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Speranza per i divorziati che si risposano...

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2009 00:23
18/03/2009 23:56
 
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Mario ha scritto:


Puoi negare che non possano assolutamente essere sinonimi dal punto di vista "scientifico" come dici tu?



Nel greco classico i termini “porneia” e “moicheia” non sono sinonimi, il primo infatti ha un senso molto più generico del secondo, il quale indica propriamente l'adulterio, lì dove il primo, invece, indica una qualsiasi relazione sessuale illecita.
La più bella analisi dell'eccezione matteana la ho trovata nel Commento al Vangelo secondo Matteo curato da Ortensio da Spinetoli, si tratta di un commento molto obbiettivo in quanto, pur essendo il suo autore un cattolico, questi è noto per la sua posizione molto critica rispetto alla prassi adottata dalla Chiesa nei confronti dei divorziati risposati. Domani, se avrò tempo, scandirò le pagine in oggetto e le inserirò in questa discussione.
Nel frattempo, mi permetto di esprimere qualche considerazione sulla questione.
Come è noto, il passo sul divorzio ha diversi paralleli nel NT (1 Cor 7,11; Mc 10,11; Lc 16,18), ma solo Matteo aggiunge la cosiddetta “clausola restrittiva”. Oggi praticamente tutti gli studiosi sono concordi nel ritenerla un'aggiunta redazionale da parte dell'evangelista o della tradizione a cui questi faceva riferimento. Ora, come ho detto, il termine “porneia” indica una relazione sessuale illecita lì dove il termine “moicheia” sta ad indicare l'adulterio in senso stretto. Storicamente, si ricordano tre proposte interpretative a riguardo di questa clausola:
1) La cosiddetta soluzione greco-ortodossa sostiene che questa clausola implichi una vera e propria eccezione al divieto di divorziare e di convolare a seconde nozze. In questo caso, Matteo non farebbe che rifarsi all'insegnamento rabbinico della scuola di Shammai, consentendo il divorzio in caso di adulterio. La difficoltà di questa interpretazione (oggi molto in voga anche tra alcuni evangelici) risiede nel fatto che qui il termine usato è, appunto, “porneia” e non “moicheia”. Recentemente, è stata avanzata l'ipotesi che questa eccezione sia stata inserita da Matteo al fine di salvaguardare i cristiani che godevano della cittadinanza romana dalla “Lex Julia de aldulteriis coercendi” emanata dall'imperatore Augusto e che imponeva ai mariti di mogli infedeli di denunciare le medesime, sotto pena di essere accusati di “lenocinium”, cosa che avrebbe comportato la pena capitale.
2) Alcuni esegeti cattolici (che leggono il termine “porneia” come “adulterio”) hanno interpretato questo passo non come un riferimento al divorzio, ma ad una separazione degli sposi che però non implica la possibilità di seconde nozze.
3) L'interpretazione, a mio avviso, più solida è quella che vede il termine “porneia” come una traduzione del termine ebraico “zenut”, indicante una relazione di tipo “incestuoso” in quanto intercorrente tra due persone legate da un grado di parentela per il quale la Legge (Lv 18,6-18) vietava il matrimonio. Una simile unione non sarebbe pertanto un matrimonio (da qui la traduzione di “porneia” con “concubinato” usata dalla vecchia CEI), ma una relazione illecita. Questa interpretazione è sostenuta dall'uso che del termine “porneia” si fa in At 15,23-29, nonché da quanto si legge in alcuni documenti di Qumran (ad esempio CD 4,20-21). Tale soluzione è la più consona al testo ed al “rigorismo” del Discorso della Montagna (in cui appare per la prima volta) e la più in assonanza con il sostrato giudaico del vangelo di Matteo e l'attenzione alle norme legali giudaiche a cui questo si mostra sempre molto sensibile lungo il testo.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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