Veronika ha scritto:
Appunto e questo intendevo quando dicevo che anche la chiesa cattolica crede che è la fede che ci salva e non le opere.
Ed è questo che c'è scritto nella Dichiarazione congiunta sulla giustificazione tra Luterani e Cattolici.
Infatti la mia era una risposta al forista citato, non al tuo post.
Ma quello su cui non mi trovo d'accordo è come è possibile ridurre il "tempo" delle "pene" attraverso preghiere ed opere buone dei vivi.
Giustizia divina?
Il Secondo Libro dei Maccabei ci testimonia l'usanza di fare sacrifici in favore dei morti e la testimonianza dei Padri ci attesta che tale usanza era in vigore anche nella Chiesa primitiva.
Perché pregare per i morti? Per lo stesso motivo per cui si prega per i vivi. Le anime purganti possono essere sostenute nella prova dal nostro amore, mediante le nostre preghiere, proprio come i vivi. Dov'è la giustizia di Dio in questo? Nel fatto che chi ha seminato molto amore in vita avrà molti disposti a pregare e ad offrire messe per lui quando sarà morto. Chi invece avrà seminato poco amore in vita sua, avrà poche persone che si ricorderanno e pregheranno per lui una volta morto. Poniamo poi il caso di una persona che, ricca sfondata, alla sua morte, lasci un cospicuo fondo onde finanziare messe in suo suffragio... di costui si potrebbe solo dire che quel fondo gli sarebbe stato molto più utile, probabilmente, qualora lo avesse usato, in vita, per aiutare i suoi fratelli (in quanto, così facendo, avrebbe certamente avuto molti meno peccati da sconatre in Purgatorio).
Le preghiere in suffragio, poi, non vanno intese come un tentativo di ridurre la “detenzione” dell'anima in Purgaotorio (anche se una teologia spicciola, oggi giustamente censurata dal Magistero, ha per molto tempo propagandato questa visione delle cose), ma per aiutare e sostenere la medesima durante la prova del fuoco (per parafrasare San Paolo).
Direi dichiarazione un po' troppo azzardata ( direi quasi alla tdG-maniera), ma dunque non più azzardata di altre interpretazioni.
In effetti, come ho già detto altrove, si tratta di una interpretazione che presenta numerose difficoltà (il paralello tra il battesimo di cui parla Paolo e quello di cui parlava Cristo in riferimento alle sofferenze che lo attendevano non è poi così esplicito). Quello che mi convince del fatto che questa possa avere una certa plausibilità, però, è il fatto che questo passo riecheggia in modo assai impressionante (specie se letto in greco) 2 Mac 12,44.
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)