Ho sottoposto una volta il mio uditorio ad un test ove chiedevo di rispondere d'acchito alla domanda, "tu cosa sei? come ti definiresti? qual è la tua nota caratteristica?"
- Qualcuno ha fatto perno sulla nazionalità
e ha detto di essere un italiano
- qualcuno sul sesso
e ha detto di essere un uomo/una donna
- qualcuno sulla professione
e ha detto di essere un meccanico, barbiere, impiegato...
- qualcuno sulla sua situazione in famiglia
e si è autodefinito sposo/a, figlio/a, padre/madre, fratello/sorella, nonno, suocera...
- a qualcuno è venuto in mente di riferirsi alla specie
e si è qualificato come essere umano
- a qualcuno, amante dell'astronomia?, è venuto in mente di riferirsi al pianeta
e si è qualificato un terrestre
. . . . . . . . . . .
E' strano! Erano tutti cattolici eppure a nessuno è venuto in mente di definirsi un credente, un cristiano, un cattolico... un figlio di Dio!
Eppure (scommetteteci!) se fossero stati presenti dei Testimoni di Geova, non uno di essi avrebbe esitato a qualificarsi: "Io sono un Testimone di Geova".
E' semplicemente ammirevole.
Perché facendo questo intendono indicare la dimensione più preziosa della propria esistenza; ciò che meglio li caratterizza, a preferenza di altri aspetti che hanno in comune con tutti.
E a me,
- credente (e perciò più ricco che l'ateo),
- cristiano (e perciò più fortunato di chi crede in divinità immaginarie);
- cattolico (e perciò più fortunato di chi si è trovato, senza sua colpa, in una chiesa che si è distaccata dalla originale e perciò è meno ricca di verità e di mezzi di salvezza)...
Non sarebbe venuta d'acchito nessuna di queste tre qualificazioni.
Però meglio tardi che mai! E ora, fatto consapevole della bellezza della mia fede e del ruolo scelto nella vigna del Signore, rispondo "enfaticamente":
"Grissino di 120 chili!"
A lode di Dio-Verità e per la migliore salvezza dei fratelli.
Berescitte (battezzato "Felice")
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est modus in rebus