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può una favola insegnarci qualche cosa?

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2008 23:00
07/11/2008 00:39
 
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vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli e sorelle


con il permesso degli "addetti"


vorrei inziare a riportare un "lavoro" di un nostro contemporaneo

che condivido pienamente

(forse lo si troverà simile/uguale, anche nel WEB, ma io l'ho ricevuta da un amico )

ritorniamo bambini - umili/semplici e puri di cuore

attraverso la favola di Pinocchio vorrei cercare di dare una nuova visione alla nostra....... :


"Pinocchio

C'ERA UNA VOLTA...
“un re !", diranno subito i miei piccoli lettori
No, ragazzi, avete sbagliato
C'era una volta un pezzo di legno...

Chi c'era una volta?
Cioè: da dove incomincia tutta la storia?
La storia del mondo, la storia dell'uomo, la mia storia.
Chi sta all'inizio?
Incomincia dal re, da Dio, dicono i piccoli - "a cui è dato conoscere i misteri del Regno"!
"In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen 1,1).
Il mondo sarebbe un nulla, l'uomo non esisterebbe, perché non si fanno da sé; sono opera di uno prima di loro!
Allora bisogna dare primaria attenzione a Dio: Dio non tollera di essere posposto a nessuno, perché tutte le cose, se valgono qualcosa, è perché dipendono da Lui.
"In Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, perché di Lui stirpe noi siamo" (At 17, 28).
È grande sciocchezza quella di chi, per esaltare l'uomo, tacesse di Dio; come se per voler esaltare lo splendore della luna uno proponesse di spegnere il sole!
La Bibbia precisa poi che l'uomo è stato fatto "a immagine di Dio" (Gen 1,27); anzi san Paolo specifica che "quelli che Dio da sempre ha conosciuto, li ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo perché Egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29).
Ora questo "primogenito" è Gesù Cristo, il Figlio di Dio che unisce a sé la natura umana, un Dio che si fa anche uomo, un uomo che è anche Dio.
Lui è il primo ad essere pensato e voluto; sul suo stampo noi siamo stati creati, riuscendo appunto anche noi un impasto di umano e di divino!
"Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui.
Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui" (Col 1, 15-17).
Non si spiega altrimenti in noi quel bisogno di totalità, di infinità, di eternità che nessuna delusione umana riesce a tacitare. "Ci hai fatti per te, Signore - dice sant'Agostino -, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te".
Piccolo e grande, terrestre ed eterno, materiale e spirituale, umano e divino ..., l'uomo ha un suo archetipo, un suo prototipo, l'uomo Cristo Gesù.
Per questo si può dire che ha ragione anche Collodi quando dice che la storia comincia da un pezzo di legno: Cristo crocifisso e risorto è appunto il principio, il primogenito, l'inizio di tutta la storia dell'uomo e del cosmo."




CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



07/11/2008 00:48
 
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miei cari fratelli e sorelle

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"L'UOMO E' UN SOVVERSIVO...!
Come andò che maestro Ciliegia
trovò un pezzo di legno che piangeva e rideva come un bambino

Questo è un falegname "coi piedi in terra"!
Per lui esiste solo ciò che tocca e vede; il resto è solo abbaglio, superstizione, sovrastruttura; capita solo quel che è sempre capitato, se capita diverso è solo un imbroglio; perché insomma esiste solo la materia!
È la raffigurazione di ogni "scientifico" materialismo, che è incapace di "sorprese"!
Un pezzo di legno diverso... Io non lo posso credere!
Eppure tutta la storia dell'uomo è una sorpresa!
Nel complicato ma omogeneo procedere del cosmo, l'uomo è un sovversivo!
Emerge da un frammento di materia, ma cresce e si evolve secondo una linea inedita, unica, capricciosa: ha dentro lo spirito e la libertà che lo fanno chiaramente diverso da tutti gli animali e le cose che ha lasciato indietro nel suo balzo di sviluppo!
Maestro Ciliegia, come ogni materialista, se fosse stato all'inizio del fenomeno umano, al massimo avrebbe ipotizzato l'avvento di una speciale varietà di scimmie...
Ma i materialisti mancano di fantasia!
Che è invece propria di Dio, il quale ha immesso nella materia dell'uomo il suo "spirito", che lo ha fatto qualcosa di sorprendentemente diverso e libero!
Che vi sia nascosto dentro qualcuno? È il sospetto più logico che può venire ad un uomo di buon senso!
Che l'uomo non sia solo materia?
Che non esistano solo le cose che si vedono e si toccano?
Che nel mondo ci sia anche lo spirito, l'anima, la coscienza, la libertà... Dio?
E che quindi ci debbano essere sorprese nel meccanicismo materialista, proprio perché c'è dentro un elemento sovversivo che è l'anima dell'uomo con la sua libertà?
E che ci possa essere qualcosa di superiore, di provvidenziale, di miracoloso, di straordinario, dovuto proprio alla superiore e fantasiosa libertà di Dio, che è dentro la realtà del mondo che ha creato?
Forse è proprio così. Dentro l'uomo c'è qualcosa che grida un bisogno di pienezza che travalica l'esperienza dei suoi limiti.
Ha voglia di vita, voglia di riuscita e felicità.
E non gioia di un momento, ma perenne.
Dietro ogni assaggio di bene vuole il bene sommo.
L'uomo è una struttura aperta, che invoca nella frammentarietà l'unità, nel tempo l'eterno, nel piccolo il tutto e l'infinito.
Del resto sperimentiamo bene la nostra insufficienza.
Quanto scarto tra le nostre più grandi aspirazioni e i nostri limiti...!
E quante illusioni!
Pensavamo di essere felici nel possedere quella cosa, coltivare quell'amicizia, raggiungere quel posto.., ma poi tutto ci ha deluso.
Dentro l'uomo c'è un vuoto che sente di dover essere riempito.
E non c'è materia, non c'è consumismo, non c'è realtà terrestre che lo possa saziare!
Dentro ha un'anima spirituale che è "immortale".
Due constatazioni segnano la nostra esistenza e la rendono pensosa.
La prima è che non ci siamo fatti noi, che riceviamo da altri la vita.
Vien da domandarci: donde vengo? Perché son fatto così? C'è una ragione, un perché, un progetto? O tutto è a caso?
L'altra constatazione è che assieme alla voglia di vita c'è la morte.
Che il futuro non è nelle mie mani: dopo la morte, finisce tutto? C'è il nulla? O c'è qualcosa?
Le ipotesi possibili sono due: o prima di me c'è il nulla o c'è qualcosa.
Se prima di me c'è il nulla, io sono venuto al mondo per caso, senza progetto né perché. Ma sento di ribellarmi ad una tale ipotesi, perché va contro il mio bisogno di razionalità, di un perché, di un ordine nel mondo!
Se invece prima di me c'è qualcosa che mi ha determinato, io sarò il risultato di un suo progetto: ... sento di volerlo conoscere!
Così è per il dopo: se dopo di me c'è il nulla, il nulla mi ripugna, perché sento il bisogno di vita e di felicità.
Se c'è qualcosa: cosa è? È vero, è bello, è possibile? Lo voglio conoscere!
Davanti all'uomo stanno due strade: O L'ASSURDO O IL MISTERO.
O rinuncia a capirsi, a risolvere i suoi interrogativi, a riempire la sua povertà; o cerca fuori, cerca sopra, cerca di capire, sente il bisogno di andare oltre la sua fragile esperienza e capacità per vederci più chiaro!
Si inoltra nel mistero! Il grido verso Dio non è frutto di irrazionalità o emotività (o alienazione o inconscio incontrollato): il divino non è solo pensabile, possibile razionalmente, ma addirittura auspicabile se non si vuol distruggere la ragione.
È il contrario, cioè l'ateismo, che uccide l'uomo e la ragione!
Ma tant'è ...: non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire!
Torniamo al nostro maestro Ciliegia.
Guardò sotto il banco, e nessuno; quindi dentro un armadio, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; apri l'uscio di bottega per dare un'occhiata anche sulla strada, e nessuno.
O dunque?...
Ho capito, disse ridendo... E non aveva capito niente!
Come Gagarin che aveva navigato il cielo e non aveva trovato Dio!
Gli era rimasta solo la sua testarda incapacità di vedere!
Esiste solo la materia; lo spirito è troppo estroso e va respinto!
Questo legno eccolo qui: è un pezzo di legno da caminetto come tutti gli altri e a buttarlo sul fuoco c'è da far bollire una pentola di fagioli.
Se l'uomo non è più niente lo si può calpestare e usare come si vuole!
È il risultato di ogni materialismo...!
Anche se questo è solo capace di usarlo per far "bollire una pentola di fagioli" per chi comanda..!
Come capita di costatare sempre più spesso in un mondo divenuto pagano!"



CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO




.

[Modificato da cavdna 07/11/2008 00:52]
07/11/2008 00:50
 
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"PER UN FILO SOSPESO SUL NULLA... Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il quale lo prende per fabbricarsi un burattino
meraviglioso che sappia parlare, tirar di scherma e fare i salti mortali

E’, questo Geppetto, un vecchietto tutto arzillo, così straordinariamente fantasioso, così consapevole delle sue capacità artigianali, così ottimista verso quel pezzo di legno da decidersi solennemente: Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino!

E’ qui adombrata la culla della nostra esistenza di uomini, venuti al mondo non per caso ma per una libera decisione di Dio, che sembra aspettarsi molto da questa creatura che sogna di fare: un burattino meraviglioso che sappia ballare, tirar di scherma e fare i salti mortali.
Nella ricchezza della sua vita d’amore, Dio ha voluto come debordare oltre la sua famiglia Trinitaria. Un giorno si tenne consiglio di Casa Trinità e si decise: “Aggiungi un posto a tavola..!”, e si creò l’uomo perché divenisse in qualche modo partecipe della divinità. “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...” (Gen 1,26).
Il perché è un mistero d’amore gratuito. Dio ha voluto che la vita sovrabbondasse oltre l’oceano della sua perfetta gioia interiore, varcasse l’infinita distanza che lo separava dal nulla, per dare spazio ad altre libertà capaci di dialogo libero e sincero e di comunione con Lui.
Questo significa che prima che nel ventre della madre, la fonte della nostra vita è nel cuore di Dio Padre, nell’intimo della “famiglia” di Dio. Noi siamo - fin da prima della creazione del mondo - oggetto di un atto di amore, di un progetto preciso, di un senso e di un perché; ci ha chiamati ciascuno per nome! Come il vasaio (cfr. l’immagine di Gen 2,7) non fa vasi in serie, ma ciascuno è un capolavoro a sé, così ogni uomo è unico e irripetibile. Siamo, alla fine, un impasto di terrestre ed eterno che fonda in noi il profondo bisogno di Lui.

Porci il problema della nostra origine è l’unico atto serio, oltre le “alienazioni” degli inutili problemi di ogni giorno. Capita a volte all’uomo di essere come quel viaggiatore che, salito in treno, si dà da fare per trovarvi il posto nello scompartimento e stare comodo..., e poi si dimentica della stazione d’arrivo. Sapere se l’uomo sia il risultato del fortuito confluire di forze senz’anima, senza ragione e finalizzazione, o sia il progetto che ha un senso e uno scopo, è essenziale per dare la risposta ad un’esistenza che non voglia essere solo casuale. Tener viva la coscienza di quel destino di vita divina è questione di vita o di morte, o semplicemente di realismo e razionalità. L’alternativa è solo la morte. Giustamente si ribella chi della vita si ferma al solo segmento del percorso terreno!

Del resto cosa è più irrisolvibile? Domandarci come la materia ignara abbia potuto germinare spontaneamente lo spirito oppure perché Dio, amore e libertà, abbia voluto costruirsi l’uomo?
Oltretutto se l’azione creatrice di Dio mi resta inscrutabile, irraggia però splendore e gioia a tutta la mia vita: la gioia di sapermi visto e voluto da sempre, e non un figlio di nessuno in mano alle violenze di tutti; di essere tenuto in mano da uno potente - “Il Padre mio - diceva Gesù - è il più grande di tutti” (Gv 10,29) -, e chiamato ad una comunione di figlio con un Padre creatore!

Un incubo pesa sul cuore dell’uomo che guarda solo in sé: la sua precarietà, la coscienza cioè di essere sospeso sull’abisso del nulla. Ma in questo progetto la mia precarietà non mi è più angosciosa: so di essere sospeso per un filo sul nulla, ma è il “filo tenacissimo” dell’amore di un Dio fedele"



CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO




.

07/11/2008 00:55
 
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bellissimo!!
Tu che dici:

"ritorniamo bambini - umili/semplici e puri di cuore"
Dentro l'uomo c'è un vuoto che sente di dover essere riempito.


UN VUOTO A FORMA DI DIO!!



I puri di cuore vedranno Dio!!

Matteo 5:8
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Bravo fratello mio [SM=x570905]

Ti saluto in Cristo Risorto!!
[SM=x570892]
[Modificato da Robenz 07/11/2008 00:58]
07/11/2008 23:13
 
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"SENTI’ ARRIVARSI UN CALCIO SULLA PUNTA DEL NASO Geppetto,
tornato a casa, comincia subito a fabbricarsi il burattino
e gli mette nome Pinocchio. Prime monellerie del burattino

La creazione del burattino è piena di sorprese, è la descrizione dei rapporti che intercorrono tra l’uomo e Dio.
E’ un “dialogo” un po’ deludente, che va esaminato con cura.

DIO
Birba di un figliolo!
Geppetto non ha ancora finito di sbozzare quel pezzo di legno, che lo chiama già figlio, assegnandogli anche un nome. Suggerisce la prima strabiliante verità che precisa la creazione dell’uomo: per Dio, la decisione di creare si accompagna subito con quella di essere padre. “Ci ha scelti - scrive san Paolo - prima della creazione del mondo predestinandoci ad essere suoi figli adottivi” (Ef 1,5). “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente” (1Gv 3,1). Figli non in qualche modo, ma figli veri. La cosa avvenne così.
Il Padre aveva un Figlio molto caro, dall’eternità, col quale vi era intesa perfetta. Un giorno decise di allargare famiglia e di avere un UOMO come suo figlio proprio: Gesù “predestinato come Figlio di Dio” (Rm 1,4).
Egli è il primo esemplare di uomo voluto da Dio: è il Figlio Unigenito, uno di Casa Trinità, che assume la natura umana, portando quindi fin dall’inizio la nostra umanità in una intimità profonda con la divinità. Gesù costituisce quindi il PROTOTIPO IDEALE d’ogni altra creatura. Su di lui, uomo-Dio, è stato “stampato”, cioè creato ogni uomo. Infatti quell’Unigenito (uomo-Dio) è voluto subito come “primogenito” di una lunga serie di fratelli che fossero, come Lui - oltre che uomini - veri figli di Dio, amati come Lui, partecipi della stessa natura divina, destinati a vivere per sempre in Casa Trinità.
Quel che il Figlio è per natura, l’uomo lo diviene per grazia, per dono gratuito. “Ha dato potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome, i quali da Dio sono generati” (Gv 1,12-13). Un giorno Gesù svelerà questa profonda intenzione di Dio, pregando per noi: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17,21). Si realizzi cioè una sola famiglia divina allargata a tutti gli uomini, accogliendoli come figli ed eredi della stessa intimità della Trinità.
Dono questo che l’uomo è chiamato ad accogliere e maturare con la sua libertà. Il senso della vita è far crescere in noi quella condizione di figli di Dio per poter arrivare alla fine a divenirne eredi.
Tutta la storia di Pinocchio sarà appunto un lungo cammino per passare da burattino a bambino.

UOMO
La bocca non era ancora finita di fare, che cominciò subito a ridere e a canzonarlo.
Il riso spavaldo su tutto ciò che ci precede (e ci ricorda un dono ricevuto), è l’atteggiamento adolescenziale dell’uomo che si crede autosufficiente e non debitore di nessuno!
Sentì arrivarsi un calcio sulla punta del naso!
E’ il guadagno che ci fa Dio volendo bene all’uomo. La ribellione gratuita e dispettosa verso il proprio Autore accompagna fin dall’inizio il cammino dell’umanità. E’ il peccato di Adamo e il nostro: non ci fidiamo di Dio, lo vogliamo scavalcare pensando di gestire meglio la nostra felicità indipendentemente da Lui e dalla sua legge. Nasce nel cuore un sospetto: Dio è veramente buono come vuol far credere e disponibile in tutto? Che ci proibisca qualcosa? Il peccato è proprio dubitare di Dio e della sua totale bontà, mettere in discussione che Dio voglia sempre e comunque il nostro bene. Pensare che faccia il doppio gioco, che abbia degli interessi nascosti, che ci voglia sfruttare! E allora diciamo: è meglio che pensi io a me stesso e non mi fidi di nessuno; del resto, chi più di me sa quel che è il mio bene? Non c’è bisogno che un altro me lo dica. Chi è più esperto di me nel capire ciò che mi dà soddisfazione e felicità? Ecco allora: io lo scavalco, io gliela faccio..! E’ il calcio di Pinocchio..., calcio che anche noi purtroppo tiriamo spesso contro Dio!

DIO
Dovevo pensarci prima!
Quasi un pentimento amaro di Dio: “Il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo” (Gen 6,6), è scritto nella Bibbia parlando dei tempi prima di Noè. Tanto è l’orrore e il dispiacere di Dio per il rifiuto dell’uomo!
Ormai è tardi.
Perché? Geppetto poteva bruciare subito tutto. Dio può benissimo ripetere il diluvio o distruggere all’istante il peccatore! Ma Dio è padre e misericordia: crea per la vita e attende il ravvedimento.
Geppetto lo conduceva per insegnargli a mettere un passo dopo l’altro.
E’ scritto nel profeta Osea: “Al mio popolo io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro” (Os 11,3). Dio non è un dongiovanni che mette al mondo dei figli e poi se ne disinteressa. Questa è idea pagana di Dio! Il Dio cristiano è un padre amoroso e appassionato che educa e guida alla meta il proprio figlio. “La gloria di Dio è l’uomo vivente” (sant’Ireneo). Soggiace qui la grande idea della Provvidenza di Dio, Colui che vede e vuole il mio bene più di quello che io non veda e voglia di me. Egli sa trarre il bene, cioè il nostro bene, anche dal male. Sa scrivere dritto anche sulle nostre righe storte!

UOMO
Quando le gambe gli furono sgranchite, Pinocchio cominciò a camminare da sé e a correre per la strada; finché infilata la porta di casa, saltò nella strada e si dette a scappare.
Qui siamo al vertice dell’assurdo! Appena l’uomo si sente autonomo se ne infischia di Dio e fa a meno di Lui. Il giorno in cui si allontana da chi gli ha dato la vita e l’invita all’amore, gli sembra il giorno della raggiunta maturità. E’ un mistero del cuore umano! Gesù ne ha parlato nella parabola del figlio prodigo. L’uomo trova continuamente pretesti e giustificazioni per difendersi da Dio (...la Chiesa, i preti, i soldi del Vaticano, ....!). Forse quello che più profondamente è fastidioso e duro per lui è il suo “diventare come bambini”, è fare un atto di fede vero e coraggioso: dipendere e abbandonarsi a Dio. Terribile costatazione: l’uomo spesso si annoia di Dio!"



CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


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07/11/2008 23:16
 
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" DOVE C’E’ LA FEDE, C’E’ LIBERTA’ l burattino, fuggito di casa, si imbatte
nelle forze dell’ordine.
Un carabiniere lo afferra per il naso e lo riconsegna a Geppetto;
poi sotto la pressione dell’opinione pubblica (curiosi e bighelloni),
rimette Pinocchio in libertà e, chissà perché, conduce in prigione Geppetto.

E’ questa una pagina amara. Ma è meglio ogni tanto mettere il dito sulla piaga. C’entrano la folla e l’autorità.

Chi ne diceva una, chi un’altra. “Povero burattino! – dicevano alcuni - ha ragione di non voler tornare a casa! Chi sa come lo picchierebbe quell’omaccio di Geppetto! ...”. Altri: “E’ un vero tiranno coi ragazzi! E’ capacissimo di farlo a pezzi!”.
Non è stato un gioco al massacro in questi anni? Cosa non s’è detto e si dice contro la famiglia? E’ tutto il giovanilismo della cultura dominante ad allettare e approvare ogni devianza. Sono colpevoli sempre e solo gli altri e, tra i primi, i poveri genitori, anche quando ce l’hanno messa proprio tutta! Non è mai Pinocchio che sbaglia, ma Geppetto! La tragedia è che al tempo di Collodi erano solo “i curiosi e i bighelloni” a stravolgere i valori. Oggi l’allettamento al male e il dispregio dei valori morali è ben più sfacciato e organizzato, potente ed efficace. Prima era moda, adesso è norma; peggio... rassegnazione perché moltissimi gettano la spugna!
Non parliamo poi dell’ “oscurantismo” della Chiesa e della morale cattolica, di quel Geppetto-Dio che rende schiava la coscienza creando complessi di colpa e traumi nel subcosciente coi suoi “tabù”! Emancipazione, libertà, permissivismo...! Non ci si lamenti poi dei “baby killers”...!

Insomma, tanto dissero e tanto fecero, che il carabiniere rimise in libertà Pinocchio, e condusse in prigione quel pover’uomo di Geppetto.
E’ l’epoca dei sondaggi d’opinione: la verità è DOXA! Guai ad andar contro l’opinione dominante, inimicarsi la carta stampata, il quinto potere ...: l’autorità non è a servizio della gente?!
L’autorità invece è in balia della pressione dell’opinione pubblica, montata e manipolata dai mass-media. Il consenso è la prima norma del partito, non il bene comune. Si parla di “programmi”, ma le alleanze (... o le alternanze!) sono disinvolte in vista del potere.
Il più debole è schiacciato. L’autorità è sempre stata forte con il debole e debole col forte.
Non è questione di inefficienza. E’ questione di valori. Si parla oggi di “eticità”. L’autorità è necessaria, è nel disegno di Dio. E’ il suo uso parziale ed egoistico, che non tiene conto della globalità dell’uomo e del bene comune, che la rende inefficace e controproducente. E’ ben raro che essa brilli dei valori dello spirito. Pensiamo al potere economico: difficilmente riesce a distinguere gli uomini dalle cose, e comunque non vuol saperne del fatto che produttori e consumatori sono prima di tutto persone e figli di Dio. Pensiamo al potere dei mezzi informativi: prima della verità viene lo scoop, l’audiance, il sensazionale, lo scandalistico quando non la manipolazione, l’ideologia.. Pensiamo alle organizzazioni di categoria che troppo spesso confondono la giustizia con l’interesse della propria parte! Del resto sappiamo quanto sia potente la tentazione del “cadreghino” invece del “servizio”. Lo aveva già detto Gesù, con sarcasmo: “Coloro che hanno il potere (sulle nazioni) si fanno chiamare benefattori” (Lc 22,25).

Il ricupero e la coltura di evidenze etiche comuni è il primo passo da fare per ricostruire il consenso sociale e poi politico. Lo Stato dev’essere laico, nel senso di non imporre una particolare fede o ideologia. Ciò però non significa indifferenza nel difendere e promuovere i valori necessari alla convivenza umana. L’opera più decisiva è l’educazione delle coscienze e in particolare quelle delle giovani generazioni. Lasciarle senza proposte e valori non è rispettare la libertà, ma votarle al nulla. Tagliare le radici, rinnegare una cultura, è perdere l’identità.
Qui l’opera dei credenti è preziosa. Il loro ambito prima di tutto è nel sociale, per esercitarvi in modo diretto l’attenzione alla persona umana, valore primo assoluto. Il volontariato infatti è l’esercizio di quella gratuità che traduce la fede in vita, testimonia e sostiene una speranza di cambiamento, supplisce e completa, con la carità e la misericordia, la troppo rigida giustizia umana che rasenta spesso la peggior ingiustizia. Se dei cristiani - come capita - esercitano il potere politico in modo sbagliato, dipende dal fatto che forse non sono passati prima dal sociale!

D’altra parte l’annuncio evangelico è l’unico che dà libertà e disincanto di fronte a ogni formula politica. Solo la fede, con la certezza di avere un solo Signore cui obbedire, libera dall’incantamento verso gli “uomini della provvidenza”, le “formule collaudate”, i miti della “nazione” e della “razza”, i libretti di Mao o di Marx che costituiscono “vangelo” per i bigotti della “rivoluzione permanente”, anche dopo la caduta di tutti i loro “dei”, e ...a costo magari di rimanere a conservare solo un museo di antiquate nostalgie fallite!
Sant’Ambrogio diceva: “Ubi fides, ibi libertas”.

Ma siamo andati troppo lontano, mentre Geppetto se ne va in carcere colpevole solo di aver voluto salvare la sua creatura dai capricci.
Balbettava singhiozzando: sciagurato figliolo! E pensare che ho penato tanto a farlo un burattino per bene.
E’ il mistero del Dio che “soffre”, perché è sempre Lui a preoccuparsi di più della libertà e della salvezza dell’uomo.
"



CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO





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08/11/2008 00:57
 
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x Michele cavdna
tu che scrivi:

Quel che il Figlio è per natura, l’uomo lo diviene per grazia, per dono gratuito. “Ha dato potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome, i quali da Dio sono generati” (Gv 1,12-13). Un giorno Gesù svelerà questa profonda intenzione di Dio, pregando per noi: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17,21). Si realizzi cioè una sola famiglia divina allargata a tutti gli uomini, accogliendoli come figli ed eredi della stessa intimità della Trinità.
Dono questo che l’uomo è chiamato ad accogliere e maturare con la sua libertà. Il senso della vita è far crescere in noi quella condizione di figli di Dio per poter arrivare alla fine a divenirne eredi.


meraviglioso

Grazie Signore

Ciao michele!!!
Ti saluto in Cristo risorto!
08/11/2008 08:42
 
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Re: x Michele cavdna
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello "Robenz" che scrivi :

Robenz, 08/11/2008 0.57:

tu che scrivi:

Quel che il Figlio è per natura, l’uomo lo diviene per grazia, per dono gratuito. ..............

meraviglioso

Grazie Signore

Ciao michele!!!
Ti saluto in Cristo risorto!





R I S P O S T A

mio caro fratello


a scanso di equivoci, per te ed altri,

non sono io che "scrivo",

ma solo che "RIPORTO",

infatti dicevo inizialemente:
(nel primo post)
"vorrei inziare a riportare un "lavoro" di un nostro contemporaneo

che condivido pienamente "


quindi è solo un riporto che condivido


e se a qualcuno può interesare l'autore, basta chiedermelo e offrirò l'Identità di questo nostro contemporaneo.


grazie [SM=x570892]

vi saluto in CRISTO RISORTO




.







08/11/2008 22:37
 
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miei cari fratelli e sorelle

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"IL GRILLO PARLANTE La storia di Pinocchio col Grillo parlante,
dove si vede come i ragazzi cattivi hanno
a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro.

Tocchiamo un punto delicato della vita dell’uomo: la sua coscienza morale. La quale, come il Grillo, richiama al bene, ma può essere anche soffocata “con un colpo di martello”.

Sappiamo come vanno queste cose: Pinocchio, scappato di casa come il figliol prodigo, si sente uccel di bosco:
nella furia di correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d’acqua, tale e quale come avrebbe potuto fare un capretto o un leprottino inseguito dai cacciatori.
“Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto” (Lc 15,13).

Venuta la sera, rientrato nella casa, vuota perché Geppetto era in prigione, cominciò a sentire una voce:
Io sono il Grillo parlante e abito in questa stanza da più di cent’anni.
Si sa che l’imperativo morale traduce una norma eterna, perché è espressione della nostra natura, e quindi del suo progettista che è Dio. La coscienza è appunto il giudizio che commisura l’atto che compio con la “verità”, per pesarne il valore; essa mi dice con forza: guarda che questo è il tuo bene, compilo! Guarda che questo è il tuo male, evitalo!

Pinocchio risponde:
Oggi questa stanza è mia... e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito.
C’è gente che non ammette altro Dio all’infuori di sé e non accetta di confrontarsi con un dato oggettivo che preceda la propria libertà, e dice: “Io seguo la mia coscienza!”. Certo, fai bene a seguire la tua coscienza, ma quando essa è eco fedele della legge di Dio, quando cioè è vera, non sbagliata! Se tu dici: bevo quel bicchiere di roba perché ho sete, e non sai che è veleno, crepi, ... anche se in buona “coscienza”!
E’ veramente un disturbatore tremendo questo Grillo parlante! Se si potesse farlo tacere un po’, addomesticarlo, metterlo in una gabbietta sul balcone di casa così da disturbare i vicini e non noi..., saremmo tutti contenti! Si fa pure così con la coscienza: ci si distrae, la si soffoca con mille sciocchezze, la si accontenta col tagliare i panni addosso agli altri...; e, quando proprio non tace, si arriva alla decisione di dichiararla “alienazione”, “sovrastruttura”, “tabù”... appunto con il solito “martello” di legno che ormai è alla portata di tutti. Oggi poi ci sono ottimi imbonitori che, per evitare gli stress, ammanniscono ottimi pretesti anche pseudoscientifici pur di tacitare la coscienza.

Perché ci infastidisce la coscienza? Il burattino ha chiaro il suo programma di vita:
Mangiare, bere, dormire, fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo, correre dietro alle farfalle, salire sugli alberi, prendere gli uccellini di nido.
Forse il dramma dell’uomo nel rapporto con Dio sta proprio qui: nella sua fantasiosa grandezza di Padre, Dio ci ha assegnato un destino troppo alto per la nostra statura e il nostro piccolo cuore. “Noi ci saremmo accontentati di tre locali più servizi, mentre Dio ci prepara le eterne praterie del cielo”. Dio ha commesso lo sbaglio di voler far “sedere alla sua destra” quest’uomo, cui invece piace stare a starnazzare nelle paludi di questa terra da cui è stato tratto...!
Il TROPPO di Dio ci spaventa; ma è l’unica umanità che ci è ora possibile vivere, dacché l’uomo è stato creato più che uomo. Voler essere meno di figlio di Dio e suo erede, significa essere meno che uomo!
Sarà la vicenda stessa di Pinocchio: o divenire più che burattino e, con un salto di natura, divenire uomo, figlio di Geppetto; o fare come Lucignolo: scendere uno scalino nella scala dell’essere, diventare un ... asinello, un animale! Come capita, a volte, di... constatare!"



CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO



.
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miei cari fratelli e sorelle

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"COMINCIO’ A FARSI NOTTE
Pinocchio ha fame e cerca un uovo
per farsi una frittata, ma sul più bello
la frittata gli vola via dalla finestra

Gli sembrava di aver toccato il cielo col dito, libero com’era dal padre e avendo fatto tacere anche la coscienza. Ed ecco farsi notte, sentirsi solo, affamato: avere paura! Spente le luci della ribalta esaltante, perso il luccichio falso della vita superficiale, viene per tutti il momento della verità. Ci si trova soli con se stessi: invece che padroni del mondo... molto spesso - come Pinocchio - ci si sente solo dei pezzi di legno!
Ci capitano allora almeno tre cose strane:

1. La delusione del “vuoto”. Pinocchio si guarda in giro affamato e scorge sul camino una pentola tutta in bollore: meno male! Ma...
la pentola era dipinta sul muro! Immaginatevi come restò!
Capita così anche a noi: credevamo saziante quel traguardo di piacere... e subito ci lascia la bocca amara. Tanto eccitante era quell’esperienza, quanto presto giunge l’inedia; tanto era appetibile quel “peccato”, quanto.. “succhiare un turacciolo”!
Del resto, solo l’esperienza della “vanità” delle cose ci può rendere più liberi, umoristi, distaccati e veri. La convinzione che “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,31) è la premessa indispensabile per aprirsi alla fede!

2. La rassegnazione “esistenziale”. Pinocchio, affamato, cerca qualunque cosa possa placare la sua fame:
gli avanzi di un po’ di pane, magari di un po’ di pane secco, d’un crosterello, d’un osso avanzato al cane, d’un po’ di polenta muffita, di una lisca di pesce, d’un nocciolo di ciliegia, insomma di qualche cosa da masticare.
Del figliol prodigo è detto: era talmente affamato che “avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava” (Lc 15,16). L’uomo, così schizzinoso con Dio, diventa poi di bocca buona di fronte ai suoi idoli irrazionali e ridicoli. “Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono...” (Sal 115,5). E’ quanto succede anche oggi: chi ha abbandonato la razionalità e l’umanesimo plenario cristiano lo si vede finire in forme di irrazionalità magica e superstiziosa che abbrutiscono l’uomo, lo rendono schiavo e lo conducono fino.. al suicidio collettivo!
Il risultato finale è la disperazione del nulla e dell’assurdo, come ci insegnavano Sartre e Moravia.
Non trovò nulla, il gran nulla, proprio nulla!
O Dio o il nulla: l’eterno dilemma dell’uomo!

3. La “ribellione delle cose”. Finalmente Pinocchio, nella spazzatura, trova un uovo: è tutta la ricchezza rimastagli e il segno della sua vagheggiata signoria sulle cose. Ma ecco lo sberleffo: dall’uovo salta fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, che, fatta una bella riverenza, infila la finestra e se ne va!
L’uomo è nato per servire Dio e regnare sull’universo: se rifiuta il servizio, perde anche il regno! Se l’uomo si ribella a Dio, le cose si ribellano all’uomo. Non è più il re del creato. E’ cacciato dal giardino di Eden. La terra produrrà “spine e cardi” (Gen 3,18). La Bibbia parla chiaro. Dà conferma anche la nostra esperienza odierna: gli sperperi e i disastri ecologici sono il risultato dell’insensata tirannia della tecnica senza amore e senza sapienza, di una cultura atea, che si sente padrona assoluta delle cose. Il creato invece è un dono di Dio perché l’uomo ne goda, rispettandone finalità e leggi.

Per fortuna la notte... porta consiglio: dal profondo della miseria umana parte il grido della liberazione e della salvezza, il cui primo passo è il pentimento. Dice Pinocchio:
Il Grillo parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa...! Se non fossi scappato di casa e se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame!
Scrive ancora Luca del figliol prodigo: “Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io invece qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te ...” (Lc 15,17-18).
E’ sempre grande la notte di ogni “Innominato”!"




CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO
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"QUALCUNO BUSSO’ ALLA PORTA
Pinocchio si addormenta
coi piedi sul caldano e la mattina dopo si sveglia
coi piedi tutti bruciati

Notte oscura nel cuore, per Pinocchio, notte tremenda, fuori!
Una nottaccia d’inverno, con un ventaccio freddo e strapazzone!

Cercava qualcosa o qualcuno con cui condividere la sua desolata solitudine, la sua disperata miseria e la sua fame! Ma ...: trovò tutto buio e tutto deserto.
Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse; le finestre chiuse; e nella strada nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti.

Anzi, sotto una finestra, cui aveva invocato aiuto, si vide rovesciar giù una enorme catinella d’acqua, come se fosse un vaso di geranio appassito.

Un mondo senza Dio è delusione e ostilità! E’ storia iniziata da Adamo, continuata da Caino, al quale fu detto: “Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti; ramingo e fuggiasco sarai sulla terra” (Gen 4,11-12). Storia consumata dai diversi caini che a ogni stagione seminano discordie, guerre e violenze!

Non è tutto. Pinocchio rientrato in casa si pone a dormire coi piedi appoggiati sopra un caldano pieno di brace accesa.
E i piedi, che erano di legno, gli presero fuoco e adagio adagio gli si carbonizzarono e diventarono cenere.

Il peccato, se ci distacca da Dio (Geppetto in prigione!), se ci abbandona alla nostra solitudine arrabbiata (ucciso il Grillo parlante!), se ci rende ostili le cose e la natura (la pentola pitturata e...l’uovo divenuto pulcino!); se ci inimica con gli uomini (la catinella d’acqua),... ferisce poi anche profondamente le nostre interiori possibilità, tanto da renderci incapaci ormai di “camminare con le nostre gambe”.

L’esperienza ammaestra: c’è un groviglio di sentimenti dentro di noi fatto di buone intenzioni e di tendenze perverse, un impasto di bene e di male, che spesso diviene inestricabile e insolubile. E’ come una “tara” congenita, che sentiamo pesarci ogni giorno: un interiore squilibrio per cui, pur volendo il bene, ci troviamo di aver fatto il male; pur godendo dello spirito, ci ingolfiamo volentieri nella materia.

Scrive san Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quel che detesto... C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; ...quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge del peccato che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,15-24).

Siamo come una sorgente inquinata dalla quale, spontaneamente, pullula assieme a un po’ di bene tanto male! In sostanza: l’uomo con le sue sole capacità - se si chiude e rifiuta ogni altra grazia di Dio - non riesce a vivere a lungo onestamente; non sa resistere al male e compiere il bene: essere onesto, giusto, solidale, aperto al suo vero destino...! Cioè.. all’altezza di essere quel che dovrebbe essere!

Dice il Concilio: “Il peccato è... una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza” (GS 13). I teologi dicono: “vulneratus in naturalibus”, cioè ferito nelle sue capacità di natura. Da qui l’universalità e ineluttabilità del male.
Per di più, l’uomo vive con l’incosciente ingenuità (o supponenza!) di credersi sano. Illuminismo e materialismo, mentalità radicale e borghese - ieri e soprattutto oggi - poggiano tutta la salvezza sulla capacità di riscatto esclusivo dell’uomo, sognando un paradiso terrestre fatto o rifatto solo con le proprie mani. Non ci si accorge che questo tipo di umanesimo immanente è troppo ottimistico e ingenuo... da far acqua da tutte le parti!
Pinocchio seguitava a dormire e a russare, come se i suoi piedi fossero quelli di un altro.

Finché... sentì bussare e si svegliò! Perché la salvezza non può venire che da un Altro!
Sono io, rispose una voce!
“Io sono (cioè JHWH)”, dice la voce del roveto ardente a Mosè (Es 3,14). Sono io, dice Geppetto al burattino perduto! E’ la voce del Padre che viene a cercarci, lasciando le novantanove pecore al sicuro, per andare dietro a quella smarrita (Lc 15,4).

E’ sempre di Dio l’iniziativa di salvezza, anche quando l’uomo s’addormenta o si rassegna nel suo destino di morte. Sempre per pura gratuità e misericordia. “Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi... Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5 6-8).

Percepire questa presenza è l’inizio della risurrezione: “Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
"


CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO
[Modificato da cavdna 10/11/2008 15:43]
10/11/2008 15:45
 
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Re: Re: x Michele cavdna
cavdna, 08/11/2008 8.42:

vi saluto in CRISTO SIGNORE

mio caro fratello "Robenz" che scrivi :





R I S P O S T A

mio caro fratello


a scanso di equivoci, per te ed altri,

non sono io che "scrivo",

ma solo che "RIPORTO",

infatti dicevo inizialemente:
(nel primo post)
"vorrei inziare a riportare un "lavoro" di un nostro contemporaneo

che condivido pienamente "


quindi è solo un riporto che condivido


e se a qualcuno può interesare l'autore, basta chiedermelo e offrirò l'Identità di questo nostro contemporaneo.


grazie [SM=x570892]

vi saluto in CRISTO RISORTO




.










Condivido insieme a te!!
ma ringrazio te che trascrivi
e certamente l'autore dell'opera composta.
ciao

[SM=p1537331]


10/11/2008 15:49
 
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vi saluto in CRISTO SIGNORE

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"SENTI’ INTENERIRSI... Geppetto torna a casa gli dà la colazione che il pover’uomo aveva portato per sé

Dall’esperienza della propria miseria al bisogno di salvezza il passo è breve. Può essere anche un passo verso la disperazione, se ci si accorge della propria incapacità a raggiungerla.
Il povero Pinocchio appena sentì la voce di suo padre, schizzò giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto della porta; ma invece, dopo due o tre traballoni, cadde di picchio tutto lungo disteso sul pavimento. “Aprimi!”, gridava Geppetto dalla strada. “Babbo mio, non posso”, rispondeva il burattino piangendo e ruzzolandosi per terra. “Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare coi ginocchi per tutta la vita!”.

E’ questo il punto più profondo della miseria umana: l’uomo sente in sé un bisogno naturale di Dio, una sete d’infinito, spesso mascherata dal tumulto di altre voglie. Questo richiamo e anelito nascono da una profonda connaturalità con Dio di cui è immagine. Questa aspirazione alla totalità è la ragione ultima della incontentabilità e insoddisfazione dell’uomo. Chiamandolo “figlio” all’atto della creazione, la voce paterna di Dio gli si è profondamente confitta nel cuore e ne sente profonda nostalgia. Appena c’è un segnale - anche se spurio, come capita sempre più oggi! - subito rizza le orecchie e il cuore si muove..., vorrebbe!

Ma rimane subito bloccato. Attingere a Dio gli pare un sentimento fantastico, un’aspirazione senza possibile oggetto, ...un’emotività non razionale! Allora si ritrae scoraggiato, e, tra i più lucidi, disperato, perché sente l’assurdità di aspirare a cose ..irraggiungibili e impossibili alle sole sue capacità umane.
Un tipo come Leopardi concluderebbe così: faceva meglio maestro Ciliegia a destinare al caminetto questo pezzo di legno! Meglio non essere mai nati ...! Per fortuna pochi arrivano alla tragica lucidità di Leopardi.
Dio conosce bene la nostra drammatica condizione perché ha provato la fatica di essere uomo. Sa quale rovina abbia prodotto quella breve corsa di libertà sfrenata per i campi, fatta da Pinocchio, il burattino ribelle, l’Adamo di sempre.
Dio è come Geppetto, di fronte alla sua creatura ribelle e ostinata ma sempre frutto delle sue mani e del suo amore,
... sentì intenerirsi, e presolo subito al collo, si dette a baciarlo e a fargli mille carezze.
Siamo davanti alla sorpresa di un Dio che si fa tenero, misericordioso e che si commuove: “Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto?... Per questo le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza. Oracolo del Signore” (Ger 31,20). Se sorprende la creazione, più sorprendente è la redenzione di fronte all’assurdità del rifiuto dell’uomo. Quasi una rivincita, regale e munifica, quella di Dio. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”, dice san Paolo (Rm 5,20).

Non l’avesse mai fatto! Subito l’uomo alza il becco: è abituato a vedere ogni manifestazione di bontà come un’abdicazione.
Pinocchio è tormentato da una gran fame, una fame da lupi. Ci aspetteremmo che si accontenti di tutto. Invece no! Accetta le pere da Geppetto, ma gli pone delle condizioni:
Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.
Fa il “figlio di papà” grasso e schifato. Spesso l’uomo, di bocca buona con tutti, diventa stranamente sospettoso di fronte al dono di Dio. Eppure ne è l’unico veramente disinteressato. Dev’essere brutto anche fare il mestiere di Dio con uomini così orgogliosi! Vien da pensare che l’uomo, anche quando entrerà in paradiso, farà lo sdegnoso, con l’aria di aver già visto di meglio al suo paese."


CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO



.
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"UN VESTITINO DI CARTA FIORITA Geppetto rifà i piedi di Pinocchio
e vende la propria casacca per comprargli l’abbecedario

Placata la fame, Pinocchio cominciò subito a bofonchiare e a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi. Geppetto lo lasciò piangere e disperarsi per mezza giornata. Solo alla fine lo esaudì, regalandogli due piedini svelti, asciutti e nervosi.
I silenzi di Dio sono tremendi! Sembra abbandonarci alla nostra miseria, per farci cogliere e acutizzare il bisogno di lui. La mano forte del Padre corregge e usa una pedagogia robusta: anche Gesù “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì” (Eb 5,7-8). Certo la “giustificazione”, cioè il perdono, è gratuita. Ma... quanto poi la dobbiamo “pagare”! Dio vuole unire la nostra parte di croce a quella di Cristo, come “corredenzione”. Dio ci purifica per “spremere” un amore e una fiducia piena in Lui: “Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo” (Ap 3,19). O anche: “Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 15,2).

Poi Geppetto gli confezionò un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berrettino di midolla di pane.
Dopo la colpa di Adamo e in attesa della redenzione - sta scritto - “Dio fece all’uomo e alla donna delle tuniche di pelle e li vestì” (Gen 3,21). Non potendo ancora rivestirlo di Cristo e della “veste nuziale”, gli fa indossare questi abiti provvisori, che sono i grandi doni naturali offerti all’uomo come anticipo e preparazione al dono della figliazione divina, della “grazia”. Sono il primo soccorso all’uomo decaduto perché possa sopportare, in una terra ostile, una vita difficile, che facilmente può giungere alla disperazione allorquando scopre la sua precarietà ...!
Essi sono:
- la sana capacità di ragionare, senza fanatismi, poi assunta e dilatata dal dono della fede;
- l’amore tra l’uomo e la donna, stabile e sereno, rafforzato poi dalla grazia del sacramento del
matrimonio;
- l’amicizia che conforta e unisce gli uomini, in attesa del dono della carità;
- il sano ed equilibrato piacere della mensa e dei sensi, in attesa del “vino nuovo” nel regno dei
cieli e della risurrezione della carne;
- il gusto del bello e la delizia della natura, in attesa di gustare la bellezza stessa di Dio e del
suo amore per noi come ce lo rivelerà poi Cristo;
- la norma etica e le leggi basate sulla retta coscienza, in attesa del dono dello Spirito santo,
vera e definitiva legge del cristiano;
- l’autorità e il buon governo che danno sicurezza e libertà per lo sviluppo di ognuno. Spesso pesano, ma guai se mancassero o fossero troppo deboli! Nell’attesa che tutti riconoscano un solo Signore e gli obbediscano, creando così una nuova e più profonda solidarietà.

Sono “tuniche di pelle” preziose per l’uomo. Costituiscono quella “sana natura” sulla quale può inerire la “grazia”. Non vanno perciò disprezzate per malsano ascetismo o per balordo “antiborghesismo”! La Chiesa ha sempre condannato movimenti integristi. Spesso il troppo angelismo collima (o si rovescia) con la peggior perversione. Dai “digiunatori” dell’epoca Gesù fu accusato di essere “un mangione e un beone”. Il suo equilibrio dice tutta la preziosità di una sana stima dei valori umani, compresi quelli del corpo. Un vero “cristianesimo umano”.
C’è anche il rischio di credere questi beni come definitivi, dar loro maggior valore di quello che meritano. Il troppo attaccamento a questi può soffocare aspirazioni più alte: l’anelito a diventare niente di meno che eredi stessi di Dio. Il pericolo è la tendenza all’eccessivo “orizzontalismo”, all’interno e al secolarismo, all’esterno!

“A proposito - soggiunse il burattino - per andare a scuola mi manca sempre qualcosa: l’Abbecedario”. Geppetto uscì a vendere la casacca; quando tornò il pover’uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.
Anche di Dio è scritto: “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini..” (Fil 2,7). E di Cristo: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9)."


CONTINUA!



credo che il tutto sino a questo momento, questa FAVOLA si commenta da sola

e mi auguro che i lettori interessati riescano a cogliere l'essenziale
della GRAZIA che DIO dona ad ognuno di noi.


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO





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[Modificato da cavdna 10/11/2008 15:56]
12/11/2008 18:06
 
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ciao,
molto belli questi racconti, altro che favola, questo scrittole l' ha fatta diventare realta'!
come mi ha colpito nella "favola" il ruolo del grillo "della coscienza, che avvolta non vogliamo ascoltare e ne siamo anche consapevoli" mi ha fatto riflettere anche questa fusione, e di quanto molte persone non credono in se stessi hanno paura della liberta che hanno e preferiscono affidare la loro esistenza agli uomini e diventare burattini!

avvolte tornare piccini non fa male! [SM=x570865]
--------------------------------------------------
AVER PAURA DEL DIAVOLO E' UNO DEI MODI DI DUBITARE DI DIO ...
13/11/2008 22:08
 
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Re:
vi saluto in CRISTO SIGNORE

mia cara sorella "lovelove" che scrivi :

lovelove84, 12/11/2008 18.06:

ciao,
come mi ha colpito nella "favola" il ruolo del grillo "della coscienza, che avvolta non vogliamo ascoltare e ne siamo anche consapevoli" mi ha fatto riflettere anche questa fusione, e di quanto molte persone non credono in se stessi hanno paura della liberta che hanno e preferiscono affidare la loro esistenza agli uomini e diventare burattini!

avvolte tornare piccini non fa male! [SM=x570865]




R I S P O S T A

mia cara sorella


grazie per la condivisione e.......,

mi chiedo cosa "accadrà" ai lettori interessati quando si parlerà di :

.....Mangiafuoco;
il gatto e la volpe;
Lucignolo;
..... etc. etc....


grazie [SM=x570890]

vi saluto in CRISTO RISORTO



.
[Modificato da cavdna 13/11/2008 22:21]
13/11/2008 22:15
 
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"PINOCCHIO VENDE L’ABBECEDARIO
per andare a vedere il teatro dei burattini

Nella vita di ognuno c’è il momento di una partenza entusiasta, fatta di grandi ideali. Pinocchio s’incammina verso la scuola col suo bravo abbecedario nuovo sotto il braccio, e strada facendo fantasticava di guadagnare molti quattrini e di fare a Geppetto una casacca tutta d’argento e d’oro e coi bottoni di brillanti. Diceva tra sé:
“Quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia.. a questi freddi! Non ci sono che i babbi che siano capaci di certi sacrifici!”.

Commuovono questi grandi propositi di Pinocchio; come commuovono sempre - per nostalgia - le ingenue idealità degli adolescenti! Non per disprezzarle, ma per sentire quanta fragilità, quanto scarto ci sia dentro di noi tra il dire e il fare, tra il sognare e... il razzolare d’ogni giorno. Quando si è al bivio delle scelte concrete, dove le velleità devono diventare volontà e programmi precisi, ... lì casca l’asino! Pinocchio sente un suono lontano di pifferi e di grancassa: è un teatro di burattini. La sua natura burattinesca ne è irresistibilmente attratta.
Il cuore dell’uomo è sottoposto a una continua tensione tra il fascino del cielo e il ritorno alla terra. Se in lui vi è un “desiderio naturale” di Dio è perché una sua impronta e un profondo bisogno di Lui è in ognuno di noi. Sopravviene però nell’uomo, quasi subito, un richiamo al mondo, alla sua più modesta prospettiva intratemporale, all’orgogliosa e prepotente tentazione all’indipendenza da ogni legame, al prometeico farsi da sé e..., forse anche al fascino discreto e quotidiano dell’aurea mediocritas, della pigrizia e dell’anonimato, dei comodi compromessi con la coscienza che fanno convivere il diavolo e l’acqua santa, o, se si vuole - almeno una volta si usava – “falce, martello e moccolo”! E’ di pochi la vocazione ad essere eroe o santo!
Vi è uno strano guazzabuglio di desideri nell’animo umano: non c’è libertino che non senta a volte il fascino della divina intimità. Non esiste asceta che non porti in sé il desiderio della sfrenata festa chiassosa del mondo. Angelo e demonio convivono in ogni persona!

Proprio per questo, tentiamo di mascherare la scelta sempre di buoni pretesti, nel tentativo di non rinunciare a niente. “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24).
Pinocchio rimase lì perplesso, e disse:
Oggi anderò a sentire i pifferi e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo.
La via del poi poi - si dice - finisce nel mai mai! Pinocchio ci metterà tutto il libro per arrivare a quella scuola!

Sicché vende l’abbecedario! La scuola e l’abbecedario sono la strada, faticosa, dell’umanizzazione e della sana ragione. Quando uno la perde, finisce tra i burattini. Quando uno rinuncia a ragionare con la propria testa e si lascia martellare dagli slogans; quando non sottopone più a critica i giudizi prefabbricati che la cosiddetta “cultura” gli ammannisce dai teleschermi o dai festivals; quando si sgrava del fastidio di decidere e si lascia muovere dai fili invisibili del fanatismo di partito o ideologico..., non è più che un burattino, e si merita un bel burattinaio, rosso o nero che sia!
Né è meno pericoloso l’opinionismo che infesta oggi i mass-media, dove tuttologi di turno squadernano pareri soggettivi l’uno contrapposto all’altro, in un pluralismo che fa dimenticare che la verità è una, come una è la realtà e la vita. Un retto uso della ragione significa appunto lo sforzo dell’interpretazione giusta del reale, non l’esercizio estetizzante un po’ fasullo che sembra essere il criterio valutativo in uso nei prodotti “culturali” di oggi."


"libertà mentale = libera la mente"


CONTINUA!

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vi saluto in CRISTO RISORTO



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" PADRE O BURATTINAIO
I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello esce fuori il burattinaio
Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine

Pinocchio, seduto in fondo alla platea si gode lo spettacolo di Arlecchino e Pulcinella che se le davano di santa ragione così bene che sembravano proprio due animali ragionevoli e due persone di questo mondo. In clima di guerra quotidiana in diretta tv non si fa fatica a concludere che “homo homini lupus”, che cioè gli uomini si sbranano come lupi!
Il guaio è che, ormai assuefatti alla violenza come spettacolo, alcuni la legittimano con un mucchio di pretesti; altri si rassegnano considerandola ineluttabile; altri la teorizzano come sistema (“lotta di classe”, “lotta armata”, “conflittualità permanente”, “terrorismo”, ...). Alla fine penetra in tutti, come un virus, nei rapporti spiccioli d’ogni giorno che divengono sempre più tesi e avvelenati dalla paura...! La vita sociale diviene invivibile.

Anche Pinocchio, riconosciuto e chiamato dai burattini, salta sul palcoscenico e fa combriccola con loro, e così ora invece di continuare la recita, raddoppiano il chiasso e le grida. Proprio come capita sovente: al disordine politico ed economico si aggiunge quello sociale; ...e il pacifismo è buona scusa per rilanciare la “pantera” e i suoi più disordinati giovani cugini!

Naturalmente, in nome della libertà! Libertà dai tabù del sesso; libertà dalle strettoie del “sistema”; libertà dal nozionismo della “scuola borghese”; libertà dal colonialismo economico; ...per qualche mese s’è gridato anche libertà dal comunismo, ma... sembra che si siano sbagliati! Oggi è libertà dal sionismo, dall’americanismo...! Un “grande vecchio” domina la scena: va spazzato via, liberiamoci da tutti i padroni, “né Dio né padroni”, abbattiamoli questi prepotenti di Mangiafuoco; allora finalmente davvero non saremo più marionette, ma uomini liberi! La condizione di burattini è conseguenza dell’esistenza dei burattinai!
Ma è proprio vero che sia così? La storia ben studiata ci insegna che ogni rivoluzione non ha ottenuto che il risultato di cambiare burattinaio; e non sempre in meglio! Forse è altrove la causa della schiavitù. La storia di Pinocchio oggi ha ancora molto da insegnarci.
Pinocchio si mescola con le altre marionette sul teatro: Pulcinella, Arlecchino, la signora Rosaura..., e sembra del tutto uguale ai suoi fratelli burattini. Ci accorgeremo presto però che la sua sarà una sorte diversa: Mangiafuoco lo dovrà lasciar libero perché - gli dice Pinocchio - dovrà andare alla ricerca del suo babbo e diventare un bravo bambino.

Cosa gli ha impedito di assimilarsi alle altre teste di legno? Appunto il fatto di avere un padre, e quindi un “destino da figlio”, un destino di libertà vera!
Dimenticare la nostra condizione di figli di Dio è la radice di un ritorno a essere burattini. E’ il riferimento a Lui ciò che fonda la dignità e grandezza della persona umana, altrimenti schiacciata dal più forte. E’ il riferimento a una paternità comune ciò che fonda l’autentica fraternità e solidarietà tra gli uomini, al di là di interessi ed egoismi.
Più profondamente: solo chi arriva a riconoscere e professare di avere al mondo “un solo Signore Gesù Cristo”, non potrà più sopportare altri padroni di questo mondo e sarà capace di disincanto in piena libertà di fronte a ogni manipolazione del potere terreno. L’osso più duro in ogni forma di dittatura, il più pericoloso dissenso d’ogni regime, la talpa che scava sotto ogni oppressione... è sempre il cristiano e la Chiesa. E’ capitato anche nel crollo del comunismo nei paesi dell’est europeo, proprio per la resistenza della “Chiesa del silenzio”.
La filiazione divina ha ormai gettato nella storia degli uomini una potente risorsa di libertà. Quando gli uomini vi corrispondono, entra in opera la potenza dello Spirito. “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17)."



CONTINUA!

grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO



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"COME UN FUSCELLO NELLA CORRENTE
Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio il quale poi difende dalla morte il suo amico Arlecchino

Per rimettere ordine su quel palcoscenico scompigliato, non c’è che il metodo violento: prendere Pinocchio e bruciarlo per lo spiedo del padrone Mangiafuoco. Ma la notizia che quel burattino ha un padre commuove il burattinaio, che lascia libero Pinocchio.

Riprendiamo il tema del rapporto burattini-burattinaio. Come siamo, sul palcoscenico della vita, chiassosi burattini ubriachi di libertà; altrettanto, un momento dopo, siamo povere marionette ridotte al silenzio e... pronte per lo spiedo. Tutti abbiamo sempre a che fare con un Mangiafuoco padrone e tiranno! Questi avrà a volte il volto della natura cieca e del caso che ci bistratta con le sue improvvise bizzarrie, tal altra avrà il volto delle ferree leggi economiche con i loro condizionamenti antiumani. O sarà il potere politico, dove pochi dispongono della sorte di altri e non sempre secondo giustizia. O il volto della scienza e della tecnica delirante che si ritorce come un boomerang in disastri ecologici o terrori atomici ... O quello che paventiamo nel domani ormai prossimo, la robotizzazione della società tecnologica e tecnocratica, dove tutti saranno “razionalizzati” a computer!

Impigliato in questa molteplice casualità, l’uomo è libero... quanto un fuscello abbandonato a una corrente d’acqua vorticosa. Ciascuno sente il peso di questa schiavitù. Ne ha sempre più coscienza, sospinto dall’amara ironia di una sempre più vasta campagna di emancipazionismo! Anche quando finalmente le cose sembrano andar bene perché s’è trovato un assetto “democratico”, c’è sempre un Mangiafuoco che esige che il suo montone sia arrostito bene. Ci mangiano sopra sempre e comunque...! Perché “il potere logora chi non ce l’ha..!”.

Umanizzare ogni autorità è discorso di moda. Moralità o ricupero delle evidenze etiche sembrano i linguaggi oggi in uso. Anche Mangiafuoco è toccato al cuore dalla compassione:
Mangiafoco pareva un uomo spaventoso... ma nel fondo poi non era un cattivo uomo.
E commosso, dice a Pinocchio:
Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre, se ora ti facessi gettare fra quei carboni ardenti. Povero vecchio! Lo compatisco! Etcì, etcì, etcì...

Ma quanto resiste l’appello del cuore di fronte a un interesse concreto? Se risparmia Pinocchio, Mangiafuoco vuol sacrificare Arlecchino. Allora Pinocchio interviene fieramente:
“In questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giendarmi! Legatemi e gettatemi là fra quelle fiamme. No, non è giusta che il povero Arlecchino, il vero amico mio, debba morire per me!”.
Di fronte a un tale atto di generosità eroica, anche Mangiafuoco si commuove e cambia parere.
Certo, l’appello a un Padre e a un Giudice che sta sopra di tutti, è fondamento solido e unico a che gli uomini si sentano tutti uguali e ogni autorità non divenga autocrazia disumanizzante. Probabilmente però solo dei gesti profetici, delle testimonianze personali di gratuità e servizio, renderanno credibile e significativa, da parte dei cristiani, quella proclamazione di paternità di Dio e fraternità tra gli uomini che possono garantire un po’ di respiro alla nostra libertà e limitare la rigidità delle nostre inevitabili schiavitù terrene. Questo è compito proprio della Chiesa nei confronti del mondo: seminare tra gli uomini isole di gratuità e perdono, perché queste, diventate un arcipelago, contagino individui e famiglie e condizionino, almeno un po’, il potere economico e politico. Ancora concludiamo: o Dio o un padrone!

Alla fine, una società ben fondata potrebbe dare anche benessere: Mangiafuoco regalò addirittura a Pinocchio cinque zecchini d’oro! Ogni benessere è ricchezza ambivalente: può aiutare Pinocchio ad arrivare più in fretta a casa o portarlo... nel paese dei Barbagianni ossia di Acchiappacitrulli. Come vedremo, seguitando la storia."




apparteniamo noi tutti a un PADRE?

ci riconosciamo figli?

quindi ad una grande CHIESA?
(la famiglia di DIO - ....io sono la vite e voi i miei tralci....)

CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO



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15/11/2008 19:47
 
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"IL GATTO E LA VOLPE
Il burattinaio Mangiafuoco regala cinque monete d’oro
a Pinocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto,
e Pinocchio invece si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto
e se ne va con loro

Si fa in fretta a perdere il Padre, come ha fatto Pinocchio. Poi ci vuole tutta una vita per ..ricuperare la fede!
Mentre si fa già fatica a superare se stessi, le proprie pigrizie, il proprio orgoglio che ci ha spinti all’emancipazione, capita poi di trovare sulla strada del ritorno a Dio continui ostacoli anche esterni e tentazioni piene di fascino che ci distolgono dai molteplici propositi fatti con sincerità.

Una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutti e due gli occhi si presentano a Pinocchio, e - Buon giorno, Pinocchio - gli disse la Volpe, salutandolo garbatamente.
Lupi vestiti da agnello, appaiono nella veste compassionevole del perseguitato dalla mala sorte con tutte le belle maniere possibili. Anzi superinformati e interessati alle nostre faccende, come gente di casa, tanto che lo stesso ingenuo Pinocchio si meraviglia: Com’è che sai il mio nome? - Conosco bene il tuo babbo, risponde la Volpe. Non si può dubitare che satana ci conosca bene, come conosce bene il Padre e il nostro destino di figli di Dio. Sta tutta qui la sua rabbia nei nostri confronti! Inoltre la Volpe rimprovera Pinocchio delle sue infedeltà e ha parole di compassione per Geppetto... Capita spesso che i nemici divengano più papisti del Papa, e, per tattica, ti diano anche la luna nel pozzo...!

Naturalmente, oltre che difensori di Dio e della moralità pubblica, si presentano come i veri difensori del popolo:
Vuoi tu, di cinque miseri zecchini, farne cento, mille, duemila? Noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri!
Prospettano rivoluzioni sociali ed economie “scientifiche” sempre all’insegna della giustizia e della difesa dei poveri... Il loro fascino sta qui, e forse è anche il loro lato buono - almeno per chi è in buona fede. San Paolo scrive: “Satana si maschera da angelo della luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia” (2Cor 1,14-15).
Ma ormai siamo disincantati: costatiamo ogni giorno il crollo di utopie non precisamente fondate sul rispetto dell’uomo e di Dio! L’incomprensibile è che, nonostante i fatti di ogni giorno, rimanga ancora qualcuno - e lo ostenta anche senza provarne vergogna! - che vada per le strade o al seggio elettorale a dire: Che brave persone! come diceva Pinocchio dei due compari della nostra storia.
Questo è del resto il punto debole dell’uomo: come il figlio prodigo credeva di possedere libertà lontano da casa, così Adamo, cui il serpente aveva prospettato di diventare “conoscitori del bene e del male”, ha creduto più a lui che alle promesse e agli anticipi datigli da Dio...! Il peccato di Pinocchio, come dei progenitori, non sta tanto nel cedere al fascino del tesoro favoloso, quanto l’aver creduto di raggiungere la felicità andando non verso il Padre, ma allontanandosi da lui. In fondo, Dio e satana promettono tutti e due cose grandi: “diventare simili a Dio”. L’aberrante è che ci fidiamo di più del secondo, fuggendo dall’Amore che ci ha creato!

Quando riusciamo a fermarci e a ragionarci sopra, tutto ci sembra così assurdo, e, come Pinocchio, ci viene un dubbio:
No, non ci voglio venire!
Purtroppo, sappiamo come vanno le cose: quando abbiamo dato anche solo un po’ d’ascolto alla tentazione, siamo già su una strada scoscesa, ed è difficile fermarsi! Perché “larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14).
Così che tutto finisce spesso come per Pinocchio:
Andiamo subito, io vengo con voi!"




"Lupi vestiti da agnello, appaiono nella veste compassionevole del perseguitato dalla mala sorte con tutte le belle maniere possibili. Anzi superinformati e interessati alle nostre faccende, come gente di casa, tanto che lo stesso ingenuo "

quando suonano al vero tali frasi.....,
quanti "lupi/travestiti da agnelli" si affacciano a noi nella veste dei tanti interessati al nostro solo bene??

ed allora:
"Il peccato di Pinocchio, come dei progenitori, non sta tanto nel cedere al fascino del tesoro favoloso, quanto l’aver creduto di raggiungere la felicità andando non verso il Padre, ma allontanandosi da lui. In fondo, Dio e satana promettono tutti e due cose grandi: “diventare simili a Dio”. L’aberrante è che ci fidiamo di più del secondo, fuggendo dall’Amore che ci ha creato! "

ma forse a qualcuno interessa sottilineare altro?

CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


vi saluto in CRISTO RISORTO




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15/11/2008 19:54
 
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"LE SOLITE STORIE L’osteria del Gambero rosso

Seconda notte “senza padre” per Pinocchio in compagnia di personaggi poco raccomandabili, appunto il Gatto e la Volpe, su una china inclinata dove più nulla riesce a trattenerlo.
Già all’osteria del Gambero rosso intuisce di essersi sviato tanto che gli diventa indigesto quel poco cibo pagato uno zecchino:

chiese uno spicchio di noce e un cantuccino di pane, e lasciò nel piatto ogni cosa.

Poi, a mezzanotte, parte per l’avventura del Campo dei miracoli.
Già nel suo cuore sente quella ineluttabilità al peggio che a volte prende ognuno di noi quando s’accorge d’aver fatto un passo falso, e, scoraggiato, si sente abbandonato a forze più grandi e malefiche.
Anche la natura attorno sembra trattenere il respiro in attesa come d’un grande inganno e d’una .. grande desolazione:

...nella campagna non si sentiva alitare una foglia. Solamente alcuni uccellacci notturni... venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio.

Questo stato d’animo, da una parte è frutto della caparbietà che ci impedisce di tornare sulle proprie decisioni, dall’altra dell’ “empietà”, del negare che “il Padre mio opera sempre - dice Gesù - e anch’io opero” (Gv 5,17), ...anche e soprattutto nella notte del cuore umano!
L’immagine del buon pastore che va in cerca della pecora smarrita dice quanto Dio non si rassegni mai a perderci e fino all’ultimo solleciti un ripensamento.

Proprio da Dio, e dal suo portavoce interiore, la coscienza, giunge sempre, anche se discreta, una luce a rischiararci.
A Pinocchio apparve all’improvviso pallido e opaco, come un lumino da notte entro una lampada di porcellana trasparente: “Sono l’ombra del Grillo parlante” disse una vocina fioca fioca che pareva venire dal mondo di là.

La coscienza è come la memoria viva della nostra identità più vera e del nostro destino: la verità di noi stessi, fatti “a immagine di Dio”; è specchio nel quale si riflette e risuona il segnale di ciò che è il nostro vero bene al di là delle contraffazioni della nostra libertà pigra e deviata.
E’ proprio questa volontà prevaricatrice a vincere quasi sempre, e alla ‘logica’ del peccatore non c’è argomento di coscienza che tenga!
Se poi al “rimorso” - campanello d’allarme della coscienza - si sostituisce il “complesso di colpa” - ritenuto un indotto irrazionale dei condizionamenti sociologici -, si elimina l’unica autorevolezza della coscienza sana: quella della verità!
Così esiste solo “l’imperativo ideologico”: Voglio andare avanti! Questo irrazionale imperativo deriva dal paraocchi d’una fissazione politica o d’un certo obiettivo schematizzato, che elimina altri valori e si priva di capacità critica.
Anzi, ciò che è fuori dello schema sono... le solite storie! (Le solite storie della Chiesa “oscurantista”, della morale “tabù”, dei genitori “matusa”, dei professori “dispotici”, del capitale “colonizzatore”, della cultura cattolica “utopica e delegittimante”, ecc...).
E’ quel dogmatismo più “clericale” di ogni clericalismo che gli ideologismi di oggi scimmiottano da una Chiesa che hanno sempre condannato come intransigente e intollerante.

Il risultato è ben tragico:

si spense a un tratto come si spegne un lume soffiandoci sopra, e la strada rimase più buia di prima.

Ci vogliono anni per educare un ragazzo. Tutto però si può distruggere in due mesi di scuola, o in pochi anni di ingordigia goliardica, se - come è - la cultura in cui s’immerge è all’insegna della dissacrazione, del permissivismo, della “rivoluzione”...
La coscienza è l’ultima spia che segnala un pericolo, come la febbre per un corpo aggredito da virus malefici. Quando la si fa tacere è come votarsi alla “deficienza immunitaria”, spegnere gli anticorpi,
cioè .. votarsi alla morte!
V’è ben più diffusa da noi un’AIDS dell’anima che non quella del corpo!"




CONTINUA!


grazie [SM=x570890] [SM=x570892] [SM=x570890]


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15/11/2008 20:00
 
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"DUE FIGURACCE NERE
Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli
del Grillo parlante, s’imbatte negli assassini

Pinocchio se ne va di notte alla ricerca del “campo dei miracoli” sognando gli alberi carichi di monete d’oro.
Da buon adolescente in cerca di fortuna e autonomia, va ripetendosi:

A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri: tutti, anche i Grilli parlanti.

E spavaldo prosegue:

Ecco qua: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andar fuori la notte.

Pinocchio parla proprio come... un libro stampato, cioè come la più classica immagine dell’adolescente che si strafotte di genitori ed educatori!
Il processo dell’adolescente emancipato è sempre così: prima schifa il “grillo parlante”, la coscienza, la saggezza dei genitori, la sapienza di Dio, poi spumeggia del vuoto acritico delle sue scelte capricciose e, alla fine, cade preda entusiasta dell’ultima utopia gridata più forte nelle piazze o in TV...!
Per lui è sempre più verde l’erba degli altri e, alla fine, per non obbedire al padre, obbedisce a dei padroni. Pinocchio sta infatti seguendo fiducioso le indicazioni dei due “maestri”, il Gatto e la Volpe!
Questo capita anche agli adolescenti più avanti negli anni, che, con più sussiego culturale ma non meno ingenuamente, disprezzano le indicazioni del vangelo e vanno a scuola di altri maestri che, non sempre rispettosi della verità, sono più accomodanti e forse... più interessati!
“Verrà giorno - dice san Paolo - in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2Tim 4,3-4).
Se non è la smania del nuovo e del diverso, è però oggi l’imperativo soggettivista: purché opinione sia! Il risultato? Ciascuno è verità a se stesso e, per tutti, trionfo di Babele!
Eppure Gesù aveva tanto raccomandato: “Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo” (Mt 23,9-10).

Attenti a coloro che “vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci” (Mt 7,15).
Quelli di Pinocchio, come troppo spesso anche ai nostri giorni, non resistono a lungo al travestimento. Più in fretta di quel che ti aspetti, si manifestano senza malintesi come assassini armati di coltellacci per importi con la violenza quella loro “liberazione” che sanno poco liberante, una volta che se ne è conosciuta la vera sostanza!

Due figuracce nere, tutte imbaccuccate in due sacchi di carbone, le quali correvano dietro a lui a salti e in punta di piedi, come se fossero due fantasmi.

Abbiamo ormai visto troppo spesso che alle lusinghe di piazza segue il cingolato dei carri armati, già preparati oltre la siepe! Si dubita dell’efficacia persino dell’astuzia, per fidarsi esclusivamente della forza e della violenza.

Si provò a scappare. Ma non aveva ancora fatto il primo passo, che sentì agguantarsi per le braccia e intese due voci orribili e cavernose, che gli dissero: “O la borsa o la vita!”.

E’ lo sbocco fatale di ogni malvagità!
“Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi!” (Mt 7,16-17).
Non dà mai buoni risultati un umanesimo che non rispetta l’uomo!
La violenza è sempre il segno della falsità anche quando si ammanta di pretesto politico!
Se ne è discusso fin troppo in questi tempi di guerra.
A cose fatte, la guerra è “avventura senza ritorno” e la violenza non ha mai risolto, ma portato sempre altre violenze! E i più deboli ne fanno le spese: Pinocchio finisce sulla forca."


"Non dà mai buoni risultati un umanesimo che non rispetta l’uomo!" ???
quando suonano a vero anche queste affermazioni......


CONTINUA!


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16/11/2008 22:56
 
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"SONO MORTA ANCH’IO
Gli assassini inseguono Pinocchio e,
dopo averlo raggiunto,
lo impiccano a un ramo della Quercia grande

Pinocchio è proprio spacciato! Inseguito dai neri assassini, il burattino raggiunge quello che per Collodi era il vertice della sua assimilazione all’uomo: la morte come porto inesorabile di ognuno. Un finale amaro per la sua fiaba. Così al libro pone la parola “fine”! Ma i suoi “piccoli lettori”, che avevano dovuto cedere all’inizio del libro - ricordate? -, sono loro ora a far continuare la storia, per una logica del simbolo che solo essi avevano saputo intravedere nella favola. Collodi la riprenderà dopo quattro mesi di sospensione.

Pinocchio vive tre ore di agonia, appeso all’albero: come l’ “Uomo”, che Pilato presentò come archetipo della sofferenza e della morte, quando disse: “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5). In quel momento supremo d’angoscia - come per l’uomo Gesù - il pensiero del burattino va al padre:
quando, aspetta aspetta, vide che non compariva nessuno, proprio nessuno, allora gli tornò in mente il povero babbo... Oh, babbo mio!... se tu fossi qui!
“Elì, Elì, lemà sabactàni; cioè: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!”. Il Padre è sempre l’unico che resta alla fine: come un grido di nostalgia anche per chi, nelle sue scorribande, se ne è sempre allontanato.

Prima di giungere a quel punto, quando ancora fuggiva agli inseguitori, Pinocchio aveva intravisto una salvezza:
vide fra mezzo al verde cupo degli alberi biancheggiare in lontananza una casina candida come la neve.
E subito si disse:
se avessi tanto fiato da arrivare fino a quella casa, forse sarei salvo. E via a corsa disperata di quasi due ore!
Quando sono ormai caduti tutti gli “aquiloni” delle fatue illusioni umane, si corre ai ripari. Si ricupera quell’annuncio nebuloso ricevuto nella fanciullezza di un’altra vita, di un altro mondo, ... di una salvezza promessa! La Chiesa appare ancora come l’unica arca di salvezza nel naufragio dell’esistenza ...: potessi ritornare là, potessi riavere la fede di quei giorni!
Ma è un ricupero difficoltoso. Chi vi ha vagato lontano per molto tempo e ha sperimentato disinganni, delusioni, amarezze... non ha più il coraggio di credere, non si fida più di nessuno. Ha rotto la speranza nella verità e nel bene. Dio e la Chiesa e la verità e l’amore gli appaiono come un’utopia, una nostalgia ...!
Questo perché, già all’inizio, è mancato un approccio serio alla fede, capace di fondarne con intelligente documentazione la credibilità per un “assenso razionale” (come dice san Pietro). Chi della fede e della Chiesa ha solo quell’immagine incipriata da prima comunione non riesce più a servirsene da adulto. Gli sembrerà cosa morta e sbiadita, come una favola lontana in cui rifugiarsi come mito sentimentale, chiusa al bisogno concreto di salvezza dell’uomo emancipato del ventunesimo secolo. Quale grande peccato “in causa” è quello di crescere come cervelloni competenti in ogni materia e professionalità, ma con il cervello rimasto nano per quel che riguarda le conoscenze della fede! Chi del catechismo sa solo quel che ha imparato fino alla cresima avrà della fede una idea da bambino, per nulla significativa di fronte ai problemi della vita matura!
A Pinocchio,
dopo aver bussato e dato calci e zuccate nella porta, apparve una bella Bambina, coi capelli turchini e il viso bianco come un’immagine di cera. “Sono morta anch’io, disse, e aspetto la bara che venga a portarmi via”.
A furia di dire che la Chiesa è roba vecchia e morta... anche quel barlume sincero che ognuno ha di Dio gli parrà roba smorta, rispetto ai riflettori che invadono ed esaltano “la scena di questo mondo”!

Ogni luce sembra spegnersi e ogni speranza svanire nel buio della morte che incalza inesorabile... Per fortuna, come vedremo nel seguito della storia, l’accertamento di morte di Pinocchio era prematuro e poco fondato."


chi sa quanti leggendo tale post rileggeranno anche la loro "disfatta....."
"Ma è un ricupero difficoltoso. Chi vi ha vagato lontano per molto tempo e ha sperimentato disinganni, delusioni, amarezze... non ha più il coraggio di credere, non si fida più di nessuno. Ha rotto la speranza nella verità e nel bene. Dio e la Chiesa e la verità e l’amore gli appaiono come un’utopia, una nostalgia ...!"

Questo perché, già all’inizio, è mancato un approccio serio alla fede....

CONTINUA!


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"LA BELLA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
La bella Bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino,
lo mette a letto e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto

Per riprendere la storia, si dice che Pinocchio era soltanto più morto che vivo, e che la bella Bambina dai capelli turchini era una bonissima Fata che da più di mill’anni abitava nelle vicinanze di quel bosco, la quale, fatto staccare dall’albero il povero burattino e, portatolo in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare i medici più famosi del vicinato.

Nel rapporto padre-figlio entra qui un “principio femminile” che ormai sarà decisivo per il seguito della storia. Sarà tramite lei, la Fata, che si instaurerà la comunione perfetta e definitiva tra Pinocchio e Geppetto. Allo sguardo teologico sembra delinearsi il passaggio tra l’Antico e il Nuovo Testamento; dalla Bibbia appunto dobbiamo trarre tutto il senso di questa simbologia femminile.

Essa è anzitutto la “Sapienza” creatrice di Dio, la quale rappresenta il progetto e la premura esecutiva di Dio provvidente sul mondo; la fede popolare l’invoca come “Provvidenza”. Questa volontà salvifica, quasi un progetto onnicomprensivo, si incarna nell’umanità di Cristo quale Prototipo e Primogenito di una molteplicità di esseri che in lui trovano ricapitolazione.
Da Cristo alla Chiesa: essa è l’umanità raggiunta dall’azione redentiva di Cristo, associata alla sua umanità quale suo prolungamento nel tempo. La Fata dai capelli turchini diventa l’immagine della Chiesa, la sposa “senza macchia né ruga ..., ma santa e immacolata” (Ef 5,27).
Di essa l’attuazione singolare e la primizia è Maria (“dai capelli turchini”, color del cielo). La sua sollecitudine per la nostra salvezza è ben raffigurata dalla premura che questa Fata ha per la salute di Pinocchio. In Maria s’intravede il mistero di ogni donna che si china con sensibilità materna sulla vita umana per realizzare quella sua vocazione specifica di fare del proprio figlio un figlio di Dio.
Si tratta di un insieme di mediazioni concatenate che mettono in luce una sensibilità femminile entro il processo salvifico escogitato da Dio.

Al suo capezzale sono chiamati tre medici, i più famosi del vicinato, che danno soluzioni diverse.
Sentenzia il Corvo:
quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione.
Sentenzia la Civetta:
quando il morto piange, è segno che gli dispiace di morire.
L’autore malignamente vuol rappresentare la scienza con tutte le sue analisi psicologiche e sociologiche, incapace di analizzare fino in fondo i mali dell’uomo, oppure tutti gli umanesimi terrestri che costatano il bisogno di infinito e di immortalità che c’è dentro l’uomo, senza però poter dare risposte e salvezza a quel suo insoffocabile anelito.
Il Grillo invece è più esplicito e drastico, va a mettere il dito sulla piaga:
“Quel burattino lì, io lo conosco da un pezzo! E’ una birba matricolata, è un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo! Quel burattino lì è un figliuolo disobbediente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo ...!”.
Rappresenta la coscienza e il rimorso, che colloca in un ravvedimento profondo anche se sconvolgente l’inizio della salvezza.

Si sentì allora nella camera un suono soffocato di pianti e singhiozzí!
E’ il coraggio forte della conversione, al di là delle facili scuse cui spesso la coscienza non illuminata dalla parola di Dio si prostituisce.
Si racconta che il libertino Charles De Foucauld, giunto davanti all’abate Huvelin per “discutere” di fede, si sentì intimare: “Inginocchiati e confessati, poi si potrà discutere!”. Ha avuto inizio lì l’avventura di santità di fratel Carlo De Foucauld e, con lui, la più moderna spiritualità dei nostri tempi."



"Essa è anzitutto la “Sapienza” creatrice di Dio, ........ la fede popolare l’invoca come “Provvidenza”....... un progetto onnicomprensivo, si incarna nell’umanità di Cristo quale Prototipo e Primogenito di una molteplicità di esseri che in lui trovano ricapitolazione.
Da Cristo alla Chiesa: essa è l’umanità raggiunta dall’azione redentiva di Cristo, ....... La Fata dai capelli turchini diventa l’immagine della Chiesa, la sposa “senza macchia né ruga ..., ma santa e immacolata” (Ef 5,27).
Di essa l’attuazione singolare e la primizia è Maria (“dai capelli turchini”, color del cielo). La sua sollecitudine per la nostra salvezza è ben raffigurata dalla premura che questa Fata ha per la salute di Pinocchio. In Maria s’intravede il mistero di ogni donna che si china con sensibilità materna sulla vita umana per realizzare quella sua vocazione specifica di fare del proprio figlio un figlio di Dio."



CONTINUA!


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"UNA CERTA POLVERINA BIANCA
Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi; però quando vede i becchini che vengono a portarlo via,
allora si purga. Poi dice una bugia e per castigo gli cresce il naso

Dopo l’inutile consulto medico è la Fata stessa a tentare di riportare in vita Pinocchio. Gli prepara una certa polverina bianca in mezzo a un bicchier d’acqua, cercando di persuaderlo a inghiottirla. Fa molta fatica. Alla fine, lo convince solo spaventandolo col mostrargli quattro conigli neri come l’inchiostro che portavano sulle spalle una piccola bara da morto.

Se la guarigione dell’uomo parte da un pentimento interiore della coscienza, c’è bisogno poi di un gesto della Chiesa - il sacramento - perché la salvezza giunga a compimento. “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo” (Mc 16,16): fede e sacramento sono elementi indisgiungibili per l’ortodossia cattolica in fatto di salvezza.

La causa remota sta nel fatto che la riconciliazione con Dio è frutto gratuito della croce di Cristo, di un suo atto prima che d’un’opera nostra. E’ dalla connessione con questo atto che il perdono giunge fino a noi. Il nostro pentirci è, nel suo nocciolo, accoglienza di un’iniziativa di Dio che ci soccorre, è lasciarsi risanare dal gesto del Buon Samaritano che si china a fasciare le nostre ferite con olio e vino.

La causa prossima della necessità del sacramento sta nel fatto che Cristo ha voluto prolungarsi nel tempo attraverso la Chiesa per toccare - visibilmente ed efficacemente - ogni peccatore col suo gesto di salvezza. Gesto esterno e “istituzionalizzato” perché da una parte segnali l’origine di quel perdono - un fatto oggettivo: la morte di croce, perché tanto è costato il perdono di un Dio! -, e dall’altra dia la sicurezza psicologica di essere perdonati attraverso un gesto autorizzato e pubblico.

I segni scelti da Gesù per dar “vestito” ai suoi gesti sono a volte sconcertanti nella loro povertà: un po’ d’acqua, un pezzo di pane, la parola di un prete che è uomo come me..! Un giorno Gesù per guarire il cieco nato fece con la saliva un po’ di fango da spalmare sugli occhi. Sembra riderci sopra gioioso in questo gioco di cose umili per compiere le sue opere grandi! E’ il gioco esattamente opposto alla magia. In questa l’uomo vuol piegare Dio a sé con le sue formule segrete; nel sacramento l’uomo cerca di piegare la sua volontà orgogliosa al disegno di Dio, accogliendo i suoi gesti carichi di una virtualità che va ben oltre quel che appare. Come per Naàman il siro, lebbroso, invitato da Eliseo a lavarsi sette volte al Giordano, così anche a noi è richiesta fiducia in quel Dio che “ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti... e ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono” (1Cor 1,28).

Capita, a volte, di diffidare di questi segni, di arricciare il naso come Pinocchio davanti alla medicina datagli dalla Fata. Dio e la Chiesa, madre e maestra, non hanno altra scelta che usare qualche metodo un po’ forte: visto che la considerazione della bontà e misericordia di Dio ci tocca poco, ecco il richiamo al giudizio finale e al fuoco dell’inferno, onde evitare il nostro fallimento. Un po’ di timore di Dio non stona mai con l’amore di Dio! Del resto, suggerivano i Padri della Chiesa: “Medita spesso i Novissimi, ed eviterai i peccati!”. Lo spavento di Pinocchio alla vista dei becchini è stato decisivo per fargli prendere la medicina.
Quando si è guariti, cioè riconciliati con Dio, siamo pronti a riconoscere che ne valeva la pena. Anche Pinocchio alla fine dice:
Abbiamo più paura delle medicina che del male.

E’ la stessa strana diffidenza che abbiamo per la Chiesa e per le sue premure di salvezza. Pinocchio ha fatto lo schizzinoso, pieno di pretese di fronte alla Fata che, come madre buona, l’accondiscendeva in tutto. Quanta fatica facciamo noi preti e quante umiliazioni subiamo dalla gente... pur di “salvare ad ogni costo qualcuno”!

Alla fine - come fa Pinocchio - non c’è né riconoscenza né sincerità: alla Fata il burattino dice una serie di bugie che... invece delle gambe corte, gli allungano il naso a dismisura. Così chi snobba la Chiesa, rimarrà un giorno... con un palmo di naso!"


"Se la guarigione dell’uomo parte da un pentimento interiore della coscienza, c’è bisogno poi di un gesto della Chiesa - il sacramento - perché la salvezza giunga a compimento.............La causa prossima della necessità del sacramento sta nel fatto che Cristo ha voluto prolungarsi nel tempo attraverso la Chiesa per toccare - visibilmente ed efficacemente - ogni peccatore col suo gesto di salvezza. Gesto esterno e “istituzionalizzato”"


CONTINUA!


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vi saluto in CRISTO RISORTO



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"QUATTRO MONETE ’ORO
Pinocchio ritrova la Volpe e il Gatto
e va con loro a seminare le quattro monete
nel Campo dei miracoli “Prima che faccia notte sarà qui il tuo babbo”,

dice la Fata a Pinocchio, cui ha promesso di far rivedere Geppetto.

L’incontro col Padre avviene nella Chiesa: “Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre”, diceva san Cipriano. Ogni uomo, come Pinocchio, è insofferente della verità posseduta nella casa dei figli di Dio, e preferisce l’esplorazione “nel bosco” dei dubbi, col sogno di arrivare autonomamente alla verità. Ma è strada pericolosa: ci si può imbattere nel Gatto e la Volpe e finire nel paese di Barbagianni o di Acchiappacitrulli.

In questo vagare con le sole sue forze - Platone direbbe: in questo navigare nell’esplorazione del mistero sulla fragile zattera delle nostre intuizioni e non sull’imbarcazione solida della rivelazione divina - l’uomo, come Pinocchio, ha in dotazione quattro monete d’oro, tesoro preziosissimo per sostenerlo nella ricerca. Sono quattro valori dello spirito, viatico che la misericordia divina assegna a chi è chiamato a diventare suo figlio, anticipazione di luce e aiuto per proseguire il viaggio verso il Regno. Tesori che i figli di Dio posseggono a pieno titolo e con larghezza, mentre negli altri sono dati in forma di aspirazione e anelito.

Il primo valore è l’intuizione che una razionalità ci sia del reale, che ogni cosa debba avere un perché, che vi sia connessione tra cause diverse, che in sostanza vi sia un unico progetto onnicomprensivo del creato. Questo pensiamo di trovare quando diciamo di cercare la verità. Chi sciupa questo talento, suicida la ragione. Gli vien meno anche una premessa indispensabile al raggiungimento della fede, che ha bisogno di una sua ragionevolezza documentata.

Il secondo dono è una certa conoscenza di Dio, come un barlume iniziale per avviarne la ricerca: nessuno nasce veramente ateo! “Ciò che di Dio si può conoscere è... manifesto; infatti dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” (Rm 1,19-20). Solo quando l’uomo sofistica la ricerca, ammutolendo il buon senso in nome di una scienza apparente, arriva al più desolato ateismo e alla solitudine mai quieta di sentirsi orfano.

Terzo profondo anelito è quello per la giustizia: è il contenuto primordiale della speranza, la molla verso il paese d’utopia, un sole dell’avvenire che muove in messianismi terreni masse intere di popoli. Anche questo talento, quando è usato male e portato all’esasperazione, diviene schiavitù ideologica e totalizzante, sfociando in genocidio e fallimento.

Quarto: il senso innato della solidarietà, un’aurorale capacità di amare, una simpatia per il sentimento della fraternità universale come fondamento della convivenza umana. Se deviato, diviene collettivismo spersonalizzante.

I talenti, secondo la parabola, vanno trafficati e, nel senso giusto, non affidati ad altri che a Dio per il loro rendere. Pinocchio invece
scavò la buca, ci pose le quattro monete d’oro che gli erano rimaste, e dopo ricoprì la buca con un po’ di terra.

Risultato: la spogliazione completa, come per gli abitanti di Acchiappacitrulli:
cani spelacchiati, pecore tosate, galline rimaste senza cresta, pavoni scodati dalle loro scintillanti penne d’oro e d’argento ormai perdute per sempre.

Sembrano i reduci dei nostri più recenti ideologismi, comunismo e terrorismo, che hanno lasciato masse intere senza Dio e senza ideali! Ogni umanesimo ateo è controproducente, e spesso sfocia in... barbarie. Il Gatto e la Volpe hanno sempre travestimenti adatti ad ogni cultura e sistema economico. Guai se l’uomo si fida di loro! Gesù l’aveva ben preannunciato: “Chi non raccoglie con me, disperde” (Lc 11,23)!"



"L’incontro col Padre avviene nella Chiesa: “Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre”, diceva san Cipriano. Ogni uomo, come Pinocchio, è insofferente della verità posseduta nella casa dei figli di Dio, e preferisce l’esplorazione “nel bosco” dei dubbi, col sogno di arrivare autonomamente alla verità. Ma è strada pericolosa: ci si può imbattere nel Gatto e la Volpe e finire nel paese di Barbagianni o di Acchiappacitrulli.

Il primo valore è......
Il secondo dono è.......
Terzo profondo anelito è.........
Quarto è: ...........

I talenti..........................."


CONTINUA!


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vi saluto in CRISTO RISORTO




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"UN “DUNQUE” AMARO E CRUDELE
Pinocchio è derubato delle sue monete d’oro
e per castigo si busca quattro mesi di prigione.

Pagina amarissima questa di Collodi, piena di sarcasmo e delusione nei confronti della giustizia umana. E’ la tragica sorte di ogni povero Pinocchio costretto a essere “vaso d’argilla in mezzo a tanti vasi di ferro”.

Capitò che l’ingenuo Pinocchio, vistosi derubato delle sue quattro monete dal Gatto e la Volpe, sia andato dal giudice della città e lì abbia raccontato la sua disgrazia per avere giustizia.
Era il giudice, uno scimmione della razza dei gorilla; l’ascoltò con molta benignità, prese vivissima parte al racconto: si intenerì, si commosse ..., e alla fine sentenziò: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo in prigione”.
Quel “dunque” è terribile! Poiché sei debole, indifeso, sfortunato, magari timido e senza malizia perché innocente..., sei tu che sbagli e devi pagare! Un “dunque” pronunciato anche dal più celebre magistrato della storia, Pilato: “Non trovo in lui nessuna colpa: prendetelo dunque e crocifiggetelo” (Gv 19,6). Se è capitato al Figlio di Dio, ...non c’è speranza di sorte migliore per noi! E’ un rovesciamento di parti cui non ci si può rassegnare. Per questo siamo tutti “affamati e assetati di giustizia”;... e sempre un po’ in esilio in questo mondo!

“Dies irae, dies illa”. Giorno d’ira sarà quel giorno del giudizio finale, quando finalmente Dio farà piena e definitiva giustizia per tutti. Certo ne abbiamo timore un po’ tutti, ma ne sentiamo forte il bisogno e la necessità. Guai se non ci fosse! Guai se tutti i giusti e gli innocenti fossero trattati alla stregua dei malvagi! Non ci sarebbe più possibilità di misura: cosa è vero, cosa è falso? Cosa è giusto, cosa ingiusto? Il giudizio di Dio è il fondamento e la garanzia sicura di ogni autentica giustizia. Nessun giudizio umano può soddisfare il bisogno di valutazione interiore che ha ogni uomo; neppure “il tribunale della storia”. La storiografia è un compito che i vincitori non spartiscono mai con nessuno!
Per questo la Sposa dice: “Vieni ...!”. E l’Agnello risponde: “Verrò presto e porterò con me il salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere” (Ap 22,12). Così finisce la Bibbia!

Pinocchio esce di prigione, dopo quattro lunghissimi mesi, per un’amnistia in cui vengono aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini. (...Come si ripete la storia in fatto di scarcerazioni facili!). Pinocchio però non è un malandrino:
“Voi no - rispose il carceriere - perché voi non siete del bel numero ...”. Escono i terroristi e i capimafia, e stanno dentro i rubapolli!

Per poter uscire, Pinocchio deve dichiarare:
“Sono un malandrino anch’io!” – “In questo caso avete mille ragioni”, disse il carceriere!
Siamo al vertice dell’avvilimento! Di “tribunali del popolo” che esigono l’autocritica è piena la storia. Oggi, cadute le ideologie, è il potere economico o la cultura egemone ad imporre l’omologazione o l’esser “cacciato fuori” (cfr. Gv 9,34). Almeno una volta ci si pentiva dinanzi a Dio, e ci si sentiva più uomini! Ora dobbiamo umiliarci di fronte agli uomini, disumanizzandoci! Ma... lo chiamano “progresso”!"



CONTINUA!


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"IL SIGNOR SERPENTE
Liberato dalla prigionia, Pinocchio si avvia
per tornare a casa della Fata;
ma lungo la strada trova un Serpente orribile, e poi rimane preso alla tagliola

Finalmente è la volta buona: tormentato dalla passione di rivedere il suo babbo, si dirige verso la casa della sua sorellina dai capelli turchini. Ha capito che la buona Fatina è la tappa obbligata per ritrovare babbo Geppetto.
Un proposito che è tutta una passione bruciante da neofita convertito: pur sotto la pioggia e nel fango correva come un can levriero.
Lontano - ultimo nel fine ma primo nell’intenzione - sta il pensiero che qualcuno lo ama veramente:
mi struggo di fargli mille carezze e di finirlo dai baci;
più immediato e vicino è il malessere interiore suscitato da tante delusioni e dalla consapevolezza di essere la fonte dei propri guai:
io sono un burattino testardo e piccioso; i ragazzi, a essere disubbidienti, ci scapitano sempre!,
giungendo fino al proponimento di cambiar vita!
Appunto, il dolore di aver offeso Dio e il dispiacere per il proprio danno sono le molle di ogni autentico ravvedimento. Se questo parte da una scelta interiore decisa, sfocia nel sacramento della riconciliazione offerto dalla Chiesa.

Il sentiero della conversione è irto di ostacoli e tentazioni.
La prima conversione è interiore, ricuperando fiducia nella misericordia di Dio e nella capacità della Chiesa:
la Fata mi perdonerà la brutta azione che le ho fatto? E il mio babbo mi avrà aspettato? Ce lo troverò a casa della Fata?
Certo che ti aspetta tuo padre, povero Pinocchio di sempre! Ricordi la parabola? “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro” (Lc 15,20). La Chiesa possiede il potere vero, a nome di Dio: “Ricevete lo Spirito santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi...”. Solo la conoscenza della GRATUITA’ dell’amore di Dio e la sua MISERICORDIA, consegnata da amministrare alla Chiesa con esplicita autorizzazione, possono ridare coraggio e nuovo slancio a chi ha perso ogni fiducia.

La seconda è esteriore: è data dal grande mostro moderno che è l’opinione pubblica corrente, la cosiddetta “cultura egemone”, alla quale si offre conformismo, compromessi, mimetizzazione, ...in una parola: svendita d’identità!
Apparve sulla strada di Pinocchio il signor Serpente, di mole eccezionale, con gli occhi di fuoco e la coda fumigante, già visibile alla distanza di più di mezzo chilometro, dalla vocina dolce e d’insoliti modi cortesi. Scavalcarlo per passare dall’altra parte della strada è il tentativo di Pinocchio; ma quello troppo invade la strada. Si richiede un confronto aperto!
Sembra la descrizione puntuale dei nostri mass-media, “potenze, principati, potestà” del mondo moderno, mezzi indifferenti in sé, ma a servizio del “serpente antico, colui che chiamiamo diavolo e satana, che seduce tutta la terra”, di cui parla l’Apocalisse (12,9). Oggi penetrano da ogni parte e solo un rigore personale salva dall’omologazione certa e dal capovolgimento dei valori.
Così avviene per Pinocchio:
restò col capo confitto nel fango della strada e con le gambe ritte su in aria.
Quando si perdono i riferimenti divini, il minimo è lo sconvolgimento dei mezzi e dei fini, un impantanamento del cuore e della volontà! Col risultato di far morir dal ridere quel mostro tanto grosso e tanto cinico. Perché capita davvero così: dopo essere stato manipolato nel cervello e nella coscienza, ti ridono anche in faccia per l’ignoranza e la poca furbizia che hai dimostrato...!
Ancor peggio: ti lasciano con una propensione al “coniglismo” o assuefazione alla schiavitù. Liberato dal Serpente, Pinocchio ricominciò a correre per arrivare alla casa della Fata; ma, entrato in un campo a rubare poche ciocche d’uva moscatella, restò preso da una tagliola, destinata dai contadini alle faine."



CONTINUA!


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"VITA DA CANI

Pinocchio è preso da un contadino il quale lo costringe a fare da cane da guardia a un pollaio

Intanto si fece notte. Il povero Pinocchio lo ritroviamo legato a una catena con un grosso collare tutto coperto di spunzoni di ottone, più morto che vivo, a motivo del freddo, della fame e della paura, a menare una vera vita da cani, facendo guardia a un pollaio! Gli appare una Lucciola, altra incarnazione del Grillo parlante e perciò della sua coscienza, che lo fa riflettere sulla sua condizione umiliante, spingendolo nuovamente al pentimento:
un’altra volta non lo farò più!

Vita da cani, come conseguenza del male compiuto. E’ il tema centrale di tutto questo commento a Pinocchio in chiave teologica: la natura umana ci è affidata, all’inizio, come un seme che deve maturare, come una prima distribuzione di carte che renda possibile la partita della nostra vita, perché sia la nostra libertà per una certa parte a determinarne il destino, quasi un “trasnaturarla” per degradarsi o per elevarsi, cioè per imbestiarsi, divenire bestia, o per divinizzarsi, divenire “simili a Dio”.

Ci accorgiamo bene che la nostra esistenza effimera tende a evolversi, alla ricerca di un senso e di un assetto più definitivo. L’uomo è oggetto e artefice del suo duplice destino, che non è solo il dato finale, ma un processo che si evolve gradualmente all’interno, trasformando intelligenza, volontà, sensibilità, carne, ossa, sangue, ecc.. Quale grandezza ha mai la nostra libertà!

E l’imbestiamento, come la divinizzazione, si attuano coll’agire: attraverso gli atti liberi si cambiano l’essere e la natura. Di solito si dice: chi è bestia, agisce da bestia. Ma bisogna anche dire: chi agisce da bestia, bestia a poco a poco immancabilmente diventa. Sarà la storia finale di Lucignolo... e in parte di Pinocchio, a confermarci tale tesi.
Del resto l’esperienza insegna: spesso ammiriamo uomini miracolosamente più che uomini, e incontriamo uomini, al contrario, simili a bestie insensibili e irricuperabili!

La nostra trasnaturazione ha chiaramente diversi stadi: nel suo momento finale la divinizzazione sarà la partecipazione piena alla vita stessa di conoscenza, d’amore e di gioia propria di Dio; la materializzazione, nella degradazione, sarà uno spirito schiavizzato dalla materia e, con linguaggio biblico, raffigurata dal fuoco. Nella sua fase terrena, attuale, la vita divina iniziale noi la chiamiamo “vita di grazia”, dove nella fede incominciamo ad adeguarci - per esempio nella carità - alla vita di Dio. La degradazione, prodotta e aggravata da una vita di peccato, si rivela invece sempre più come vita egoista, violenta e, interiormente, sempre più vicina alla disperazione dei dannati. Per fortuna Dio lascia fino all’ultimo la possibilità del pentimento.

Quale peso allora hanno anche i piccoli gesti di ogni giorno! Niente è indifferente; tutto lascia una traccia. Mentre il bene facilita il bene successivo, il male e il peccato condizionano e schiavizzano sempre di più la nostra intelligenza e la nostra volontà.
Anche rubare due grappoli di uva moscatella porta, alla fin fine, alla schiavitù dell’avere collare, catenella e... cuccia, come Pinocchio incappato nella tagliola dei suoi misfatti. Queste esperienze di schiavitù sono dei campanelli d’allarme: guai se non ne sentiamo il richiamo...! La vita scivola sempre più velocemente su una china di rovina inarrestabile."




CONTINUA!


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16/12/2008 23:24
 
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"OH, SE POTESSI RINASCERE…!

Pinocchio scopre i ladri e,
come ricompensa per essere stato fedele, viene posto in libertà

Sulla strada dell’ “imbestiamento”, la china è pericolosa: un passo tira l’altro, il male incalza. Esso ha dentro una logica ferrea che, a non contrastarla, mena a livelli di degradazione non previsti.
Dopo il furto di due grappoli d’uva, Pinocchio - divenuto cane da guardia - rischia di farsi complice di quattro faine, animaletti carnivori, ghiottissimi specialmente d’uova e di pollastrini giovani, che vengono al pollaio a rubare otto galline. Tentano di coinvolgerlo, associandolo all’impresa.
Questa volta Pinocchio sa reagire. Ha il coraggio di spezzare quella logica. Non c’è mai un momento in cui non possa scattare la nostra libertà responsabile! Pinocchio non si associa ai ladri e, abbaiando proprio come se fosse un cane da guardia, sveglia il padrone, meritandosi così la libertà.
Dove sta la radice di questa vittoria, di questo primo passo di redenzione? Pinocchio, nella consapevolezza della propria miseria e della propria colpa, ha un’intuizione del cuore che lo eleva - per noi - alla più autentica soglia evangelica:
Oh!, se potessi, rinascere un’altra volta!...

La presa di coscienza d’aver sbagliato tutto nella vita, lo spinge a ricominciare da capo, a non rinunciare o rassegnarsi, a sentire come ancora valida la propria libertà...: un sussulto di sano orgoglio vitale! E’ possibile cancellare il passato? La soluzione non è “dimenticare”, né “emanciparsi” da regole o morali-tabù, o far tacere la coscienza con sofismi ideologici: alla fine non si può barare con se stessi! E’ necessaria una nuova creazione del cuore, un riportarsi all’innocenza originale, avere un perdono che sia una autentica pagina bianca.

Questo è possibile a noi? È sufficiente autogiustificarsi. E’ giusto autopunirsi? Pinocchio sembra scoraggiato, non vede prospettive di libertà a breve termine:
ormai è tardi, e ci vuol pazienza.
Anche Nicodemo, nel Vangelo, si poneva la domanda: Come può un uomo rinascere? “Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?” (Gv 3,4).
La risposta per una soluzione corretta sta in Gesù: “Se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3). Occorrono l’irruzione di un perdono e la forza di una vita divina che risanino alla radice il nostro essere, così da renderlo capace di azioni nuove. “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). “Quel che è nato da carne è carne...”. Quel che è impossibile all’uomo, è possibile a Dio! Proprio per questo s’è fatto nostro Salvatore.

All’uomo è richiesta - per questa giustificazione che essenzialmente è dono gratuito di Dio - una risposta di FEDE: la coscienza che una radicale rinnovazione ci è data solo dall’alto, accreditata da nostri gesti di buona volontà che ne dicano la sincerità. E’ ciò che noi chiamiamo “preparazione alla fede” (“preambula fidei”): cuore sincero e gesti buoni.
Incamminato verso la salvezza, Pinocchio ha fatto un primo passo concreto. Anche a noi, come il padrone del pollaio che gli ha ridato libertà, viene spontaneo battergli affettuosamente una mano sulla spalla e dirgli:
Codesti sentimenti ti fanno onore.
Sei sulla strada buona, “Non sei lontano dal regno di Dio” (Mc 12,34)."



CONTINUA!


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