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c'e' qualcuno qui che ha lavorato alla Betel?

Ultimo Aggiornamento: 07/08/2008 18:43
12/07/2008 20:51
 
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eccomi ancora
Nella parte iniziale del racconto avevo accennato ad un campo da calcio che si trovava presso l’edificio principale della Bufalotta (al 1281). Si trova –credo ci sia ancora- in fondo ad una discesa, dopo le stamperie. Devo ammettere che non mi scandalizzai alla vista del campo da calcio, anche se rimasi non poco perplesso da ciò che sentii in merito all’uso del campo stesso.

Ovviamente, da amante del gioco “calcio”, chiesi subito quando si sarebbero riuniti per giocare. Il fratello che mi accompagnava in quel momento, un “anziano” relativamente giovane, mi disse che molti giovani avevano rinunciato a giocare a calcio. Perché?, Chiesi al fratello. Lui rispose: “Qui alla Betel, abbiamo a disposizione un certo numero di giorni da utilizzare come “ferie” (se non ricordo male erano una ventina o giù di lì) e se capita che giocando a calcio ti infortuni e poi, a causa dell’infortunio, non vai a lavorare per uno o più giorni, questi ultimi ti vengono sottratti dalle tue spettanze per le ferie. Così che i fratelli preferiscono tenersi i giorni di ferie piuttosto che rischiare di perderne qualcuno per una partita di calcio.”

Questo concetto non mi diede la sensazione di trovarmi in un luogo dove concetti come “misericordia, amore e altruismo” avrebbero dovuto regnare sovrani. Non capivo! Come?! Giovani che davano la loro vita, che erano in quel luogo a lavorare gratis, non avevano, di fatto, la libertà di svagarsi con il gioco che più attira i maschietti! O perlomeno, gli viene fatto credere che possono farlo ma in realtà la “contropartita è tale che desistere dal giuoco sembra essere più saggio”.

I giorni di “ferie” erano tanto preziosi per i giovani che nei loro discorsi traspariva spesso l’aspettazione per il prossimo week-end da passare a casa. Questo, probabilmente, era accentuato dal fatto che i giovani beteliti non avevano grandi risorse da usare per gli svaghi extra-betel. Il “dono” (una specie di piccolo salario) che ricevono è talmente inconsistente che dopo aver tolto le spese (benzina per l’auto, bollo, assicurazione, ect) per recarsi alla congregazione di appartenenza alla quale sono stati assegnati, rimane ben poco denaro da usare per andare semplicemente al cinema o in pizzeria. Di conseguenza, quindi, il “miraggio” di un week-end a casa era davvero visto come un’oasi in mezzo al deserto, reso ancor più desiderato dal fatto che molte volte vi rinunciavano (ad andare a casa per qualche giorno) perchè mancava il denaro! Vi assicuro che l’aria respirata non era per niente diversa da quella che respira un militare durante il servizio di leva.

Questo celato malessere tra i giovani ha portato molti di loro ad abbandonare la vita da betelita, infatti alcuni, in modo esplicito, dicevano che presto la betel sarebbe rimasta senza giovani, se le cose non fossero cambiate.
Negli ultimi dieci anni, il numero di beteliti giovani -18-25 anni- è diminuito così sensibilmente da indurre la “dirigenza” a cambiare le regole. Fino al 2005, per essere accettato al “1281” un giovane doveva aver compiuto almeno 18 anni ed essere legalmente maggiorenne. Nel 2005, appunto, il cambiamento. In tutte le congregazioni d’ italia arrivò comunicazione che di fatto permetteva ai minorenni di essere “arruolati” come beteliti – ovviamente previa autorizzazione dei genitori, compreso uno scarico di responsabilità nei confronti della congregazione-

La mancanza di giovani disponibili credo sia diventato un grave problema per la dirigenza dei Testimoni di Geova, e questo per dei motivi molto semplici.
Il primo, è che è relativamente semplice controllare dei giovani che sostanzialmente soffrono di sudditanza psicologica nei confronti della dirigenza.
Secondo, i giovani, spesso, hanno molti sensi di colpa per ciò che non riescono a fare (gli standards per i giovani TDG sono talmente elevati che risulta quasi impossibile adempierli pienamente), di conseguenza sono inconsciamente disponibili a sopportare atteggiamenti di superiorità che gli adulti, spesso, non tollerano.
Terzo, la dedizione di un “giovane volontario”, motivato e caricato come “una molla”, è incomparabile a qualsiasi altra categoria di persone.
In ultimo, i giovani non conoscono retroscena passati, spesso scomodi, che tolgono motivazione ai veterani, che difficilmente dimenticano “cose storte” e scorrettezze!


Continua ancora.........


ciao
Gabry
[Modificato da gabriele traggiai 12/07/2008 21:00]
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