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Papa, l'accusa del rabbino di Venezia Con lui cancellati 50 anni di dialogo

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2009 01:58
18/01/2009 00:07
 
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.gandhi., 15/01/2009 19.48:


Non ho detto che lascio il forum, ma che evito di dialogare con uno che considera il mio post come un cumulo di insensatezze.
Visto che lui è il saggio che si ragioni da solo, o per lo meno senza di me.

ciao
marco





Carissimo Gandhi, io condivido quanto hai scritto. Per questo trovo personalmente più stimolante il dialogo con le religioni d'Oriente, e sopratutto con il buddismo. Non credevo che ebrei e buddisti potesser avere tanto in comune. Ed il bello è che non si fanno proselitismo, per cui gli incontri si svolgono in una atmosfera più serena e costruttiva.

[Modificato da Topsy 18/01/2009 00:08]
18/01/2009 10:04
 
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Re:
Topsy, 18/01/2009 0.07:



Carissimo Gandhi, io condivido quanto hai scritto. Per questo trovo personalmente più stimolante il dialogo con le religioni d'Oriente, e sopratutto con il buddismo. Non credevo che ebrei e buddisti potesser avere tanto in comune. Ed il bello è che non si fanno proselitismo, per cui gli incontri si svolgono in una atmosfera più serena e costruttiva.



Brutta relativista che non sei altro...pure con gli orientali te la fai [SM=x570867] .

Scherzi a parte, credo anche io che il proselitismo sia una brutta cosa...forse perchè ho fatto proselitismo per tanti anni e ora ho insofferenza a sentirne solo parlare. [SM=g27823]

ciao
marco


18/01/2009 10:17
 
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Re:
Poly scrive:
"Veramente ho proprio obbiettato che non vedo come le sue cose si escludano, essendo il proselitismo un sottoinsieme del più vasto insieme dei dialoghi. Dialogo, dia-logein, è semplicemente un comunicare attraverso le parole, e il fine non è specificato dal termine. "

Non si può dialogare senza per questo sentirsi superiori agli altri? No? Va beh, pazienza, vorrà dire che rinuncio al concetto di dialogo ecumenico...ah giusto, la CC lo porta avanti questo dialogo, presupponendo sempre però di essere l'unica chiesa a considerarsi tale.


"Io non impongo nulla, io convinco. Se neghi la possibilità di convincere gli altri della propria opinione, sappi che saremmo ancora all’età della pietra, perché nessuno avrebbe avuto il diritto di cercare di convincere gli altri delle innovazioni che portava: sociali o scientifiche che fossero. "

Non mi riferivo a te ma ai tuoi superiori...papa e vescovi al seguito.

"Purtroppo sei anche tu vittima della corrente relativistica, e non ti rendi conto che tiu confuti da solo, e che dunque fai un discorso insensato. Tu stesso infatti, in questo momento, credi che la tua opinione, cioè che non si debbano convincere gli altri, sia superiore alla mia, e infatti mi argomenti contro, cercando di farmi cambiare idea. Ma la domanda è: se non è lecito cercare di convincere gli altri della propria opinione, perché mai mi stai parlando e cerchi di confutarmi? Non ti rendi conto, oh relativista che non sa di esserlo, che mi stai dicendo che nessuno può convincere gli altri di qualcosa tranne tu? Solo la tua opinione, cioè che nessuno può convincere gli altri, è degna di rispetto? E perché?"

Io non sono relativista, ma credo nel rispetto e nell'importanza di portare avanti un dialogo che tenga conto dell'altro...è proprio difficile come concetto?
Es. Bush vuole portare la democrazia in iraq dall'alto, con aerei e bombe. Io credo invece che la democrazia parta dal basso, e fino a che un popolo non è capace da solo facendo da solo dei percorsi evolutivi che lo portino a migliorarsi noi non potremmo mai imporre loro la nostra democrazia. Come pensi sia possibile dialogare con quel popolo? Credendosi superiori o cercando di usare un linguaggio comprensibile a tutti?

"Il divino Aristotele diceva “Amicus Plato, sed magis amica veritas”(ovviamente non in latino), cioè “mi è amico Platone, ma più amica la verità”. Dire ad una persona che ha detto una cosa insensata, perché s’è confutato da solo, non è un’offesa ma una semplice constatazione. Chi pretende che non ci sia nulla da insegnare, ma poi è il primo ad insegnare come si dovrebbe dialogare, evidentemente s’è contraddetto da solo."

La tua arroganza è palesemente nel tuo DNA, fa parte di te, non vedi nemmeno quando sei offensivo e quando col tuo modo di porti uccidi il dialogo.

"Scusa ma quanti anni avresti per farmi questi sermoni? E soprattutto, siamo ancora al pregiudizio, tipico delle società patriarcali come quella biblica, che gli anziani sarebbero i depositari di un sapere superiore e che i giovani credono quello che credono solo per mancanza di esperienza? Scusa tanto se mi ritengo un po’ nietzschiano, e dunque pensi che, sebbene possa esserci anche verità nella sapienza degli anziani, ciò non mi deve dispensare dall’analizzarla coi mezzi forniti dalla ragione come venisse da qualsiasi altra fonte. A volte infatti l’intemperanza dei giovani, contro il conservatorismo degli anziani, è ciò che ha mutato e fatto andare avanti la ruota del mondo. "

Non sono vecchio, ma il tuo modo di fare, tipico dei giovincelli istruiti, spero sia piegato dalla vita e da esperienze che tu possa fare per capire che si può dialogare per il gusto di farlo, senza per forza sentirsi superiori agli altri.

ciao
marco







18/01/2009 12:23
 
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La tua arroganza è palesemente nel tuo DNA, fa parte di te, non vedi nemmeno quando sei offensivo e quando col tuo modo di porti uccidi il dialogo.


Trovo molto più arrogante questo tuo comportamento perchè contrariamente a Polimetys, il cui unico torto è di argomentare con logica, e questo è estremamente fastidioso per chi non sa rispondere e non sa riconoscere la ragione, tu eviti tutte le questioni poste deviando continuamente su questo vittimismo.
Sandro

------------------
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
18/01/2009 13:38
 
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Re:
.gandhi., 18/01/2009 10.04:


Brutta relativista che non sei altro...pure con gli orientali te la fai [SM=x570867] .

Scherzi a parte, credo anche io che il proselitismo sia una brutta cosa...forse perchè ho fatto proselitismo per tanti anni e ora ho insofferenza a sentirne solo parlare. [SM=g27823]

ciao
marco








Ti dico. Il proselitismo, ovvero l'incontro volto a convertire altri alla propria fede mi sta anche bene, se l'altro è disponibile a farsi proselita. Chi può dire loro nulla? Ritengo corretto però dichiarare da subito quale siano i propri intenti. Se sono interessata, iniziamo pure. Se non lo sono, grazie per l'interessamento, ma è ora di pranzo e ho da scolar la pasta!

Io ad esempio so che, il TdG si avvicina alla mia persona per far proselitismo. Se un cattolico lo fa, dichiarando di voler dialogare, suppongo che voglia stabilire un contatto per conoscermi, nella speranza di trovare punti di contatto, su questioni non strettamente teologiche, che si possa sviluppare assieme, e su cui si possa lavorare assieme. Ognuno contribuirà apportando il proprio contributo che inevitabilmente, rifletterà la ricchezza del proprio patrimonio religioso.

Se poi da questo incontro, uno dei due sia rimasto talmente affascinato dalla fede dell'altro da volerla approfondire, in vista di una sua possibile e prossima conversione, ripeto: chi può dire loro nulla?

Un abbraccio!
[Modificato da Topsy 18/01/2009 13:39]
18/01/2009 14:08
 
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Re:
peraskov, 18/01/2009 12.23:


La tua arroganza è palesemente nel tuo DNA, fa parte di te, non vedi nemmeno quando sei offensivo e quando col tuo modo di porti uccidi il dialogo.


Trovo molto più arrogante questo tuo comportamento perchè contrariamente a Polimetys, il cui unico torto è di argomentare con logica, e questo è estremamente fastidioso per chi non sa rispondere e non sa riconoscere la ragione, tu eviti tutte le questioni poste deviando continuamente su questo vittimismo.




Possiamo dire che Poly ha le sue preferenze, che non necessariamente sono condivise da altri. Ha le sue idee circa cosa dovrebbe costituire dialogo, su come andrebbe condotto, e su cosa deve vertere. Ma esistono altre legittime idee e preferenze in merito. Non vedo il motivo per cui, dovremmo sminuirle. Ognuno si scegli il proprio interlocutore, quello con cui riesce a stabilire il genere di "dialogo" che gli è congeniale e a cui è naturalmente predisposto.


18/01/2009 14:19
 
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peraskov, 18/01/2009 12.23:


La tua arroganza è palesemente nel tuo DNA, fa parte di te, non vedi nemmeno quando sei offensivo e quando col tuo modo di porti uccidi il dialogo.


Trovo molto più arrogante questo tuo comportamento perchè contrariamente a Polimetys, il cui unico torto è di argomentare con logica, e questo è estremamente fastidioso per chi non sa rispondere e non sa riconoscere la ragione, tu eviti tutte le questioni poste deviando continuamente su questo vittimismo.


Mah, vedo che leggi poco i miei post, perchè se lo avessi fatto noteresti come spesso ho dato ragione e mi sono trovato d'accordo con molti ragionamenti di Poly.
Ho trovato estremamente fastidioso dire che molti foristi in questa discussione hanno detto "cumuli di insensatezze", l'ho ribadito, e il signorino in questione ha risposto a merito. Aggiungo...il termine cumuli mi ha dato fastidio, perchè denota una certa dose di arroganza, come se gli altri stessero accatastando cumuli di stron..te con i loro post, mentre lui, l'illuminato e istruito saggio, a scrivere cose logiche e giuste. Credi si possa dialogare così? Dubito!
Che poi tu corra in soccorso al signore in questione è cosa interessante da analizzare visto che non mi sembra che poly ne abbia bisogno e visto che la mia frase da te quotata non era rivolta a te ma a lui.
Illuminami amico, quale motivo inconscio ti spinge da farti correre in soccorso del nostro plurilaureato giovincello che se la sa cavare da solo?


ciao
marco



[Modificato da .gandhi. 18/01/2009 14:27]
18/01/2009 15:07
 
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Per Topsy


“Gli ebrei non considerano il Dio dei cristiani "Baal". Sono fratelli nelle fede monoteista, anche se la professano in forme diverse.”



Vorrei che fosse così. Come tu stessa ci hai riferito, purtroppo gli ebrei non hanno un leader che possa dire cosa pensano gli ebrei, ergo ognuno ha il suo parere. Leggendo ad esempio quello che scrivono sul “Forum Biblico” della SS. Trinità, non si può in alcun modo equivocare che essi ritengano la Trinità pagana. Il vero problema è che sono d’accordo con loro. Non col fatto che la Trinità sia pagana ovviamente, ma col fatto che lo dicano, giacché se credi che Dio sia solo quello che s’è rivelato a Mosè, allora evidentemente ne devi trarre la conclusione che Gesù sia un falso Dio. Li apprezzo incredibilmente perché hanno il coraggio di dire cosa pensano, a differenza degli ipocriti che lo pensano ma non lo affermano in nome del politically correct.


“Ogni comunità è chiamata a decidere dei propri tratti distintivi. Dato che l'ebraismo è una mescolanza originale di etnicità e religione, l'appartenenza ebraica non può "prescindere" da questi due fattori.
Questo può farti arrabbiare come un iena, ma così è, da 2000 anni a questa parte. Per i prossimi 2000 anni non posso garantire nulla.”



Ma la mia contestazione è ben più radicale e si basa su due punti:
1)Come può l’ebraismo pretendere di stabilire chi è un ebreo, visto che pretende di essere una religione a-dogmatica e senza leader? O la smettono di dire che non hanno dogmi, oppure le loro definizioni non valgono una cicca, e possiamo trattarle per quello che gli ebrei pretendono che siano: non dogmi ma opinioni.
2)Io nego che i cosiddetti ebrei siano i soli ebrei, ergo la tua argomentazione in base alla quale sono un gruppo può decidere quali siano i suoi tratti distintivi non mi tange, perché io non credo affatto che quelli che tu consideri gli ebrei siano i soli ebrei, ergo nego loro la possibilità di decidere, come se esistessero solo loro, che cos’è l’ebraismo. Ad esempio abbiamo ebrei messianici, che dicono di accettare Cristo come messia, esattamente come fecero dei loro correligionari 2000 anni fa, e non vedo in base a che cosa tu possa sostenere che siano meno ebrei di te, o che abbiano perso la loro identità. L’unica cosa che si può dire, è che non sono in raccordo col giudaismo classico o talmudico. Se non ci sono dogmi, che questi ebrei accettino Cristo come messia, è una scelta impossibile da etichettare come apostasia.


“Paolo di Tarso è passato da una corrente giudaica all’altra. All'epoca i primi cristiani erano giudei.”



E’ proprio di questo che volevo discutere. Non negherò certo che i primi cristiani fossero giudei, quello che vorrei discutere, e che a mio avviso fa saltare tutto il tuo impianto, e la tua definizione di quando sarebbe avvenuta una frattura. Sia come sia, questi giudei proto-cristiani, cioè questa corrente per tua ammisione giudaica, stabilì che era possibile la conversione dei gentili, e soprattutto questa corrente faceva proselitismo. Ora, se come tu stessa hai confermato erano giudei, avremmo dei giudei che non solo accettano il proselitismo, ma non trovano nulla di male nella conversione al cristianesimo.
La domanda dunque è: perché tu, giudea del 2008, o il giudaismo moderno in generale, dovrebbe avere più titoli per parlare di che cosa sia giudeo rispetto a questa corrente giudaica di 2000 anni fa chiamata cristianesimo?
Siamo semplicemente dinnanzi a due modi di vedere l’ebraismo, e in base alla tua rivendicata assenza di dogmatismo, non hai alcuno strumento per dirmi che tu sia più ebrea di loro, o che i loro pensieri fossero meno ebrei dei tuoi, giacché come tu stessa dice il giudaismo è un cosmopolitismo delle idee.


“La frattura c'è stata. Ad un certo momento della storia si è verificata. Possiamo tentare di individuare le origini delle divisioni, cercare di indagare le origini storiche di questa progressiva separazione. Ma non possiamo negarla.”



Ma io non nego che ci sia stata una frattura, quello che nego è che in questa frattura sia stato il cristianesimo a staccarsi da un troncone principale. Il problema è che sia i farisei, sopravvissuti alla catastrofe del 70, sia i cristiani, pretendevano di essere il vero Israele. Gli ebrei diventanti cristiani inoltre, hanno elaborato una nuova definizione di cosa sia un ebreo, cioè la Chiesa come Israele spirituale. Ergo se un allargamento di cosa sia “ebreo” c’è stato, è stato fatto già 2000 anni fa da un gruppo che allora era legittimo quanto i farisei da cui deriva il giudaismo moderno. In sintesi: che ce ne facciamo dell’approvazione di che cosa sia ebreo del giudaismo contemporaneo, quando tu stessa dici che i giudei non hanno dogmi, e dunque il parere di un altro gruppo di giudei, vale a dire i giudeo-cristiani di 200 anni fa, è valido quanto quello dei farisei in seno all’ebraismo? O non è altrettanto valido? Ma allora, per dirmi che non è valido, devi deporre il tuo relativismo e dirmi che avete dei dogmi. Ribadisco: perché dovrei rifermi a quello che la corrente farisaica dei giudaismo mi dice circa chi è un ebreo, quando io posso rifarmi a quello che hanno detto altri ebrei 2000 anni fa, circa il fatto che i gentili possono essere anch’essi Israele?


“Veramente io questo non l’ho detto. Non vedo il motivo per cui mi stai attribuendo cose non dette, ne pensate, che ti premuri persino di dichiarare dogma,”



Non l’hai detto? La frase che a tuo avviso non avresti mai pensato, è la seguente che ti ho attribuito:
Ed è dunque così che tu escludi dall’ebraismo Paolo di Tarso, perché egli fu l’Apostolo dei Gentili. Ora il punto è, che, ancora una volta, senza darne conto, tu hai applicato quello che è un tuo DOGMA, e che tuttavia non dichiari come tale, per stabilire cosa è ebreo e cosa non lo è. Gli ebrei non fanno proselitismo.”
Il fatto che io abbia detto che, alla luce dei tuoi presupposti, non puoi considerare Paolo di Tarso giudeo, deriva da questa tua affermazione: “La frattura difatti si venne a creare allorché i cristiani iniziarono a svolgere attività missionaria presso i gentili di origine e cultura greco-romana.
Ora, se i sillogismi funzionano ancora, tu hai detto che è il proselitismo che ha prodotto la frattura tra ebrei e cristiani. Ma allora Paolo si può considerare il primo ebreo ad aver apostato in favore del cristianesimo, giacché è stato lui il principe dell’attività missionaria, che a tuo avviso è l’essenza di questa frattura, ergo Paolo non era più ebreo, a tuo dire.


“Capisco che pochi sono gli ebrei in rete che si prestano a dialogare con i cristiani, e dunque stai riversando su di me una marea di tematiche che andrebbero studiate e valutate con serietà e serenità d’animo”



Io capisco le tue risposte, almeno credo. Semplicemente non le trovo coerenti. Devi scusarmi, ma noi filosofi siamo abituati a leggere la “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel, e dunque ad avere a che fare con sistemi che abbiano una coerenza interna. Se qualcuno si contraddice, siamo le persone più indicate a farglielo notare, affinché ci dia conto, se può, di quella che a noi pare un’incoerenza interna al suo modo di pensare.


“Però al momento mi ricordi tanto la signora TdG che viene in visita a casa mia, la quale mi pone delle domande, e si offre le risposte da sola, attribuendole alla sottoscritta, per poter sviluppare il suo monologo, e alla fine del quale, dichiarare errato e falso il mio contributo.”



Una storia veramente triste. Ciononostante mi pare che tu stia tentando di replicare punto per punto a quello che dico, e che dunque il caso qui non sia similare, giacché tu parli abbondantemente.


“Mi sfugge dove io abbia mai scritto ciò che tu mi attribuisci. “



Allora mi rispiego. La frase che contesti è questa, giacché a tuo avviso mal interpreterebbe ciò che pensi:
“Tu, dicendo che questo è illecito, stai postulando che la rivelazione si fosse già chiusa, e che dunque questa aggiunta all’ebraismo non sia più ebraismo.”
Sto cioè domandando, se tu stessa ammetti i primi cristiani erano giudei, come sia possibile dire che costoro non potessero elaborarsi una loro teologia, e dunque avere pareri altrettanto legittimi di quelli delle corrente da cui tu derivi, su cosa sia il giudaismo. E, se i loro pareri erano altrettanto giudaismi in quanto prodotti da una corrente giudaica, perché sarebbero meno validi. O tu credi che la rivelazione fosse già chiusa, e che dunque le innovazioni apportate da questi giudei chiamati cristiani circa chi sia un giudeo siano invalide, oppure il fatto che questi giudei chiamati cristiani abbiano elaborato il concetto di Israele Spirituale riferito alla Chiesa, e la possibilità stessa del proselitismo, rende automaticamente questi due concetti giudaici al pari dei tuoi, sebbene appartenenti ad un'altra corrente. I tuoi sono giudaico farisaici, i nostri di quella corrente del giudaismo chiamata cristianesimo, la quale ha elaborato il concetto di Israele Spirituale, e dunque rigetta la definizione dei discendenti del fariseismo in base alla quale i cristiani non sono più giudei, quando invece sono anch’essi degli eredi. E, poiché i giudei divenuti cristiani erano giudei come i tuoi farisei, e infatti tu stessa hai detto che i primi cristiani erano giudei, ne deriverebbe che il giudaismo di matrice farisaica non possa rivendicare di poter dare lui solo i criteri di cosa sia giudeo, perché già duemila anni fa altri giudei come loro avevano dato altri criteri. Se il giudaismo è a-dogmatico e non ha leader, se una corrente vale l’altra, allora il parere del giudaismo talmudico non è il parere del giudaismo ma solo in un giudaismo, e legittimamente chi si rifà alla definizione di un altro giudaismo, quello che primi cristiani, può accettare come altrettanto legittime per stabilire chi sia ebreo le definizioni che queste persone, Paolo di Tarso in primis, diedero.


“Da chi va valutata se una disposizione legislativa ebraica lo sia? Da gli aborigeni australiani? Da una cerchia ristretta di filosofi non ebrei? Da popoli che sono retti da altri leggi e da altri sistemi di valori? Solo al popolo ebraico spetta di pronunciarsi in merito.”



Dal popolo ebraico, certamente, quello che ancora non è chiaro è che io non sono affatto d’accordo con te su chi sia il popolo ebraico.

Per Mario


“Infatti i problemi se li fanno solo loro (intendo i convinti bigotti) se fosse possibile ammettere che chi crede in maniera diversa da noi è ben accetto a prescindere se siamo d'accordo o no con quello in cui credono, i problemi non esisterebbero,”



Ma questa è a sua volta un’opinione che pretende di essere corretta, cioè che se tutti fossero relativisti non ci sarebbero conflitti. Ma come puoi sostenere che sia vera, più vera della mia, e dunque cercare di convincere ed argomentare in suo favore, se proprio questa opinione dice che nessuno deve pensare di essere nel vero? Credi che sia più corretta della mia? Allora non sei relativista. Quello che non hai ancora capito è che se sei relativista non puoi sostenere alcunché, nulla di nulla, perché ti turi la bocca nel momento stesso in cui la apri, dichiarando che la tua opinione è vera quanto quella del tuo interlocutore, che magari pensa il contrario. Se invece credi di aver ragione, allora è inutile che chiedi che io non pretenda di aver ragione, giacché tu fai la stessa cosa che faccio io, cioè pretendi che la tua posizione sia più corretta della mia.
In sintesi: che senso ha controbattere a qualcuno, se non credo che la sua opinione sia meno corretta della mia? Che senso ha cambiare qualunque opinione, e da antitrinitario diventare trinitario, se non è possibile credere che un’opinione sia più corretta di un'altra? E se invece esistono opinioni più corrette, e noi crediamo che lo siano, per quale ipocrisia non dovremmo dirlo?


“come non esisterebbero ad esempio le guerre, tanto care a chi imperterrito, giudica gli altri inferiori o strumento di Satana da combattere affinchè non inquinino i "puri".!”



Errore logico capitale, perché rendere equivalente il credere di essere nel vero e il voler imporre. Al contrario una fede che pretendere di essere vera può avere tra i suoi articoli l’intangibilità della persona umana e dei suoi diritti, e che dunque nessuno possa essere forzato alla conversione, sebbene si sappia oggettivamente che costui credere ad opinioni erronee.

Per Ghandi


“Scherzi a parte, credo anche io che il proselitismo sia una brutta cosa.”



Peccato che tu lo stia facendo anche adesso, stai infatti cercando di insegnarmi quale sia il modo corretto di discutere. Ma se credi che sia sbagliato insegnare e correggere, perché mi insegni e correggi circa il modo più consono di discutere?
Come tutti i relativisti che rifiutano di proclamarsi tali ma lo sono fino al midollo, ti confuti da solo.


“forse perchè ho fatto proselitismo per tanti anni e ora ho insofferenza a sentirne solo parlare.”



E poiché sei rimasto scottato, ora butti via il proverbiale bambino insieme all’acqua sporca. Spero che una valutazione serena del problema ti possa far cogliere il fatto che:
1)Il fatto che il proselitismo con lo scopo di convincere ad un’idea errata non implica che ogni proselitismo sia errato, né implica che tutte le idee valgano uguali. Sei stato complice di un’organizzazione che, per tua stessa ammissione, ti ha portato a predicare il falso, ma questo non implica che ogni predicazione sia errata.
2)Spero altresì che tu capisca come l’assenza di proselitismo sia impossibile, perché in qualunque occasione tu avrai un parere diverso dagli altri, e vorrai convincerli delle tue opinioni, stai partendo dal presupposto che tu hai ragione, e i tuoi amici sbagliano. Questo sarà vero sia quando parlerai di chi è stato il miglior calciatore del 2008, sia quando parlerai di politica, sia quando parlerai di religione. Discutere senza partire dal presupposto che quello che noi crediamo è più corretto di quello che pensa l’altro, è semplicemente impossibile. Ogni persona pensa che quello che dice sia vera, a meno che ovviamente non menta di proposito.


“Io non sono relativista, ma credo nel rispetto e nell'importanza di portare avanti un dialogo che tenga conto dell'altro...è proprio difficile come concetto?”



Ci credo anch’io, ma non vedo proprio come questo rispetto possa implicare che io pensi che le opinioni dell’altro siano valide per le mie. Una cosa del genere non solo non è raccomandabile, ma non è neppure possibile. Tu stesso, se risponderai a queste mie argomentazioni, starai supponendo che esse siano un modo errato di vedere la questione, e dunque vorrai loro controbattere.


“Es. Bush vuole portare la democrazia in iraq dall'alto, con aerei e bombe. Io credo invece che la democrazia parta dal basso, e fino a che un popolo non è capace da solo facendo da solo dei percorsi evolutivi che lo portino a migliorarsi noi non potremmo mai imporre loro la nostra democrazia. Come pensi sia possibile dialogare con quel popolo? Credendosi superiori o cercando di usare un linguaggio comprensibile a tutti?”



Mischi cose senza attinenza. Come già detto il ritenersi superiori non implica il volerlo imporre con la forza, cioè la ”strategia Bush”. Tu stesso, senza rendertene conto, hai affermato che la tua democrazia sia migliore delle loro forme di governo. Hai infatti parlato del fatto che debbano “evolversi”, e non dubiti minimamente che debbano giungere alla democrazia, giacché la ritieni la cosa migliore, bensì semplicemente sei in disaccordo col metodo delle bombe per esportarla. Ergo, da capo, anche tu ti ritieni superiore a loro, e io non cesserò di mostrartelo, perché come già detto è impossibile discutere senza credere che quello che si sta dicendo è vero.


“La tua arroganza è palesemente nel tuo DNA, fa parte di te, non vedi nemmeno quando sei offensivo e quando col tuo modo di porti uccidi il dialogo.”



Questo si chiama aggettivare e non argomentare. Mi sfugge quale sia l’argomentazione di questa riga, ergo ripeto la mia domanda: esistono le cose insensate? Se sì, perché presumo che anche per te i ragionamenti scorretti esistono, è una constatazione o un’ offesa dire che una cosa insensata è insensata? E’ una constatazione, giacché avremmo semplicemente chiamato una cosa col suo nome. Ora la domanda è se quello che tu hai detto appartenga o meno alla categoria delle cose insensate. Per mostrare questo ho dato delle argomentazioni, alle quali non ho avuto alcuna risposta.


“Non sono vecchio, ma il tuo modo di fare, tipico dei giovincelli istruiti, spero sia piegato dalla vita e da esperienze che tu possa fare per capire che si può dialogare per il gusto di farlo, senza per forza sentirsi superiori agli altri.”



Io invece penso che sia tuo il pregiudizio, cioè il credere che solo i giovani siano intemperanti e dalle forti opinioni mentre i vecchi sfumerebbero tutte le loro convinzioni. Posso farti dei contro esempi: il nostro papa, Benedetto XVI, non è certo giovane, eppure tu stesso l’hai accusato di essere il principe dei dogmatici.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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tosta questa discussione, davvero interessante, anche perchè affronta di petto cose che di tannto in tanto vengono a galla.

parlo non della discussione di cosa sia il vero ebraismo, ma sulla questione del dialogo.

spesso è stato scritto che chi ha delle idee (ideologia, religione o filosofia) molto forti, finisce col dare il destro alla mancanza di rispetto dell'altrui libertà.
Come se l'avere delle convinzioni (al contrario dei relativisti) porti necessariamente alla conflittualità.
Peccato, che come ben ha spiegato Polymetis, anche i relativisti hanno le loro forti convinzioni, anche loro hanno un attegiamento di superiorità nei confronti di chi non la pensa come loro, anche loro vorrebbero imporre la loro visione relativista a tutto il mondo (in questo sono missionari quanto i proselitisti di qualunque religione), convinti che la loro Verità, sia la garanzia della pace e del benessere dei popoli.

si continua ad affermare che chi crede di essere nella verità, finisca col voler imporre e venir meno al rispetto per gli altri.
Ma lo stesso fanno coloro che fanno tali affermazioni, convinti di essere nella verità (la verità del relativismo) e trattando come un "barbaro" coloro che hanno altre verità.





condivido ciò che dice l'allora Card. Ratzinger:

"La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni." Dominus Jesus, 22





[Modificato da predestinato74 18/01/2009 16:27]






"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



18/01/2009 16:53
 
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Re:
predestinato74, 18/01/2009 16.23:







condivido ciò che dice l'allora Card. Ratzinger:

"La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni." Dominus Jesus, 22







Mi trovo d'accordo con quello che dice Ratzinger, la pari dignità delle parti è indispensabile per portare avanti un dialogo.
Ma sei veramente convinto che se una persona crede veramente che Gesù sia Dio, e che crede di far parte dell'unica chiesa da lui fondata, possa nel tempo perseverare nel dare pari dignità alle parti nel dialogo? Ti risulta che nella storia, si sia data pari dignità alle parti in una dialogo?
Credi veramente che se sei convinto di essere seguace dell'unico vero fondatore e unico uomo fatto Dio riesci a dare pari dignità al tuo interloqutore in un dialogo?
Ti senti superiore e se potessi, la storia lo dimostra, finisci con lo schiacciare l'altro appena si dimostra contro le tue convinzioni.

ciao
marco


18/01/2009 17:17
 
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Re: Re:
.gandhi., 18/01/2009 16.53:


Mi trovo d'accordo con quello che dice Ratzinger, la pari dignità delle parti è indispensabile per portare avanti un dialogo.
Ma sei veramente convinto che se una persona crede veramente che Gesù sia Dio, e che crede di far parte dell'unica chiesa da lui fondata, possa nel tempo perseverare nel dare pari dignità alle parti nel dialogo? Ti risulta che nella storia, si sia data pari dignità alle parti in una dialogo?
Credi veramente che se sei convinto di essere seguace dell'unico vero fondatore e unico uomo fatto Dio riesci a dare pari dignità al tuo interloqutore in un dialogo?
Ti senti superiore e se potessi, la storia lo dimostra, finisci con lo schiacciare l'altro appena si dimostra contro le tue convinzioni.

ciao
marco






ecco da dove nasce il problema, la Storia.
La religione porta a tagliare la gola al fratello, lo dimostra la storia!

Ma posso affemare con ragione, che siccome nella storia, l'uomo ha ripetuto "l'uccisione di Abele" fin dalle origini, allora non c'é nessuna speranza; l'uomo è malato, ingannatore, superbo, portato al male e alla strage, lo dimostra la storia.....
Ne concludiamo che é meglio porre fine all'esistenza della razza umana?

Si, l'uomo è malato, portato per sua natura alla sopraffazione dell'altro, e questo al di là dell'ideologia, religione, filosofia di cui si fa portatore.
Vorrei ricordare (e troppo spesso si dimentica) che anche in nome della liberazione dell'uomo dalla religione, anche in nome della laicità, anche in nome della libertà e della tolleranza si sono versati fiumi e fiumi di sangue! Il 19° e il 20° secolo insegnano molto a riguardo.

e....chi avrebbe mai detto che pure una religione così tollerante e amorevole, come l'induismo, avrebbe potuto generare odio, discriminazione e intolleranza? (21° secolo!!)

Bisogna prendere atto, che per quanto buone possano essere le idee di cui gli uomini si fanno portatori, "i vasi sono sempre di creta"!!
o per dirla in modo più incisivo, l'Uomo sempre bestia é!!

ma grazie a Dio, se nella storia vi furono portatori malati di principi sani, è altrettanto vero che vi furono anche portatori sani di principi sani.


Un'altro elemento di cui tener conto è che il messaggio cristiano, non é un monolite, esso cresce con gli uomini, di generazione in generazione. (vedi la schiavitù e lo sviluppo dei diritti fondamentali dell'Uomo)






"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



18/01/2009 17:29
 
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Re: Re:
.gandhi., 18/01/2009 16.53:


Mi trovo d'accordo con quello che dice Ratzinger, la pari dignità delle parti è indispensabile per portare avanti un dialogo.
Ma sei veramente convinto che se una persona crede veramente che Gesù sia Dio, e che crede di far parte dell'unica chiesa da lui fondata, possa nel tempo perseverare nel dare pari dignità alle parti nel dialogo? Ti risulta che nella storia, si sia data pari dignità alle parti in una dialogo?
Credi veramente che se sei convinto di essere seguace dell'unico vero fondatore e unico uomo fatto Dio riesci a dare pari dignità al tuo interloqutore in un dialogo?
Ti senti superiore e se potessi, la storia lo dimostra, finisci con lo schiacciare l'altro appena si dimostra contro le tue convinzioni.

ciao
marco




Condivido pienamente, infatti è la storia stessa a darci ragione, se io sono convinto di essere nella verità (il che è ben diverso dal determinare che alcune cose siano più plausibili di altre (vedi esempio trinitario che mi ha fatto poly))automaticamente pongo gli altri che non condividono la mia verità, nella falsità e la storia ci insegna che credendosi superiori in tal senso, si finisce per combattere ciò che si ritiene falso e contaminante, chi non crede di avere una verità assoluta invece si pone umilmente alla pari degli altri e non vi è necessità di scontri, ne tanto meno di guerre, verbali o vere che siano.


Ciao
MArio


18/01/2009 18:30
 
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Perdonami, Mario, ma stai scivolando nel paradosso (il che è tipico di tutti i pensatori deboli e dei relativisti). Tu dici che chi crede di non possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri perché non si crede superiore agli altri, ma affermando ciò stai dicendo che è vero che hi crede di non possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri perché non si crede superiore agli altri, per cui che è vero che chi non crede di non possedere la verità assoluta possiede una verità assoluta, cioè che chi non crede di possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri.
La questione è che chiunque creda qualcosa deve necessariamente credere che chi non crede quella cosa sia in errore sulla medesima. Il problema nasce dal fatto che un certo pensiero moderno si è costruito un idolo che chiama “pensiero dogmatico” e lo immagina come qualcosa di monolitico e chiuso in sé stesso, mentre nulla potrebbe essere più lontano dal modo in cui molti “dogmatici” si rapportano al proprio sapere. Io, ad esempio, in quanto neo-tomista, sono convintissimo di possedere determinate verità, ma al contempo sono persuaso del fatto che il mio sapere è tutt'altro che definitivo e che, pertanto, possa essere ampliato in modo indefinito, anche attraverso il confronto con chi la pensa in modo opposto rispetto a me su quelle verità che per me sono imprescindibili ed assolutamente certe.

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Deus non deserit si non deseratur
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18/01/2009 18:42
 
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Re:
Trianello, 18/01/2009 18.30:

Perdonami, Mario, ma stai scivolando nel paradosso (il che è tipico di tutti i pensatori deboli e dei relativisti). Tu dici che chi crede di non possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri perché non si crede superiore agli altri, ma affermando ciò stai dicendo che è vero che hi crede di non possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri perché non si crede superiore agli altri, per cui che è vero che chi non crede di non possedere la verità assoluta possiede una verità assoluta, cioè che chi non crede di possedere la verità assoluta è più tollerante verso gli altri.
La questione è che chiunque creda qualcosa deve necessariamente credere che chi non crede quella cosa sia in errore sulla medesima. Il problema nasce dal fatto che un certo pensiero moderno si è costruito un idolo che chiama “pensiero dogmatico” e lo immagina come qualcosa di monolitico e chiuso in sé stesso, mentre nulla potrebbe essere più lontano dal modo in cui molti “dogmatici” si rapportano al proprio sapere. Io, ad esempio, in quanto neo-tomista, sono convintissimo di possedere determinate verità, ma al contempo sono persuaso del fatto che il mio sapere è tutt'altro che definitivo e che, pertanto, possa essere ampliato in modo indefinito, anche attraverso il confronto con chi la pensa in modo opposto rispetto a me su quelle verità che per me sono imprescindibili ed assolutamente certe.




Adriano caro, tu puoi rovesciare il ragionamento come meglio credi (pensatore debole comunque ci sarà tua sorella... [SM=g27830] ) sta di fatto che quello che ho scritto sopra sia quello che ho sperimentato di persona, vivendo in un regime teocratico (dove si affermava di possedere la verità) e guardando gli altri regimi teocratici (CC inclusa oltre quello islamico) per non parlare delle verità politiche vedi comunismo e fascismo.
Non è certo mia intenzione far cambiare isdea a te o a chiunque altro, voi avete detto la vostra e noi ugualmente, ovviamente non ci può essere intesa, ma non è denigrando il prossimo che non la pensa come voi che risolvete nulla.
Ciao
Mario
18/01/2009 19:08
 
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Mah, vedo che leggi poco i miei post, perchè se lo avessi fatto noteresti come spesso ho dato ragione e mi sono trovato d'accordo con molti ragionamenti di Poly.


Il problema non è di quante volte hai dato ragione o torto, ma che consideri offensivo il fatto che ti si voglia semplicemente confutare, non con la violenza, ma con la logica e la ragione.

Da questa frase “Il divino Aristotele diceva “Amicus Plato, sed magis amica veritas”(ovviamente non in latino), cioè “mi è amico Platone, ma più amica la verità”. Dire ad una persona che ha detto una cosa insensata, perché s’è confutato da solo, non è un’offesa ma una semplice constatazione. Chi pretende che non ci sia nulla da insegnare, ma poi è il primo ad insegnare come si dovrebbe dialogare, evidentemente s’è contraddetto da solo”,
tu hai evinto addirittura che il tuo interlocutore è “palesemente arrogante nel suo DNA”, che “è offensivo e non se ne rende conto” e che “uccide il dialogo”.
Mi piacerebbe sapere quale frase o parola tra quelle sopra riportate possa in qualche modo giustificare questi commenti. Mi sembra un chiaro eccesso di difesa.

Ho trovato estremamente fastidioso dire che molti foristi in questa discussione hanno detto "cumuli di insensatezze", l'ho ribadito, e il signorino in questione ha risposto a merito. Aggiungo...il termine cumuli mi ha dato fastidio, perchè denota una certa dose di arroganza, come se gli altri stessero accatastando cumuli di stron..te con i loro post, mentre lui, l'illuminato e istruito saggio, a scrivere cose logiche e giuste. Credi si possa dialogare così? Dubito!


Quindi il termine insensatezza, anche se poi esattamente dimostrata, è per te terribilmente offensivo, mentre “il signorino”, “l’illuminato e istruito saggio (con evidente ironia)”, “questo signore”, “il nostro plurilaureato giovincello” (come se fosse una colpa essere laureati), che sono , questi sì, tutti attacchi ad personam, vanno bene?
Posso dirti che questo suona piuttosto incoerente, o sono offensivo?
Il dialogo va bene, purchè la pensi come me?

Illuminami amico, quale motivo inconscio ti spinge da farti correre in soccorso del nostro plurilaureato giovincello che se la sa cavare da solo?


Non serve che tu sforzi troppo la tua fantasia, figliolo; non avevo affatto sentito il bisogno di correre in soccorso di Polimetys al quale, come tu stesso affermi, non serve aiuto, soltanto avevo visto nei tuoi commenti un pizzico di "due pesi e due misure".

Sandro

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Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
18/01/2009 19:23
 
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“Ma sei veramente convinto che se una persona crede veramente che Gesù sia Dio, e che crede di far parte dell'unica chiesa da lui fondata, possa nel tempo perseverare nel dare pari dignità alle parti nel dialogo? Ti risulta che nella storia, si sia data pari dignità alle parti in una dialogo?”



C’è un errore logico nella tua argomentazione. Primo Levi diceva giustamente “è accaduto, dunque potrebbe accadere ancora”. Tu invece vorresti trasformare la frase in “è accaduto, quindi deve accadere ancora”. Un salto logico davvero notevole. In questo caso il cattolico, oltre al fatto di essere nel vero, sa anche che questo “vero” da lui professato gli impone il rispetto dei diritti umani. Se credesse di essere nel vero una persona la cui religione gli impone di convertire gli infedeli con la forza, allora avresti di che preoccuparti, mentre non ne avresti se colui che crede di essere nel vero, ha come Credo proprio una religione che impone di non convertire con la forza.
Il fatto che a volte gli assertori della verità siano divenuti dei dittatori, non può autorizzarci a pensare che allora tutti i non relativisti diverranno dei dittatori. Tu confondi due cose, e cioè due tipi di causa:
a)Il primo tipo di causa è l’elemento senza il quale un effetto non potrebbe prodursi, ma che non causa l’effetto. Ad esempio il fatto che nella nostra atmosfera ci sia l’ossigeno è ciò che fa sì che gli incendi appiccati si propaghino, perché se non ci fosse l’aria non ci sarebbero le fiamme. Tuttavia non è l’ossigeno la causa degli incendi, bensì l’accendino del piromane. L’ossigeno è semplicemente la conditio sine qua non dello sviluppo di un incendio, non la causa del medesimo.
b)Il secondo tipo di causa, è ciò che “materialmente” scatena l’effetto, per l’appunto l’accendino del piromane.

Nel nostro caso è vero che non può darsi persecuzione a meno che il persecutore non creda di essere nel vero, ma questa è la contidio sine qua non della persecuzione, e non la causa della persecuzione medesima, la quale non risiede nel fatto che l’inquisitore creda di essere nel vero, bensì nel fatto che lo voglia imporre.


“Ti senti superiore e se potessi, la storia lo dimostra,”



La storia non dimostra nulla circa il futuro. Questo errore è noto il logica come paradosso del tacchino induttivi sta. Il fatto che nella tua vita tu abbia visto solo cigni bianchi, non implica che tutti i cigni siano bianchi. La storia (a volte) è andata così, ma ciò non implica che andrà sempre così.

Per Mario


“Condivido pienamente, infatti è la storia stessa a darci ragione, se io sono convinto di essere nella verità (il che è ben diverso dal determinare che alcune cose siano più plausibili di altre (vedi esempio trinitario che mi ha fatto poly))automaticamente pongo gli altri che non condividono la mia verità, nella falsità”



Dunque la distinzione che poni è tra il credere di essere nella verità e il credere che una cosa sia più probabile di un’altra. In realtà bisogna capirci. Perché chi crede che una cosa sia più probabile di un’altra, pensa comunque che quella cosa sia vera, e dunque si basa su di essa per vivere. Questo non toglie che, poiché credi una cosa più probabile di un'altra, considererai automaticamente questa seconda cosa scorretta in base ai dati che ti hanno fatto propendere per la tua scelta. Comunque quando ho detto che non si può non partire dal presupposto di essere nel vero in un dialogo, intendevo esattamente questo, cioè che io parto dalla convinzione che quello che dico è vero. Non intendevo dire che parto dal presupposto che nessuno, qualunque cosa presenti, potrà mai convincermi del contrario di quello che penso. Non potrei mai affermare una cosa del genere, proprio perché non so cosa gli altri mi presenteranno. Che questo fosse il mio punto di vista, mi sembrava di averlo già chiaramente messo in luce con quella citazione di Platone, dove si mettono insieme le due cose, cioè il fatto che si deve partire convinti di dire il vero, ma se vieni confutato allora buon per te, perché sei stato liberato da un errore. Questa è ben diversa dalla posizione relativista in base alla quale nessuno deve partire dal presupposto che quello che crede è vero. Io infatti posso partire in una discussione dal presupposto che quello che credo è vero, ma accettare il fatto che, dinnanzi a delle prove contrarie, potrei cambiare idea.


“Adriano caro, tu puoi rovesciare il ragionamento come meglio credi”



Poteva e l’ha fatto, e pare che tu non abbia obiettato nulla al riguardo. Infatti tu hai appena preteso di affermare una verità forte, e cioè che chi non crede di essere nella verità è più tollerante. Hai cioè affermato implicitamente che questo modo di pensare, il tuo, sia migliore del nostro, ma così facendo ti sei contraddetto, perché hai giudicato il tuo pensiero superiore al nostro, e tuttavia la tua argomentazione era proprio il sostenere che nessuno deve giudicare il suo pensiero più vero di quello degli altri (pena le faide). Ma, se così è, e dunque non consideri il tuo pensiero superiore al nostro, perché ci replichi tentando di correggerci, visto che il tuo pensiero non sarebbe migliore? Come vedi, non puoi che contraddirti. Sei in una posizione insostenibile. Le tue esperienze passate, e dunque dei fattori emotivi, ti stanno portando ad abbracciare una posizione che non è logicamente coerente.


“pensatore debole comunque ci sarà tua sorella.”



Trianello ha dimenticato che non stava parlando con un filosofo di professione, ed ha dunque omesso di spiegarti che stava usando un termine in senso tecnico. “Pensiero debole” non è un’offesa, è un termine tecnico per riferirsi ad una corrente di pensiero, che rivendica per se stessa questo nome tra parentesi (si pensi al prof. Vattimo a Torino, che è il caposcuola di questa corrente. O lo era? Di recente ha pubblicato dei testi molto strani).


“sta di fatto che quello che ho scritto sopra sia quello che ho sperimentato di persona, vivendo in un regime teocratico”



Non sequitur. Il fatto che tu abbia sperimentato che credere di essere nel vero porti all’intolleranza, non implica che questo avverrà sempre. Come già scritto penso che la tua personale esperienza coi tdG ti abbia portato a scambiare qualsiasi altra istituzione che pretenda di avere delle credenziali divine con la WTS stessa. In sintesi: sei rimasto scottato dall’autorità e dunque ne hai indebitamente concluso che sia l’autorità stessa il male, e non invece il modo particolare in cui ne sei stato vittima, cioè la denominazione WTS. Io ti vorrei pregare di valutare vari casi singolarmente, per non accecarti volutamente, e non impedire nulla a priori.


“Non è certo mia intenzione far cambiare isdea a te o a chiunque altro”



Allora perché ci replichi?


“ovviamente non ci può essere intesa, ma non è denigrando il prossimo che non la pensa come voi che risolvete nulla”



Non credo d’aver denigrato nessuno, e soprattutto non credo d’aver denigrato te.

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sta di fatto che quello che ho scritto sopra sia quello che ho sperimentato di persona, vivendo in un regime teocratico



Perdonami, caro Mario, ma quello dei TdG è un movimento settario che si oppone esplicitamente all'uso del logos, il che conduce il TdG medio ad una concezione del mondo im bianco e nero che tutto è tranne che razionale. Il geovismo, mi si perdoni l'espressione forte, è la parodia di quel Cristianesimo in cui io credo e che ha prodotto pensatori del calibro di Agostino, Tommaso, Pascal, Maritain, ecc.
[Modificato da Trianello 18/01/2009 19:37]

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18/01/2009 19:42
 
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Polymetis, 18/01/2009 19.23:

Per .Gandhi



C’è un errore logico nella tua argomentazione. Primo Levi diceva giustamente “è accaduto, dunque potrebbe accadere ancora”. Tu invece vorresti trasformare la frase in “è accaduto, quindi deve accadere ancora”. Un salto logico davvero notevole. In questo caso il cattolico, oltre al fatto di essere nel vero, sa anche che questo “vero” da lui professato gli impone il rispetto dei diritti umani. Se credesse di essere nel vero una persona la cui religione gli impone di convertire gli infedeli con la forza, allora avresti di che preoccuparti, mentre non ne avresti se colui che crede di essere nel vero, ha come Credo proprio una religione che impone di non convertire con la forza.

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Per carità bel post...ma tutte ste parole e alla fine l'unica garanzia che tu mi dai che non possiate diventare come gli altri è che la vostra fede vi impone di non essere come gli altri?
Mah, poi l'esempio che hai fatto in seguito non lo considero convincente perchè credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altro, la storia lo dimostra ed è inutile che dici di no o che fai un sacco di discorsi per dimostrare il contrario.

ciao
marco





18/01/2009 19:45
 
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Re: Re:
.gandhi., 18/01/2009 19.42:


Per carità bel post...ma tutte ste parole e alla fine l'unica garanzia che tu mi dai che non possiate diventare come gli altri è che la vostra fede vi impone di non essere come gli altri?
Mah, poi l'esempio che hai fatto in seguito non lo considero convincente perchè credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altro, la storia lo dimostra ed è inutile che dici di no o che fai un sacco di discorsi per dimostrare il contrario.

ciao
marco









Stessa identica "lunghezza d'onda"...
ciao
Mario
[Modificato da (Mario70) 18/01/2009 19:45]
18/01/2009 19:53
 
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Mah, poi l'esempio che hai fatto in seguito non lo considero convincente perchè credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altro, la storia lo dimostra ed è inutile che dici di no o che fai un sacco di discorsi per dimostrare il contrario.



Dì la verità: ma davvero tu non ti accorgi del fatto che dire che "credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altro" presuppone che si creda di essere nel giusto nell'asserire ciò e pertanto implica una contraddizione?

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18/01/2009 20:05
 
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Dal popolo ebraico, certamente, quello che ancora non è chiaro è che io non sono affatto d’accordo con te su chi sia il popolo ebraico.



Sull’identità ebraica pretendono di disquisire un po’ tutti, ed in genere ciascuno si fa persuaso di cosa dovrebbe caratterizzarla. Poi ovviamente si deve passare dal mondo delle idee alla realtà dell’autocoscienza ebraica. E allora quello che a conti fatti poteva andare bene sulla carta (o in un ragionevolissimo discorso), non regge più all'evidenza dei fatti.


Vorrei tentare di rispondere, ma le domande che mi poni sono tantissime. Ogni domanda richiede, almeno per me, un’opportuna riflessione e trattazione. Allora due sono le scelte:
1)rispondere a quante più domande poste ma frettolosamente e in modo superficiale stile quiz.
2)rispondere compiutamente ad ogni singola domanda.

Nella prima ipotesi, i fraintendimenti non si potranno evitare (vedi Paolo e la conversione dei gentili). Nella seconda, finirei con inoltrare post illeggibili perché kilometrici. Per cui, mi chiedo: cosa proponi? Come ne veniamo fuori?


[Modificato da Topsy 18/01/2009 20:07]
18/01/2009 20:10
 
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Per Gandhi


"Per carità bel post...ma tutte ste parole e alla fine l'unica garanzia che tu mi dai che non possiate diventare come gli altri è che la vostra fede vi impone di non essere come gli altri? "



Non ho bisogno di darti alcuna garanzia, il tuo ragionamento è errato sia che te le dia, sia che non te le dia. Tu scambi la possibilità che qualcuno divenga intollerante con la certezza che diventi intollerante, ed è questo che non ti sei minimamente degnato di argomentare. Non hai cioè mostrato dove starebbe la connessione logica tra il fatto che qualcuno pretenda di essere nel vero, e il fatto che voglia imporlo. Questi due eventi sono una catena causale possibile, e non necessaria. Il primo infatti è la conditio sine qua non del secondo, e non la causa efficiente del secondo. Se anche io diventassi Hitler, e imponessi a tutti il cattolicesimo con la forza, questo non vorrebbe ancora dire che il prossimo cattolico che proclami di essere nel vero si comporterebbe come me, che sono stato la reincarnazione di Hitler. Il tuo errore come già spiegato ha un nome tecnico, si chiama paradosso del tacchino induttivista, e lo puoi trovare su qualsiasi manuale di logica sotto la voce "induttivismo", o forse sotto le voci "Russel" e "Popper", cioè i suoi ideatori.


"Mah, poi l'esempio che hai fatto in seguito non lo considero convincente perchè credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altr"



No, al contrario, credere di essere nel giusto è la precondizione di qualsiasi dialogo, e non può mai darsi dialogo senza questa condizione. Tu stesso stai cercando di convincermi della tua opinione, ergo la ritieni giusta. Te l'ho gioà detto: ti confuti da solo. Se infatti non sostieni che la tua opinione sia giusta, perché mi rispondi?


"la storia lo dimostra"


La storia non dimostra mai nulla. non c'è implicazione tra le due frasi "è accaduto" e "deve accadere ancora". Come già detto l'unica implicazione possibile è "è accaduto, ergo potrebbe accadere ancora". Il resto, è una fantasia.


" la storia lo dimostra ed è inutile che dici di no o che fai un sacco di discorsi per dimostrare il contrario.”



Ma guarda come si contraddice bene il relativista che non crede di essere nel giusto! Ma scusa, se non credi di dire il vero, come ti salta in mente di scrivere che quello che pensi è addirittura "dimostrato" (verbo che tu hai usato)! E, ancor più, come ti salta in mente di affermare che è addirittura inutile che io provi a convincerti del contrario? Dunque non solo tu credi ad un dogma, e cioè la tua opinione, ma addirittura ritieni impossibile che qualsivoglia dialogo ti faccia cambiare idea! Ti sei auto-contraddetto su tutta la linea, e sono stanco di mostrartelo. Tu infatti replichi evitando sistematicamente questo punto, che scardina e distrugge il tuo ragionamento: se mi replichi infatti, automaticamente stai pensando che quello che dici sia più giusto di quello che dico io, ma la contraddizione è proprio che sostieni il contrario, e cioè che non sia corretto partire dal presupposto di avere ragione nel dialogare!
Rileggiti quello che scrivi, e renditi conto che i superbi non siamo noi ma tu, che non solo credi ad un assoluto come noi, ma per di più sei incapace di accettare ed ammettere che credi ad un assoluto. Saremmo noi quelli che rendiamo impossibile il dialogo, quando tu stesso scrivi che nulla di quello che diremmo potrebbe farti cambiare idea? E che cos’è questa se non la presunzione non solo di essere nel vero, ma addirittura la pretesa che il nostro “vero” non potrebbe essere scalfito da nessuna argomentazione?

Per Mario


"Stessa identica "lunghezza d'onda"... "



In questo caso, ti sei autoconfutato come il tuo amico Gandhi.

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Per Topsy


“E allora quello che a conti fatti poteva andare bene sulla carta (o in un ragionevolissimo discorso), non regge più all'evidenza dei fatti.”



“Vero in teoria ma non in pratica” è un sofisma che non s’è mai capito che senso avrebbe, giacché viene da chiedersi in base a che strumenti, se non quelli offerti dalla teoria, si dovrebbero leggere i “dati” che mostra la pratica. Noi leggiamo tutto il mondo in base a degli schemi concettuali, e non esistono “fatti” fuori da questi schemi. Parlare di “vero” e di “falso” implica già di per sé un riferimento alla teoria, giacché la verità è la corrispondenza tra il piano del discorso e il piano del reale. Non si dà dunque un vero nel reale che sia fuori dal discorso.


“Poi ovviamente si deve passare dal mondo delle idee alla realtà dell’autocoscienza ebraica. “



Si potrebbe passare all’autocoscienza ebraico se prima fossimo d’accordo quali sono le autocoscienze che dobbiamo guardare, giacché se ovviamente non sia d’accordo su chi siano gli ebrei, non possiamo neppure essere d’accordo su quale autocoscienza di popolo dobbiamo guardare. Inoltre preciso che l’autocoscienza degli ebrei del presente nella mia argomentazione è irrilevante, perché essa punto proprio sulla diversa autocoscienza di alcuni ebrei del passato, che hanno dato definizioni diverse da quelle date ieri e oggi da altri ebrei.


“Nella prima ipotesi, i fraintendimenti non si potranno evitare (vedi Paolo e la conversione dei gentili). Nella seconda, finirei con inoltrare post illeggibili perché kilometrici. Per cui, mi chiedo: cosa proponi? Come ne veniamo fuori”



Ti dirò, dipende. Io non ho problemi né a leggere risposte brevi, né a leggere risposte lunghe. Il problema è se tu abbia voglia di rispondermi, perché mi rendo conto che richiede tempo, e, fossi al tuo post, io non so se troverei la voglia di scrivere. Ergo fa come ritieni più opportuno, o, se non vuoi sprecare tempo a battere coi tasti, possiamo sentirci via telefono. Nel caso prevedessi che la conversazione sarebbe lunga, con grande dispendio di capitale, potremmo utilizzare anche servizi gratuiti come la videochiamata su msn o Skype (che ho installato tempo fa e mai più usato.)

Ad maiora
[Modificato da Polymetis 18/01/2009 20:26]
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18/01/2009 22:24
 
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credere di essere nel giusto porta di per se alla mancanza di dialogo con l'altro, la storia lo dimostra ed è inutile che dici di no o che fai un sacco di discorsi per dimostrare il contrario.



quindi mario70 e gandhi non sono capaci di dialogare, sono pieni di sé, superbi e cercano di sopraffare gli altri con la violenza fisica o verbale! siete d'accordo vero?

oppure siete delle eccezioni alla regola? e se siete delle eccezioni (come sono certo) allora cosa vi impedisce di credere che anche altri, pur ritenendo di essere nel vero (come voi) , non siano capaci di accoglienza, rispetto e umiltà?

in realtà mi rendo conto che sono le brutte esperienze che vi portano a questo ragionamenti (contraddittori).
IO per esempio (liberi di credermi o considerarmi un apologeta ipocrita) ho avuto tutt'altra esperienza. Ho incontrato credenti, che pur certi della loro fede, hannouna grande umiltà ed una capacità di accoglienza e di rispetto esemplari.
Tali incontri sono stati vitali per la mia fede, ma questa è un'altra storia.

[SM=x570892]
[Modificato da predestinato74 18/01/2009 22:24]






"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



18/01/2009 23:51
 
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Re:
Polymetis, 18/01/2009 20.25:


Inoltre preciso che l’autocoscienza degli ebrei del presente nella mia argomentazione è irrilevante, perché essa punto proprio sulla diversa autocoscienza di alcuni ebrei del passato, che hanno dato definizioni diverse da quelle date ieri e oggi da altri ebrei.



L'ebraismo è la costruzione nel tempo di un'identità culturale, è proprio complessivamente nel "movimento" che va colta una tale identità e lo storico non può prescindere dal dato offerto dall'autocoscienza ebraica che è appunto "dinamica". L'ebraismo costituisce un' entità vivente soggetta a continue trasformazioni, in cui popolo, terra, legge, fede, tutte queste cose combinate assieme, vengono colti in "un'esperienza storica unitaria", tenuta insieme da un "filo ininterrotto", da una forte, essenziale coerenza che porta storici e ricercatori a dedicarci anni di studio dietro. Come minimo occorrerebbe documentarsi a questo riguardo, prima di affrontare simili discorsi.


Noi leggiamo tutto il mondo in base a degli schemi concettuali, e non esistono “fatti” fuori da questi schemi.



Perfetto, quindi sii preparato: in simili trattazioni, viene presa in esame la "storia del popolo ebraico". Alla voce "storia" il Nuovo Zingarelli riporta: l'insieme di eventi umani considerati nel loro svolgimento; narrazione sistematica dei fatti memorabili della collettività umana fatta in base a un metodo d'indagine critica. Narrazione di fatti d'ordine politico, sociale, religioso, economico e sim. ect..."

Ma dato che tu hai precisato come l’autocoscienza degli ebrei del presente nella tua argomentazione è irrilevante, e dunque nessun ebreo di oggi avrebbe voce in capitolo nel esprimere i tratti distintivi del popolo ebraico, non l'avranno tantomeno nè gli storici, nè i sociologi, per i quali, ciò che conta è proprio il modo in cui gli ebrei pensano se stessi.


[Modificato da Topsy 19/01/2009 02:46]
19/01/2009 10:13
 
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Niente. Mi sono autoconfutato!!!! [SM=x570867] [SM=x570867]


omega [SM=x570880]
19/01/2009 13:13
 
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"L'ebraismo è la costruzione nel tempo di un'identità culturale, è proprio complessivamente nel "movimento" che va colta una tale identità e lo storico non può prescindere dal dato offerto dall'autocoscienza ebraica che è appunto "dinamica". L'ebraismo costituisce un' entità vivente soggetta a continue trasformazioni, in cui popolo, terra, legge, fede, tutte queste cose combinate assieme, vengono colti in "un'esperienza storica unitaria", tenuta insieme da un "filo ininterrotto", da una forte, essenziale coerenza che porta storici e ricercatori a dedicarci anni di studio dietro"



Io non dubito che ci sia un filo-ininterrotto dal passato al presente, quello su cui divergiamo è per l'appunto dove vada colto questo filo ininterrotto. Quando dico che l'autocoscienza di quelli che per te oggi sono i soli ebrei per me è irrilevante, lo dico perché non penso affatto che essi siano l'unico "filo ininterrotto" di storia ebraica a cui guardare per vedere che cos'è l'ebraismo. Se, come ripeto, degli ebrei hanno allargato 2000 anni fa la definizione di cosa sia ebraico, e il parere di questa corrente è giudaico quando quello della concorrente linea farisaica, allora quello che dicono gli i discendenti del giudaismo talmudico di oggi è irrilevante perché alle loro spalle, ben 2000 anni fa, s'è creato un altro filo, legittimo come il loro, il quale vede anch'esso nella storia biblica uno svolgimento che porta fino a se stesso, e un filo rosso che continuerà fino alla fine dei tempi. Dicendomi che la storia ebraica va considerata dal suo passato fino al presente, tu continui a fare l’errore metodologico di identificare questa storia con la tua corrente, stupendoti dunque del fatto che qualcuno possa considerarla non rilevante. Ma proprio perché la mia argomentazione sta ben più a monte, e si basa proprio sul fatto che il giudaismo come tu lo concepisci non sia affatto l’unica corrente o una corrente privilegiata, allora evidentemente per confutare quello che dico devi confutare sulla base di questa radice.


"Ma dato che tu hai precisato come l’autocoscienza degli ebrei del presente nella tua argomentazione è irrilevante, e dunque nessun ebreo di oggi avrebbe voce in capitolo nel esprimere i tratti distintivi del popolo ebraico"



Questo perché, come ripeto, avrebbero voce in capitolo unicamente qualora fossero il solo popolo ebraico, l'unica corrente dell'ebraismo. Quello che contesto invece è proprio questo. Il parere da ascoltare per sapere che cos'è ebraico è dunque anche il loro, ma non solo il loro. Non si vede come, in un sistema a-dogmatico, si possa negare la validità dell’elaborazione teologica di qualsiasi altra corrente, in questo caso una corrente di duemila anni fa, e di quelli che derivano da queste altre correnti.

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Noto che hai evitato di tenere conto di ciò che ti suggerivo. Ma la Ca’ Foscari non dovrebbe includere in corsi di antropologia culturale, “Storia degli ebrei”?
Studiala la storia e il fondamento di questa identità ebraica, documentandoti, se è tuo sincero interesse riuscire a cogliere ciò che al momento sembra sfuggirti, prima ancora di volerla o volermi confutare. Eppure le indicazione te le ho offerte. Sono certa che hai già constatato da te quanto sia indicativo la circostanza che la stessa Chiesa si sia proposta come nuovo “popolo di Dio”, e non nuovo “popolo ebraico”. E anche quando fa riferimento a sé stessa come “nuovo/vero Israele” mette in evidenza come non vi è più nulla di "particolaristico" in ciò; una tale nuova collettività costituisce l’insieme degli uomini uniti da vincoli soprannaturali, consistenti nella partecipazione di Cristo-Verbo incarnato ( "corpo mistico di Cristo") che raccoglie gente di ogni razza, lingua e nazione.
Da Paolo di Tarso, passando per i Padri della Chiesa sino ad oggi, con particolare attenzione ai documenti ufficiali del dialogo interreligioso ebraico-cristiano, i cristiani impegnati, hanno mostrato di comprendere quali siano i tratti distintivi del popolo ebraico nel tempo, alla stessa stregua degli ebrei (anche per il solo fatto di volersene distinguere).

[Modificato da Topsy 19/01/2009 19:39]
19/01/2009 20:07
 
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"Studiala la storia e il fondamento di questa identità ebraica, documentandoti, se è tuo sincero interesse riuscire a cogliere ciò che al momento sembra sfuggirti, prima ancora di volerla o volermi confutare."



Pare che i requisiti di questa identità siano variati nel tempo. Quello che mi interessa è che per sapere cosa è ebraico, e dunque stabilire se sia apostasia dall'ebraismo convertirsi al cristianesimo, non devo basarmi sulla definizione ebraica che danno quelli che per te sono i soli ebrei di oggi, bensì posso rifarmi anche ad altre definizioni elaborate da altri ebrei nella storia, definizioni altrettanto legittime, in quanto tu stessa vuoi sostenere un apparato a-dogmatico che ti rende impossibile espungerle


"Eppure le indicazione te le ho offerte."



E ne ho vagliato la coerenza. Se qualcosa m'è sfuggito o ho argomentato male, aspetto di sapere dove.


"Sono certa che hai già constatato da te quanto sia indicativo la circostanza che la stessa Chiesa si sia proposta come nuovo “popolo di Dio”, e non nuovo “popolo ebraico”. E anche quando fa riferimento a sé stessa come “nuovo/vero Israele” mette in evidenza come non vi è più nulla di "particolaristico" in ciò;"



E io non ho mai affermato nulla in contrario. Il fatto che si definisca nuovo Israele, se questa definizione è legittima (ed ho argomentato perché a mio avviso lo sia), rende automaticamente non apostasia il convertirsi da quello che tu chiami ebraismo al cristianesimo. Il fatto che la definizione "Nuovo Israele" renda i cristiani solo un sottoinsieme dell'Israele più grande, che comprende anche quelli che tu chiami ebrei, non scalfisce di un millesimo la mia argomentazione, perché sempre di passaggio da ebrei ad ebrei si tratterebbe, in questo caso passaggio da un insieme ad un sottoinsieme. Ma i sottoinsiemi, come insegna la matematica, fanno sempre parte dell'insieme maggiore. Se un italiano si trasferisce in Lombardia, sottoinsieme dell'Italia, è sempre italiano.


" Ma la Ca’ Foscari non dovrebbe includere in corsi di antropologia culturale, “Storia degli ebrei”? "



Sì li include, e solitamente si racconta quello che gli ebrei di oggi pensano di se stessi, accettando così una prospettiva unilaterale. Io invece intendo mettere in crisi questo sistema sin dalle fondamenta. E' noto che gli storici non necessariamente sono filosofi, e dunque spesso non si rendono conto dell'incoerenza logica di quanto insegnano.

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[Modificato da Polymetis 19/01/2009 20:10]
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20/01/2009 01:58
 
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Re:
Polymetis, 19/01/2009 20.07:



Sì li include, e solitamente si racconta quello che gli ebrei di oggi pensano di se stessi, accettando così una prospettiva unilaterale. Io invece intendo mettere in crisi questo sistema sin dalle fondamenta. E' noto che gli storici non necessariamente sono filosofi, e dunque spesso non si rendono conto dell'incoerenza logica di quanto insegnano.





Ahia! Se in un tale corso si racconta unicamente quello che gli ebrei di oggi pensano di se stessi, allora dovresti quanto meno abbandonare i testi e gli autori suggeriti dal piano di studi della tua Facoltà. Che l'autocoscienza ebraica di un ebreo sefardita del medioevo in diaspora, quella di un esseno vissuto all'epoca del II Tempio in Palestina, ed un ebreo riformato americano di oggi, vadano lette tutte alla medesima stregua, è piuttosto...ehm... "singolare".
:-) Sò che è tuo diletto mettere in crisi un dato sistema sin dalle sue fondamenta, e tutto ciò, implica che tu ne abbia quanto meno già una qualche immagine prestabilita. Quella immagine che ti ha fornito il corso che hai frequentato, suppongo. Però, mosso dall'irrefrenabile e allettante impulso di rosicchiarti un bell' osso, rischi di addentare un suo surrogato (magari un osso di plastica riciclata). Cioè, mi chiedo, perchè partire alla confutazione di ciò che, sai già in anticipo "taroccato"?


Il fatto che si definisca nuovo Israele, se questa definizione è legittima (ed ho argomentato perché a mio avviso lo sia), rende automaticamente non apostasia il convertirsi da quello che tu chiami ebraismo al cristianesimo. Il fatto che la definizione "Nuovo Israele" renda i cristiani solo un sottoinsieme dell'Israele più grande, che comprende anche quelli che tu chiami ebrei, non scalfisce di un millesimo la mia argomentazione, perché sempre di passaggio da ebrei ad ebrei si tratterebbe, in questo caso passaggio da un insieme ad un sottoinsieme. Ma i sottoinsiemi, come insegna la matematica, fanno sempre parte dell'insieme maggiore. Se un italiano si trasferisce in Lombardia, sottoinsieme dell'Italia, è sempre italiano.



La definizione di "nuovo Israele" o di "vero Israele" = Popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito, che la Chiesa da a se stessa unilateralmente, ha tratti squisitamente teologi e, non è mio interesse, andare a toccare tematiche teologiche altrui, solo piuttosto ribadire che la Chiesa non si è mai autodefinita, "popolo ebraico", nè ha avvertito l'esigenza di richiamarsi a quelli che costituiscono i tratti distintivi caratteristici di un popolo storico particolare. D'altro canto, nel Catechismo della Chiessa Cattolica, alla voce "Qual è il rapporto della Chiesa cattolica con il popolo ebraico?", non si legge che essa senta di farne parte, nè opera distinzioni tra un'ipotetica definizione di ebreo "pre" o "post" 70 d.C. Mostra di riconoscere semplicemente il proprio rapporto/legame con il popolo ebraico per il fatto che Dio lo scelse primo fra tutti ad accogliere la sua Parola e che, da esso proviene Gesù (secondo la carne). Ed ancora che, una migliore conoscenza della fede e della vita religiosa del popolo ebraico, quali sono professate e vissute ancora al presente, possa aiutare a comprendere meglio certi aspetti della liturgia cristiana, ect...

[Modificato da Topsy 20/01/2009 02:31]
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