Re:
Scritto da: Mazzingazeta 11/05/2006 9.26
Il giorno lo conosce solo il Padre ma..."Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e conoscenza." Col 2:3
Credo sia una leggera contraddizione, non credete?
Nessuna contraddizione, tuttavia non concordo del tutto con le spiegazioni sopra date. Permettetemi però una premessa. Uno degli errori più comuni nel leggere il Nuovo Testamento non è solo quello di leggerlo letteralmente ma anche quello di leggerlo uniformemente, ovvero come se fosse stato scritto in un solo unico istante e tutto quello descritto sia racchiudibile in un altro unico istante invece di essersi dispiegato nel tempo, per cui un versetto equivale tout-court all'altro. Il Cristo di cui parla Paolo è il Cristo già risorto, asceso al cielo e glorificato dal Padre, alla cui destra siede. Così che quando Paolo parla di Gesù lo legge già alla luce del Cristo glorificato, ovvero del Cristo che ha rivelato completamente se stesso e la propria missione. Precisato questo, quando Gesù dice che solo il Padre conosce il giorno, è ancora il Gesù che cammina sulla terra e non si è ancora pienamente rivelato, è ancora il Cristo kenotico che non ha ancora portato a compimento la sua missione. Per capire allora come non vi sia contraddizione fra le due cose sopra riportate, dobbiamo partire dal concetto di unione ipostatica in Cristo. L’espressione unione ipostatica sta a significare che l’unione della natura umana con la natura divina di Cristo si realizza nell’ipostasi, cioè nella Persona. Con questo diciamo che l’unione non è nella natura, ovvero le due nature, divina e umana, non si mescolano, ma che c’è unione delle nature perché entrambe appartengono alla stessa persona. Cristo è vero Dio e vero uomo, totalmente Dio e totalmente uomo, senza confusione, come mirabilmente affermò Sant’Agostino: “Colui che è Dio, è uomo; e colui che è uomo, è Dio; non per mezzo della confusione delle nature ma nell’unità della persona” . Questo significa che quando diciamo che il Verbo, che è Dio, si è fatto carne, come leggiamo in Gv 1,14, non intendiamo dire che la divinità si sia trasformata in umanità, cosa impossibile giacchè Dio è immutabile , ma che quella carne è carne del Verbo, da esso assunta, pertanto divinità e umanità appartengono allo stesso soggetto o persona, il Verbo incarnato, Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che esiste in due nature. Ritengo inoltre importante e interessante sottolineare che l’unione ipostatica si è realizzata nello stesso istante in cui l’umanità di Gesù fu concepita e che non è mai stata interrotta, neanche durante la passione e morte di Gesù, e che mai lo sarà: “Dall’inizio e per sempre la divinità si è unita al corpo e all’anima di Cristo” . Questo significa che il Verbo non assunse un uomo che era già stato concepito a questo scopo, e tantomeno lo ha divinizzato, ma il concepimento dell’umanità (creazione dell’anima insieme al corpo formato nel seno di Maria Vergine) e l’assunzione di questa umanità da parte del Verbo furono simultanei, ovvero il Figlio di Dio fu concepito come uomo per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: se così non fosse Maria non sarebbe Theotokos, Madre di Dio, come invece è. Se dunque il Verbo è eterno, l’uomo Gesù non ha avuto un’esistenza propria prima di essere l’umanità di Dio: la natura umana di Gesù non fu assunta nel senso che prima fu creata e poi assunta, ma fu creata nell’assunzione stessa.
Cristo è veramente uomo e pertanto ha tutte le facoltà che la natura umana possiede. Questo significa che non solo Cristo aveva un corpo umano come tutti noi, con tutte le caratteristiche fisiologiche che gli appartengono, ma anche una vera anima umana, che non venne annientata o sostituita con l’assunzione da parte del Verbo, ma rimase integra nella sua essenza ontologica e nella sua piena libertà . Cristo aveva dunque veri sentimenti umani, di indignazione, gioia, tristezza ecc. Assumendo la natura umana, il Figlio di Dio volle assumere con essa tutte le caratteristiche naturali dell’umanità, tra cui anche la passibilità e la mortalità, così che per la comunicazione degli idiomi possiamo dire che il Figlio di Dio è morto per noi, con il che si intende che è morta l’umanità di Cristo, non certo la divinità, il Verbo eterno. Inoltre Cristo era totalmente libero dal peccato, per cui la sua capacità di soffrire e di morire non fu una conseguenza del peccato, ma della natura che Egli, come discendente di Adamo, volle assumere priva dei doni preternaturali, per poterci così redimere attraverso la sua Passione e morte. Essendo Cristo veramente uomo, ed essendo la sua umanità integra, questo significa che la volontà umana persiste in Lui e si affianca docilmente, nella sua piena libertà, a quella divina, alla quale si sottomette, senza alcun contrasto. Ma se vi sono in Cristo due nature, quella umana e quella divina, e la natura umana è integra, ovvero mantiene la sua anima, la sua intelligenza, la sua libera volontà, si potrebbe essere tentati di credere che in Cristo vi siano due Io, uno divino e l’altro umano. Sarebbe un grave errore. In Cristo vi è l’unità ontologica della persona, non è un soggetto sorto da due, ma un soggetto esistente in due nature, l’unità viene dal soggetto, non dalle nature. Questo significa che se la natura umana di Cristo è perfetta, tuttavia essa non forma una persona umana in quanto non sussiste di per sé, non esiste in virtù di un atto di essere proprio, ma in virtù dell’essere divino del Verbo, ovvero è la Persona del Verbo a far esistere la natura umana di Gesù. La perfetta e completa natura umana di Cristo non costituisce dunque una persona umana, perché la sussistenza, che è l’elemento costitutivo della persona, è realmente distinta dalla natura e in Gesù il Verbo fa sussistere in Se stesso la natura umana. All’umanità di cristo non manca nulla, in quanto natura umana, per poter costituire una persona umana: è, lo ripetiamo, un’umanità perfetta. Se Dio sostituisse l’azione diretta del proprio essere sull’umanità di Gesù con un atto di essere creato, l’unione ipostatica si interromperebbe e la natura umana di Gesù inizierebbe a costituire una persona umana. Questo non avverrà mai, ma questo serve a comprendere come pur non essendo una persona umana, Gesù è un uomo completo e perfetto. Cristo è Persona divina e tutta l’attività di Gesù, sia quella umana che divina, è attività della persona divina del Figlio. Quanto detto sinora ci porta a capire facilmente come, essendo l’Io - in quanto coscienza psicologica di sé - espressione della persona intera, in Cristo non vi siano due Io, quello divino e quello umano, ma un solo Io: “(in Gesù) c’è una sola persona, un solo Io vivente e operante in una duplice natura, divina e umana” . Dall’unità ontologica della sua Persona deriva anche la sua unità psicologica. Quanto detto sinora vuol dire che la Persona del Figlio possiede la natura umana nel modo come una persona possiede la propria natura: Egli è stato coinvolto nel modo di esistere umano tanto che il suo essere Figlio è oramai essenzialmente “compromesso” dal suo essere uomo. La sua persona è questa e non altra: il Figlio di Dio con la natura umana in tutte le sue componenenti. Non esiste un altro Verbo eterno. La natura umana sussiste nel Figlio nel senso che è stata fatta propria dal Figlio come ogni natura è sostenuta e posseduta dalla persona o soggetto. Il solo centro di unità e di personalità di tale natura è il Figlio, e tale natura sussiste solo come Figlio di Dio, il quale esiste, vive e si esprime secondo la natura umana, alla quale comunica così la sua situazione filiale . Sottolineo tuttavia ancora una volta come il Figlio, in quanto persona divina e sussistente, rimane inalterato e pienamente perfetto nella sua realtà di persona divina. In Cristo quindi, la natura umana razionale, conscia e libera, non è soggetto in sé ma solo principio prossimo e funzionale in ordine al soggetto divino, che è principio ultimo fondamentale. E’ questo soggetto divino che si esprime anche attraverso la conoscenza e le attività umane. Niente è sottratto alla psicologia umana, tutte le sue espressioni però sono riconducibili all’Io divino. La dinamica psicologica di Cristo si svolge come tutte le altre, con la sola differenza che il suo sviluppo non è sostenuto da un soggetto umano, ma da un soggetto divino, che è il Figlio di Dio fatto uomo. In Cristo esiste perciò, anche secondo l’aspetto psicologico, una profondissima unità d’azione e di sentimenti, i quali tuttavia si diversificano e si muovono secondo le varie funzioni della psiche umana, venendo poi a unificarsi nell’unico Io, come soggetto, che è l’Io divino, il quale vive nella dualità della conoscenza divina e umana. In Cristo non esiste dunque un Io propriamente umano.
Stando così le cose, sorge il problema della conoscenza di Gesù, ovvero se Egli, a causa della sua natura divina, fosse onniscente.
La risposta, alla luce delle Scritture e della riflessione cristologica, è negativa. Dato che in Cristo esistono due nature perfette, quella divina e quella umana, e dunque due tipi di operazioni, bisogna necessariamente affermare che in Cristo esistono due modi di conoscere: uno divino, comune alle tre persone della Trinità e l’altro umano, cioè adeguato alla sua intelligenza creata; questo significa che in Cristo esiste una vera conoscenza umana che sta alla base delle sue scelte umane libere e pertanto di meritare per noi la salvezza. Come abbiamo detto, la realtà della conoscenza umana di Cristo emerge da tutto il Nuovo Testamento. Ad esempio l’evangelista Luca afferma che Gesù cresceva in sapienza e in grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52), mentre il Concilio Vaticano II insegna che il Figlio di Dio “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo”. I Vangeli ci mostrano Gesù che fa domande per sapere, che si stupisce, che elabora progressivamente alcuni concetti, come quello della salvezza universale. Cristo dunque possedeva quello che si definisce scienza acquisita . Gesù non poteva conoscere tutto dello scibile umano, ma ignorava tante cose. L’ignoranza va intesa nel senso normale della nescienza, ovvero della non conoscenza – e non dell’errore! – che caratterizza ogni scienza sperimentale umana, la quale è per se stessa limitata e, per sua stessa costituzione, non può abbracciare in un solo intuito tutto il sapere. Tuttavia proprio a causa dell’unione ipostatica Gesù aveva la scienza infusa, ma non nel senso della onniscienza, come si potrebbe sulle prime supporre, o della conoscenza angelica, ma come scienza particolare superiore in ordine alla missione che aveva da svolgere. Essa risponde al carisma profetico di cui Cristo era rivestito in modo unico ciò gli consentiva di penetrare in modo straordinario nei cuori delle persone, di cogliere il piano di Dio senza equivoci, di capire il senso delle Scritture e del mistero stesso di Dio. Questa conoscenza non è espressione di forze miracolistiche o altro, ma è tutta orientata verso il compimento dell’opera redentrice che risponde al piano del Padre, dunque la si può definire anche un conoscenza “funzionale”, che non conosce ciò che non è necessario al piano salvifico del Padre, come la data in cui verrà l’”ultima ora” (Mc 13,32; Mt 24,36). Questa nescienza appartiene allo stato filiale e umano di Gesù, in quanto Egli dipende dalla volontà paterna e si affida pienamente alla sua sapienza. Proprio in questo ambito infine si può intendere in che modo Cristo possedesse la scienza beatifica, la visione gloriosa e intuitiva di Dio, ovvero specificando che Cristo ha avuto coscienza di essere il Figlio di Dio e ha vissuto con il Padre momenti di comunione intensissima, in forza dell’unione sostanziale con il Verbo e della sua condizione filiale, le quali gli hanno consentito una conoscenza unica e superiore di Dio. La conoscenza di Dio da parte di Cristo è perciò diversa da quella degli altri uomini: Cristo non è un uomo di fronte a Dio, ma è il Figlio di Dio, mediante la persona divina Egli è inserito all’interno della vita trinitaria come Figlio e in tal modo conosce Dio come Padre e come Spirito Santo. Tale conoscenza dunque non è la visione celeste propria dei beati in paradiso. Proprio questa sua conoscenza unica del Padre gli permette di essere il primo e unico mediatore tra Dio e gli uomini.
Perdonatemi se sono stato lungo e prolisso, e magari vi ho annoiato con questa lezioncina, ma ho pensato che alcune precisazioni fossero necessarie per comprendere meglio la questione.
Un saluto a tutti e perdonatemi ancora
[Modificato da Vazda Vjeran 15/05/2006 13.41]