Mezzo Toscano ha scritto:
semplicemente perchè ho cercato l'etimologia di carità sul dizionario che mi dà la matrice greca "charis".”
A dire il vero, il termine “Carità” deriva dal latino “Caritas” (che sta per “affetto”, “amore”, da “carus”, “caro”). Questo è il termine che usò San Girolamo per tradurre il greco “agàpe” quando questo indica l’amore teologale.
Supremo Vindice ha scritto:
qui non si parla di carità, che a mio avviso per il cattolico ha il significato di dare soldi a chi si trova in una situazione disastrosa dal punto di vista economico.
Assolutamente no! Per il cattolico la “Carità” è una delle tre virtù teologali; vale a dire l’amore teologale, che va distinto dagli altri tipi di amore e di affetto che l’uomo può provare per propria natura. Quello a cui tu ti riferisci è il senso “popolare” che il termine ha via via assunto in questi ultimi secoli. Proprio per il fatto che il termine “carità” oggi ha assunto una tale accezione, questo non viene usato nelle traduzioni protestanti ed interconfessionali. Se però provi a controllare la prima versione protestante della Bibbia in italiano, la Diodati, troverai che lì il termine “carità” compare (anche più spesso che nella traduzione CEI). Questo perché al tempo di Diodati il senso “teologico” del suddetto era ancora quello più diffuso anche nel linguaggio comune.
Come ho scritto sin dal principio, si tratta di una questione di sensibilità semantica. San Girolamo decise di tradurre il termine “agàpe” con “caritas” (che, in latino, appunto significa “affetto”/”amore”) quando questo indica una virtù teologale. Nella teologia cattolica, quindi, tale termine è passato ad indicare questa virtù teologale tout court. Col passare del tempo, però, la parola “carità”, nel linguaggio comune, ha subito uno slittamento di significato, per cui è passata ad indicare l’atto concreto di chi soccorre qualcuno in stato di necessità. Ecco perché, oggi, i traduttori protestanti (a differenza di quanto fece Diodati) preferiscono evitare l’utilizzo di tale termine. I cattolici, invece, continuano ad utilizzarlo per via del fatto che per loro tale termine ha un senso specifico che non corre il rischio di essere frainteso.
Del resto, basta consultare un qualsiasi Vocabolario della lingua Italiana per verificare che il significato fondamentale del termine “carità”, quello da cui tutti gli altri derivano, è “l’amore dell’uomo verso Dio e verso gli uomini attraverso Dio” (l’amore teologale di cui sopra).
Mi spiego meglio. Quando Gesù disse di amare i propri nemici, perché il termine agapao non è stato tradotto fate la carità ai vostri nemici?
Per il semplice fatto che “carità” è un sostantivo che non ha un corrispettivo verbale.
Accusare la wts che nella sua tnm usa termini letterali e in altre occasioni non lo fa, è un uso scorretto. Anche le varie traduzioni della Cei o paoline usano fare altrettanto. Così come sono condannabili i traduttori della wts lo sono anche quelli della cc.
Prima di scrivere una sentenza del genere, avresti potuto prenderti la briga di consultare un Dizionario di Italiano e verificare che cosa significa il termine “carità” nella nostra lingua.
Sul Dizionario De Mauro presente in rete, ad esempio, avresti letto quanto segue:
ca|ri|tà
s.f.inv.
1 TS teol., spec. con iniz. maiusc., una delle tre virtù teologali, che consiste nell’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio e per il prossimo: c. cristiana; fervore di c.
2a FO disposizione a compatire e ad aiutare materialmente i deboli, i poveri, i sofferenti: avere spirito di c., essere mosso da c., persona piena di c.
2b FO aiuto concreto, spec. offerta in denaro, che si dà a un bisognoso: fare, chiedere la c., vivere di c.
3 FO colloq., favore, cortesia: fatemi la c. di tacere!
4 LE affetto, devozione, spec. per la famiglia o per la patria: la c. del natìo loco (Dante)
Come vedi, l'accezione principale di tale termine giustifica pienamente l'utilizzo del medesimo nelle traduzioni italiane della Bibbia fatte dai cattolici.