14:13
 
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Re:
Caro SimFab,
non mi soffermo sull'argomento "manipolazione della Bibbia" perchè è una questione prettamente di traduzione in altra lingua(diversa dall'ebraico),il Sefer Torah letto in Sinagoga riporta come è ovvvio il Tetragramma divino(nessuna manipolazione).



Col passare del tempo, tuttavia, molte regole e leggi nell'ebraismo hanno perso il loro significato profondo e si sono limitate a divenire una sorta di elenco di regole e sottocasi portati all'eccesso e da seguire pedissequamente.



Mi spiace invece ancora leggere di travisamenti della tradizione giurisprudenziale rabbinica,ma suppongo che questo dipenda da una visione filtrata della tradizione ebraica,quella che appare descritta dai Vangeli.
Pazienza!




cosa é piú santo e importante, il nome di Dio o il suo concetto ?




Per l'ebraismo il nome rappresenta la personalità di chi lo porta, oltre ad essere il primo segno di identità...ebbene questo è il paradosso straordinario,non possiamo conoscere realmente D-o nella sua "essenza" per cui si evita di identificarlo in un "nome" per non coltivare l'illusione di averlo "catturato" (anche sei in buonisisma fede) credendo di averne colto l'essenza,cosa che ovviamente all'uomo invece sfugge; tutto ciò denota il rapporto molto suggestivo tra linguaggio e conoscenza in ambito ebraico,che lascia parecchio perplessi coloro che provengono da una cultura differente...


Ciao!

[Modificato da Angela.S 27/02/2006 14.34]

27/02/2006 14:59
 
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Possiamo fare tutti i parallellismi, e i ragionamenti di questo mondo, ma la questione e ben altra.

Se crediamo che la Bibbia è ispirata da Dio, come ci si è permessi di togliere quello che DIO stesso aveva deciso, scrivere per ben 7000 volte.

Ci sarà stato un motivo!

Allora diciamo le cose come stanno si tratta di un omissione vera e propria.
27/02/2006 15:21
 
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Re:

Scritto da: ora basta 27/02/2006 14.59
Possiamo fare tutti i parallellismi, e i ragionamenti di questo mondo, ma la questione e ben altra.

Se crediamo che la Bibbia è ispirata da Dio, come ci si è permessi di togliere quello che DIO stesso aveva deciso, scrivere per ben 7000 volte.

Ci sarà stato un motivo!

Allora diciamo le cose come stanno si tratta di un omissione vera e propria.





Chi l'ha tolto?
Dal Testo Sacro Ebraico nessun ha mai tolto il Nome Divino.
So che sei molto agguerito,ma rifletti,il testo della Torah è una cosa,la Traduzione è un'altra.Le traduzioni sono sempre traduzioni,temi che D_o fulminerà coloro che lavorano su delle traduzioni dall'ebraico?Le traduzioni non sono "sacre" e vi possono sempre comparire omissioni o inesattezze,nessuna traduzione può riportare tutte le molteplici sfumature del testo orignario.
Ciao!
27/02/2006 15:22
 
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Ci sono delle dottrine da sostenere, e molte cose che non trovano riscontro o collegamento tra la lingua antica e quella moderna, devono essere tradotte a seconda del contesto e dell'intendimento complessivo della Bibbia stessa, di conseguenza accade che passi come quelli di Giovanni 1:1 sono tradotti, a seconda della dottrina da sostenere, per i trinitaristi " il verbo era Dio ", per i non trinitaristi, "il verbo era un Dio".



Non viene prima la dottrina e poi la traduzione! In quei passi che permettono diverse traduzioni si può ricorrere al contesto e al buon senso. La TNM, spuntata fuori da qualche anno, credo che invece sia stata adattata alla dottrina della wts. Un' esame accurato non credo che porti a sosterene il fatto che siano diversi modi di tradurre ma che la TNM sia una Bibba a parte, se Bibba si può definire! Non esiste al mondo, una traduzione cosi..."di parte".


Detto questo posso concludere che tutto quello che in realtà viene definito manipolazione in realtà, è solo il frutto di una logica clonclusione alla quale si arriva dopo l'intendimento dell'affermata dottrina sostenuta dai passi bibblici che più palesemente indicano la natura di un soggetto.



Applicando le regole del greco e confrontando diverse traduzioni concludo, invece, che una manipolazione è un'errore!


Ma risulta invece che tutte le altre traduzione, abbiano un omissione gravissima, che non trova giustificazione in nessun caso, e si tratta dell'omissione del nome di Dio del tetagramma, o qual si voglia nominare.



Trovami un papiro del NT con il tetragramma!
Perchè inserisce arbitrariamente sto presunto nome quanto non c'è traccia nei papiri del NT?
Dopo 1900 anni, grazie ai tdg, ritorna con furore il presunto nome di Dio!
Certo che questi americani sono nei film come nella vita!
27/02/2006 15:39
 
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ciao ora basta, sul fatto che ci sia stata un omissione da parte della chiesa cattolica, non ci sono dubbi, ne ci sono dubbi sul fatto che nella sua storia si sia macchiata di crimini che oggi verrebbero definiti contro l'umanita, tuttavia la strategia dei tg è quella di condannare le altre religioni non allo scopo di cercare la luce ma di fare proseliti.
anche per questo molta gente diventa tg perche si sente delusa da questa realta cattolica.
il vero problema è che la verità si può trovare, ma oime non in una religione, ne vecchia ne nuova.
se cerchi una mano disposta ad aiutarti, la trovi alla fine del tuo braccio."
27/02/2006 15:46
 
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Re:


Scritto da: stefanobarbapapa 27/02/2006 15.39
ciao ora basta, sul fatto che ci sia stata un omissione da parte della chiesa cattolica, non ci sono dubbi,



Caro Stefano, perdonami, ma...mi potresti elencare queste "omissioni" che avrebbe fatto la Chiesa?
Sai, ho diverse traduzioni cattoliche a casa e provvederei volentieri a correggerle!

Per quanto riguarda le colpe della Chiesa, è facile trovarle per una Chiesa in vita da 2000 anni.


27/02/2006 16:03
 
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Allora prendi queste traduzioni e comincia col correttore a cancellare tutti il "Signore disse", e metti il nome di Dio al suo posto e poi cominciamo a parlare di bibbia.

"SIA SANTIFICATO IL TUO NOME"

Anzi in qualche bibbia più vecchia in quella di gerusalemme, e nelle edizioni paoline, compare il nome una sola volta, ma chissa perchè metterlo una sola volta, forse per dirci, ah non l'abbiamo dimenticato avete visto!

A proposito queste stesse bibbie che lo riportavano una sola volta adesso lo hanno tolto completamente nelle ultime ristampe.

27/02/2006 16:21
 
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Re:

Scritto da: ora basta 27/02/2006 16.03
Allora prendi queste traduzioni e comincia col correttore a cancellare tutti il "Signore disse", e metti il nome di Dio al suo posto e poi cominciamo a parlare di bibbia.

"SIA SANTIFICATO IL TUO NOME"

Anzi in qualche bibbia più vecchia in quella di gerusalemme, e nelle edizioni paoline, compare il nome una sola volta, ma chissa perchè metterlo una sola volta, forse per dirci, ah non l'abbiamo dimenticato avete visto!

A proposito queste stesse bibbie che lo riportavano una sola volta adesso lo hanno tolto completamente nelle ultime ristampe.






Visto che hai scoperto l'inganno, e a patto che tu non faccia come l'altra volta quando dicesti che scherzavi, saresti così gentile da spiegarmi il perché di questo inganno, ossia perché costoro avrebbero deliberatamente eliminato il nome di Dio mettendo al suo posto "Signore" e che cosa ci guadagnano?
Grazie.
27/02/2006 16:29
 
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Caro orabasta, ripeto: nei papiri del NT non esiste il tetragramma!
Il versetto alla quale ti riferisci è Esodo 3:14, nel VT infatti compare il tetragramma (JHWH), da questo a Geova c'è un'abisso!
Paolo quando cita versetti del VT non pronuncia il presunto nome ma lo sostituisce sistematicamente con "Signore" o "Dio". Atti 17:22 Matteo 3:3(cita Isaia 40:3) sono altri esempi.
Se nei papiri del NT c'è "Signore" o "Dio" perchè mai devo tradurre "Geova"?

Riguardo alla frase "Sia santificato il tuo nome" le argomentazioni dei tdg mi fanno ridere!
Propongono sempre questo passo per dimostrare che Dio ha un nome! Ma secondo te qui io dovrei satificare il "nome"? Sia lodata la 'G',sia lodata la 'E',sia lodata la 'O' etc? [SM=x570881]

Dovrei santificare il nome o la persona?
E ovvio che non dovrei santificare queste cinque lettere di seguito ma Dio stesso!

Ma i tdg sanno bene che il nome identifica la persona. Utilizzano questo passo per "dimostrare" che Dio ha un nome, e questo lo prendono letteralmente. Se prendessi però letteralmente anche Esodo 6:2 Dio non ha fatto conoscere il nome ad Abramo, Isacco etc !!! Due pesi e due misure!

Non voglio srivere le solite cose riguardo al presunto nome, ti invito a leggerti lo studio di Achille Aveta e ciò che è riportato sul sito di Achille.

PS: ancora non ho capito cosa devo cambiare nelle mie traduzioni, sono graditi i dettagli e tutti i documenti che provano quanto da te eventualmente sostenuto!
A presto!
27/02/2006 16:30
 
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Per Angela.S

Non intendevo in alcun modo "ridurre" la tradizione rabbinica al "fariseismo" condannato nei vangeli. Chiedo scusa se le mie parole hanno dato adito a questa interpretazione. Mi sono semplicemente messo nell'ottica evangelica di condanna di una propensione a ridurre l'insegnamento divino ad una serie di regole umane e vuote. Come ho detto riconosco all'Ebraismo la grande intuizione della trascendenza di Dio. Se c'é stata una deviazione "fariseistica" (nel senso evangelico) non lo vedo come risultato di una "pecca" della fede ebraica, quanto della "propensione umana". Daltronde questa umana propensione é piú volte condannata anche nell'Antico Testamento. Non per niente Cristo cita a riguardo l'AT (Isaia):

8Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.
9Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".

Condivido pienamente la tua sintesi sulla inconoscibilitá di Dio e sul fatto nella tradizione ebraica il nome assuma un particolare significato che non puó essere inteso al di fuori di tale tradizione. Avrei voluto usare io parole chiare come le tue :-).
27/02/2006 17:03
 
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Due links interessanti sul tetragramma:

www.freeforumzone.com/viewmessaggi.aspx?f=47801&idd=3186

digilander.libero.it/domingo7/TETRAGRAMMA.htm

Paolo

[Modificato da pcerini 27/02/2006 17.28]

27/02/2006 17:45
 
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Il tetragramma non è un feticcio dagli occulti poteri magici. Il nome di Dio è Suo simbolo ed è meritorio di rispetto in quanto “sta per” Dio, non è una sorta di idolo.
La pronuncia Geova che ne danno i TdG è, lo dicono tutti i biblisti ormai, sbagliata. Anche quella comunemente accettata oggi, però, non è certa. Quindi, anche la traduzione del tetragramma con Yahvèh è, in qualche modo, arbitraria (ci sono però alcune versioni, sia protestanti che cattoliche, che la hanno utilizzata, inserendola sistematicamente come traduzione del tetragramma). La cosa filologicamente più corretta sarebbe, forse, di traslitterare il tetragramma nudo è crudo, ma ciò andrebbe a scapito della leggibilità del testo, mentre i lettori digiuni di ebraico sarebbero comunque incapaci di intenderne il senso. Più ragionevole, pertanto, è fare quello che fanno normalmente gli odierni traduttori: sostituire il tetagramma con termini “comprensibili” (equivalenti, del resto, a quelli che pronunciano gli Ebrei nella lettura del testo originale, onde evitare di pronunciare il nome divino), indicando nelle note e/o nell'introduzione la "manipolazione" a cui è stato necessario ricorrere.
Perdonami, ora basta, ma io in questo non riesco a scorgere alcuna intenzione fraudolenta. Fraudolenta è invece l’operazione compiuta dai redattori della TNM, i quali hanno introdotto nel NT il termine Geova ben 237 volte in sostituzione del termine greco Kyrios (Signore), che, evidentemente, gli autori ispirati non ritenevano disdicevole come appellativo proprio di Dio.

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

27/02/2006 17:45
 
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In sintesi. Le traduzioni cattoliche dell'AT solitamente non hanno il tetragramma per rispetto agli ebrei, in quanto leggerlo sarebbe violare la santità del Nome, che viene dunque sostituito con con "Signore". Tale operazione non è un' invenzione cattolica ma deghli ebrei stessi, infatti la Septuaginta, traduzione in greco dell'Antico Testamento fatta da giudei, sostituisce sistematicamente YHWH con Kyrios, cioè "Signore". Su questa scia si muore anche la Vulgata.
Questo non toglie che, siccome non abbiamo alcunché da nascondere, ci siano traduzioni che conservano il tetragramma. Ad esempio la Bible de Jérusalem originale, cioè la versione francese, ha il tetragramma, in italiano abbiamo un esempio di mantenimento nella versione di Mons. Garofalo. Devo dire che io non sono d'accordo con costoro nel mettere il tetragramma in traduzione, sia per il già accennato rispetto che dobbiamo agli ebrei, sia perché non c'è sicurezza su come il Nome veniva pronunciato, ergo potremmo creare altri sgorbi come il mostro filologico Geova. La WTS fa un operazione a dir poco indebita invece, ossia tutte le volte che le fa comodo rende il kyrios neotestamentario con Geova.

Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
28/02/2006 09:43
 
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Perché il nome divino per intero non compare in nessuno degli antichi manoscritti delle Scritture Greche Cristiane che ci sono pervenuti?

L’argomento addotto per molto tempo era che gli scrittori ispirati delle Scritture Greche Cristiane citavano le Scritture Ebraiche dalla Settanta, e dal momento che quella versione sostituiva il Tetragramma con Kyrios o Theòs, questi scrittori non usarono il nome Geova. Com’è stato spiegato, questo argomento non è più valido. Osservando che i più antichi frammenti della Settanta greca conservano il nome divino nella forma ebraica, P. E. Kahle dice: “Ora sappiamo che il testo greco della Bibbia [la Settanta] in quanto scritto da ebrei per ebrei non traduceva il nome divino con kyrios, ma in tali MSS [manoscritti] era conservato il Tetragramma scritto in caratteri ebraici o greci. Furono i cristiani a sostituire il Tetragramma con kyrios, quando il nome divino scritto in caratteri ebraici non era più comprensibile”. (The Cairo Geniza, Oxford, 1959, p. 222) Quando avvenne questo cambiamento nelle traduzioni greche delle Scritture Ebraiche?

Evidentemente avvenne nei secoli successivi alla morte di Gesù e degli apostoli. Nella versione greca di Aquila, che risale al II secolo E.V., compariva ancora il Tetragramma in caratteri ebraici. Verso il 245 E.V., il noto studioso Origene produsse la sua Esapla, che su sei colonne contiene le ispirate Scritture Ebraiche, (1) nell’originale ebraico e aramaico, accompagnato da (2) una traslitterazione in greco, e dalle versioni greche (3) di Aquila, (4) di Simmaco, (5) dei Settanta, e (6) di Teodozione. In base alle copie frammentarie ora conosciute, W. G. Waddell dice: “Nell’Esapla di Origene . . . le versioni greche di Aquila, di Simmaco e dei LXX rappresentano tutte JHWH con ????; nella seconda colonna dell’Esapla il Tetragramma era scritto in caratteri ebraici”. (The Journal of Theological Studies, Oxford, vol. XLV, 1944, pp. 158, 159) Altri ritengono che il testo originale dell’Esapla di Origene contenesse il Tetragramma in caratteri ebraici in tutte le colonne. Origene stesso scrive che “nei manoscritti più fedeli IL NOME ricorre in caratteri ebraici, ma non nei [caratteri] ebraici odierni, bensì nei più antichi”.

Ancora nel IV secolo E.V., Girolamo, il traduttore della Vulgata latina, dice nel prologo ai libri di Samuele e Re: “In certi volumi greci troviamo tuttora il nome di Dio, il Tetragramma [cioè, ????], espresso in caratteri antichi”. In una lettera scritta a Roma nel 384 E.V., Girolamo dice: “Il nono [nome di Dio] è composto di quattro lettere (tetragramma); lo si pensava anecfòneton, cioè ineffabile, e si scrive con queste lettere: iod, he, vau, he. Ma alcuni non l’hanno decifrato a motivo della rassomiglianza dei segni; e quando lo hanno trovato nei libri greci l’hanno letto di solito [????, lettere greche che corrispondono alle romane PIPI]”. — Le lettere, Roma, 1961, vol. I, pp. 237, 238; cfr. J. P. Migne, Patrologia latina, vol. 22, coll. 429, 430.

Quindi i cosiddetti cristiani che si permisero di “sostituire il Tetragramma con kyrios” nelle copie della Settanta non erano i primi discepoli di Gesù. Erano persone che vissero nei secoli successivi, quando la predetta apostasia si era già affermata e aveva corrotto i puri insegnamenti cristiani. — 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.

Usato da Gesù e dai discepoli. Ai giorni di Gesù e dei discepoli il nome divino compariva senz’altro nelle copie delle Scritture, sia nei manoscritti in ebraico che in quelli in greco. Gesù e i discepoli usavano dunque il nome divino nel parlare e nello scrivere? Dal momento che Gesù condannava le tradizioni farisaiche (Mt 15:1-9), sarebbe del tutto irragionevole concludere che Gesù e i discepoli si lasciassero influenzare al riguardo da idee farisaiche (come quelle riportate nella Mishnàh). Il nome stesso di Gesù significa “Geova è salvezza”. Egli disse: “Sono venuto nel nome del Padre mio”. (Gv 5:43) E insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”. (Mt 6:9) Le sue opere, disse, erano compiute “nel nome del Padre” (Gv 10:25), e in preghiera, la sera prima di morire, disse che aveva reso manifesto ai discepoli il nome del Padre suo e chiese: “Padre santo, vigila su di loro a motivo del tuo nome”. (Gv 17:6, 11, 12, 26) Perciò, quando citava o leggeva le Scritture Ebraiche, Gesù certamente usava il nome divino, Geova. (Cfr. Mt 4:4, 7, 10 con De 8:3; 6:16; 6:13; Mt 22:37 con De 6:5; Mt 22:44 con Sl 110:1; e Lu 4:16-21 con Isa 61:1, 2). Logicamente i discepoli di Gesù, fra cui gli scrittori ispirati delle Scritture Greche Cristiane, avranno seguito in questo il suo esempio.

Perché allora il nome non compare nei manoscritti delle Scritture Greche Cristiane, il cosiddetto Nuovo Testamento, che ci sono pervenuti? Evidentemente perché quando furono fatte quelle copie (dal III secolo E.V. in poi) il testo originale degli scritti degli apostoli e dei discepoli era già stato alterato. Quindi copisti successivi devono aver sostituito il nome divino nella forma del Tetragramma con Kyrios e Theòs (ILLUSTRAZIONE, vol. 1, p. 324), proprio come era avvenuto nelle copie più tarde della traduzione dei Settanta delle Scritture Ebraiche.

Il nome divino nelle traduzioni. Riconoscendo come stavano le cose, alcuni traduttori hanno usato il nome “Geova” nelle loro traduzioni delle Scritture Greche Cristiane. The Emphatic Diaglott, traduzione inglese del XIX secolo ad opera di Benjamin Wilson, contiene diverse volte il nome Geova (Jehovah), specie dove gli scrittori cristiani citavano le Scritture Ebraiche. Ma già nel XIV secolo il Tetragramma aveva cominciato a essere usato in traduzioni delle Scritture Cristiane in ebraico, a partire dalla traduzione ebraica di Matteo incorporata nell’opera ´Èven bòchan di Shem Tob ben Isaac Ibn Shaprut. Questa traduzione, ogni volta che Matteo citava le Scritture Ebraiche, riporta il Tetragramma in tutti i casi in cui ricorre. Molte altre versioni ebraiche in seguito hanno fatto lo stesso.

In quanto alla correttezza di questa impostazione, si noti la seguente dichiarazione fatta prima del ritrovamento di manoscritti comprovanti che la Settanta greca conteneva in origine il nome Geova: “Se quella versione [LXX] avesse ritenuto il termine [Geova], oppure avesse usato un termine greco per Geova e un altro per Adonai, tale uso sarebbe stato senz’altro seguito nei discorsi e nelle argomentazioni del N. T. Quindi nostro Signore, nel citare il 110° Salmo, invece di dire ‘Il Signore ha detto al mio Signore’, avrebbe potuto dire: ‘Geova ha detto ad Adoni’”. — R. B. Girdlestone, Synonyms of the Old Testament, 1897, p. 43.

Proseguendo il ragionamento (che ora risulta basato su fatti reali) viene detto: “Supponiamo che uno studioso cristiano stesse traducendo in ebraico il Testamento Greco: ogni volta che incontrava il termine ??????, egli avrebbe dovuto valutare se nel contesto c’era qualche cosa che indicasse il vero corrispondente ebraico; e questa è la difficoltà che sarebbe sorta nel tradurre il N. T. in qualsiasi lingua se il titolo Geova fosse stato lasciato nell’A. T. [LXX]. Le Scritture Ebraiche avrebbero costituito una norma per molti brani: infatti ogni volta che ricorre l’espressione ‘l’angelo del Signore’, sappiamo che il termine Signore rappresenta Geova; si poteva giungere a una conclusione simile per l’espressione ‘la parola del Signore’, secondo il precedente stabilito dall’A. T.; e così anche nel caso del titolo ‘il Signore degli Eserciti’. Quando invece ricorre l’espressione ‘Mio Signore’ o ‘Nostro Signore’, dovremmo sapere che sarebbe inammissibile il termine Geova, e si dovrebbe usare Adonai o Adoni”. (R. B. Girdlestone, op. cit., p. 43) Per questa ragione traduzioni delle Scritture Greche (già menzionate) contengono il nome Geova.

Notevole a questo riguardo è la Traduzione del Nuovo Mondo, usata in questa pubblicazione, in cui il nome divino nella forma “Geova” ricorre 237 volte nelle Scritture Greche Cristiane. Com’è già stato spiegato, ci sono valide ragioni per far questo.

Antico uso del nome e suo significato. I versetti di Esodo 3:13-16 e 6:3 sono spesso stati erroneamente citati per dimostrare che il nome di Geova fu rivelato per la prima volta a Mosè qualche tempo prima dell’esodo dall’Egitto. È vero che Mosè aveva chiesto: “Supponiamo che ora io sia andato dai figli d’Israele e realmente dica loro: ‘L’Iddio dei vostri antenati mi ha mandato a voi’, ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?” Ma questo non significa che lui o gli israeliti non conoscessero il nome di Geova. Il nome stesso di Iochebed madre di Mosè forse significa “Geova è gloria”. (Eso 6:20) La domanda di Mosè probabilmente era dovuta alle circostanze in cui si trovavano i figli d’Israele. Da diversi decenni erano in dura schiavitù e non c’era segno che la situazione sarebbe migliorata. Dubbio, scoraggiamento e poca fede nel proposito e nel potere di Dio di liberarli si erano molto probabilmente insinuati fra loro. (Vedi anche Ez 20:7, 8). Se Mosè avesse detto semplicemente di essere venuto nel nome di “Dio” (´Elohìm) o del “Sovrano Signore” (´Adhonài) questo non avrebbe avuto molto significato per gli israeliti sofferenti. Essi sapevano che gli egiziani avevano i loro dèi e signori e senza dubbio avevano subìto gli scherni degli egiziani, i quali sostenevano che i loro dèi fossero superiori al Dio degli israeliti.

Inoltre si deve ricordare che allora i nomi avevano molta importanza e non erano semplici “etichette” che identificavano l’individuo come avviene oggi. Mosè sapeva che il nome di Abramo (che significa “padre è alto [esaltato]”) era stato cambiato in Abraamo (che significa “padre di una folla [moltitudine]”), cambiamento dovuto al proposito di Dio per Abraamo. Anche il nome di Sarai era stato cambiato in Sara e quello di Giacobbe in Israele, e in ogni caso il cambiamento aveva rivelato qualcosa di fondamentale e profetico circa il proposito di Dio per loro. Mosè poteva ben chiedersi se ora Geova si sarebbe rivelato sotto un nome nuovo per far luce sul suo proposito di liberare Israele. Presentarsi agli israeliti nel “nome” di Colui che lo mandava avrebbe indicato che Mosè era il Suo rappresentante, e la misura dell’autorità con cui avrebbe parlato sarebbe stata determinata da quel nome o proporzionata a quello che esso rappresentava. (Cfr. Eso 23:20, 21; 1Sa 17:45). Perciò la domanda di Mosè non era senza senso.

In ebraico la risposta di Dio fu: ´Ehyèh ´Ashèr ´Ehyèh. Alcune traduzioni la rendono “Io sono colui che sono”. Va però notato che il verbo ebraico hayàh, da cui deriva il termine ´Ehyèh, non significa semplicemente “essere”, bensì “divenire” o “mostrare d’essere”. L’espressione ebraica non fa riferimento all’autoesistenza di Dio, ma a ciò che egli ha in mente di divenire nei confronti di altri. Perciò la Traduzione del Nuovo Mondo la rende correttamente: “IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE”. Quindi Geova aggiunse: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘IO MOSTRERÒ D’ESSERE mi ha mandato a voi’”. — Eso 3:14, nt.

Che il nome di Dio non fosse cambiato, ma che questa dichiarazione aiutava solo a comprendere meglio la sua personalità, è dimostrato dalle sue successive parole: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Geova l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione”. (Eso 3:15; cfr. Sl 135:13; Os 12:5). Il nome Geova deriva dal verbo hawàh, “divenire”, e in effetti significa “Egli fa divenire”. Geova si rivela come Colui che, in maniera progressiva, diviene il Realizzatore delle sue promesse. Quindi porta sempre a compimento il suo proposito. Solo il vero Dio poteva legittimamente e autenticamente avere tale nome.

Questo aiuta a capire il senso delle successive parole che Geova rivolse a Mosè: “Io sono Geova. E apparivo ad Abraamo, Isacco e Giacobbe come Dio Onnipotente, ma rispetto al mio nome Geova non mi feci conoscere da loro”. (Eso 6:2, 3) Dato che il nome Geova era stato usato molte volte dai patriarchi antenati di Mosè, evidentemente Dio intendeva dire che come Geova si era manifestato loro solo in modo limitato. Per esempio: chi aveva conosciuto Abramo non poteva dire di averlo realmente conosciuto come Abraamo (“padre di una folla [moltitudine]”) finché aveva un solo figlio, Ismaele. Quando nacquero Isacco e altri figli e questi cominciarono ad avere una discendenza, il nome Abraamo assunse maggiore significato o importanza. Così anche il nome Geova avrebbe ora potuto assumere un significato più ampio per gli israeliti.

Quindi “conoscere” non significa necessariamente essere solo al corrente o informato in merito a qualcosa o qualcuno. Lo stolto Nabal conosceva il nome di Davide, eppure chiese: “Chi è Davide?”, volendo intendere: “Che importanza ha Davide?” (1Sa 25:9-11; cfr. 2Sa 8:13). Anche Faraone aveva detto a Mosè: “Chi è Geova, perché io debba ubbidire alla sua voce e mandare via Israele? Non conosco affatto Geova e, per di più, non manderò via Israele”. (Eso 5:1, 2) Con questo Faraone voleva evidentemente dire che non riconosceva Geova come il vero Dio, avente autorità sul re d’Egitto e su ciò che lo riguardava o avente il potere di far rispettare la Sua volontà com’era stato annunciato da Mosè e Aaronne. Ma ora Faraone e tutto l’Egitto, insieme agli israeliti, avrebbero imparato a conoscere il vero significato di quel nome, la persona che esso rappresentava. Come Geova spiegò a Mosè, questo sarebbe stato il risultato del fatto che Dio avrebbe adempiuto il suo proposito liberando gli israeliti e dando loro la Terra Promessa, e adempiendo così il patto stipulato con i loro antenati. In questo senso Dio disse: “Certamente conoscerete che io sono Geova vostro Dio”. — Eso 6:4-8; vedi ONNIPOTENTE.

L’ebraicista D. H. Weir giustamente dice che quanti sostengono che il nome Geova fu rivelato per la prima volta in Esodo 6:2, 3 “non hanno studiato [questi versetti] alla luce di altri passi biblici; altrimenti si sarebbero accorti che qui per nome si deve intendere non le due sillabe che compongono il nome Geova, ma l’idea che questo nome esprime. Quando leggiamo in Isaia, cap. lii. 6, ‘Perciò il mio popolo conoscerà il mio nome’; o in Geremia, cap. xvi. 21, ‘Conosceranno che il mio nome è Geova’; o nei Salmi, Sl. ix. [10, 16], ‘Quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te’; capiamo immediatamente che conoscere il nome di Geova è una cosa ben diversa dal conoscere le quattro lettere di cui è composto. Significa conoscere per esperienza che Geova è veramente quello che il suo nome afferma che sia. (Cfr. anche Is. xix. 20, 21; Ez. xx. 5, 9; xxxix. 6, 7; Sl. lxxxiii. [18]; lxxxix. [16]; 2Cr. vi. 33)”. — The Imperial Bible-Dictionary, cit., vol. I, pp. 856, 857.
28/02/2006 10:00
 
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Scritto da: ora basta 28/02/2006 9.43
Perché il nome divino per intero non compare in nessuno degli antichi manoscritti delle Scritture Greche Cristiane che ci sono pervenuti?

L’argomento addotto per molto tempo era che gli scrittori ispirati delle Scritture Greche Cristiane citavano le Scritture Ebraiche dalla Settanta, e dal momento che quella versione sostituiva il Tetragramma con Kyrios o Theòs, questi scrittori non usarono il nome Geova. Com’è stato spiegato, questo argomento non è più valido. Osservando che i più antichi frammenti della Settanta greca conservano il nome divino nella forma ebraica, P. E. Kahle dice: “Ora sappiamo che il testo greco della Bibbia [la Settanta] in quanto scritto da ebrei per ebrei non traduceva il nome divino con kyrios, ma in tali MSS [manoscritti] era conservato il Tetragramma scritto in caratteri ebraici o greci. Furono i cristiani a sostituire il Tetragramma con kyrios, quando il nome divino scritto in caratteri ebraici non era più comprensibile”. (The Cairo Geniza, Oxford, 1959, p. 222) Quando avvenne questo cambiamento nelle traduzioni greche delle Scritture Ebraiche?

Evidentemente avvenne nei secoli successivi alla morte di Gesù e degli apostoli. Nella versione greca di Aquila, che risale al II secolo E.V., compariva ancora il Tetragramma in caratteri ebraici. Verso il 245 E.V., il noto studioso Origene produsse la sua Esapla, che su sei colonne contiene le ispirate Scritture Ebraiche, (1) nell’originale ebraico e aramaico, accompagnato da (2) una traslitterazione in greco, e dalle versioni greche (3) di Aquila, (4) di Simmaco, (5) dei Settanta, e (6) di Teodozione. In base alle copie frammentarie ora conosciute, W. G. Waddell dice: “Nell’Esapla di Origene . . . le versioni greche di Aquila, di Simmaco e dei LXX rappresentano tutte JHWH con ????; nella seconda colonna dell’Esapla il Tetragramma era scritto in caratteri ebraici”. (The Journal of Theological Studies, Oxford, vol. XLV, 1944, pp. 158, 159) Altri ritengono che il testo originale dell’Esapla di Origene contenesse il Tetragramma in caratteri ebraici in tutte le colonne. Origene stesso scrive che “nei manoscritti più fedeli IL NOME ricorre in caratteri ebraici, ma non nei [caratteri] ebraici odierni, bensì nei più antichi”.

Ancora nel IV secolo E.V., Girolamo, il traduttore della Vulgata latina, dice nel prologo ai libri di Samuele e Re: “In certi volumi greci troviamo tuttora il nome di Dio, il Tetragramma [cioè, ????], espresso in caratteri antichi”. In una lettera scritta a Roma nel 384 E.V., Girolamo dice: “Il nono [nome di Dio] è composto di quattro lettere (tetragramma); lo si pensava anecfòneton, cioè ineffabile, e si scrive con queste lettere: iod, he, vau, he. Ma alcuni non l’hanno decifrato a motivo della rassomiglianza dei segni; e quando lo hanno trovato nei libri greci l’hanno letto di solito [????, lettere greche che corrispondono alle romane PIPI]”. — Le lettere, Roma, 1961, vol. I, pp. 237, 238; cfr. J. P. Migne, Patrologia latina, vol. 22, coll. 429, 430.

Quindi i cosiddetti cristiani che si permisero di “sostituire il Tetragramma con kyrios” nelle copie della Settanta non erano i primi discepoli di Gesù. Erano persone che vissero nei secoli successivi, quando la predetta apostasia si era già affermata e aveva corrotto i puri insegnamenti cristiani. — 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.

Usato da Gesù e dai discepoli. Ai giorni di Gesù e dei discepoli il nome divino compariva senz’altro nelle copie delle Scritture, sia nei manoscritti in ebraico che in quelli in greco. Gesù e i discepoli usavano dunque il nome divino nel parlare e nello scrivere? Dal momento che Gesù condannava le tradizioni farisaiche (Mt 15:1-9), sarebbe del tutto irragionevole concludere che Gesù e i discepoli si lasciassero influenzare al riguardo da idee farisaiche (come quelle riportate nella Mishnàh). Il nome stesso di Gesù significa “Geova è salvezza”. Egli disse: “Sono venuto nel nome del Padre mio”. (Gv 5:43) E insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”. (Mt 6:9) Le sue opere, disse, erano compiute “nel nome del Padre” (Gv 10:25), e in preghiera, la sera prima di morire, disse che aveva reso manifesto ai discepoli il nome del Padre suo e chiese: “Padre santo, vigila su di loro a motivo del tuo nome”. (Gv 17:6, 11, 12, 26) Perciò, quando citava o leggeva le Scritture Ebraiche, Gesù certamente usava il nome divino, Geova. (Cfr. Mt 4:4, 7, 10 con De 8:3; 6:16; 6:13; Mt 22:37 con De 6:5; Mt 22:44 con Sl 110:1; e Lu 4:16-21 con Isa 61:1, 2). Logicamente i discepoli di Gesù, fra cui gli scrittori ispirati delle Scritture Greche Cristiane, avranno seguito in questo il suo esempio.

Perché allora il nome non compare nei manoscritti delle Scritture Greche Cristiane, il cosiddetto Nuovo Testamento, che ci sono pervenuti? Evidentemente perché quando furono fatte quelle copie (dal III secolo E.V. in poi) il testo originale degli scritti degli apostoli e dei discepoli era già stato alterato. Quindi copisti successivi devono aver sostituito il nome divino nella forma del Tetragramma con Kyrios e Theòs (ILLUSTRAZIONE, vol. 1, p. 324), proprio come era avvenuto nelle copie più tarde della traduzione dei Settanta delle Scritture Ebraiche.

Il nome divino nelle traduzioni. Riconoscendo come stavano le cose, alcuni traduttori hanno usato il nome “Geova” nelle loro traduzioni delle Scritture Greche Cristiane. The Emphatic Diaglott, traduzione inglese del XIX secolo ad opera di Benjamin Wilson, contiene diverse volte il nome Geova (Jehovah), specie dove gli scrittori cristiani citavano le Scritture Ebraiche. Ma già nel XIV secolo il Tetragramma aveva cominciato a essere usato in traduzioni delle Scritture Cristiane in ebraico, a partire dalla traduzione ebraica di Matteo incorporata nell’opera ´Èven bòchan di Shem Tob ben Isaac Ibn Shaprut. Questa traduzione, ogni volta che Matteo citava le Scritture Ebraiche, riporta il Tetragramma in tutti i casi in cui ricorre. Molte altre versioni ebraiche in seguito hanno fatto lo stesso.

In quanto alla correttezza di questa impostazione, si noti la seguente dichiarazione fatta prima del ritrovamento di manoscritti comprovanti che la Settanta greca conteneva in origine il nome Geova: “Se quella versione [LXX] avesse ritenuto il termine [Geova], oppure avesse usato un termine greco per Geova e un altro per Adonai, tale uso sarebbe stato senz’altro seguito nei discorsi e nelle argomentazioni del N. T. Quindi nostro Signore, nel citare il 110° Salmo, invece di dire ‘Il Signore ha detto al mio Signore’, avrebbe potuto dire: ‘Geova ha detto ad Adoni’”. — R. B. Girdlestone, Synonyms of the Old Testament, 1897, p. 43.

Proseguendo il ragionamento (che ora risulta basato su fatti reali) viene detto: “Supponiamo che uno studioso cristiano stesse traducendo in ebraico il Testamento Greco: ogni volta che incontrava il termine ??????, egli avrebbe dovuto valutare se nel contesto c’era qualche cosa che indicasse il vero corrispondente ebraico; e questa è la difficoltà che sarebbe sorta nel tradurre il N. T. in qualsiasi lingua se il titolo Geova fosse stato lasciato nell’A. T. [LXX]. Le Scritture Ebraiche avrebbero costituito una norma per molti brani: infatti ogni volta che ricorre l’espressione ‘l’angelo del Signore’, sappiamo che il termine Signore rappresenta Geova; si poteva giungere a una conclusione simile per l’espressione ‘la parola del Signore’, secondo il precedente stabilito dall’A. T.; e così anche nel caso del titolo ‘il Signore degli Eserciti’. Quando invece ricorre l’espressione ‘Mio Signore’ o ‘Nostro Signore’, dovremmo sapere che sarebbe inammissibile il termine Geova, e si dovrebbe usare Adonai o Adoni”. (R. B. Girdlestone, op. cit., p. 43) Per questa ragione traduzioni delle Scritture Greche (già menzionate) contengono il nome Geova.

Notevole a questo riguardo è la Traduzione del Nuovo Mondo, usata in questa pubblicazione, in cui il nome divino nella forma “Geova” ricorre 237 volte nelle Scritture Greche Cristiane. Com’è già stato spiegato, ci sono valide ragioni per far questo.

Antico uso del nome e suo significato. I versetti di Esodo 3:13-16 e 6:3 sono spesso stati erroneamente citati per dimostrare che il nome di Geova fu rivelato per la prima volta a Mosè qualche tempo prima dell’esodo dall’Egitto. È vero che Mosè aveva chiesto: “Supponiamo che ora io sia andato dai figli d’Israele e realmente dica loro: ‘L’Iddio dei vostri antenati mi ha mandato a voi’, ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?” Ma questo non significa che lui o gli israeliti non conoscessero il nome di Geova. Il nome stesso di Iochebed madre di Mosè forse significa “Geova è gloria”. (Eso 6:20) La domanda di Mosè probabilmente era dovuta alle circostanze in cui si trovavano i figli d’Israele. Da diversi decenni erano in dura schiavitù e non c’era segno che la situazione sarebbe migliorata. Dubbio, scoraggiamento e poca fede nel proposito e nel potere di Dio di liberarli si erano molto probabilmente insinuati fra loro. (Vedi anche Ez 20:7, 8). Se Mosè avesse detto semplicemente di essere venuto nel nome di “Dio” (´Elohìm) o del “Sovrano Signore” (´Adhonài) questo non avrebbe avuto molto significato per gli israeliti sofferenti. Essi sapevano che gli egiziani avevano i loro dèi e signori e senza dubbio avevano subìto gli scherni degli egiziani, i quali sostenevano che i loro dèi fossero superiori al Dio degli israeliti.

Inoltre si deve ricordare che allora i nomi avevano molta importanza e non erano semplici “etichette” che identificavano l’individuo come avviene oggi. Mosè sapeva che il nome di Abramo (che significa “padre è alto [esaltato]”) era stato cambiato in Abraamo (che significa “padre di una folla [moltitudine]”), cambiamento dovuto al proposito di Dio per Abraamo. Anche il nome di Sarai era stato cambiato in Sara e quello di Giacobbe in Israele, e in ogni caso il cambiamento aveva rivelato qualcosa di fondamentale e profetico circa il proposito di Dio per loro. Mosè poteva ben chiedersi se ora Geova si sarebbe rivelato sotto un nome nuovo per far luce sul suo proposito di liberare Israele. Presentarsi agli israeliti nel “nome” di Colui che lo mandava avrebbe indicato che Mosè era il Suo rappresentante, e la misura dell’autorità con cui avrebbe parlato sarebbe stata determinata da quel nome o proporzionata a quello che esso rappresentava. (Cfr. Eso 23:20, 21; 1Sa 17:45). Perciò la domanda di Mosè non era senza senso.

In ebraico la risposta di Dio fu: ´Ehyèh ´Ashèr ´Ehyèh. Alcune traduzioni la rendono “Io sono colui che sono”. Va però notato che il verbo ebraico hayàh, da cui deriva il termine ´Ehyèh, non significa semplicemente “essere”, bensì “divenire” o “mostrare d’essere”. L’espressione ebraica non fa riferimento all’autoesistenza di Dio, ma a ciò che egli ha in mente di divenire nei confronti di altri. Perciò la Traduzione del Nuovo Mondo la rende correttamente: “IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE”. Quindi Geova aggiunse: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘IO MOSTRERÒ D’ESSERE mi ha mandato a voi’”. — Eso 3:14, nt.

Che il nome di Dio non fosse cambiato, ma che questa dichiarazione aiutava solo a comprendere meglio la sua personalità, è dimostrato dalle sue successive parole: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Geova l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione”. (Eso 3:15; cfr. Sl 135:13; Os 12:5). Il nome Geova deriva dal verbo hawàh, “divenire”, e in effetti significa “Egli fa divenire”. Geova si rivela come Colui che, in maniera progressiva, diviene il Realizzatore delle sue promesse. Quindi porta sempre a compimento il suo proposito. Solo il vero Dio poteva legittimamente e autenticamente avere tale nome.

Questo aiuta a capire il senso delle successive parole che Geova rivolse a Mosè: “Io sono Geova. E apparivo ad Abraamo, Isacco e Giacobbe come Dio Onnipotente, ma rispetto al mio nome Geova non mi feci conoscere da loro”. (Eso 6:2, 3) Dato che il nome Geova era stato usato molte volte dai patriarchi antenati di Mosè, evidentemente Dio intendeva dire che come Geova si era manifestato loro solo in modo limitato. Per esempio: chi aveva conosciuto Abramo non poteva dire di averlo realmente conosciuto come Abraamo (“padre di una folla [moltitudine]”) finché aveva un solo figlio, Ismaele. Quando nacquero Isacco e altri figli e questi cominciarono ad avere una discendenza, il nome Abraamo assunse maggiore significato o importanza. Così anche il nome Geova avrebbe ora potuto assumere un significato più ampio per gli israeliti.

Quindi “conoscere” non significa necessariamente essere solo al corrente o informato in merito a qualcosa o qualcuno. Lo stolto Nabal conosceva il nome di Davide, eppure chiese: “Chi è Davide?”, volendo intendere: “Che importanza ha Davide?” (1Sa 25:9-11; cfr. 2Sa 8:13). Anche Faraone aveva detto a Mosè: “Chi è Geova, perché io debba ubbidire alla sua voce e mandare via Israele? Non conosco affatto Geova e, per di più, non manderò via Israele”. (Eso 5:1, 2) Con questo Faraone voleva evidentemente dire che non riconosceva Geova come il vero Dio, avente autorità sul re d’Egitto e su ciò che lo riguardava o avente il potere di far rispettare la Sua volontà com’era stato annunciato da Mosè e Aaronne. Ma ora Faraone e tutto l’Egitto, insieme agli israeliti, avrebbero imparato a conoscere il vero significato di quel nome, la persona che esso rappresentava. Come Geova spiegò a Mosè, questo sarebbe stato il risultato del fatto che Dio avrebbe adempiuto il suo proposito liberando gli israeliti e dando loro la Terra Promessa, e adempiendo così il patto stipulato con i loro antenati. In questo senso Dio disse: “Certamente conoscerete che io sono Geova vostro Dio”. — Eso 6:4-8; vedi ONNIPOTENTE.

L’ebraicista D. H. Weir giustamente dice che quanti sostengono che il nome Geova fu rivelato per la prima volta in Esodo 6:2, 3 “non hanno studiato [questi versetti] alla luce di altri passi biblici; altrimenti si sarebbero accorti che qui per nome si deve intendere non le due sillabe che compongono il nome Geova, ma l’idea che questo nome esprime. Quando leggiamo in Isaia, cap. lii. 6, ‘Perciò il mio popolo conoscerà il mio nome’; o in Geremia, cap. xvi. 21, ‘Conosceranno che il mio nome è Geova’; o nei Salmi, Sl. ix. [10, 16], ‘Quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te’; capiamo immediatamente che conoscere il nome di Geova è una cosa ben diversa dal conoscere le quattro lettere di cui è composto. Significa conoscere per esperienza che Geova è veramente quello che il suo nome afferma che sia. (Cfr. anche Is. xix. 20, 21; Ez. xx. 5, 9; xxxix. 6, 7; Sl. lxxxiii. [18]; lxxxix. [16]; 2Cr. vi. 33)”. — The Imperial Bible-Dictionary, cit., vol. I, pp. 856, 857.





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1C Il nome divino in antiche versioni greche

Negli scorsi decenni sono stati rinvenuti molti frammenti di antiche versioni greche delle Scritture Ebraiche nei quali è stato trovato il nome divino, scritto di solito in lettere ebraiche. Questo indica che il nome divino fu usato nelle versioni greche fin dopo l’inizio del IX secolo E.V. Presentiamo di seguito dieci manoscritti che contengono il nome divino, insieme con informazioni pertinenti.

(1) LXXP. Fouad Inv. 266 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici quadrati (??) nei seguenti luoghi: De 18:5, 5, 7, 15, 16; 19:8, 14; 20:4, 13, 18; 21:1, 8; 23:5; 24:4, 9; 25:15, 16;

De 26:2, 7, 8, 14; 27:2, 3, 7, 10, 15; 28:1, 1, 7, 8, 9, 13, 61, 62, 64, 65; 29:4, 10, 20, 29; 30:9, 20; 31:3, 26, 27, 29; 32:3, 6, 19. Perciò in questa collezione il Tetragramma ricorre 49 volte in luoghi identificati di Deuteronomio. Inoltre, in questa collezione il Tetragramma ricorre tre volte in frammenti non identificati, cioè nei frammenti 116, 117 e 123. Questo papiro, trovato in Egitto, fu datato al I secolo a.E.V.

Nel 1944 fu pubblicato un frammento di questo papiro da W. G. Waddell in JTS, vol. 45, pp. 158-161. Nel 1948, al Cairo, in Egitto, due missionari della Scuola di Galaad della Watch Tower Bible and Tract Society ottennero fotografie di 18 frammenti di questo papiro e il permesso di pubblicarle. In seguito, 12 di questi frammenti furono pubblicati nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane, 1950, ed. inglese, pp. 13, 14. Sulla base delle fotografie di questa pubblicazione, furono fatti i tre studi che seguono: (1) A. Vaccari, “Papiro Fuad, Inv. 266. Analisi critica dei Frammenti pubblicati in: ‘New World Translation of the Christian Greek Scriptures’ [Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane]. Brooklyn (N. Y.) 1950 p. 13s.”, pubblicato in Studia Patristica, vol. I, parte I, a cura di Kurt Aland e F. L. Cross, Berlino, 1957, pp. 339-342; (2) W. Baars, “Papiro Fouad Inv. N. 266”, pubblicato nel Nederlands Theologisch Tijdschrift, vol. XIII, Wageningen, 1959, pp. 442-446; (3) George Howard, “The Oldest Greek Text of Deuteronomy”, pubblicato nell’Hebrew Union College Annual, vol. XLII, Cincinnati, 1971, pp. 125-131.

Commentando questo papiro, Paul Kahle scrisse in Studia Evangelica, a cura di Kurt Aland, F. L. Cross, Jean Danielou, Harald Riesenfeld e W. C. van Unnik, Berlino, 1959, p. 614: “Altre parti dello stesso papiro sono state riprodotte da una fotografia del papiro appartenente alla Watch Tower Bible and Tract Society e che compare nell’introduzione di una traduzione inglese del Nuovo Testamento, Brooklyn, New York, 1950. Una caratteristica del papiro è il fatto che il nome di Dio è reso col Tetragramma in lettere ebraiche quadrate. Un esame dei frammenti del papiro pubblicati, intrapreso su mia richiesta da padre Vaccari, lo ha portato alla conclusione che il papiro, che dovette essere scritto circa 400 anni prima del Codice B, contiene forse il più perfetto testo di Deuteronomio dei Settanta che ci sia pervenuto”.

Un totale di 117 frammenti di LXXP. Fouad Inv. 266 furono pubblicati in Études de Papyrologie, vol. 9, Il Cairo, 1971, pp. 81-150, 227, 228. Un’edizione fotografica di tutti i frammenti di questo papiro fu pubblicata da Zaki Aly e Ludwig Koenen col titolo Three Rolls of the Early Septuagint: Genesis and Deuteronomy, nella serie “Papyrologische Texte und Abhandlungen”, vol. 27, Bonn, 1980.

(2) LXXVTS 10a rende il nome divino col tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi (??) nei seguenti luoghi: Gna 4:2; Mic 1:1, 3; 4:4, 5, 7; 5:4, 4; Aba 2:14, 16, 20; 3:9; Sof 1:3, 14; 2:10; Zac 1:3, 3, 4; 3:5, 6, 7. Questo rotolo di pelle, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Nahal Hever, è stato datato alla fine del I secolo E.V. I frammenti di questo rotolo furono pubblicati in Supplements to Vetus Testamentum, vol. X, Leida, 1963, pp. 170-178.

(3) LXXIEJ 12 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi (??) in Gna 3:3. Questo frammento di pergamena, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Nahal Hever, è stato datato alla fine del I secolo E.V. Fu pubblicato nell’Israel Exploration Journal, vol. 12, 1962, p. 203.

(4) LXXVTS 10b rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi (??) nei seguenti luoghi: Zac 8:20; 9:1, 1, 4. Questo rotolo di pergamena, trovato in una caverna del deserto della Giudea presso Nahal Hever, è stato datato alla metà del I secolo E.V. Fu pubblicato in Supplements to Vetus Testamentum, vol. X, 1963, p. 178.

(5) 4Q LXX Levb rende il nome divino in lettere greche ? (IAO) in Le 3:12; 4:27. Questo manoscritto papiraceo, trovato nella Caverna n. 4 di Qumran, è stato datato al I secolo a.E.V. Un resoconto preliminare su questo manoscritto fu presentato in Supplements to Vetus Testamentum, vol. IV, 1957, p. 157.

(6) LXXP. Oxy. VII.1007 rende il nome divino con una doppia yohdh (??) in Ge 2:8, 18. Questo foglio di pergamena, datato al III secolo E.V., fu pubblicato in The Oxyrhynchus Papyri, parte VII, con traduzioni e note a cura di Arthur S. Hunt, Londra, 1910, pp. 1, 2.

(7) AqBurkitt rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi (??) nei seguenti luoghi: 1Re 20:13, 13, 14; 2Re 23:12, 16, 21, 23, 25, 26, 27. Questi frammenti del testo greco della versione di Aquila furono pubblicati da F. Crawford Burkitt nella sua opera Fragments of the Books of Kings According to the Translation of Aquila, Cambridge, 1898, pp. 3-8. Questi frammenti di palinsesto dei libri dei Re furono trovati nella genizah della sinagoga del Cairo, in Egitto. Sono stati datati alla fine del V secolo o al principio del VI secolo E.V.

(8) AqTaylor rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici antichi (??) nei seguenti luoghi: Sl 91:2, 9; 92:1, 4, 5, 8, 9; 96:7, 7, 8, 9, 10, 13; 97:1, 5, 9, 10, 12; 102:15, 16, 19, 21; 103:1, 2, 6, 8. Questi frammenti del testo greco della versione di Aquila furono pubblicati da C. Taylor nella sua opera Hebrew-Greek Cairo Genizah Palimpsests, Cambridge, 1900, pp. 54-65. Sono stati datati alla seconda metà del V secolo E.V. o al massimo al principio del VI secolo E.V.

(9) SymP. Vindob. G. 39777 rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici arcaici (?? oppure ??) nei seguenti luoghi: Sl 69:13, 30, 31. Questo frammento (di cui vedete sotto una riproduzione) di un rotolo di pergamena con parte del Sl 69 nella versione di Simmaco (Sl 68 nei LXX), conservato nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, è stato datato al III o IV secolo E.V. Fu pubblicato dal dott. Carl Wessely in Studien zur Palaeographie und Papyruskunde, vol. XI, Lipsia, 1911, p. 171.

(10) L’Ambrosiano O 39 sup. rende il nome divino col Tetragramma scritto in caratteri ebraici quadrati (??) in tutt’e cinque le colonne nei seguenti luoghi: Sl 18:30, 31, 41, 46; 28:6, 7, 8; 29:1, 1, 2, 2, 3, 3; 30:1, 2, 4, 7, 8, 10, 10, 12; 31:1, 5, 6, 9, 21, 23, 23, 24; 32:10, 11; 35:1, 22, 24, 27; 36:sopr, 5; 46:7, 8, 11; 89:49 (nelle colonne 1, 2 e 4), 51, 52. Questo codice, datato alla fine del IX secolo E.V., ha cinque colonne. La prima contiene una traslitterazione del testo ebraico in greco, la seconda la versione greca di Aquila, la terza la versione greca di Simmaco, la quarta quella dei LXX e la quinta la versione greca Quinta. Un’edizione in facsimile di questo palinsesto, insieme con una trascrizione del testo, a cura di Giovanni Mercati, fu pubblicata a Roma nel 1958 col titolo Psalterii Hexapli reliquiae . . . Pars prima. Codex rescriptus Bybliothecae Ambrosianae O 39 sup. phototypice expressus et transcriptus.

Questi dieci frammenti di manoscritti indicano che i traduttori del testo ebraico in greco usarono il nome divino dove esso ricorreva nel testo ebraico. Inoltre, il fatto che il Tetragramma compaia in Zac 9:4 avvalora la tesi secondo cui i soferim ebrei sostituirono il Tetragramma con ´Adhonài (Sovrano Signore) in 134 luoghi del testo ebraico.



Conclusioni, c'è qualcuno che ha trovato vantaggio nell'eliminazione del nome di Dio dalla Bibbia, qualcuno checertamente non aveva in mente di fare la volontà di Dio.
28/02/2006 12:56
 
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I copia/incolla di intere pagine web sarebbero da evitare, come viene indicato dal regolamento.
Trattandosi di materiale presente in rete, basterebbe limitarsi a linkare la pagina (del sito tdgonline), o a riportare i punti che si intendono discutere.

Al di là comunque dell'imprrssione di erudizione che questo materiale (che non proviene da una fonte ufficiale della WTS) può dare, rimane il fatto che non esiste nemmeno un frammento fra le migliaia di manoscritti del Nuovo Testamento in cui venga riportato il tetragrammma od un suo equivalente.
Di conseguenza il "ripristino" del nome di "Geova" nel NT è completamente privo di qualsiasi giustificazione filologica.
Si veda www.infotdgeova.it/vengo.htm

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 28/02/2006 12.57]

28/02/2006 15:19
 
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Re:
da: ora basta 27/02/2006 14.59
Possiamo fare tutti i parallellismi, e i ragionamenti di questo mondo, ma la questione e ben altra.

Se crediamo che la Bibbia è ispirata da Dio, come ci si è permessi di togliere quello che DIO stesso aveva deciso, scrivere per ben 7000 volte.

Ci sarà stato un motivo!

Allora diciamo le cose come stanno si tratta di un omissione vera e propria.


------------
Red Baron quoto al 110%

Se prendi la Bibbia di Ricciotti addirittura c'è scritto che DIO è Trino!!! è un caso limite ma la dice lunga, evidentemente sono pure sciocchi perchè se leggono Apocalisse c'è da rabbrividire su chi si permette di modificare la Sacra Scrittura

Ciao,

[Modificato da The Red baron 28/02/2006 15.20]



"""Ci sono due tipi di sciocchi;
quelli che non hanno dubbi,
e quelli che dubitano di tutto"""
28/02/2006 15:34
 
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I

copia/incolla di intere pagine web sarebbero da evitare, come viene indicato dal regolamento.
Trattandosi di materiale presente in rete, basterebbe limitarsi a linkare la pagina (del sito tdgonline), o a riportare i punti che si intendono discutere.



Non ho preso da alcuna pagina web questo materiale, si tratta solamente di materiale estrapolato dalla tg, e messo insieme dal sottoscritto, mi scuso per il fatto che è prolisso, ma l'argomento merita.

Saluti.
28/02/2006 15:44
 
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ora basta ha scritto:

Non ho preso da alcuna pagina web questo materiale, si tratta solamente di materiale estrapolato dalla tg, e messo insieme dal sottoscritto, mi scuso per il fatto che è prolisso, ma l'argomento merita.

E' vero, scusami, il materiale è un copia/incolla tratto da pubblicazioni della WTS (materiale simile si trova anche nel sito tdgonline).

Sarebbe bene comunque quando si copiano delle pagine indicare da dove sono state. E' obbligatorio farlo anche dal punto di vista legale.

Come ho detto prima comunque, venendo al nocciolo della questione, anche se possono esserci frammenti della LXX (cioè della traduzione in greco dell'Antico Testamento), in cui compare il tetragramma o qualche suo equivalente, non c'è nemmeno un frammento delle migliaia di manoscritti del Nuovo Testamento in cui vi sia il tetragramma od un suo equivalente.

Ciao
Achille
28/02/2006 16:15
 
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The Red baron ha scritto:

Red Baron quoto al 110%

E quindi tutto quello che è stato scritto in risposta ad orabasta non conta nulla? Ho l'impressione che ad alcuni non interessino tanto le risposte quanto le critiche...

Se prendi la Bibbia di Ricciotti addirittura c'è scritto che DIO è Trino!!! è un caso limite ma la dice lunga, evidentemente sono pure sciocchi perchè se leggono Apocalisse c'è da rabbrividire su chi si permette di modificare la Sacra Scrittura

Immagino che Red Baron si riferisca al passo di 1 Giov. 5:7,8, il cosiddetto "Comma Giovanneo": «perché tre sono quelli che rendono testimonianza: nel cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo e questi tre sono uno».

Come mai questo passo venne a trovarsi nel testo della Scrittura?
Nella pagina digilander.libero.it/domingo7/IL%20COMMA%20GIOVANNEO.htm si legge che «esiste un consenso quasi unanime sul fatto che il comma giovanneo sia una nota esplicativa contenuta in alcuni manoscritti ed inglobata nel testo da qualche scriba sbadato, creativo o temerario».
Il consenso quindi è quasi unanime, ma non tutti sarebbero d'accordo sul fatto che tale passo sia da ritenere spurio.
Inoltre, nel caso si tratti effettivamente di un passo spurio (come sostenuto dalla maggioranza) non è possibile sapere quali siano state le motivazioni che hanno indotto un copista ad inserire tale passo nel testo: può anche essersi trattato di un errore di trascrizione, e non di un'azione compiuta in malafede.

In ogni modo il "Comma Giovanneo" è presente nella Vetus Latina, un manoscritto del II-III secolo.
Alcuni dubitano della fedeltà ed accuratezza di tale testo. Secondo altri invece «Il testo dei vari codici della Vetus Latina risulterebbe pertanto legato ad una tradizione testuale più antica, in parte corrotta da trascrizioni successive ed in parte scalzata dalla Vulgata di Gerolamo. Finora nessuna prova definitiva è stata però portata a favore di tali tesi».

«Mentre Tertulliano citò il comma giovanneo piuttosto liberamente (Tertulliano, Contro Prassea, XXV, 1 e XXXI,1), sicuramente autentica è la testimonianza di Cipriano (250) che citò in modo letterale ed autorevole due versetti del Nuovo Testamento per difendere l'unità di Dio e della Chiesa Cattolica (Cipriano, De Catholicae Ecclesiae Unitate, VI)[3]:
- il Signore dice: «Io e il Padre siamo uno»(Giovanni 10,30);
e ancora sta scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: «E i tre sono uno» (1 Giovanni 5,7).
L'accettazione delle testimonianze di Tertulliano e di Cipriano deve evidentemente tener conto dalla forte diffusione della Vetus Latina nell'Africa Settentrionale».

Esiste quindi una citazione di questo passo che risale addirittura al 250 d.C., e anche a prima di tale data, se si prende in considerazione la libera citazione di Tertulliano.

Tutte queste "testimonianze" però dipendono dal testo presente nella Vetus Latina: «Quasi tutte le bibbie cattoliche e protestanti hanno oggi eliminato il comma giovanneo, riconoscendo fondate le osservazioni mosse dalla critica testuale, dalla ricerca storica e dalla moderna esegesi. Rimangono solo alcune traduzioni protestanti che conservano il comma giovanneo (ad esempio la Nuova Diodati e la New King James), in quanto ancora tratte dal Textus Receptus di Erasmo da Rotterdam».

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 28/02/2006 16.19]

28/02/2006 17:08
 
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Infatti, prendere il "comma giovanneo" per dimostrare una presunta manipolazione è quantomeno errato. Come ha detto Achille, questo testo viene citato da Tertulliano e Cipriano e compare nella VETUS LATINA. Perciò non si tratta di "manipolazione", in quanto se un traduttore volesse seguire una serie di manoscritti piuttosto che altri, e si trova di fronte a questo testo, lo traduce e lo immette nel testo. Il Diodati che segue il TR ad esempio, mette 1 Gv 5:7, come anche omette il famoso "mi" nel testo "Se dunque chiederete nel Mio Nome, Io lo farò", in quanto il TR non ha il "mi". Per me manipolazione è quando si segue una tradizione di manoscritti che sia il Moajority Text o i codici alessandrini e di fronte alla traduzione si aggiunge, si toglie, si cambia il senso della frase conformemente alla propria teologia. Ed è questo che hanno fatto i traduttori della TNM!!

[SM=g27812]

http://andreabelli75.wordpress.com/

http://progettostudiodellabibbia.wordpress.com/
28/02/2006 17:35
 
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Achille, non usare la parola ---------ALCUNI-------------

mi ricorda vecchi retaggi [SM=x570881]

Saluti


"""Ci sono due tipi di sciocchi;
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e quelli che dubitano di tutto"""
28/02/2006 18:04
 
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Dice il Buon Achille,

E quindi tutto quello che è stato scritto in risposta ad orabasta non conta nulla? Ho l'impressione che ad alcuni non interessino tanto le risposte quanto le critiche...
------------------

Red Baron,

Quindi se uno arriva a conclusioni diverse dalle Vostre e per forza, in torto o polemico!?!?!

Indovina chi mi ricorda questo modo di fare!!! [SM=x570881]

Saluti



"""Ci sono due tipi di sciocchi;
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28/02/2006 18:29
 
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Essendo ad un internet point mi limito a dare un paio di indicazioni, risponderò ad Ora Basta appena torno da Venezia. Per ora gli anticipo solo che l'ingannno della WTS sta nel far passare la LXX-Vorlage per le sue versioni giudaizzanti e nel non mettere al corrente i suoi adepti che esistono diverse scuole di pensiero sull'origine del testo in questione, sulla sua esistenza, e sulle sue versioni. Citare studiosi appartenenti ad un unica corrente, e per giunta citarli male, in modo che il non-grecista non s'avveda di nulla, è assolutamente disonesto. Ma come ho detto ritornerò su tutti questi temi giovedì.

Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
28/02/2006 18:38
 
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The Red baron ha scritto:

Quindi se uno arriva a conclusioni diverse dalle Vostre e per forza, in torto o polemico!?!?!

Ho voluto far notare che dopo il post iniziale di orabasta sono state presentate diverse osservazioni ed approfondimenti. Sarebbe stato interessante che tali argomentazioni e risposte venissero discusse o che si dicesse perché non si è d'accordo con tali "conclusioni".
Invece ti sei limitato a "quotare al 110%" il post iniziale di orabasta, senza aggiungere nient'altro.
In un forum, oltre che esprimere delle critiche, si dovrebbe anche argomentare e prendere in considerazione le risposte che vengono date da altri. Se non si è d'accordo, si dovrebbero fornire delle ragioni, spiegare perché non si accettano le conclusioni altrui, presentare spiegazioni diverse.
Questo è quello che alcune persone hanno cercato di fare, dopo il messaggio iniziale di orabasta.
Tu hai saltato tutte queste risposte, riprendendo il messaggio iniziale di orabasta, senza aggiungere alcun contributo o commento significativo. Così facendo è come se orabasta, dopo tutte le risposte ricevute, avesse di nuovo scritto il suo messaggi iniziale, senza aggiungere alcun commento...

Indovina chi mi ricorda questo modo di fare!!!

Se intendi alludere a qualche metodo "watchtoweriano", credo che tali allusioni siano del tutto fuori luogo. Non vedo proprio, infatti, nella mia risposta nessuna vaga similitudine con comportamenti o pratiche esistenti fra i TdG.

Saluti
Achille
28/02/2006 18:44
 
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Scritto da: The Red baron 28/02/2006 17.35

Achille, non usare la parola ---------ALCUNI-------------

mi ricorda vecchi retaggi
Saluti

Non mi riferivo solo a te, ma anche ad altri utenti (non solo in questo forum), i quali, a volte, sembra che non siano veramente interessati alle risposte che vengono date.
Il pronome "alcuni" quindi è del tutto pertinente.

Ciao
Achille
01/03/2006 02:04
 
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Mi rendo conto che i lunghi interventi di Ora Basta necessiterebbero di una critica dettagliata, punto per punto. Al momento, però, non ho qui con me i testi di riferimento necessari per potermi imbarcare in una tale operazione, né ho il tempo di mettermi a scrivere un intervento formato Mahabharata. Mi limiterò, pertanto, a ripetere la critica che ritengo più esiziale per la tesi geovista.
Gli autori ispirati del NT, molti dei quali conoscevano perfettamente l’ebraico (l’apostolo Paolo era tra questi), non hanno mai usato il tetragramma per indicare Dio, hanno invece utilizzato il termine greco Kyrios (Signore), equivalente all’ebraico Adonai. Gli autori del NT, quindi, non ritenevano che chiamare Iddio “Signore” fosse un qualcosa di sbagliato e, come cristiano, non posso che seguire la loro linea di condotta.
Va comunque notato che la pronuncia di JHWH come Geova risale ai masoreti, i quali, ignorando ormai quale fosse quella esatta , decisero di inserire tra le consonanti le vocali della parola Adonai, ritrovandosi tra le mani un Jehowah. Tale pronuncia, però, ci dicono oggi i più insigni biblisti, è con tutta probabilità errata. Quindi, la TNM, traducendo il tetragramma con “Geova”, commette un errore a livello filologico. Per essere corretti, infatti, volendo conservare nella traduzione il nome proprio di Dio, non conoscendo oggi nessuno la sua reale pronuncia, bisognerebbe lasciarlo così com’è e traslitterare ???? semplicemente con JHWH, il che, però andrebbe a scapito della leggibilità del testo, senza che il lettore abbia a guadagnarci nulla a livello di comprensione del testo stesso.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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