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è "concesso" ai tdg adottare bimbi?

Ultimo Aggiornamento: 15/07/2008 16:03
14/07/2008 22:00
 
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e fare adozioni a distanza ?
[SM=x570868] [SM=x570872]


[ho spostato la discussione in una sezione più idonea - Aramis/admin]
[Modificato da aramisdherblay 14/07/2008 22:14]
14/07/2008 22:12
 
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Io ho adottato un bimbo in Brasile.
Aveva 6 anni e ora ne ha 20.
Si chiama Stefano e frequenta il primo anno di giurisprudenza.
Quando dovevo adottarlo ebbi molte difficoltà all'interno dell'organizzazione.
Quando lasciai l'organizzazione, si chiesero: Chissà che fine farà
Stefano.
Stefano non fuma, non si droga, non beve è sano e frequenta sane amicizie del "mondo"
15/07/2008 09:48
 
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adozioni?

Risposta spontanea, istintiva da Tdg: Non si può..é scoraggiato.

Infatti qualora vi sia da mostrare amore o impegno di maniera autonoma senza il sostegno e l'accordo dell'organizzazione: NON S'HA DA FARE!

Si tratta di amore, impegno, danaro e energie che sottrai alla predicazione!!!!!!

Vedi la Svegliatevi del 8 maggio '96 dove é spiegato il pensiero dell'organizzazione. Il pensiero di Geova e Gesù, penso sia ben differente: dare, offrire, manifestare amore a dei poveri bambini é uno dei più grandi atti di amore....ma nell'organizzazione ti incitano velatamente a chiudere tutte le porte delle compassioni umane!!!!

Bravo Carlomagno, sono sicura che il vostro ragazzo é un raggio di sole nella vostra vita così provata. Cari saluti
........................
"Dubitare di tutto o credere a tutto sono due soluzioni altrettanto comode che, l'una come l'altra, ci dispensano dal riflettere"
Henri Poincaré




Claudia
15/07/2008 10:07
 
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Certo che si può.

Non capisco il riferimento alla Svegliatevi del 96 che di certo è molto equilibrata e non scoraggia affatto le adozioni.

[SM=g1543902]
15/07/2008 12:21
 
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grazie a deep-blue-sea ho controllato il cd della watchtower library .
ecco che cosa dice Svegliatevi dell'8 maggio 1996:
Adozione: Fa per voi?

DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN GRAN BRETAGNA
“L’ADOZIONE è un servizio per i bambini, non un modo per dare un bambino alle coppie che non ce l’hanno”, afferma un’assistente sociale britannica. Nondimeno, che possibilità di scelta ha, in genere, un bambino o una bambina nella propria adozione?
State pensando di adottare un bambino? In tal caso state per prendere una decisione che non solo coinvolge profondamente i vostri sentimenti, ma da cui non si può tornare indietro. Fino a che punto il bambino riuscirà ad integrarsi nella vostra famiglia?
Se siete figli adottivi, conoscete i vostri genitori naturali? Nel caso non li conosciate, pensate che cambierebbe qualcosa se li conosceste?
Siete una madre e vi state chiedendo se è il caso di dare in adozione il vostro bambino? L’adozione è davvero l’unica soluzione, ed è nei migliori interessi del bambino?

Nel 1995 negli Stati Uniti sono stati adottati più di 50.000 bambini, circa 8.000 dei quali erano nati all’estero. Sempre più persone adottano bambini provenienti da paesi stranieri. Secondo la rivista Time, negli ultimi 25 anni le famiglie statunitensi hanno adottato più di 140.000 bambini nati all’estero. Analogamente, in Europa ci sono state 32.000 adozioni di bambini stranieri in Svezia, 18.000 in Olanda, 15.000 in Germania e 11.000 in Danimarca.

Rientrate in qualche modo in questo quadro? Quando si adotta un bambino la propria vita (e non solo quella del bambino) non sarà mai più la stessa. I genitori adottivi giustamente si aspettano molte gioie, ma devono anche essere preparati ad affrontare molti problemi e molte delusioni. Analogamente, può darsi che il dolore che una madre prova cedendo in adozione il proprio bambino non svanisca mai completamente.
In ogni caso si presenta la sfida di costruire o ricostruire una giovane vita con l’amore. Gli articoli che seguono descrivono alcune delle gioie, e delle sfide, a cui va incontro chi adotta un bambino.

Adozione: Perché e come?

COME mai in Gran Bretagna negli ultimi 20 anni il numero dei bambini adottati è calato drasticamente? Sono stati suggeriti due motivi: la legalizzazione dell’aborto e il fatto che è sempre più accettata l’idea che una madre allevi un bambino senza avere un marito. Vivere in una famiglia con un solo genitore ora è considerata una sfida che si può affrontare con successo nella società moderna.
Poco più di un secolo fa, però, le cose erano ben diverse. Quando Polly, la madre di Edgar Wallace, lo scrittore inglese di romanzi gialli, rimase incinta in seguito a una relazione con il suo datore di lavoro, se ne andò via e partorì di nascosto. Quando Edgar aveva nove giorni la nutrice fece in modo che la moglie di George Freeman, facchino di Billingsgate, il mercato londinese del pesce, se ne prendesse cura. I Freeman avevano già dieci figli loro, e Edgar crebbe con il nome di Dick Freeman. Polly contribuì regolarmente per il mantenimento di Edgar, e il padre non seppe mai dell’esistenza di questo figlio.

Oggi, quando un figlio è indesiderato, succede spesso che se ne prendano cura degli enti statali. Molti bambini vengono assistiti per proteggerli da abusi o perché hanno handicap fisici o mentali. I bambini rimasti orfani a motivo degli orrori della guerra e quelli nati in seguito a stupri continuano a far crescere il numero dei bambini che hanno disperato bisogno dell’affetto e della protezione dei genitori: in una parola, di essere adottati.

Adottare o non adottare?

Adottare un bambino non è mai una cosa semplice, e non è mai saggio prendere una decisione affrettata in merito. Se avete perduto un figlio potrebbe essere meglio aspettare di superare lo shock e il dolore prima di decidere se adottare un bambino o no. Lo stesso può valere per una coppia che scopre di non poter avere figli.
Ogni bambino eredita un patrimonio genetico senza uguali. I genitori spesso si meravigliano delle inclinazioni dei propri figli, ma è molto difficile conoscere il potenziale mentale ed emotivo di un bambino di cui non si conoscono i genitori.

Attribuite molta importanza al rendimento scolastico? In tal caso, come vi sentirete se il vostro figlio adottivo non sarà all’altezza delle vostre aspettative? Pensate di essere in grado di superare la sfida di allevare un figlio mentalmente ritardato o con un handicap fisico?
Prima che vi assumiate degli impegni, personale qualificato di agenzie che si occupano di adozioni oppure assistenti sociali statali vi faranno domande di questo genere. La loro preoccupazione principale deve essere la sicurezza e la felicità del bambino.

Se decidete di adottare . . .

In materia di adozioni ogni paese ha le proprie leggi e i propri regolamenti, e bisogna conoscerli bene. In Gran Bretagna esistono centinaia di società mediatrici per le adozioni, che in genere collaborano con le autorità locali. Ogni società ha le proprie regole.
In Gran Bretagna sono molto in voga i cosiddetti “party di adozione”, in cui diversi potenziali genitori possono stare insieme ai bambini adottabili senza la tensione emotiva che si prova incontrando un singolo bambino. Grazie all’atmosfera rilassata è più facile ai potenziali genitori dire di no ed è più difficile che i bambini rimangano delusi, dal momento che nessun bambino viene isolato e messo al centro dell’attenzione.

Di solito per i genitori adottivi ci sono dei limiti di età, in genere intorno ai 35 o 40 anni (anche se questo spesso vale per le adozioni di neonati, e non necessariamente nel caso di bambini più grandicelli). Le organizzazioni che si occupano di adozioni affermano che i limiti di età tengono conto della probabilità di vita dei potenziali genitori. Nondimeno, esse si rendono conto che con l’età si accumula una preziosa esperienza.
Anni fa per adottare un bambino bisognava essere sposati. Oggi persone non sposate possono richiedere e ottenere l’adozione di determinati bambini. Inoltre, la disoccupazione e gli handicap fisici non squalificano necessariamente un potenziale genitore. La domanda fondamentale è: Cosa può offrire l’adozione al bambino?
Anche quando la pratica di adozione ha completato il suo iter, è possibile che vengano effettuati periodicamente controlli per accertarsi che tutto proceda bene.

Un bambino di un’altra razza?

Trent’anni fa in Gran Bretagna era difficile dare in adozione bambini neri a famiglie nere, così molti furono adottati da genitori bianchi. Dal 1989 ad oggi in tutta la Gran Bretagna si è seguito il criterio di affidare i bambini a genitori adottivi dello stesso gruppo etnico. Si ritiene che in questo modo il bambino possa identificarsi meglio con la propria razza e cultura. Questo, tuttavia, ha portato ad alcune situazioni paradossali.

Di recente il Sunday Times riferiva che alcuni genitori bianchi sono stati “riclassificati come ‘neri’” per permettere loro di adottare un bambino nero. Non è insolito che dei genitori bianchi ricevano in affidamento un bambino nero, nel senso che se ne prendono cura su base temporanea. Se però in seguito è loro negato il diritto di adottare in maniera permanente quel bambino, ne risulta un trauma emotivo sia per il bambino che per i genitori.
Una coppia scozzese che per sei anni ha allevato due bambini indiani di recente si è trovata ad affrontare un problema tipico delle adozioni interrazziali. Secondo il Times, il tribunale ha concesso l’adozione in base al presupposto che i genitori “faranno del loro meglio per garantire che i figli siano consapevoli della propria identità [etnica] e siano allevati tenendo conto delle loro tradizioni e origini etniche”. I genitori adottivi in questione stavano già facendo questo. Ai bambini veniva insegnata la lingua punjabi e a volte venivano vestiti con gli abiti tradizionali del loro paese.
Molti saranno d’accordo con la portavoce dell’assistenza sociale britannica che ha detto che le adozioni di bambini di un’altra razza dovrebbero essere permesse con più facilità. “Viviamo in una società multiculturale”, ha detto, “e affidamento e adozione dovrebbero riflettere questa realtà”.

Un bambino straniero?

Secondo il quotidiano The Independent, le adozioni di bambini stranieri sono ‘in pieno boom’. Anche se le notizie indicano che parte di questo traffico potrebbe non essere legale, l’Europa orientale è un’importante fonte a cui la Gran Bretagna attinge.

Ad esempio, alcuni bambini nati durante la guerra nell’ex Iugoslavia in seguito a stupri sono stati abbandonati. Altri, si afferma, sarebbero stati abortiti se non fosse stato per l’intervento di un mediatore che ne ha garantito l’adozione se la gravidanza veniva portata a termine. I governi occidentali, tuttavia, sono preoccupati per le somme pagate per ottenere alcuni di questi bambini in adozione.

Ancora più preoccupante è la presunta falsificazione di documenti da parte dei medici al momento della nascita. Secondo il quotidiano The European in Ucraina ad alcune madri sarebbe stato detto che i loro figli erano nati morti, mentre in seguito questi bambini sarebbero stati venduti. Ad altre madri potrebbe essere stato detto che i figli erano mentalmente ritardati. Sotto una simile pressione, è più facile persuadere una madre sconvolta a cedere il proprio figlio in adozione. Altri bambini ancora potrebbero non aver mai raggiunto gli orfanotrofi a cui erano stati mandati, ma sarebbero finiti all’estero.

Molti abitanti dei paesi in via di sviluppo sono risentiti. Secondo loro l’Occidente ricco dovrebbe aiutare maggiormente le famiglie locali a prendersi cura dei propri figli nel proprio ambiente nativo anziché portare via questi figli per farli adottare in paesi che hanno un’altra cultura.

L’Occidente deve anche capire la tradizione secolare delle famiglie estese, che in molte culture sono la spina dorsale della comunità. Di solito un bambino che vive all’interno di un gruppo tribale non è mai abbandonato a se stesso, anche se rimane orfano di entrambi i genitori. A parte i componenti dell’immediata cerchia familiare, come i nonni, i membri della famiglia estesa, come zii e zie, considerano tale bambino come proprio, e qualsiasi offerta di adozione da parte di estranei può essere fraintesa e considerata un’intrusione inammissibile.

Organizzare un’adozione non è una cosa facile, e anche quando tutto è stato fatto, bisogna lavorare sodo perché ci sia una buona riuscita. Come vedremo, però, ci sono anche grandi gioie.

Per una trattazione approfondita dell’usanza di prestare i figli ad altri familiari, vedi La Torre di Guardia del 1° settembre 1988, pagine 28-30, edita in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

Mio figlio mi cercherà?

I MIEI genitori divorziarono quando avevo 11 anni. Avevo un disperato bisogno di amore. Quando andavo all’università mi misi con un ragazzo, un compagno di studi; era il mio modo per ottenere affetto. Poi, con mia costernazione, scoprii di essere incinta. Era tutto così assurdo! Il mio ragazzo ed io eravamo molto immaturi. Io non avevo mai fatto uso di droga, alcool o tabacco, ma lui aveva grossi problemi che si portava dietro dal tempo in cui usava LSD.

Mi fu consigliato di abortire, ma mio padre mi persuase a non farlo. Non volevo essere incinta, ma non volevo nemmeno distruggere una vita. Quando, nel 1978, nacque mio figlio, decisi di non mettere sul suo certificato di nascita il nome del padre per evitare che quest’ultimo potesse risalire a lui. Anzi, disposi che il bambino venisse adottato sin dalla nascita, per cui mi fu subito tolto e fu affidato provvisoriamente a un istituto. Non lo vidi nemmeno. Poi, però, cambiai idea. Ripresi il mio bambino e cercai disperatamente di allevarlo da sola. Tuttavia non ci riuscii, e arrivai sull’orlo di un esaurimento nervoso.

Quando mio figlio aveva circa sei mesi il provvedimento di adozione fu approvato e io dovetti separarmi da lui. Ricordo che fu come se qualcuno mi avesse pugnalata. Mi sentii morire dentro. Solo ora, dopo due anni di consulenza specialistica, sono riuscita a costruire rapporti significativi con altre persone. Non potevo fare cordoglio, perché mio figlio non era morto. Ma non potevo nemmeno pensare a lui: mi rifiutavo di farlo. Era orribile.

Quello che fa più male è sentire altri che dicono: “Se dai in adozione tuo figlio vuol dire che non gli vuoi bene”. Non è stato così nel mio caso! È stato proprio perché amavo mio figlio che l’ho dato in adozione. Fino all’ultimo istante mi sono chiesta: ‘Cosa devo fare? Cosa posso fare?’ Non c’era via d’uscita. Sapevo che se avessi tentato di tenerlo con me non ce l’avrei fatta e il bambino avrebbe sofferto.

Oggi in Inghilterra le famiglie con un solo genitore sono accettate, ma non era così quando partorii io. Magari fossi stata in grado di prendermi cura di mio figlio! Forse la consulenza che ho ricevuto di recente mi avrebbe aiutata, ma ora è troppo tardi. Mio figlio è ancora vivo? Che tipo di ragazzo è diventato? A 18 anni i figli adottivi hanno il diritto legale di cercare i propri genitori. Spesso mi chiedo se mio figlio mi cercherà. — Da una collaboratrice.

Nel nostro caso ha funzionato

CON due figli ormai adolescenti eravamo una famiglia inglese unita e felice. Non avevamo mai nemmeno pensato alla possibilità di avere una figlia, per di più di un’altra razza. Poi Cathy entrò nella nostra vita. Cathy era nata a Londra. Era stata allevata come cattolica, ma quand’era piccola aveva frequentato insieme alla madre qualche adunanza alla Sala del Regno dei testimoni di Geova. A 10 anni, però, fu messa in un istituto.

Nonostante nell’istituto la sua situazione fosse più difficile, per conto suo riuscì ancora a frequentare le adunanze nella Sala del Regno, e fu lì che l’incontrammo. Cathy era una bambina riflessiva. Quando mia moglie ed io la andavamo a trovare nell’istituto, notavamo che la parete vicina al suo letto era tappezzata di figure di animali e di paesaggi campestri, mentre le altre bambine avevano appeso poster di cantanti.

Dopo qualche tempo Cathy fu convocata davanti a una commissione che le chiese se le sarebbe piaciuto lasciare l’istituto per andare a vivere con una famiglia. “Solo con una famiglia di testimoni di Geova!”, fu la sua risposta. Quando Cathy ci raccontò quello che era successo e come aveva risposto, ci mettemmo a riflettere. Noi avevamo una camera in più. Potevamo assumerci una simile responsabilità? Come famiglia, parlammo e pregammo al riguardo. Fu solo molto tempo dopo che scoprimmo che questo sistema, ovvero il fatto di chiedere l’opinione del bambino, era una nuova iniziativa dei servizi sociali, un esperimento che stavano facendo.

I servizi sociali presero informazioni sul nostro conto presso la polizia e il medico di famiglia e ottennero le nostre referenze. Ben presto fu stipulato un accordo. Ci fu detto che potevamo provare a tenere Cathy con noi e che se non eravamo soddisfatti la potevamo rimandare indietro! Questa prospettiva ci inorridì, e dicemmo chiaramente che non avremmo mai fatto una cosa simile. Cathy aveva 13 anni quando l’accogliemmo ufficialmente in casa nostra.
L’inimitabile vincolo d’amore che lega tutti noi continua a rafforzarsi. Cathy ora serve come pioniera (evangelizzatrice a tempo pieno) in una congregazione di testimoni di Geova di lingua francese nel nord di Londra. L’anno che se ne andò di casa per fare la pioniera ci scrisse un biglietto commovente: “Si dice che ‘non si può scegliere la propria famiglia’. Tuttavia, grazie di cuore per aver scelto me”.
Siamo contentissimi di aver avuto Cathy con noi! Accoglierla nella nostra famiglia ha arricchito la nostra vita. Nel nostro caso ha funzionato! — Da un collaboratore.


Molti bambini hanno disperato bisogno dell’affetto e della protezione dei genitori

Adozione: Come considerarla?

VA DA SÉ che se i genitori adottivi divorziano o se uno dei due muore possono nascere problemi. Ma in genere è il figlio adottivo a provare la maggiore tensione. Come mai?

Quasi tutti noi sappiamo chi sono i nostri genitori biologici. Anche se li abbiamo persi quando eravamo piccoli abbiamo dei ricordi, o forse qualche fotografia, per colmare il vuoto. Ma che dire di un bambino che viene adottato poco dopo la nascita? L’organizzazione che s’interessa delle adozioni conserva informazioni sulla madre, ma spesso tali informazioni non vengono messe a disposizione fino a quando il figlio non diventa maggiorenne. In altri casi la madre registra sul certificato di nascita il proprio nome e omette quello del padre. Alcuni bambini sono trovatelli: sono stati trovati dopo che erano stati abbandonati da genitori ignoti. I bambini che si trovano in una qualsiasi di queste situazioni non hanno radici: possono sentirsi recisi dal loro passato, dalle proprie origini.

Quanta stabilità può dare?

Gli alberi hanno bisogno di buone radici per essere stabili. Un nuovo germoglio innestato su un tronco maturo può prosperare, ma potrebbe anche avvizzire e non produrre frutti. Analogamente, anche se i genitori adottivi provvedono tutte le cure e l’amorevole devozione possibili, alcuni bambini non si riprendono mai dallo shock di essere recisi dalle loro radici originarie.

Prendete il caso di Kate. Figlia di genitori delle Indie Occidentali, Kate fu adottata poco dopo la nascita da una coppia bianca amorevole e premurosa, ma non riuscì ad accettare il suo nuovo ambiente. A 16 anni se ne andò di casa per non tornare mai più. L’amarezza si era ormai trasformata in odio irragionevole. “Perché mia madre mi ha lasciata proprio a voi?”, chiedeva con arroganza. Purtroppo, questa famiglia non riuscì a colmare il divario.
Mervyn fu affidato sin dalla nascita alle cure delle autorità locali e poi, in via provvisoria, a una famiglia. Quando aveva nove mesi fu adottato. L’insicurezza legata al primo periodo della sua vita, unita al cocente risentimento per il fatto di essere di razza mista, lo portarono a sviluppare un atteggiamento ribelle che procurò molti guai a lui e grande dolore ai suoi genitori adottivi, che avevano fatto tanto per lui. “Se qualcuno chiedesse il mio parere in materia di adozione”, ha detto la madre, “ora direi: ‘Pensateci due volte prima di adottare un bambino’”.

In contrasto, notate l’esperienza di Robert e Sylvia. I due avevano un solo figlio e non potevano averne altri. Fu loro chiesto: “Avete mai pensato alla possibilità di adottare un bambino di un’altra nazionalità?” Dopo poco adottarono Mak-Chai, una bambina di nove mesi nata a Hong Kong. “Spesso mi chiedo perché sono stata abbandonata”, dice Mak-Chai, “e se ho fratelli e sorelle. Ma penso di voler bene alla mia mamma e al mio papà adottivi più di quanto molti figli naturali ne vogliano ai loro genitori. Se sapessi chi sono i miei genitori naturali non cambierebbe molto, tranne il fatto che forse capirei un po’ meglio alcune mie caratteristiche”. I suoi genitori adottivi raccomandano l’adozione? “Sì”, dicono, “perché per noi è stata un’esperienza meravigliosa!”

Motivi per esercitare cautela

Graham e Ruth adottarono due bebè, un maschietto e una femminuccia, perché crescessero insieme al loro figlio e alla loro figlia. Tutti e quattro i bambini furono allevati all’interno di una famiglia unita in un ambiente sereno. “Tutti i nostri figli se ne sono andati via di casa anni fa e hanno preso la loro strada. Siamo regolarmente in contatto con loro e vogliamo bene a tutti loro”, dice Ruth. Purtroppo, però, entrambi i figli adottivi hanno avuto grossi problemi. Perché?
“Il nostro medico ci aveva detto che la cosa più importante per un bambino è l’ambiente”, dice Graham, il quale ora è dell’avviso che le caratteristiche ereditarie giochino un grosso ruolo. E aggiunge: “E che dire dello stato di salute della madre durante la gravidanza? Droga, alcool e tabacco, ora sappiamo, possono influire sul nascituro. A chi pensa di adottare un bambino raccomando di fare prima delle indagini sul conto di entrambi i genitori, e se possibile anche dei nonni”.

La madre di Peter si risposò, e Peter fu vittima di maltrattamenti fisici e psicologici da parte del patrigno. A tre anni di età fu dato in adozione. “Respinsi i miei genitori adottivi nel momento stesso in cui uscii dal tribunale”, ha detto Peter. E ha aggiunto: “Spaccavo tutto quello su cui potevo mettere le mani. Quando riuscivo ad addormentarmi avevo incubi paurosi. Ripensandoci adesso capisco quali grossi problemi emotivi avevo. Quando anche i miei genitori adottivi divorziarono, per me le cose andarono di male in peggio: droga, furti, vandalismo, orge quotidiane.

“A 27 anni non vedevo nessuna ragione per continuare a vivere e contemplavo l’idea del suicidio. Poi, un giorno, un estraneo mi diede un volantino biblico su cui c’era scritto che presto questa terra diverrà un paradiso. Il messaggio mi colpì. Aveva il sapore della verità. Cominciai a leggere e a studiare la Bibbia e iniziai a fare dei cambiamenti nella mia vita e nella mia personalità, ma ricaddi più volte nel mio modo di fare precedente. Dopo molto incoraggiamento e aiuto da parte di amici cristiani, ora mi sento più felice e più sicuro nel servire Dio di quanto potessi sognare qualche anno fa. Sono riuscito anche a riallacciare un rapporto affettuoso con mia madre, ed è molto bello”.

Affrontare la realtà

Quando si tratta di adozioni, i sentimenti sono molto intensi. Si vedono casi di grande amore e gratitudine come pure casi di amarezza e ingratitudine. Edgar Wallace, ad esempio, non perdonò mai alla madre il fatto che, a suo modo di vedere, l’aveva abbandonato. Lei andò a trovarlo l’ultimo anno della sua vita, e gli chiese a malincuore un aiuto economico, ma Edgar, pur essendo ormai ricco, respinse bruscamente la sua richiesta. Poco dopo, quando venne a sapere che sua madre sarebbe stata sepolta in una fossa comune se non fosse stato per la gentilezza di alcuni amici che avevano pagato il suo funerale, si pentì amaramente di essere stato così insensibile.

Chi pensa di adottare un bambino deve essere pronto ad affrontare realisticamente i problemi e le sfide che si possono presentare. Non sempre i figli sono grati di ciò che i genitori — adottivi o biologici — fanno per loro, nemmeno nelle circostanze più favorevoli. La Bibbia, infatti, prediceva che nei nostri giorni alcuni sarebbero stati “senza affezione naturale”, “ingrati” e “sleali”. — 2 Timoteo 3:1-5.

D’altra parte, accogliere nella vostra casa, e nel vostro cuore, un bambino che ha bisogno di genitori può essere un’esperienza positiva che arricchisce. Cathy, ad esempio, è profondamente grata ai propri genitori adottivi per averle provveduto una famiglia cristiana e per essersi presi cura dei suoi bisogni materiali e spirituali. — Vedi il riquadro “Nel nostro caso ha funzionato”, a pagina 8.
Spesso, quando dei genitori descrivono i sentimenti che provano per i figli che hanno adottato, tornano alla mente le parole del salmista che disse: “I figli sono un dono del Signore, i bambini, la sua benedizione”. — Salmo 127:3, Parola del Signore.

Alcuni nomi sono stati cambiati per tutelare l’anonimato.

15/07/2008 15:40
 
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Re: grazie a deep-blue-sea ho controllato il cd della watchtower library .

Poi, un giorno, un estraneo mi diede un volantino biblico su cui c’era scritto che presto questa terra diverrà un paradiso.



mi pareva strano che non ci fosse la solita pillolina [SM=x570867]
15/07/2008 16:03
 
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adozioni?
È vero quanto dice Agharti 74, rileggendolo trovo anche io che l'articolo della Svegliatevi é effettivamente equilibrato.
Aggiungo un chiarimento del mio pensiero!

Quel che volevo dire é che la realtà non sempre riflette ciò che é scritto.
Perché a una domanda simile viene spontaneo, senza riflettere, di dire no? Perché vi é un certo condizionamento da parte dell'organizzazione.
Scrivono belle cose, insegnano cose buone ma in realtà vedi la testimonianza di Carlomagno: ebbi molte difficoltà all'interno dell'organizzazione.

Personalmente trovo sia un gesto bellissimo, prova di profondo amore, sia l'adozione che l'adozione a distanza.

[Modificato da deep-blue-sea 15/07/2008 16:07]
........................
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Claudia
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