[drappo, 01/09/2007 20.30]
In tempi recenti si è assistito allo sviluppo di una ricerca multidisciplinare mirante a ridurre al massimo l'utilizzazione del sangue nella terapia medico-chirurgica. Le ragioni di tale ricerca sono molteplici.
In primo luogo vi è la crescente consapevolezza dei pericoli legati alle trasfusioni di sangue. E' indubitabile infatti che, nonostante i progressi compiuti, non si è ancora in grado di eliminare del tutto le complicanze post-trasfusionali (1). Alle mai sopite apprensioni derivanti dal virus noti -epatite ed AIDS (2) in particolare - si è aggiunto recentemente il timore della contaminazione da agenti infettivi poco conosciuti (si veda per esempio il crescente allarme per il prione del morbo di Creutzfeld-Jacob (3). In molti studi clinici le trasfusioni sono state associate ad incremento di recidiva e ridotta sopravvivenza dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per neoplasia (4) e inoltre sono state implicate nella genesi delle complicanze infettive post-operatorie, sia in pazienti sottoposti a chirurgia addominale (5) che ortopedica (6). Più recente è la pubblicazione dei dati secondo cui le trasfusioni peri-operatorie costituiscono un indipendente fattore di rischio nella c.d. "multiple organ failure"(MOF) post-traumatica (7).
In secondo luogo c'è la continua pressione dei centri trasfusionali perché sia perseguita con rigore la politica dei cosiddetto "buon uso del sangue". Come è noto, questa risorsa è frutto di donazioni volontarie e pertanto ogni spreco, come l'impiego del sangue intero e le trasfusioni inutili nei malati terminali, dovrebbe essere evitato.
Si deve tener conto inoltre, che mentre in alcune aree geografiche vi è un'alta disponibilità di sangue, in altre vi è carenza, e in situazioni catastrofiche anche le zone ad alta disponibilità potrebbero rapidamente impoverirsi.
Ancora più interessanti in proposito sono i recenti studi pubblicati, secondo cui sembra che il mondo abbia bisogno ogni anno di 7,5 milioni di litri di sangue in più. Gli esperti prevedono che entro il 2030 mancheranno ogni anno, nei soli Stati Uniti, 4 milioni di unità di sangue (8).
Un terzo settore che stimola la ricerca, specialmente nel campo dei sostituti dei globuli rossi, è quello delle situazioni di emergenza. Sostanze capaci di ripristinare il volume ematico e velcolare l'ossigeno, di pronta utilizzazione anche al di fuori dell'ambiente ospedaliero, sarebbero estremamente utili nelle circostanze di gravi disastri naturali. incidenti stradali o conflitti militari. La spinta maggiore alla ricerca nella medicina senza sangue viene però dal costante incremento, a livello mondiale, di coloro che per motivazioni religiose, rifiutano assolutamente le trasfusioni di sangue, i "testimoni di Geova". La crescente presenza di questa comunità religiosa (in Italia ci sono oltre 220.000 Testimoni - 1 ogni 255 persone - ma la cifra raggiunge i 400.000 se si aggiungono i simpatizzanti), ha fornito un eccellente stimolo alla ricerca di strategie e strumenti terapeutici, che pian piano vengono utilizzati con profitto anche su coloro che non fanno obiezione di tipo religioso.Lo sviluppo tecniche e prodotti che riducono o addirittura annullano la necessità del ricorso alle trasfusioni allogeniche ha ricevuto un forte impulso in anni recenti. Inevitabili complicanze post-trasfusionali, continua sollecitazione al buon uso del sangue da parte dei centri trasfusionali, pericolo di gravi emergenze sanitarie e crescita del rifiuto emotrasfusionale per motivazioni religiose, costituiscono un insieme di fattori altamente stimolanti per la ricerca, che attualmente è giunta al rango di una vera e propria disciplina universitaria.
Altro copia/incolla e nza riportare la fonte, che dimostra il tuo modo di dialogare
www.med.unipi.it/patchir/bloodl/bmr-it/relazione.htm
Bruno/mod
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