Ognuno di voi ha provato a dare un’interpretazione, un punto di vista e, perché no, anche un giudizio morale di quanto accaduto a me e a quella ragazza. Sapevo che avrei raccolto poca simpatia, che i pareri sarebbero stati per la maggior parte contrari, che mi sarebbero piovuti addosso moniti per un “giusto” mio ravvedimento. Dopotutto, nella cultura familista in cui sono, ahimè, anch’io immerso, il ricomponimento dei relativi matrimoni era auspicabile: così è stato, almeno di facciata. Non è un rimprovero nei vostri confronti, tutt’altro. Preferisco gli ammonimenti, piuttosto che le piaggerie di circostanza; eppoi, che gusto c’è ad avere a che fare con chi ti dà ragione? Molto meglio un sano confronto dialettico, di contenuti, costruito su posizioni differenti, anche diametralmente opposte.
Sofferenza e dolore sono stati le costanti che ci hanno accompagnati fin da subito. Abbiamo versato lacrime, ci sono stati momenti di vera disperazione in cui picchiavamo la testa l’uno contro l’altra perché il dolore fisico smorzasse, ovattasse, rendesse meno insopportabile quello delle spaccature che sentivamo aprirsi nell’anima. Avvertivamo l’ineluttabilità del male che ci si faceva stando vicini ma altresì percepivamo la distanza come la caduta nel vuoto, una perdita di senso delle nostre vite.
Amavo… amo quella donna di un amore totale, incondizionato, un amore che chiede ma non pretende, un amore che ha saputo reggersi a prescindere da quanto ricevesse in cambio. Non nego di aver accarezzato l’idea che potesse diventare qualcosa di più materiale ma non è mai stata
condicio sine qua non per sentire di poterla amare oltre. Desidero, nonostante lei abbia deciso di voltarmi le spalle per sempre, portarmi dentro questo sentimento ancora per molto tempo.
Perdonatemi, avevo scritto in un post precedente che non vi avrei più tediato coi miei sentimentalismi, invece ci sono ricascato. Che sia questo il canto del cigno?
Un saluto a tutti, TDG e non.