21/08/2007 14:30 |
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Senza precedenti il bilancio di sangue dell’attacco di estremisti sunniti legati ad Al Qaida contro due villaggi nella regione curda dove si pratica un’antica fede preislamica
Strage della "setta del pavone" in Iraq: 400 vittime
www.gazzettino.it/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Main&Codice=3476164&Data=2007-08-17&Pagina=10&Hiligh...
Baghdad
Oltre quattrocento morti: in un demoniaco crescendo, il bilancio degli attentati multipli contro la comunità yazide nel Nord dell'Iraq continua ad essere aggiornato, al rialzo. Il «più grave attentato del dopo Saddam Hussein» corona tre anni e mezzo pur scanditi da continui massacri, stragi e carneficine, soprattutto di sciiti, che sono la maggioranza del Paese.
Il triste record è toccato ora ad una delle più piccole comunità dell'Iraq, gli yazidi, presi di mira martedì sera con quattro camion bomba e con granate di mortaio esplosi quasi simultaneamente in due loro villaggi, Khataniyah e Adnaiyah, nella provincia di Sinjar. Gli abitati sono ridotti a cumuli di macerie e il governatore locale ha chiesto che il governo li dichiari «zona disastrata». Le macerie continuano a restituire cadaveri, che nella polvere e nel gran caldo vengono allineati in strada, davanti agli edifici governativi. In molti casi i corpi non vengono richiesti da nessuno, perché le esplosioni hanno sterminato famiglie intere, cancellato interi clan.Come sempre in questi casi, le autorità hanno sottolineato che «il bilancio è provvisorio» poiché i soccorritori continuano a scavare; tra centinaia di feriti, ricoverati in diversi ospedali della regione, ve ne sono molti considerati dalle autorità sanitarie «in condizioni disperate». A centinaia si contano le famoglie senzatetto: le esplosioni hanno raso al suolo le loro abitazioni. Il governo ha stanziato, per la prima emergenza, 750 mila dollari, come ha annunciato il vice premier (curdo) Barham Saleh, che a Sinjar coordina gli aiuti. Le autorità curde hanno proclamato una giornata di lutto e hanno disposto l'invio di due battaglioni di peshmerga (combattenti curdi), per un totale di 340 uomini, con l'incarico di assistere e proteggere la popolazione dei villaggi presi di mira. Non è la prima volta che gli yazidi - mezzo milione in tutto, concentrati nella regione di Mossul - sono massacrati. I musulmani tradizionalisti li accusano di «adorare il diavolo» perché venerano un angelo dalle sembianze di pavone, caduto in disgrazia. La loro religione non ammette matrimoni misti o conversioni; è antichissima e si basa sul culto del dio Malak Taus, le cui "sacre scritture" sono tramandate nei Libri "della Rivelazione" e "Nero" in cui sono contenuti precetti e tabù, fra cui il divieto di mangiare lattuga o fagioli bianchi e di vestirsi di blu scuro.
L'involontaria esca del crescendo di massacri è stata una ragazza di 17 anni, Duha Aswat Dakhil, linciata dai membri della sua comunità il 7 aprile scorso, perché si era innamorata di un ragazzo musulmano sunnita "rinnegando" la fede del clan e suscitando scandalo attorno alla sua famiglia. Un gruppo di fanatici è andato a prenderla a casa di un capo yazida dove si era rifugiata, l'ha trascinata in strada e l'ha uccisa a colpi di pietra, al cospetto di impassibili capi religiosi yazidi, di alcuni familiari della ragazza e persino di poliziotti e autorità del villaggio.
Ne è scaturita una catena di rappresaglie in cui si è distinto per ferocia il gruppo sunnita Ansar al Sunna collegato ad Al Qaida. Il governo regionale del Kurdistan ha condannato l'assassinio della ragazza definito «inaccettabile sul piano religioso, sociale e ideologico». Anche il consiglio degli Yazidi ha denunciato «il crimine in nome di tradizioni tribali ormai superate».Stefano De Paolis
Vitale
Occorre rivedere continuamente tutto ciò che ha l'apparenza di una certezza La giustizia di ogni luogo é l'ingiustizia di ogni luogo.
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