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Gesù ebreo nei sinottici e nella storia

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2007 23:16
19/06/2007 02:41
 
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“L’episodio è problematico.L’interpetrazione prevalente è stata di scorgervi l’inizio di un nuovo ordine religioso”

Io mi sono sempre limitato a vederci la condanna della mercificazione del sacro.

“Giovanni interpreta le parole di Gesù “Distruggete questo tempio,e in tre giorni lo farò risorgere” in modo metaforico,come se la redificazione del tempio significasse la resurrezione del suo corpo inteso come tempio,cioè come un luogo dove abita la divinità.E’ un interpretrazione che ha poca probabilità di riflettere il vero pensiero di Gesù.”

Spettacolare, uno storico del XX secolo crede di capire la mentalità di Gesù, che lui mai ha visto e che in realtà conosce unicamente solo grazie a quei 4 libricini, meglio di un autore del I secolo. Che presunzione, e poi basata su cosa? Sempre sulla solita idea che qualunque idea un tantino elavata che troviamo in bocca a Cristo e riferita a se stesso sia una sovrastruttura.

“L’azione di Gesù nel Tempio sia da interpetrare alla luce delle concezioni escatologiche ebraiche di allora.Secondo queste concezioni,nel mondo che verrà,nel regno di Dio futuro,ci sarà un nuovo Tempio in sostituzione del vecchio.Il gesto di Gesù preannunciava l’avvento di questo nuovo Tempio.”

I problemi sono i seguenti. Se così fosse, cioè Gesù aveva in mente questo, perché attribuisce a se stesso l’opera di farlo risorgere e la abbina proprio ai tre giorni? I tre giorni hanno senso per la resurrezione, ma in questa nuova chiave?
Inoltre Gesà dice che saranno i giudei stessi a distruggere il tempio “distruggete questo tempio e io…”, usa la 2 plurale, “voi”. Non parla di un’azione di Dio.

“Si tratta però di elementi che dobbiamo inquadrare nella complessa personalità del protagonista.
Un aspetto che spesso viene dimenticato è che i sacrifici erano previsti dalla Bibbia,erano cioè volontà di Dio,poiché la Torah è rivelazione divina.Ma se ci vogliono i sacrifici ci devono essere animali da sacrificare,persone che vendano questi animali e cambiavalute che permettano di acquistarli con una moneta a corso legale nel Tempio.Se interpetriamo l’episodio secondo la teologia cristiana,imponiamo una visione in base alla quale Gesù avrebbe contrapposto all’ebraismo la nuova religione del cristianesimo”

Sta attribuendo all’esegesi cattolica delle posizioni che non le appartengono. Gli esegeti cattolici non vedono in questo particolare episodio una critica al concetto di sacrificio, anche perché secondo la nostra teologia i sacrifici sono diventati inutili soltanto dopo la sua morte redentrice, i biblisti cattolici non credono cioè che Gesù attaccasse i cambiavalute perché fornivano il mezzo per adeguarsi ai sacrifici, bensì per il tasso spropositato di cambio che attuavano, speculando sulla religione.

“Gesù non aveva nulla contro i sacrifici,infatti l’episodio va interpetrato senza considerare la successiva teologia cristiana.”

Che Gesù non avesse nulla contro i sacrifici non scandalizza nessuno, un po’ più problematica è questo mantra della contrapposizione tra Gesù e la “successiva teologia cristiana”, quando invece è vero il contrario, ossia che l’opera di Gesù è di una tale multiformità e proporzione che senza ipotizzare una consapevolezza della sua missione e della sua divinità va tutto in pezzi e si deve iniziare a scartare le fonti che ci sono scomode per continuare a far quadrare il nostro Gesù normalizzato.

“Un secondo aspetto di grande interesse riguarda la diversa collocazione dell’episodio.Marco,e i vangeli di Matteo e Luca che dipendono da Marco,situano l’episodio alla fine della vita pubblica di Gesù.Giovanni, invece,lo colloca all’inizio.
La colocazione di Giovanni in apertura fa dell’episodio quasi un atto programmatico.Lo interpetro come una forma di cristianizzazione del Gesù ebreo”

Semplicemente, mentre i sinottici raccontano di una sola venuta di Gesù a Gerusalemme, Giovanni, che è molto più dettagliato con la cronologia, ne racconta almeno. Motivo per cui i sinottici raggruppano tutti gli episodi delle varie comparse a Gerusalemme in un unico lasso temporale, cioè nell’unica visita che raccontano. Per loro era possibile farlo perché nel mondo antico le opere non sono sempre organizzate per ordine cronologico, molte ad esempio vanno per argomento, e Marco è un esempio di questo metodo.

“Certo lo fanno conoscere,però filtrato da una luce degiudaizzante. “
“con il giovannismo siamo cioè di fronte a un particolare tipo di cristianesimo nascente,un cristianesimo mistico.I”

Quasi comico. Invece di sostenere questo schema secondo cui c’è una cristologia che più si va avanti nel tempo e più di gonfia, non sarebbe più sensato, come ad esempio fa Klaus Berger, provare a leggere il Nuovo Testamento come se alla base dalla fede primitiva ci fosse una cristologia multiforme, cristologia in cui convinvevano professioni di messianicità e divinità senza che la seconda sia un’evoluzione teologica posteriore della prima? Pesce continua imperterrito ad applicare un suo schema in cui in realtà i Vangeli non si lasciano trascinare, perché la teologia che lui chiama “mistica”, questo fantomatico allontanamento, c’è già all’ennesima potenza in Paolo, Paolo scrive prima di tutti i Vangeli, compreso Marco che è il più antico. L’idea dunque di questa cristologia bassa che diventa alta è uno schema fasullo. Abbiamo, a soli 20 anni dalla morte di Cristo, una cristologia alta e del tutto formata nelle epistole paoline. E ovviamente i Vangeli sinottici stessi non mancano dell’idea di un’unione mistica col Cristo. Che ne dice Pesce di questa frase nel più ebraico dei Vangeli: ““Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20) ?

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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