Polymetis voleva dirti che, secondo la Chiesa cattolica, alla morte dell’individuo la sua anima immortale sopravvive e subisce immediatamente un giudizio (il cosiddetto “giudizio particolare”), subendo fin da subito le conseguenze della propria condotta in vita. Qui fa testo, ad esempio, la parabola del povero Lazzaro e del ricco Epulone, i quali, pur non essendo ancora risorti, si trovano già in paradiso il primo e all’inferno il secondo.
Con il ritorno glorioso di Cristo, poi, tutte le anime si ricongiungeranno ai loro rispettivi corpi nella resurrezione, allora avverrà un secondo giudizio (il cosiddetto “giudizio universale”). Nel passo citato, Giovanni ci parla proprio di questo giudizio universale, il quale avrà luogo al momento della resurrezione dei morti. Tutti i morti risusciteranno e saranno sottoposti al giudizio di Dio, alcuni saranno premiati con la vita (quella vera, quella a cui Dio ci ha ordinati fin dal principio: la vita trinitaria partecipata), altri saranno puniti con la privazione di questa vita, a causa del loro peccato (che proprio perché priva l’uomo della sua “vera vita” è detto “morte dell’anima”).
Poi Polymetis ha accennato alla teoria di diversi teologi contemporanei secondo cui il giudizio particolare e quello universale non sono distinti da un punto di vista temporale, ma essendo le anime al di là del tempo, debbano essere interpretati come un unico evento “meta-temporale” (vale a dire al di là del tempo, appunto) nella sua dimensione individuale (dell'uomo come singolo) e universale (dell'uomo in quanto appartenente alla progenie di Adamo). Ma questo è un altro discorso, comunque.
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)