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I "defunti" secondo il geovismo e il cattolicismo

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2005 18:38
25/12/2004 17:53
 
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"Lo stato intermedio"
Agabo ha scritto:

Suppongo che Cullmann abbia voluto fare un riferimento al termine “ANIMA” nel suo uso più comune, influenzato dalla cultura greca che distingue “ANIMA” da “CORPO” per il fatto che sta trattando la dottrina dell’ “IMMORTALITA” dell’anima. Un uso più accessibile ai lettori comuni.

A me non sembra che questa tua supposizione sia fondata. Cullmann parla spesso di "anima" come di una realtà ben distinta dal corpo, anche se precisa chiaramente che la concezione biblica di "anima" non è identica a quella greca. La concezione di "anima" esposta da Cullmann differisce comunque radicalmente da quella geovista (non so se è più simile a quella avventista, ma questo non mi interessa e nemmeno rientra nell'ambito di questo forum approfondire tale aspetto del discorso).

I tdG usano il termine “anima” nell’accezione biblica e non tengono conto, dottrinalmente parlando, del suo uso “greco”. D’altra parte, lo stesso Cullmann scrive:
“L’antropologia del Nuovo Testamento non è la stessa del pensiero greco, ma si ricollega piuttosto a quella giudaica. Per i concetti “corpo”, “anima”, “carne”, “spirito” tanto per citarne alcuni, gli autori del Nuovo Testamento, pur servendosi degli stessi termini dei filosofi greci, attribuiscono loro un significato del tutto diverso, e noi fraintenderemmo in Nuovo Testamento, se li intendessimo secondo il senso greco. Molti malintesi nascono da ciò” (p.32). “L’uomo interiore senza l’uomo esteriore non ha vera esistenza indipendente. Egli ha bisogno del corpo. Tutt’al più, come i morti dell’Antico Testamento, può condurre una esistenza d’ombra nello sheol, ma non una vera vita. La differenza rispetto all’anima greca è evidente: questa giunge alla sua pienezza senza il corpo, e soltanto senza di esso. Niente di simile nella Bibbia …” (p.33, 34).

Ho citato anch'io questa frase, sottolineando quel "tutt'al più": Culllmann riconosce qui che anche nella concezione vetero testamentaria i morti continuavano ad avere un qualche tipo di esistenza ultraterrena. Non si trattava di una "vera vita" ma nemmeno dell'annullamento totale geovista. La resurrezione conduce, secondo Cullmann, alla pienezza della vita, ma anche prima della resurrezione vi è "qualcosa" che continua ad esistere. Questo è reso evidente in molti punti del suo scritto.

La tua citazione:
“Per esempio, a p. 17 della mia edizione si legge:
«E' dunque chiaro che per i primi cristiani l'anima non è immortale in sé, ma lo diviene grazie alla resurrezione di Gesù Cristo... E' chiaro infine che la resurrezione dell'anima che è già avvenuta, non è ancora lo stato di pienezza: dobbiamo attendere questo stato finché il nostro corpo non sarà resuscitato; e ciò avverrà alla fine dei tempi» (grassetto mio).
Qui si dice quindi che vi è già ora uno stato in cui l'anima risorta attende di ricongiungersi con il corpo.”
Va vista alla luce del discorso precedente che Cullmann fa in relazione alla risurrezione di Cristo: Cristo è risorto, quindi lo siamo anche noi che crediamo in lui, ma non pienamente perché “ciò avverrà alla fine dei tempi” (p.17).

Cullmann parla di resurrezione dell'anima (o dell'uomo interiore) di coloro che sono morti letteralmente. L'"anima" (o uomo interiore) possederebbe una sorta "vita imperfetta" accanto a Cristo, nello "stato intermedio", il periodo che precede la resurrezione del corpo glorificato che avverrà alla fine dei tempi.

D’altra parte, se tu vuoi intendere l’espressione di Cullmann “la resurrezione dell’anima che è già avvenuta” ALLA LETTERA, in tal caso diventa un non-senso letterario e anche un’eresia per la teologia cattolica

Certo, è un eresia per la concezione cattolica. Ma a me qui non interessa la concezione cattolica. Qui stiamo parlando di quello che dice Cullmann. E Cullmann scrive chiaramente che dopo la loro morte, l'anima dei credenti ottiene una resurrezione ed i credenti continuano ad esistere (anche se non nella pienezza della vita) accanto a Cristo.

E' interessante notare che Cullmann riconosce che la parabola del ricco e di Lazzaro e la parole di Paolo in Filip. 1:23, anche se non «parlano di una resurrezione fisica che avvenga subito dopo la morte individuale, come spesso si ritiene» [ma chi ritiene "spesso" questo?], descrivono invece lo stato di coloro che muoiono in Cristo prima della fine, parlano «di quello stato intermedio in cui si trovano proprio come i vivi. Tutte queste immagini valgono ad esprimere la particolare vicinanza a Dio e a Cristo in cui si trovano, attendendo la fine, coloro che muoiono nella fede. Essi sono 'nel seno d'Abramo', oppure (secondo Apoc. 6,9) 'sotto l'altare', o 'con Cristo'. Non sono che immagini diverse per illustrare la vicinanza divina» (pp. 47,48).

Ora se i morti sono semplicemente inesistenti, nulla differenzia i credenti dagli increduli, gli uomini dalle bestie, e quindi tutte queste immagini che vorrebbero rappresentare secondo Cullmann la particolare "vicinanza divina" dei credenti perdono di significato.
Cullmann sostiene invece che l'esistenza di un tempo intermedio «sia per i morti come per i vivi, è un fatto difficile da contestare» (p. 50).
La resurrezione di Cristo ha costituito il punto di svolta per i coloro che muoiono nella fede:

«Se la resurrezione del Cristo rappresentasse la grande svolta solo per i vivi e non per i morti i vivi avrebbero un enorme vantaggio rispetto i morti"... ma è inconcepibile che nella concezione dei primi cristiani nulla sia cambiato per i morti in quanto riguarda il tempo che precede la fine [questo però è quello che sostengono i TdG, cioè che nulla sia cambiato rispetto alla concezione vetero testamentaria, ndr]. Proprio le immagini di cui si serve il Nuovo Testamento per definire lo stato di coloro che sono morti in Cristo provano che la resurrezione di Cristo, quest'anticipazione della fine, produce i suoi effetti nello stato intermedio anche per i morti e soprattutto per loro: "Essi sono accanto a Cristo", dice l'apostolo Paolo» (p. 50,51).

Interessante poi il commento di Cullmann al passo di 2 Cor. 5:1-10. Cullmann non dice affatto che la "nudità" di coloro che muoiono prima del ritorno di Cristo equivalga all'inesistenza assoluta:

«Il passo di 2 Cor., 1-10 ci insegna perché anche i morti, sebbene non abbiano ancora corpo e no facciano che 'dormire', pure si trovino già vicini a Cristo. L'apostolo parla qui dell'angoscia naturale che egli prova di fronte alla morte, che è sempre all'opera. Egli teme ciò che definisce lo stato di 'nudità', lo stato dell'anima privata del corpo [anche qui è evidente che si parla di un'anima che esiste, per volere divino, anche dopo la morte del corpo. ndr]... rileviamo in questo passo (2 Cor. 5) ciò che vi è di radicalmente nuovo dopo la resurrezione di Cristo: questo stesso testo parla dell'angoscia naturale ispirata dallo stato di nudità dell'anima, e insieme proclama la grande certezza d'essere ormai accanto a Cristo, anche e soprattutto in quello stato intermedio. Perché dunque dovrebbe ancora turbarci l'esistenza d'uno stato intermedio? La certezza di essere anche là, e la soprattutto, accanto a Cristo, è fondata sull'altra certezza cristiana che del nostro uomo interiore [altro modo di definire l'"anima" da parte di Cullmann, ndr] ha già preso possesso lo Spirito Santo. ... Ecco perché è cambiata qualche cosa anche per i morti, sin d'ora, purché davvero essi muoiano in Cristo, ossia in possesso dello Spirito Santo. La tremenda solitudine, il distacco da Dio operato dalla morte di cui abbiamo parlato, non esiste più, perché vi è lo Spirito Santo. Per questo il Nuovo Testamento sottolinea che i morti in Cristo sono accanto a Cristo; essi dunque non sono abbandonati! Comprendiamo quindi come Paolo, proprio in 2 Cor. 5:1 s., ove parla dell'angoscia davanti alla nudità di questo stato intermedio, definisca lo Spirito Santo 'primizia' ... Secondo il v.8 dello stesso capitolo sembra anzi che i morti siano più vicini al Cristo; sembra che il 'sonno' li avvicini di più a lui: "Preferiamo essere fuori del corpo ed essere accanto al Signore". Per questo l'apostolo Paolo può scrivere in Phil. 1:23 che 'desidera morire' per essere accanto al Signore. Quindi l'uomo senza il corpo fisico, se possiede lo Spirito Santo, è più vicino al Cristo di prima. Infatti, la carne legata al nostro corpo terreno è un ostacolo all'espandersi dello Spirito Santo mentre siamo in vita. Il morto è liberato da questo ostacolo, sebbene il suo stato sia ancora imperfetto, perché non ha ancora il corpo di resurrezione [è chiarissimo anche qui che Cullmann ritiene che vi sia uno stato "imperfetto" di esistenza ultraterrena che precede la resurrezione finale dei credenti, ndr]»(pp. 52, 53).

A pag. 55 si legge: «La morte è vinta. L'uomo interiore [o "anima", ndr] spogliato del corpo non è più solo, non conduce più l'esistenza d'ombra ch'era la sola attesa dei Giudei e che non poteva essere considerata una 'vita' [e, osservo io, non era però considerata nemmeno un annullamento assoluto dell'esistenza. E il Nuovo Testamento ha cambiato ulteriormente, ed in meglio, queste prospettive di esistenza dopo la morte per i cristiani]».

Cullmann sostiene ancora che i morti in Cristo non hanno cessato del tutto di esistere, pur non avendo ancora la vita piena e vera:
«Il cristiano morto possiede lo Spirito, sebbene ancora dorma e attenda sempre la resurrezione che sola gli conferirà la vita piena e vera. Così, in quello stato intermedio, la morte, benché esista ancora, ha perso il suo carattere terrificante, e poiché senza la presenza della carne lo Spirito Santo li avvicina ancora più a Cristo, i morti "che muoiono nel Signore d'ora in poi" possono essere detti felici, come scrive l'autore dell'Apocalisse (14,13). L'esclamazione di trionfo dell'apostolo Paolo (I Cor. 15,54) trova ormai applicazione anche per i morti: "Dov'è, morte, la tua vittoria? Dov'è, morte, il tuo pungiglione?". E l'apostolo scrive ai Romani: "Sia che vegliamo, sia che dormiamo, viviamo in comunione con lui" (I Thess. 5,10) Cristo è "il Signore dei morti e dei vivi" (Rom. 14,9)» (pp. 53, 54).

Non possono esserci dubbi sul fatto che Cullmann parla quindi di uno stato in cui i morti in Cristo, privi del loro corpo carnale, continuano, per opera dello Spirito Santo, ad avere una sorta di esistenza, una continuità di vita, la quale, seppure definita "vita imperfetta", non è il nulla assoluto che viene insegnato dai TdG.

Cullmann prosegue: "Ci si potrebbe chiedere se a questo modo non ci troviamo ancora ricondotti alla dottrina greca dell'immortalità dell'anima, e se il NT non presupponga, per il tempo dopo la Pasqua, una continuità dell''uomo interiore', del cristiano convertito, prima e dopo la morte, in modo che la morte non rappresenti anche qui che un 'passaggio naturale'. Entro certi limiti ci avviciniamo in effetti alla dottrina greca, nel senso che l'uomo interiore trasformato, vivificato dallo Spirito Santo sin da prima (Rom. 6:3), continua a vivere, così trasformato, accanto a Cristo nello stato di sonno. Questa continuità di vita in ispirito è sottolineata particolarmente dall'evangelo giovanneo (Io. 3,36; 4,14; 6,54 passim). Qui intravediamo almeno una certa analogia per quanto riguarda l'immortalità dell'anima» (pp. 54,55).

Mi fermo qui. Penso sia chiarissimo che Cullmann ammette l'esistenza di un'"anima" prima della resurrezione finale, un'"anima" che si trova accanto a Cristo e che continua ad avere una sorta di "vita", seppur non nella pienezza dell'esistenza.
Le concezioni di Cullmann differiscono quindi radicalmente da quelle geoviste.

Saluti
Achille
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