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I "defunti" secondo il geovismo e il cattolicismo

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2005 18:38
25/12/2004 18:51
 
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Sono stanco di sentire miscugli...

“Ecco come è incominciato! Nessuna velleità, da parte mia, di competere con qualcuno, e meno ancora con te, sulla conoscenza di Platone e su questioni filosofiche.
Dicendo che la dottrina cattolica dell’immortalità dell’anima è stata tenuta in fasce dal dualismo greco, e in qualche modo anche da Platone, non penso d’aver bestemmiato e se, al contrario, ho davvero detto una bestemmia, a questo proposito ti ho rimandato a studiosi di ogni latitudine geografica, culturale e religiosa che hanno fatto lo stesso. Siamo tutti ignoranti, chi più chi meno, sui “sacri detti di Platone”? Allora chiedo venia e andiamo avanti, anche se prima voglio darti un’ennesima prova che sono un’ignorante fra tanti “IGNORANTI”:”

Evidentemente non hai capito nulla di quello che ho scritto. Tu non mi hai mostrato studiosi del parere che il pensiero cattolico attuale sia influenzato da Platone, mi hai fatto una lista interminabile di citazioni dove si negava che la dottrina biblica sia dualista. (Peccato che su questo siamo tutti d’accordo). I pochi pertinenti che mi hai citato, i quali sostengono che la dottrina cattolica attuale sia sporca di platonismo, non hanno portato una sola argomentazione per sostenerlo, neppure una riga di Platone. In poche parole secondo te dovrei basarmi su degli ipse dixit. Peccato che il mondo accademico sia molto variegato, e sui rapporti tra Platone e il cattolicesimo ci sono molte correnti di pensiero. Tu non hai gli strumenti per discernerle e hai fatto un miscuglio allucinante. Il fatto che ci siano venti professori che sostengono un’influenza di Platone sulla dottrina cattolica attuale non vuol dire niente, perché ce ne sono il doppio che dicono il contrario; quindi o mi porti le citazioni di Platone, oppure eviti di farfugliare e parli solo delle cose di cui hai un minimo di conoscenza. Non ho studiato per anni greco e filosofia antica per poi sentirmi rispondere con venti righe di citazioni! Io lavoro sui testi classici, non sulle parole altrui! Se vuoi la prova di come occorra una certa cultura per bazzicare nel mondo accademico senza prendere cantonate te la mostro subito: da quando è uscito il saggio di Felice Vinci “Omero nel Baltico” decine di professori universitari in un delirio da psicofarmaci hanno iniziato a sostenere che Omero visse in Scandinavia e che l’Odissea sarebbe ambientata nei mari del Nord! (Tra questi allucinati anche la grande grecista Rosa Calzecchi Onesti)! Immaginate ora un analfabeta in greco che pretendesse di discutere di Omero e facesse un bel collage di citazioni con quelle decine di professori che hanno dato ragione a Felice Vinci, che cosa potrebbe fare un grecista per rispondergli senza mandarlo al diavolo? Gli farebbe semplicemente notare che se Vinci ha avuto qualche decina di consensi, quelli contro di lui sono invece migliaia! Anche nel tuo caso non puoi prendere di discutere di Platone portando una lista di nomi, perché potrei risponderti con un’altra listi… o mi dai dei riferimenti testuali e discutiamo citando di Platone oppure ti attacchi al tram. Non mi hai saputo mostrare una sola analogia tra il pensiero cattolico attuale e la dottrina dell’Accademia antica, è evidente che parli senza sapere che cosa sostieni, ed è altresì palese che non hai la più pallida idea dell’insegnamento di Platone, né hai letto le sue opere.

“Un genio cristiano come sant’Agostino, per esempio, rimarrà sempre impregnato da quel Platone o da quel neoplatonismo che l’avevano conquistato e abbagliato fin dalla giovinezza.”

Quel sorrisetto testimonia solo che non hai gli strumenti per capire quello di cui stiamo parlando (questo non sono offese ma constatazioni, non si può parlare di filosofia platonica senza aver mai letto un dialogo di Platone o di Plotino). Ravasi parla dell’influenza delle Enneadi plotiniane su Agostino. E chi lo nega? Se leggi i miei post precedenti te l’ho già spiegato: il problema non è quello che pensano i padri della Chiesa, perché essi rappresentano la dottrina cattolica solo quando sono in accordo con la Traditio apostolica. Nel caso nostro la dottrina di Agostino è plotiniana, ossia l’uomo è “un’anima che si serve di un corpo”, non è in accordo con la dottrina cattolica attuale ed anzi è stata condannata.

“Da una parte, Aristotele si distanzia nettamente da Platone respingendo il dualismo psicofisico e ritrovando la necessaria unità dell’essere umano attraverso l’ilemorfismo, l’intreccio cogente tra materia e forma. D’altra parte, però, in questa unità identifica un elemento di sua natura trascendente come il nous o intelletto attivo che gli permette di ritrovare il maestro nel discorso dell’immortalità dell’anima. (ibidem, p. 143).”

Corretto.

“Il resto del “lavoro” fu opera di Tommaso d’Aquino, di concilii e di bolle papali. Ma a me interessa ancora e sempre quella “sorgente sacra” “non fecondata … dalla grecità” o da imposizioni e dettami conciliari.”

Semplicemente i greci ci hanno fornito i termini della speculazione, ma la nostra dottrina è biblica.

“Aspetta a parlare di “sofisma”. Il testo in questione è preso in considerazione soprattutto in relazione al cosiddetto periodo “intermedio”, quello che va dalla morte alla risurrezione, un argomento che al momento è trattato con le dovute cautele proprio da parte dei tradizionalisti, ovvero degli assertori dell’immortalità dell’anima. Costoro oggi non sembrano più tanto sicuri di ciò che dicevano ieri, e dato che si sono finalmente accorti che la sola cosa che la Bibbia definisce chiaramente è la risurrezione alla parusia, stanno rivedendo le tesi dell’anima che vivrebbe in modo indipendente dopo la morte.”

Non hai risposto alla mia argomentazione su Filippesi 1,23 e hai continuato a ripetere i tuoi bei discorsi. Avevi affermato che quella era l’espressione di un desiderio di Paolo e non una dottrina, io ti ho risposto che era un desiderio reale perché in greco non viene usato nessun tipo di periodo ipotetico dell’eventualità o dell’irrealtà, ed inoltre “Non si vede come il fatto che una cosa sia desiderata, renda quella cosa falsa. …”
Aspetto ancora la risposta.

“Uno dei più autorevoli teologi protestanti contemporanei, Wolfhart Pannenberg, osservava …: ‘A differenza della visione platonica dell’immortalità dell’anima, la teologia cristiana vede l’uomo in corpo e anima come creatura, senz’altro destinato a vivere per sempre in comunione con Dio, ma che non possiede l’immortalità né può acquistarla, ma riceverla soltanto come dono della grazia di Dio” (ib. pp. 201-202).”

Anche qui non hai capito nulla perché ti mancano gli strumenti filosofici. Il dibattito cui accenna Ravasi è quello che attanagliò molti padri della Chiesa. Non si tratta di sapere se l’anima sia immortale o no, ma se l’anima sia immortale per sua stessa natura, ossia perché è divina e dunque è fonte di immortalità a se stessa, oppure se l’anima sia immortale perché Dio vuole che sia così. Infatti hai abilmente tagliato le righe prima dove Ravasi dice che: “L’Aldilà biblico è, invece, un ingresso nell’intimità divina, una comunione filiale tra il giusto e il suo Signore, è una contemplazione faccia a faccia di Dio.” (pag. 201)

“… noi sopravviviamo alla morte, come persone, come esseri che dicono “io”. Noi sostituiamo “la tenda” (cioè la nostra esistenza fisica, terrena) con una “casa eterna da Dio” ( 2Cor 5,1) …” ( Harry M. Kuitert cit. da Ravasi- op. cit. p.202).”

Anche qui hai completamente frainteso (di proposito?), la citazione di Kuitert, infatti afferma che sopravviviamo alla morte “personalmente e come dono”, è il solito dibattito tra platonici (i quali sostengono che l’anima è immortale in sé) e i cristiani (i quali sostengono che l’anima è immortale perché Dio la fa essere tale, e dunque è solo un dono.)

“Sicuramente è necessario e corretto operare una certa “deplatonizzazione” [ e dàgli, con Platone! ] della visione cristiana”

Già, sono d’accordo, peccato che stia parlando di tutta quella scia che va da Platone a Cartesio, non della teologia dell’anima post-conciliare, come afferma subito dopo, quando afferma che la dottrina dell’immortalità dell’anima “è un concetto specificatamente cristiano, e, proprio per questo, non può essere abbandonato […] dalla riflessione teologica) (pag 203)

“Tirando, allora, le fila … potremmo tentare una conclusione molto essenziale. L’anima, NELLA TRADIZIONE CRISTIANA, E’ STATA SEMPRE CONCEPITA COME UNA REALTA’ PERSONALE DISTINTA, MA INTIMAMENTE VINCOLATA ALLA CORPOREITA’ CON LA QUALE DA’ ORIGINE ALLA CREATURA UMANA”

Come il nostro catechismo afferma.

“Anche nella morte non si assiste a una totale cancellazione di questo rapporto con la materia corporale, ma a una sua trasformazione, DI DIFFICILE DETERMINAZIONE E DESCRIZIONE. Il nesso è, infatti, trasferito su un altro piano ove cadono spazio e tempo e ci si inoltra nell’oltrevita, nell’eternità e nell’infinito, ove non c’è più né “prima” né “poi”.”

Anche questo è ovvio, essendo l’argomento metarazionale. Se fosse razionale, sarebbe paradossalmente la prova della falsità della nostra convinzione, perché significherebbe che con la mente finita abbiamo colto uno schema di Dio, il che è impossibile, non potendo il finito comprendere l’infinito.

“E’ molto semplice: tra la “predestinazione” e la salvezza in Cristo, c’è un atto “giuridico”che è la “giustificazione”, cioè l’atto con il quale il peccatore è ritenuto “giusto” da Dio per i meriti di Cristo. Si ottiene così la gloria, che al momento è in speranza e al ritorno di Cristo sarà effettiva e concreta. Qui L’apostolo Paolo dà per certa e addirittura come essere già avvenuta la redenzione e la glorificazione dei credenti.”

Non c’entra assolutamente nulla. La giustificazione non è un giudizio in senso escatologico, è la dottrina secondo cui il giusto vivrà della fede. L’uomo pecca perché è corrotto irrimediabilmente dal peccato originale, Dio dunque non può condannare un uomo che pecca se l’uomo è per sua natura naturalmente peccatore, sarebbe come dire che Dio condanna un canguro perché salta. Se è connaturato alla mia natura il peccato, qualche Dio ingiusto mi condannerebbe per una cosa che non posso fare a meno di fare? Ecco allora la famosa “esperienza della torre” di Lutero, il quale leggendo il testo dell’epistola ai Romani “il giusto vivrà della fede” (1,17), arrivò a dire: “Pecca finché vuoi, ma abbia fede”, come a dire che giacché non possiamo fare a meno di peccare e non abbiamo speranza di salvarci da soli, Dio guarderà la fides di ciascuno salvandoci gratuitamente. Questa teologia era un po’ estrema, infatti non appena lesse che “la fede senza le opere è morta” nella lettera di Giacomo, voleva buttare lo Scritto fuori dal canone in quanto guastava i suoi piani. “E’ Una lettera di paglia!”, urlava il buon Lutero. La giustificazione dunque non è un giudizio escatologico già fatto, come se non esistesse il “giudizio particolare” che desina al paradiso o alla perdizione, bensì è un “giustificare” di Dio, il fatto che non tenga conto di tutti i nostri peccati, essendo noi giustificati per fede. Più che un “non tener conto” è un “sapere” e nonostante tutto perdonare, in quanto la nostra fede ci ha salvato. Ovviamente ho semplificato molto le cose, anzi, ho semplificato un po’ troppo col rischio di essere impreciso. Ma del resto credo che con un qualunque dizionario di teologia biblica potrai schiarirti le idee.

“A me non interessa l’opinione dei “Padri” ancor meno quella della “chiesa”. La questione è: che cosa insegnano le Scritture. Dio dona la vita eterna: tutti i cristiani del mondo lo sanno, come sanno che è, appunto un “dono”. E se è un “dono” (“ergo” lo dico io) l’uomo non lo possiede né in natura né in altra qualsivoglia forma.”

Eppure il passaggio logico non è complesso. L’anima può essere immortale o no. Se non è immortale la discussione è chiusa, ma se invece è immortale può esserlo o per sua propria natura o per dono di Dio che la rende tale.

“La mia sarebbe “una strana logica”? Può darsi, ma sta di fatto che tutte le volte che nelle Scritture si parla di vita oltre la morte se ne parla sempre in termini di “RISURREZIONE”

Ti ho postato una lista di versetti. Alla seconda metà di essi non hai ancora risposto, e per quanto riguarda la prima metà sei già stato confutato. (SI veda la parabola del ricco epulone o la questione del buon ladrone, su cui attendo ancora la tua contro-replica)

“Non è un quesito che si possa risolvere filosoficamente. Dio ha memoria di ogni essere vivente”

Non hai capito nulla di ciò che ho detto. Il fatto che Cristo abbia memoria di ogni essere vivente non implica che quegli esseri in Cristo siano qualcosa, visto che sono solo un ricordo. Se dunque una persona mi viene a dire che abbiamo "una dimora presso il Signore", io penso che ci sia qualcosa di me presso Dio, e non solo una traccia mnemonica, perché non sarei io.

A presto

[Modificato da Polymetis 25/12/2004 18.57]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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