Prima di tutto vorrei ringraziarvi per i molti messaggi di benvenuto, ho letto con molto piacere tutti i vostri commenti.
Ritengo che Eva abbia efficacemente riassunto il senso di trent’anni della mia vita utilizzando cinque semplici parole: “abbiamo lavorato per IL NULLA”. La mia storia è comune a quella di Eva e a quella di tanti altri tra voi, in modo particolare di chi si è trovato, suo malgrado, non per scelta ma come figlio di TdG, inserito nel contesto di quell’organizzazione.
Come il "quasi" coetaneo Al Nair ho vissuto dall’interno la recente evoluzione organizzativa, sia dottrinale che in termini “di costume”. Dalle frenetiche attese del 1975, passando per l’oscurantismo degli anni ’80 (per un adolescente, credetemi, quelli furono veramente “anni bui”), quindi le nuove attese del 1986 e dell’inizio anni ’90 collegate alla “pace di Assisi” e alla crisi del golfo, fino agli sviluppi – non ultimi – della fine degli anni ’90.
Non vorrei soffermarmi troppo sui “fatti” in sé, sarebbe superfluo e ridondante – ritengo che il materiale raccolto nel sito di Achille sia alquanto esaustivo in merito – ma vorrei piuttosto esprimere e trasmettervi le mie emozioni collegate a quei fatti. Emozioni a lungo represse o condannate: rabbia, frustrazione, delusione, disgusto, smarrimento…
Mi ritengo soddisfatto della mia vita attuale, razionalmente mi sono svincolato da quel contesto, ho raggiunto e conseguito traguardi importanti nella mia vita personale e professionale. Ma dentro di me non sono del tutto libero: dal profondo le mie emozioni mi chiamano, chiedono di poter emergere, di avere uno spazio, di avere parole, di avere una voce e di avere qualcuno con cui condividerle.
Ed è quello che intendo fare.
A presto,
196