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I "defunti" secondo il geovismo e il cattolicismo

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2005 18:38
08/01/2005 10:56
 
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Vi chiedo scusa per l'assenza...
... che è giustificata perché sono ancora, dal nubifragio che c'è stato a Roma, senza connessione (meglio così dirà qualcuno!).

Mi sono anche studiato a fondo alcuni post passati che avevo copiato e avevo preparato degli interventi a cui rinuncio volentieri, anche perché si è andati avanti ingigantendo troppo il discorso.
A questo punto io modestamente suggerirei di chiudere. Anche perché prendendo spunto dalla prima riga di Agabo nell'ultimo post, ove dice...

>Un momento! Calma! Io pensavo che qui si parlasse e, soprattutto, si avesse fede nella Bibbia.

Io direi lo stesso: Un momento, calma! Io pensavo che qui si parlasse dell'anima secondo come la intende la WT e non secondo come la intende il mondo occidentale oggi! Identificare le due concezioni vuol dire fare un discorso equivoco. Infilarci Culmann significa complicare ulteriormente le cose (posseggo quel suo libretto di 64 pagine dal titolo già tendenzioso, ma mi basta - dopo averlo riletto attentamente - constatare che non è allineato, come Agabo ammette, con l'ideologia geovista e che, aggiungo io, non pensa che le persone morte siano nullificate ma che esistano comunque in qualche modo).

Insomma io direi che - come si può vedere anche nella mia trattazione dell'anima sul sito - se vogliamo parlare dell'anima come il CD dei TG vuole che la si intenda (e posso concedere, anche se ho i miei dubbi, che sia identica a quella degli scrittori biblici veterotestamentari - i quali in realtà sono molto diversificati tra loro - e posso accogliere solo come ipotesi di lavoro che sia anche identica a quelli neotestamentari - il che non mi risulta), se, dicevo, vogliamo parlare dell'anima in questi termini, la cosa da dire è precisamente "Un momento! ma io pensavo che qui si volesse parlare della mia anima, di come io la intendo (perché è questo lo scopo dell'indottrinamento geovista; quello di togliermi dal cervello la mia persuasione!) e non che si volesse parlare della concezione dell'anima al modo ebraico veterotestamentario!
Se invece, come chiarito ampiamente e ammesso anche da Agabo, per "anima" dobbiamo intendere la persona, l'individuo, l'essere vivente, è perfettamente impossibile negare che muoia, anzi è certamente assurdo dal momento che ne abbiamo conferma dai telegiornali quotidiani. Ma va aggiunto che è anche ridicolo sbracciarsi pertanto a cercarne conferme o dimostrazioni bibliche! Ci crede, perché lo vede, lo constata, anche chi non crede alla Bibbia! Ma il discorso che ci interessa non è questo!

Cosa intendo dire? Semplicemente che:

1) C'è uno sfasamento logico, nel passare dall'impostare un discorso sull'anima in un certo modo (ebraico) e pretendere che alla fine la sua mortalità valga per chi la intende molto diversamente da quel modo;

2) Che come Dio non ha insegnato né cosmologia, né psicologia, né medicina o altro nella sua rivelazione (poiché l'ha calata in una cultura datata, lasciandola con il bagaglio di cose esatte e inesatte che aveva) non si può pretendere che parlandoci dell'uomo ce ne abbia voluto dare la conoscenza che sarebbe venuta da una valida antropologia futura;

3) Che perciò invece di parlare di "anima" (che è già uno dei molti sensi, e per giunta sbagliato, della parola in questione che è "nèphesh") si dovrebbe parlare di sopravvivenza o meno della persona umana, INDIPENDENTEMENTE DA COME SI POSSA CONCEPIRLA, così che definendo "anima" (ma tra i cattolici si usa anche "spirito" con lo stesso senso) quel qualcosa che sussiste alla morte fisica, la dottrina cattolica intende esprimere solo la fede nella sopravvivenza delle persone e non abbracciare la concezione dualista platonica o buddhista (così come del resto la Chiesa prende le distanze da qualsiasi filosofia, attenendosi solo al sano realismo condivisibile e condividendum anche dall'uomo della strada... Non siamo obbligatoriamente "socratici" per il solo fatto che accogliamo e usiamo il concetto scoperto da Socrate!).

4) E che, situandoci appunto a questo livello, nella Scrittura (sì, nella Scrittura stessa) esistono numerosi accenni a tale sopravvivenza.

Del resto (ma anche questo ho già scritto più volte) se si desse, come vuole la WT, la nullificazione della persona morta, allora la cosiddetta risurrezione non sarebbe tale ma sarebbe una ri-creazione di copia conforme. Neanche un clone, perché il clone deriva almeno dalla biologia del "pezzo originale". Quindi una eventuale copia di Berescitte (posto che Geova mi voglia risuscitare) che, pur avendo in tutto e per tutto l'aspetto, la sessualità, l'età, i ricordi, la psicologia ecc... del sottoscritto, non sarò mai io ma una mia copia. Ci sarebbe la stessa diversità che c'è tra la fotocopia ricavata da testo scannerizzato rispetto all'originale incenerito.

Io non so se i primi cristiani pensavano la loro morte come incenerimento/nullificazione e la loro risurrezione in termini di copia conforme del loro essere caduto nel niente. Ma dubito molto che, se lo avessero fatto (posto che fosse stato loro possibile immaginarlo) avrebbero ricavato tale persuasione dalle Scritture.
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