Caro Seabiscuit,
capisco dalla tua risposta che comprenderci non sarà per niente facile, perché sono proprio le premesse ad essere differenti.
Io ti ho scritto che la Bibbia è molto di più e tu mi ribatti che è molto di meno:
“La bibbia e piena di comandi, di educazione alimentare, salute igenica, salute in generale, rapporti sessuali leciti e quali NON leciti... fra tutti questicomandamenti e consigli Dio si andrebbe dimenticando di dire pure che non vuole essere nominato? Impossibile!”
Certo nella Bibbia c’è anche questo, ma la Bibbia è molto di più che delle norme da seguire.
Ma restiamo al tema. Tu dici Baal=nome, Tammuz=nome, e io ti rispondo: chi ha dato a questi dei questo nome? Essi hanno dichiarato che questo è il loro nome? Ma Baal e Tammuz non esistono, o vuoi sostenere il contrario?
Sono nomi che sono stati dati dagli uomini.
E Dio da chi ha ricevuto il suo nome? Se lo è dato da solo per riconoscersi da se stesso?
Dio dice anche : “Tu non devi prostrarti ad altro Dio, perché il Signore si chiama Geloso” (Esodo 34,14).
Dobbiamo per questo dire che Dio ha due nomi?
Ascolta cosa afferma San Giustino (Apologia I):” 7. Nessuno infatti può dare un nome al Dio ineffabile; e se qualcuno osasse dire che ne esiste uno, sarebbe inguaribilmente pazzo.”
Come già si è detto, nell’ebraismo chiamare qualcuno per nome significa conoscerlo nel profondo, conoscere il suo destino, la sua missione. Per questo, non per superstizione come scrivi tu, il nome di Dio, che indica l’essenza di Dio, è impronunciabile per gli ebrei. Sempre per questo, parlando del nome, ti ho citato l’episodio di Mosè che dice: “mostrami la tua gloria”, cioè “fatti conoscere, mostrami chi sei”.
C’è un bellissimo articolo di Gianfranco Ravasi nel quale parla di questo Dio che per manifestarsi ha scelto una lingua poverissima (appena 5750 vocaboli, contro i nostri 150000 e i 500000 dell’inglese), di pastori e pecorai, ed ha scelto di comunicare la parola più importante per ogni religione, il nome di Dio, in 4 consonanti che non si dicono; il vero nome rivelato a Mosè è un nome che si tace. Dio si manifesta più nel silenzio che nella potenza, allo stesso modo in cui usa la nostra debolezza, trasformandola in forza.
E la sublimazione di questa scelta di Dio è nell’episodio dell’Oreb, quando il profeta Elia sta per incontrare Dio e si immagina di incontrarlo in una scenografia adatta: un fuoco che divora, una forza che spacca le rocce, un fulmine che viene dal cielo, un terremoto.
Invece la Bibbia ci fa sapere che "ci fu un mormorio di vento leggero", che l’ebraico rende in modo ancora più impressionante “koll demamà dakka”, una voce di silenzio sottile.
Certo, ci sono anche le grandi teofanie, ma quando la comunicazione diventa personale, Dio parla nel silenzio sottile.
Il nome di Dio è una comunicazione che Dio fa agli uomini nel silenzio, e solo chi sa fare silenzio riesce a percepirla.