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PIO XII

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2009 11:11
24/10/2008 12:36
 
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Re:
eretikus, 24/10/2008 12.28:

Sandro riporta:

___________Dopo molte lacrime e molte preghiere, ho giudicato che una mia protesta, non solo non avrebbe giovato a nessuno, ma avrebbe suscitato le ire più feroci contro gli ebrei... Forse la mia protesta solenne avrebbe procurato a me una lode nel mondo civile, ma avrebbe procurato ai poveri ebrei una persecuzione anche più implacabile di quella che soffrono”__________________

Potresti dire dove sono tratti questi “pensieri” di Pio XII citati nel libro?
Perché se sono veri, sono allucinanti.
Secondo il Papa se avesse dall’alto del suo magistero, protestato, le persecuzioni dei “poveri” ebrei sarebbero state ancora più implacabili !!
Ma, oltre alle camere a gas, ai forni crematori, alle fosse ricoperte di calce con bambini donne e uomini ancora vivi; cosa poteva ancora implacabilmente capitare a questi “poveri” ebrei?
Quando a Roma il 16.10.1943 i camion nazisti portarono via gli ebrei, Pio XII, non mosse un dito perché così non sarebbero aumentate le loro afflizioni?

Per cortesia, siamo seri.

Lo stesso giorno che Ratzinger difese Pio XII in un discorso alla fondazione ebraica “Pave the Way” la rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica” pubblicò che:
“La Santa Sede per mettere in salvo gli ebrei convertiti al cattolicesimo, dalle leggi razziali del fascismo italiano, chiese al governo di utilizzare come criterio discriminatorio (non il dato biologico-razziale), ma quello religioso, cioè l’appartenenza a una determinata fede religiosa, in questo caso quella giudaica”

La Santa Sede non si è opposta alle leggi razziali fasciste, anzi ha indicato come era più conveniente applicarle.

Saluti





[SM=x570923] [SM=x570923]

E voglio aggiungere che un pastore pur di perdere la faccia difende le sue pecore.

UN esempio dell'antichita' ci e dato da giovanni il battista.
pur di difendere la legge di dio,lo arrestarono e in fine gli fu mozzata la testa.
24/10/2008 12:38
 
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Ma, oltre alle camere a gas, ai forni crematori, alle fosse ricoperte di calce con bambini donne e uomini ancora vivi; cosa poteva ancora implacabilmente capitare a questi “poveri” ebrei?
Quando a Roma il 16.10.1943 i camion nazisti portarono via gli ebrei, Pio XII, non mosse un dito perché così non sarebbero aumentate le loro afflizioni?



Mi spieghi a cosa avrebbe giovato una denuncia "orale"? Oltre alla situazione degli ebrei, che non sarebbe migliorata, avrebbe mesos nei casini anche il clero romano, creando ritorsioni non solo contro preti e suore ma anche contro il patrimonio artistico. Questo forse può importare ppoco a gente che risponde solo per sé, ma non a chi quando parla deve rispondere di migliaia di persone, che potrebbero essere turturate per le sue parole. E' inutile fare calcoli astratti nel 2009, si mostra solo pregiudizio: il papa dice chiaramente che, dopo un'attenta valutazione dei fatti, e a causa delle suppliche perché non prendesse una posizione netta, decise di agire nell'ombra. Come ripeto poi una denuncia orale oltre a non servire a nulla sarebbe stata dannosa oltre che per il clero anche per gli Ebrei stessi, perché mettendo a rischio l'incolumità dei monasteri romani, nei quali vennero nascosti gli Ebrei, ci sarebbe stato il rischio concreto di non poterli più aiutare. Francamente questi giudizi ad personam di chi non ha vissuto quegli anni sono un'autentico squallore frutto dell'ideologia.



Lo stesso giorno che Ratzinger difese Pio XII in un discorso alla fondazione ebraica “Pave the Way” la rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica” pubblicò che:
“La Santa Sede per mettere in salvo gli ebrei convertiti al cattolicesimo



La diplomazia ti sfugge del tutto, vero? Siccome la Santa Sede sapeva benissimo che lo Stato italiano avrebbe fatto delle leggi contro gli Ebrei, e a questo non si poteva porre ostacolo per Mussolini le aveva promesse ad Hitler, cercò di salvare il salvabile proponendo che almeno gli ebrei convertiti al cattolicesimo non fossero considerati più ebrei.
[Modificato da Polymetis 24/10/2008 12:39]
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UN esempio dell'antichita' ci e dato da giovanni il battista.
pur di difendere la legge di dio,lo arrestarono e in fine gli fu mozzata la testa.



Non c'è alcun paragone. Il Battista rispondeva solo per se stesso, mentre il papa rispondeva delle eventuali ripercussioni su tutto il cattolicesimo. Si legga l'Enciclica di Pio XI "C0n Viva Ansia" per capire il clima di persecuzione che i cattolici sentivano pendere sul loro capo in Germania.
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Re:
Polymetis, 24/10/2008 12.40:


UN esempio dell'antichita' ci e dato da giovanni il battista.
pur di difendere la legge di dio,lo arrestarono e in fine gli fu mozzata la testa.



Non c'è alcun paragone. Il Battista rispondeva solo per se stesso, mentre il papa rispondeva delle eventuali ripercussioni su tutto il cattolicesimo. Si legga l'Enciclica di Pio XI "C0n Viva Ansia" per capire il clima di persecuzione che i cattolici sentivano pendere sul loro capo in Germania.




LEGGI bene ho detto la legge di dio.

e poi non mettiamo da parte i testi sacri, con delle enciclopedie di papati.
24/10/2008 14:13
 
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Potresti dire dove sono tratti questi “pensieri” di Pio XII citati nel libro?
Perché se sono veri, sono allucinanti.


Qui di allucinante c'è solo la tua incapacità di leggere e la superficialità con cui strumentalizzi questa tragedia per il tuo rancore personale.
Soltanto nella riga successiva infatti ho riportato ciò che è successo in Olanda che dimostra come la preoccupazione di Pio XII fosse assolutamente fondata.

Sandro

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24/10/2008 23:34
 
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LEGGI bene ho detto la legge di dio.



E la legge di Dio ti insegna a mettere in pericolo la vita altrui senza trarne per giunta alcun beneficio?
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Re:
Polymetis, 24/10/2008 23.34:


LEGGI bene ho detto la legge di dio.



E la legge di Dio ti insegna a mettere in pericolo la vita altrui senza trarne per giunta alcun beneficio?




SE PIO XII era onniveggente questo non lo so:

MA chi lo sa con esattezza se avrebbe messo in pericolo la vita altrui.

OPPURE PIOXII a fatto come fanno i politici: e cioe' non voleva perdere la poltrona? [SM=g1558696] [SM=g1558696]
25/10/2008 10:37
 
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SE PIO XII era onniveggente questo non lo so:

MA chi lo sa con esattezza se avrebbe messo in pericolo la vita altrui.



1)Non c'era nessun dubbio che sarebbe sttao così, era già successo in Olanda
2)Se anche ci fosse stato un dubbio, visto che i nazisti notorialmente sono degli agnellini, ed in quel momento invadevano ROma, tu avresti rischiato di dire parole vane e far precipitare tutto?

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una riflessione
Carissimi

sto seguendo la vostra interessante discussione su Pio XII
e mi permetto di partecipare alle vostre riflessioni, magari proponendo qualche idea non da tutti condivisa....


Mi pare onesto e logico riconoscere che, sulle più nascoste intenzioni di Pio XII non sappiamo nulla: la coscienza ed i pensieri più nascosti di un uomo sono noti solo a Dio.....

Ci sono comunque alcuni nodi ed interrogativi da sciogliere

1) nessuno può dire se Pio XII nutrisse dapprima qualche simpatia verso il nazismo e troppo tardi si sia reso conto delle infamie di tale regime.....se così fosse, parlare, gridare e denunciare gli sarebbe stato difficile: sarebbe stato considerato un traditore ed avrebbe messo a rischio la vita di migliaia di persone nascoste ed imboscate nei conventi e nelle chiese;

2) è sicuramente strano che a tanta prudenza nei confronti del nazismo non sia corrisposta altrettanta prudenza nei confronti del comunismo: condannando drasticamente e scomunicando i comunisti non c'era il rischio di esasperare l'odio anticristiano dell'Unione Sovietica di Stalin, mettendo anche qui a rischio e a repentaglio l'incolumità della chiesa d'oltrecortina???

3) comunismo, nazismo e fascismo nascevano da un indebolimento del cristianesimo, da limitata attenzione delle comunità cristiane ai problemi sociali ed alle sofferenze dei poveri, da profonde e radicate divisioni delle chiese cattolica ed evangeliche (molto attente alla dottrina ma poco disponibili al dialogo, alla tolleranza ed alla difesa dei diritti dell'uomo): se fosse stato possibile lottare contro le dittature anticristiane, le chiese ne avrebbero bloccato lo sviluppo già all'origine.....insomma mi sembra un po' come la cura "Di Bella": rafforzare le difese immunitarie quando il cancro le ha già aggirate si dimostra praticamente impossibile...


un saluto a tutti

enrico

25/10/2008 21:46
 
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è sicuramente strano che a tanta prudenza nei confronti del nazismo non sia corrisposta altrettanta prudenza nei confronti del comunismo: condannando drasticamente e scomunicando i comunisti non c'era il rischio di esasperare l'odio anticristiano dell'Unione Sovietica di Stalin, mettendo anche qui a rischio e a repentaglio l'incolumità della chiesa d'oltrecortina???



Non c'è alcun parallelo, sia perché mentre i cattolici tedeschi sono milioni, questo non è certo il caso della Russia, sia perché il comunismo era già stato condannato in modo categorico quando era ancora un'ideologia senza alcun potere, e dunque la condanna del comunismo sovietico era solo il corollario.


comunismo, nazismo e fascismo nascevano da un indebolimento del cristianesimo, da limitata attenzione delle comunità cristiane ai problemi sociali ed alle sofferenze dei poveri,



Forse questa è una concausa, io ne vedrei ben altre, e diversificate per i due.
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(Κ. Καβάφης)
26/10/2008 09:44
 
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Pio XII
Carissimo Polymeteis

un amico ucraino mi dice che durante la guerra fredda le chiese cattoliche uniate ucraina e bielorussa contavano milioni di cattolici e furono perseguitate molto più degli ortodossi, che avevano scelto la linea morbida con Stalin......

enrico
26/10/2008 22:26
 
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Sandro scrive:

_____________Qui di allucinante c'è solo la tua incapacità di leggere e la superficialità con cui strumentalizzi questa tragedia per il tuo rancore personale. _________________

Mi dispiace, Sandro, che tu ne voglia fare una questione personale. Al contrario di te, apprezzo molto quello che scrivi, e pur non condividendolo, lo ritengo valido per un confronto con i miei pensieri.
Riguardo al “rancore” che significa un: “risentimento tenuto nascosto”, francamente non mi sembra sia il mio caso.

Forse ho male interpretato quanto volevi comunicare con il tuo post. Sono però, obiettivamente consapevole, che non sarà stata una mia, prima volta, e purtroppo nemmeno l’ultima.
Può capitare.

Saluti

26/10/2008 23:21
 
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In questi giorni sono sorte due questioni che riguardano la beatificazione di Papa Pio XII.
Mi sembra che la più interessante sia quella che riguarda la didascalia con foto di Pacelli nell’elenco dei “non-giusti, tra le nazioni” esposta al museo del Yad Vashem di Gerusalemme.

La protesta di padre Peter Gumpel, relatore per la causa della beatificazione è, a mio avviso, singolare.

Ratzinger, dice il prelato, non si recherà in Israele affinché non verrà tolta la didascalia al museo, perché sarebbe uno scandalo per i cattolici.
Se la parole “contrarie alla beatificazione di Pacelli” del ministro degli Affari sociali israeliano Isaac Herzog si possono interpretare come una “ingerenza”, quelle di padre Gumpel non sono palesemente ricattatorie?

Saluti
27/10/2008 15:46
 
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Polymetis contesta l’affermazione che, la Chiesa cattolica, ebbe un ruolo di supporto al regime totalitario fascista di Mussolini.

Ma altre volte, in questo Forum e in altri, gli amici cattolici hanno ecceduto nell’enfasi difensiva, che gli ha impedito però una attenta analisi storica.

Per dimostrare che non c’è stato supporto e collaborazione, cita il “Concordato” anzi nel dare credibilità alla sua tesi cita i “concordati” facendo l’esempio di Cuba con il dittatore Fidel Castro, perché i concordati sono un rapporto di reciproco riconoscimento politico-amministrativo.
Un ragionamento che sembrerebbe sortire un buon effetto se non fosse che, parlando del Concordato con Cuba, il Papa di allora non ha detto “………E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare……..” come invece pronunciò Pio XI a favore di Benito Mussolini.

Al fascismo mancava solo un tassello per essere un regime compiutamente realizzato, l’approvazione della Chiesa cattolica. Con il “Concordato” questo tassello si riempì.
Questa “Conciliazione” fra Stato totalitario fascista e Chiesa cattolica consegnò la patente di credibilità internazionale al “duce”.

Ma la collaborazione tra Santa Sede e Stato fascista non finì con il Concordato, continuò.
In preparazione del “plebiscito” indetto per il 24 marzo 1929 per eleggere i “400” deputati nominati dal Gran Consiglio del fascismo ed avere la prima Camera “tutta fascista”, la Chiesa mobilitò l’Azione cattolica, il clero, la stampa cattolica con il compito di sollecitare i cattolici a partecipare e votare “SI”.
IL presidente dell’Azione cattolica dichiarò che “…questo voto significherà riconoscenza verso il Capo dello Stato e il suo governo…”
Non è collaborazione?

Qualche anno dopo, nel 1933, non molto lontano dall’Italia ormai definito uno stato clerico-fascista, in Germania, il Segretario di Stato vaticano faceva pressioni sul partito cattolico tedesco Zentrum perché votasse a favore della legge che consegnava i pieni poteri ad Hitler.

Quel Segretario di Stato vaticano era Pacelli, futuro Papa Pio XII.
A Pacelli interessava arrivare alla firma di un “Concordato” con i nazisti e nonostante che, con i voti dei socialdemocratici potevano bloccare i “pieni poteri” al dittatore, (il quale da cinque anni aveva già scritto “Mein Kampf”), per opportunismo politico, non lo fece.

Che dire? La Chiesa cattolica nei suoi atti veri, concreti, ha appoggiato il fascismo e il nazismo e, non a caso, tutti i provvedimenti che hanno poi costituito il telaio portante delle Leggi anti-semite, sono stati attinti dall’esperienza anti-ebraica di duemila anni di cristianesimo. Colpa da dividersi tra cattolici e protestanti.

Saluti



27/10/2008 18:49
 
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Mi dispiace, Sandro, che tu ne voglia fare una questione personale.


Niente di personale.
Credo sia legittimo discutere se l’atteggiamento di Pio XII sia stato il migliore in quel momento terribile, oppure altro potesse essere fatto, ma definire allucinante una scelta sicuramente sofferta e presa, io credo, in buona coscienza mi è sembrato francamente fuori luogo. Quella di Pio XII non fu una scelta facile: riceveva in continuazione relazioni allarmate dai vescovi che occupavano posti di responsabilità in luoghi di frontiera. Il vescovo del Lussemburgo, Jean Bernard, detenuto a Dachau per due anni, aveva fatto sapere che ad ogni protesta ufficiale, seguivano regolarmente nuove violenze contro i prigionieri; l’arcivescovo di Cracovia, mons. Sapieha, aveva raccontato di selvagge rappresaglie naziste, pregandolo di non pubblicare delle lettere di protesta che il papa aveva preparato, riguardo alle condizioni della Polonia ed altre relazioni erano sullo stesso tono.
Pio XII decise perciò di seguire altre vie, cercare cioè di salvare quante più vite possibili, invece di gettare ulteriore benzina sul fuoco.
Fu debolezza? O forse fu prudenza?
Chi può immaginare cosa sarebbe successo se invece di questa prudenza, da alcuni giudicata passività, il papa avesse proseguito nella sua idea della scomunica? Hitler si sarebbe spaventato e sarebbe corso a Canossa, battendosi con il cilicio?
Francamente mi sembra più che utopistico e credo che nessuno storico avallerebbe questa ipotesi, mentre invece più plausibile sarebbe certamente stata una reazione ancora più violenta, che avrebbe coinvolto anche i cattolici, come appunto successo in Olanda.
Molti poi ne avrebbero sicuramente approfittato anche per dire che il comportamento del papa era stato scriteriato ed irresponsabile, ma questo sarebbe stato l'ultimo dei problemi.
E non mi pare accettabile l’osservazione “cosa avrebbe potuto fare Hitler di peggio di quello che aveva già fatto” che suona quasi come: 500.000 eventuali morti in più non avrebbero cambiato la sostanza della tragedia.
Tra l’altro non sono molto d’accordo sui silenzi di Pio XII: credo che abbia parlato ed abbia parlato molto, ma tante cose sono finite, piuttosto in fretta, nel dimenticatoio.
Sandro

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Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
27/10/2008 19:38
 
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Non so voi, ma trovo veramente estenuante dover rispondere sempre agli stessi cliché. Sulla frase "l'uomo della Provvidenza", leggersi quest'articolo per smontare il mito storiografico:

L’uomo della Provvidenza
di Vittorio Messori

Quando, nel 1938, il governo fascista presentò al Senato i provvedimenti di discriminazione nei riguardi degli ebrei, il senatore Benedetto Croce non si presentò nell’aula di Palazzo Madama. E non per marcare così il suo dissenso, visto che né prima né dopo (almeno fino a quando durò il regime) protestò contro quelle leggi. E neanche perché avrebbe rischiato qualcosa se avesse fatto un intervento polemico: era intoccabile, sia per il suo prestigio internazionale, sia per l’interesse di Mussolini a lasciarlo in pace, mostrando così che il suo governo non era una tirannia che non sopportava voci contrarie. In effetti, la rivista di Croce, La Critica, poté uscire indisturbata, senza alcun intervento censorio, per tutto il Ventennio. Il duce teneva, teatralmente, un esemplare dell’ultimo numero uscito sulla scrivania a Palazzo Venezia e lo segnalava ai visitatori, soprattutto stranieri, a conferma della sua tolleranza e larghezza di spirito. Non si può neanche sostenere che, quel giorno, il filosofo non lasciò Napoli per Roma perché convinto dell’inutilità di una protesta, vista la volontà del regime di varare quelle leggi. In effetti, almeno in un’altra occasione, pur essendo i giochi ormai fatti, aveva avuto il bisogno di dire in Senato la sua avversione, quell’avversione che evidentemente non sentì necessario esternare contro le decisioni razziali. Il silenzio distratto di quest’uopmo, che pure rappresentava il meglio della cultura liberale (mi è già capitato di dire il rispetto, talvolta l’ammirazione che ho per lui, anche per la sua vita privata e la sua serietà, certamente superiore - purtroppo - a quella di qualche cattolico), quel silenzio è significativo e merita di non essere rimosso, come invece lo è stato quando si sono cominciate a fare le pagelle dei "buoni" e dei "cattivi".

Croce, lo dicevo, in un’altra occasione aveva esercitato il suo diritto di dire ai colleghi del Senato il suo radicale rifiuto di una decisione del regime. Fu nel 1929, in occasione del Concordato tra lo Stato italiano e la Santa Sede. Il suo laicismo si ribellava all’idea di venire a patti con una Chiesa che, per lui, rappresentava il massimo della reazione e dell’oscurantismo. In aula, dunque, tuonò contro accordi che definì «lo strappo con una tradizione ormai secolare di netta separazione della società laica da quella religiosa». Se considerava traditore lo Stato, vedeva nella Chiesa soltanto interessi temporali, affermando che essa aveva «peccato contro la Spirito, non rappresentando ormai nulla, se non un complesso di mire economiche e politiche»

Quest’acre avversione di Croce al Concordato continuerà costante (si opporrà all’inserimento di quel testo nella Costituzione Italiana) e, in un piccolo libro, scritto dopo la caduta del fascismo e intitolato Per una nuova vita d’Italia, scriverà: «Nessuno può dimenticare Pio XI, che inneggiò a "l’uomo della Provvidenza", con il quale strinse i tristemente noti accordi».
Proprio di questo vorrei parlare: chi non ha incontrato infinite volte, ripetuta polemicamente come un mantra, questa espressione («L’uomo della Provvidenza»), conferma definitiva di una sorta di patto mistico-politico tra la Chiesa e il fascismo? In realtà, qualcuno è andato alle fonti e ha chiarito (anche se ivano) che si tratta di una citazione scorretta, tanto da meravigliarsi che non dei superficiali gazzettieri o dei faziosi polemisti, bensì pure il Croce, nemico giurato di ogni imprecisione filologica, abbia deformato le parole di Pio XI. Questi, in effetti, tre giorni dopo la firma dei Patti, dunque il 13 febbraio 1929, ricevette in udienza i professori e gli studenti in udienza i professori e gli studenti della giovane Università Cattolica di Milano, capeggiati dal loro "Magnifico Terrore" com’era chiamato il fondatore, padre Agostino Gemelli. Il Papa non poteva non rifarsi al grande evento appena compiuto e disse, testualmente: «Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi».

C’è una bella differenza tra un secco «uomo della Provvidenza» e un ben più sfumato «un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare», preceduto per giunta da un "forse". Come dicevo, più volte si è proceduto a questa doverosa precisazione a proposito delle parole di papa Ratti ma quasi mai, a quanto mi risulta, si sono chiariti i precedenti che spiegano una simile espressione. Vediamo dunque di ricostruire la situazione.

I colloqui tra Santa Sede e Stato Italiano cominciarono nel 1926 e si protrassero per anni. In effetti, il marchese Francesco Pacelli, rappresentante del pontefice, aveva come interlocutore il rappresentante di Mussolini, impersonato dal professor Domenico Barone. Questi era un grande esperto di diritto ma anche un grande esponente del liberalismo ottocentesco, per il quale la sola sovranità ammissibile era quella dello Stato. Dunque, lo Stato, magnanimo, poteva concedere garanzie di libertà, di rispetto e magari persino finanziamenti alla Chiesa, purché questa non presumesse di essere un soggetto alla pari. Ciò che atteneva alla religione, nella mentalità liberale, poteva essere solo oggetto della politica ecclesiastica statale. E’ la prospettiva che aveva ispirato la cosiddetta Legge delle Guarentigie, approvata dal Parlamento italiano subito dopo Porta Pia e che concedeva molto al Papa e alla Curia ma escludeva recisamente una sovranità della Santa Sede. Questa, invece, era convinta (e a ragione) che proprio soltanto una sovranità propria, un essere "alla pari" con lo Stato poteva garantire l’indipendenza nella gestione della Chiesa.

Insomma, oltre mezzo secolo dopo l’ingresso a cannonate a Roma, il rappresentante italiano era saldo in quella sua prospettiva. E, dunque, con preoccupazione e pena del Marchese Pacelli, le trattative si svolgevano in un clima di rispetto, anzi, di cortese amicizia, ma sembravano ormai definitivamente arenate. Quella volta non era il Papa ma il professor Barone, il vecchio liberale (un cattolico, tra l’altro, ma secondo la scuola risorgimentale) ad opporre un insormontabile non possumus alla richiesta di un territorio minuscolo, il più piccolo Stato del mondo, ma dentro le cui mura la Chiesa fosse davvero in casa sua, non temendo ingerenze statali e non rischiando di diventare cappellana di qualche imperatore, re o presidente della repubblica.

Dopo due anni di quegli incontri, il professor Barone morì improvvisamente. Desolazione del marchese Pacelli: non soltanto perché, dopo tanto discutere, il suo interlocutore, per quanto impenetrabile, era divenuto un amico, ma anche perché la prospettiva era di ricominciare tutto da capo con un nuovo rappresentante italiano, presumibilmente nemico anch’egli della concessione di qualunque sovranità per la Santa Sede. Ma venne il colpo di scena: invece di nominare un altro giurista che lo rappresentasse, Mussolini decise di condurre personalmente la trattativa. Venendo da ben altra scuola e non avendo di certo preoccupazioni liberalesche (quelle che Pio XI chiamerà "feticci") il Benito tolse di mezzo, con pragmatismo di politico, il divieto un po’ superstizioso di parlare di una "sovranità" della Santa Sede alla pari di quella dello Stato. Così, in pochi mesi, l’incancrenita "questione romana" fu risolta, con la firma dei documenti l’11 febbraio, cioè nel giorno anniversario delle apparizioni di Lourdes.

Questi, dunque, i retroscena: conoscendoli, sarà più agevole capire che cosa intese dire il pontefice in quel discorso da cui furono estrapolate, deformandole, le espressioni su un presunto «uomo della Provvidenza». Naturalmente, anche queste mie precisazioni non serviranno a nulla: continueremo a leggere e rileggere il mantra anticlericale.

Parlavo, sopra, dell’antisemitismo in Europa nella prima metà del Novecento, tra legislazioni razziste e persecuzioni. Una storia drammatica anche perché presenta aspetti sconcertanti e rimossi, alla pari del silenzio di Croce. Ecco un esempio tra i tanti, di cui trovo conferma (ne conoscevo già le linee portanti) in The Pilar of Fire, tradotto in italiano da Garzanti nel 1954 con il titolo La colonna di fuoco e il sottotitolo Il viaggio spirituale di uno psichiatra dall’ebraismo al cattolicesimo. L’autore è Karl Stern, famoso scienziato tedesco, israelita costretto dai nazisti a fuggire dalla sua patria, la Germania, e approdato con fervore al riconoscimento del Cristo e alla militanza nella Chiesa. Un libro importante, tanto da avere la prefazione di Thomas Merton.

A Stern lascio la parola, per una citazione un po’ lunga ma che vale la pena di ricordare: «Fu un grande paradosso che una delle più vili e crudeli persecuzioni razziali della storia colpisse gli ebrei di Germania, che erano mirabilmente integrati nella vita culturale del popolo che li ospitava. Infatti, gli israeliti tedeschi, com’è risaputo, erano i meglio assimilati e i più profondamente radicati d’Europa, ad eccezione forse di quelli italiani. Questo fatto fu disgraziatamente usato da certi gruppi- Quando parecchi ebrei orientali dovettero emigrare in seguito agli orribili pogrom di cinquant’anni fa (L’A. allude alle esplosioni antisemite nei Paesi slavi, e soprattutto in Russia e in Polonia, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ndr), taluni gruppi di ebrei tedeschi chiusero loro le porte in faccia. Come stupirsi se ciò causò molta amarezza e molti malintesi da parte degli ebrei russi e placchi? Essi giunsero a considerare l’assimilazione e la profondità delle radici culturali degli ebrei tedeschi come una specie di perfido mascheramento, cosa che certamente non era. Come risultato della loro dolorosa esperienza, pregiudizi e risentimenti furono trasmessi a una seconda generazione e giunsero anche, con gli emigranti, in America. Così, alcuni ebrei orientali provarono qualcosa come il compiacimento per una meritata punizione, quando le persecuzioni cominciarono in Germania. Non avrebbero mai potuto immaginare che quel fuoco dovesse estendersi all’Europa orientale. Alla fine tutti gli ebrei d’Europa furono uniti in una fiamma apocalittica, in una terribile comunione di morte».

In effetti, gli spesso ricchi o almeno benestanti israeliti d’Europa occidentale (e non soltanto quelli tedeschi, ma anche quelli francesi e inglesi), inseriti com’erano nelle borghesie locali, nutriti di buoni studi omogenei in tutto ai loro connazionali "ariani", provavano disagio se non vergogna verso gli Ost-Juden, gli ebrei che si ammassavano a milioni nelle pianure dell’Est e che sembravano pidocchiosi e "impresentabili" nella buona società. Da qui, come ricorda Karl Stern, il "chiudere le porte in faccia" a quegli "straccioni" quando, chiedendo ospitaòità ai correligionari, vennero a turbare il decoro borghese degli ebrei occidentali. E, da qui, il terribile "compiacimento" di quegli esclusi quando Hitler sembrò dare una buona lezione a quei signorini assimilati e schizzinosi della Germania che non volevano avere nulla a che fare con i parenti poveri. Molti di quegli Ost-Juden erano nel frattempo emigrati in America: e si deve anche alla loro pressione se, qui, si fu molto parchi nel concedere rifugio agli ebrei in fuga dalla Germania e se negli Stati Uniti si fu, tutto sommato, meno interessati di quanto sarebbe stato necessario davanti alle notizie che giungevano da Berlino.

Insomma: anche questi episodi, sui quali si è steso il silenzio, possono aiutare ad inquadrare quali siano i pulpiti dai quali vengono le continue, sdegnose prediche conto "i silenzi" della Chiesa davanti all’antisemitismo nazifascista.

[Da "Il Timone" n. 33, anno VI, maggio 2004]


nonostante che, con i voti dei socialdemocratici potevano bloccare i “pieni poteri” al dittatore, (il quale da cinque anni aveva già scritto “Mein Kampf”), per opportunismo politico, non lo fece.



Ma i risultati delle elezioni te li sei sognati?
Cominciamo col dire che il Zentrum non è mai stato alleato di Hitler in un’elezione, semmai, dopo la caduta di Brüning il presidente Hindenburg gli sostituì l’ex-membro del Zentrum Franz von Papen, che era stato silurato dal partito proprio per aver contribuito alla caduta di Brüning. Ma alle lezioni del luglio del 32l’Nsdap ottenne la maggioranza relativa col 37,4% dei voti, e Hitler rifiutò di diventare il vice di von Papen, voleva il cancellierato. A dicembre von Papen fu sostituito da von Schleicher, ma anche il suo governo falli e nel gennaio del 33’ andò al potere Hitler. Alle elezioni del 5 marzo l’Nsdap prese 288 seggi, ma non ottenne la maggioranza in nessuno dei länder cattolici che avevano votato tutti per il Zentrum. Hitler in queste elezioni era alleato del Deutschnationale Volkspartei, presentato si col nome di Fronte di Battaglia nero-bianco-rosso, attestatosi sull’8% dei voti). La prima cosa che fece fu dichiarare il partito comunista fuori legge, è lo scioglimento Kpd. L’unica cosa fatta dal Zentrum a favore del nazismo è stata votare, come tutti esclusi i socialisti, la legge che dava ad Hitler pieni poteri, ma questo è stato fatto per tenerselo buono e perché opporsi non serviva ad un emerito nulla visto che il solo Nspad aveva 288 seggi (340 con quelli degli alleati del Kampffront), contro i soli 73 del Zentrum e 120 dell’Spd. Ergo opporsi non sarebbe servito a nulla, meglio tenerselo buono visto che si conoscevano i suoi metodi squadristi (si pensi all’opera delle SA prima delle elezioni di marzo).
Opporsi dunque non sarebbe servito a nulla, era meglio giocare d'astuzia per rimanere in vita e tentare di scendere tatticamente a patti col regime per poter continuare ad operare con una certa autonomia. Vi faccio un esempio: un senatore degli Stati Uniti Repubblicano, con un fratello gay, votò a favore dell'emendamento per inserire nella COstituzione degli USA un divieto dei matrimoni gay. Quando suoi fratello gli chiese: perché l'hai fatto? Lui rispose: perché sapevo perfettamente quanti avrebbero votato l'emendamento e che, con o o senza il mio voto, non sarebbe passato. Se ci fosse stato il rischio che l'emendamento passasse, non l'avrei certo votato, ma in questo modo ho ottenuto il duplice effetto di non inimicarmi il mio partito e al contempo di non cambiare in nulla la situazione che si sarebbe comunque prodotta.
Lo Zentrum fece un ragionamento similare: opporsi non sarebbe servito a nulla, ergo meglio votare per Hitler (col risultato di non cambiare un virgola il risultato che Hitler aveva già con la sua coalizione, ma al contempo permettendo al Zentrum di restare in vita per poter in qualche modo riorganizzare l'azione ed operare per il bene comune). Si può avere qualcosa da ridire sull'eticità di questa condotta, ma in nessun caso sospettare che dietro il comportamento del Zentrum ci fosse filo-nazismo. C’erano solo due scelte: o votare contro, e la legge sarebbe passata, o non votare contro, e la legge sarebbe passata. Ma nel primo si potevano temere ritorsioni contro il Zentrum esattamente come contro il partito comunista appena sciolto e i parlamentari dell’Spd.
[Modificato da Polymetis 27/10/2008 19:43]
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
05/11/2008 21:58
 
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Ringraziamento di un rabbino a Pio XII

Lettera del rabbino Zaoui al Papa nel 1944


di Anita S. Bourdin

ROMA, mercoledì, 5 novembre 2008 (ZENIT.org).- Un rabbino francese ringrazia Pio XII e i sacerdoti cattolici per l'aiuto prestato agli ebrei perseguitati durante la Shoah.

La lettera del rabbino André Zaoui, cappellano, capitano del corpo di spedizione francese, indirizzata a Pio XII il 22 giugno 1944, è tra i documenti più interessanti dell'esposizione sulla biografia di Pio XII presentata il 3 novembre in Vaticano.

Il documento è ancora più importante visto che l'esposizione non cerca di dire qualcosa sui gesti, le azioni e le parole di Pio XII a favore degli ebrei perseguitati, ma di tracciare l'itinerario di Papa Eugenio Pacelli dall'infanzia fino alla morte nel 1958, cinquant'anni fa.

La mostra presenta gli aspetti della sua personalità: il suo amore per gli animali (lo si vede fotografato con un uccellino e con degli agnelli), l'interesse per tutte le invenzioni moderne (il suo rasoio elettrico e la macchina da scrivere, la sua presenza sulle onde della “Radio Vaticana”), la preoccupazione costante per i più disagiati (i materassi posti fin sulle scale del Palazzo Apostolico o a Castelgandolfo per accogliere i rifugiati della Seconda Guerra Mondiale, senza distinzioni), l'amore per le arti (e il fatto che salvò molte opere d'arte durante il conflitto, o il concerto dell'Orchestra Filarmonica di Israele, il 25 maggio 1955, in segno di gratitudine per la sua opera a favore degli ebrei perseguitati durante la guerra), i suoi interventi durante il conflitto, la sua attività diplomatica, ecc.

Il rabbino Zaoui ricorda di aver potuto assistere a un'udienza pubblica del Papa “il 6 giugno 1944, alle 12.20”, con “numerosi ufficiali e soldati alleati”.

Menziona anche la sua visita all'Istituto Pio XI, “che protesse per più di sei mesi circa sessanta bambini ebrei, tra cui alcuni piccoli rifugiati francesi”.

Dice di essere stato colpito dalla “sollecitudine paterna di tutti i maestri” e cita questa frase del prefetto degli studi: “Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere”.

L'8 giugno 1944, il rabbino Zaoui ha partecipato a un altro evento: la riapertura della sinagoga di Roma, chiusa dai nazisti nell'ottobre 1943.

Segnala anche la presenza di un sacerdote francese, padre Benoît, “fuggito dalla Francia”, che si dedicò “al servizio delle famiglie ebraiche di Roma”. Il rabbino ricorda queste parole del presbitero e la profonda impressione che fecero sull'assemblea che lo acclamò: “Amo gli ebrei con tutto il cuore”. Queste parole gli ricordano quelle di Pio XI, che disse: “Noi siamo spiritualmente semiti”.

André Zaoui esprime il suo riconoscimento dicendo che “Israele non dimenticherà mai”. La sua lettera è riprodotta nel catalogo dell'esposizione, pubblicato sotto l'autorità del Pontificio Comitato di Scienze Storiche (“L'uomo e il pontificato 1876-1958”, “L'uomo e il pontificato 1876-1958”, 238 pagine, Libreria Editrice Vaticana, pag. 157).

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

www.zenit.org/article-16029?l=italian






"Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro."
"Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo."

Ezechiele



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Il museo dell’Olocausto rivede la leggenda nera


Gerusalemme - Il luogo dell’incontro, una sala a pochi passi dal giardino dei Giusti di Yad Vashem dove si ricordano coloro che a rischio della propria vita hanno aiutato gli ebrei nel momento più terribile della persecuzione, non poteva non suscitare emozione. Domenica 8 e lunedì 9 marzo, nel corso di un convegno a porte chiuse organizzato da Yad Vashem e dallo Studium Theologicum Salesianum di Gerusalemme un gruppo di studiosi si è ritrovato a discutere su Pio XII e l’Olocausto, per fare il punto sullo stato della ricerca.
......
continua:

www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=335915&START=0&2col=
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