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Neolaureata tdG respinta

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2007 19:49
10/02/2007 17:57
 
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A differenza degli stati autoritari, totalitari e di quelli confessionali, la democrazia liberale non "concede" privilegi, e neppure "diritti". Riconosce che gli individui nascono con diritti inalienabili e li tutela, perchè così facendo tutela al meglio la convivenza civile.



Questo è corretto.

Errato è invece applicare questo assunto al caso concreto, considerato che il diritto a conseguire un posto di lavoro nell'ambito dell'Amministrazione Pubblica non costituisce un diritto inalienabile dell'uomo, nè un diritto inalienabile del cittadino.

Costituisce un diritto di elaborazione statale, non costituzionale e non universale per conseguire il quale occorre previamente garantire e provare la sussistenza di precisi requisiti che, mi ripeto, nel caso conreto mancano (mancato riconoscimento, seppur a livello soltanto ideale, della sovranità dello Stato e convinzione della prevalenza della legge religiosa su quella umana e statale) rendendo la candidata palesemente inidionea a ricoprire una pubblica funzione quale quella cui aspira, sussistendo altresì la concreta possibilità che il soggetto in questione possa, nell'esercizio del proprio ufficio, fare prevalere le proprie convinzioni religiose (cui è attribuito un carattere assolutamente cogente e inderogabile).

Come correttamente specificato, lo Stato non "concede" privilegi come accadeva sul finire del Settecento con le Costituzioni "ottriate", ossia concesse, da sovrani assolutisti, ma illuminati.

S'è fatto un ulteriore passo avanti e lo Stato riconosce i cittadini come soggetti d'imputazione di diritti che non possono essere loro sottratti in quanto pertinenti alla sfera della loro dignità umana.

Tali diritti (diritto alla vita, diritti all'incolumità psicofisica, diritto alla salute, diritto al lavoro, diritto alla libertà d'espressione, diritto alla libertà religiosa, diritto alla libertà di movimento, etc.) vengono riconosciuti come pertinenti a ciascun individuo, per il fatto stesso d'essere persona.

E' appena il caso di osservare come, in caso di contrasto col superiore interesse dello Stato alla preservazione dell'ordine pubblico o al benessere della collettività anche questi possano essere legittimamente "sospesi".

Si guardi al caso delle emergenze nazionali, allo stato di guerra e guerra civile, al caso dei gravi disordini interni, della sovversione, del terrorismo, etc. (cfr. de Vergottini, Falcon, Paladin, Barile, Occhiocupo, Caretti, de Siervo, etc.)

Nel caso specifico, il diritto ad essere ammessi a prestare servizio presso un'Amministrazione Pubblica non rientra nel novero dei diritti inalienabili. Nè si può invocare la lesione del diritto inviolabile al lavoro.

La dott.ssa Cuba può conseguire qualsiasi altra posizione lavorativa che non comporti l'esercizio di una funzione statale e rappresentanza di un potere dello Stato), esercizio cui, a causa della sua contestazione della sovranità statale sulla scorta di motivazioni religiose, non risulta idonea.

Avuto riguardo alle sue convinzioni religiose che si scontrano col diritto dello Stato al riconoscimento della propria sovranità da parte di ciascun consociato, la dott.ssa Cuba deve considerarsi priva delle condizioni d'idoneità alla realizzazione del diritto di prestare la propria opera lavorativa per le istituzioni dello Stato di cui pure è cittadina.

Il diritto, dunque, le viene negato nel superiore interesse dello Stato a una buona amministrazione della giustizia. Risultato che non può certo essere garantito da un soggetto che

1. neghi la legittimità della sovranità statale

2. neghi la prevalenza della legge statale su quella religiosa

Infine, sgombriamo il campo dalle residue possibilità d'equivoco specificando che non si può ritenere leso da questa decisione dell'autorità giudiziaria neppure il diritto inviolabile alla libertà di religione poichè alla dott.ssa Cuba non viene negato in alcun modo il diritto di professare il proprio culto benchè questo non riconosca la legittimità del potere statale. Sino a che il detto culto sarà professato nel rispetto del metodo democratico nonchè delle leggi statali non sarà fatto oggetto di alcuna restrizione.


Non è compito dello Stato giudicare ne' della verità di un credo, ne' della coerenza del credente fra le sue asserzioni dottrinali e i suoi comportamenti concreti.



Ciò infatti non viene fatto da alcuno dei moderni stati liberali, nè è stato fatto nel caso concreto.

L'Ufficio Distrettuale non si è espresso circa la fondatezza teologica della dottrina professata dalla dott.ssa Cuba, nè si è interessato della coerenza del comportamento della stessa in rapporto alle sue convinzioni religioso (non si può obbligare alcuno ed essere coerente con se stesso e le proprie posizioni).

Diversamente e da diversa prospettiva, si è interessato della concreta idoneità della candidata a garantire, effettualmente, un efficace e corretto esercizio delle rilevanti funzioni pubbliche che le sarebbero state affidate in caso di esito positivo della selezione.

Idoneità che non risulta sussistere in considerazione dell'atteggiamento programmatico della candidata che, conformemente alle sue convinzioni religiose, si propone di obbedire a Dio anzichè agli uomini e nega la legittimità dell'istituzione statale.


Uno Stato del genere non sarebbe uno Stato democratico, sarebbe uno Stato Leviatano, tendenzialmente dispotico.



Il Leviatano stabilisce anche cosa e come si deve pensare proponendosi come stato in sè stesso etico.

Diversamente, lo Stato democratico d'ispirazione liberale lascia libero chiunque di pensare ciò che vuole e come vuole.

Non sanziona le opinioni personali, ma le conseguenze illecite delle stesse oppure (ed è il nostro caso) PREVIENE nel superiore interesse dei consociati le implicazioni potenzialmente pregiudizievoli per l'ordine pubblico delle libere opinioni.

Esemplificando: lecito è senz'altro che il tdg contesti idealmente la sovranità dello stato.

Ma parimenti lecito è che, nell'interesse superiore alla sua conservazione e al bene pubblico, lo Stato precluda al tdg la possibilità di esercitare una sua (dello Stato) funzione che plausibilmente potrebbe essere dallo stesso sovvertita.

La negazione della legittimtà dello stato e delle sue leggi costituisce una conseguenza illecita di un'opinione in se stessa lecita.

Accertamenti secondo ratio ora esposta si sono avuti, in Italia, negli anni '60 al fine di garantire un controllo e una tutela dell'Amministrazione Pubblica rispetto agli elementi di carattere sovversivo o anche soltanto potenzialmente sovversivo.

Ma anche nell'immediato dopoguerra al fine d'impedire una reinfiltrazione nei gangli dello Stato di elementi riconducibili all'area politica che diede origine all'esperienza autoritaria del Ventennio.


Non importa dunque se le opinioni religiose o politiche di qualcuno siano o meno gradite dalla maggioranza, non importa nemmeno se queste siano palesemente in contrasto con i valori della stessa democrazia liberale e che cerchino soltanto opportunisticamente di utilizzarne i vantaggi per, infine, adoperarli contro lo stesso Stato.



Non si parla di "gradimento delle opinioni da parte della maggioranza", si parla, come detto, di controllo e prevenzione degli sviluppi in senso illecito o sovversivo delle opinioni stesse.


Non importa infine se chi professa quelle opinioni religiosi o politiche si rivela poi in contraddizione con le medesime nei suoi comportamenti concreti.



Non importa. Ma vale sempre il principio del controllo e della prevenzione.


Se una cattolica divorzia ciò non costituisce un problema per lo Stato, ossia lo Stato non può negare il divorzio alla cattolica per il fatto che lo scioglimento del matrimonio è in contrasto con la dottrina cattolica sull'indossolubilità del legame coniugale,



Ciò perchè lo Stato non prevede l'indissolubilità del vincolo matrimoniale. La questione non attiene alla coerenza fra ideologia e prassi, ma alla rispondenza fra legge e assetto dei rapporti sociali.

Se il Codice Civile prevedesse per assurdo l'indissolubilità del vincolo matrimoniale la negazione dello scioglimento sarebbe lecita e non già perchè coerente con l'etica cattolica, ma in quanto coerente con le previsioni normative emanate dal potere legittimamente costituito.


ne' può rifiutare il posto di primario di Ginecologia e Ostetricia di un Ospedale Pubblico a un medico cattolico, per il fatto che questi potrebbe esercitare l'obiezione di coscienza nel caso gli venisse chiesto di praticare un aborto.



Questo esempio invece è errato e potenzialmente capzioso.

L'obiezione di coscienza circa l'aborto è consentita dalla legge dello Stato, mentre l'obiezione di coscienza contro la sovranità dello Stato non è prevista e costituisce una fattispecie (penalistica) di sovversione.

Non si confondano i termini della questione.


E' dunque inqualificabile il comportamento dell'Ufficio distrettuale di Monaco di Baviera, in quanto palesemente discriminatorio e pertanto sostanzialmente lesivo dei principi dello Stato di Diritto



Il comportamento di detto Ufficio è "più che qualificabile" nelle forme dell'accertamento dei requisiti d'idoneità che compete, come dovere imprescindibile, all'autorità amministrativa.

Il fatto inqualificabile non è l'accertamento compiuto sull'idoneità della dott.ssa Cuba. Un fatto giuridicamente e proceduralmente inqualificabile sarebbe stato invece il mancato accertamento.


Questo fatto è stato denunciato correttamente da esponenti politici tedeschi dei più diversi orientamenti. Tenuto conto che i Testimoni di Geova non andranno mai a votare alle elezioni politiche, ne' in Baviera, ne' nel resto della Germania, è certo... che una volta tanto è impossibile affermare che si tratta di politici a caccia di voti.

Shalom



Il vantaggio politico non si ottiene soltanto attraverso la forma dello scambio voto-rappresentanza. Esistono molteplici altre forme di scambio politico che non vedono implicato l'esercizio del diritto di voto, cosa che comunque non escluderei per il sol fatto che i tdg "dicano" di astenersi dall'esercitare il voto (il caso italiano, ove gli indizi di "connivenze" fra potere politico e dirigenza geovista sono piuttosto consistenti è particolarmente significativo): dagli scambi "ibridi" a contenuto in parte politico e in parte economico (comportamento politicamente rilevante verso vantaggio economico) a quelli di contenuto meramente economico.

Personalmente io credo che ci si trovi di fronte a una caccia di voti e di visibilità politica particolarmente subdola in quanto camuffata da tutela di (malintesi) diritti inviolabili.

state bene

Michele

[Modificato da Elrond di Gran Burrone 10/02/2007 18.14]

"Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell'affetto che meritate". (Bilbo Baggins)


10/02/2007 18:10
 
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Re:

Come già detto questa discussione non ha grande significato finché non sappiamo per cosa doveva essere assunta, è ovvio infatti che se doveva fare l’impiegata la sua fede c’entra poco.



In verità, da un punto di vista accademico, ma neppur troppo, la condotta dell'Ufficio Distrettuale potrebbe trovare giustificazione anche nel caso in cui la tdg si fosse candidata per un incarico "impiegatizio", ossia a basso contenuto di autonomia e potere direttivo.

Pe taluni profili impiegatizi (vedasi il c.d. "quadro", ma anche il c.d. "impiegato di concetto" o "istruttore") sussiste comunque un certo margine di discrezionalità e decisionalità nell'attività del pubblico dipendente che potrà, in taluni casi e per talune funzioni, "rappresentare" l'istituzione per cui presta la propria opera nonchè incidere in modo significativo su talune decisioni.

Al limite si sarebbe potuta contestare l'esclusione nel caso di una candidatura per un ruolo di semplice "impiegata d'ordine" (mansioni meramente esecutive).

saluti

Michele



[Modificato da Elrond di Gran Burrone 10/02/2007 18.11]

"Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell'affetto che meritate". (Bilbo Baggins)


10/02/2007 18:46
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 10/02/2007 17.53
Come già detto questa discussione non ha grande significato finché non sappiamo per cosa doveva essere assunta, è ovvio infatti che se doveva fare l’impiegata la sua fede c’entra poco.
Non è questione di dire che i diritti siano intrinsecamente del cittadino e non benevolmente concessi dall’alto, è questione che nessun datore di lavoro è obbligato ad assumere chi non vuole. Se il datore di lavoro credeva che la sua fede fosse incompatibile col ruolo che doveva accollarsi aveva tutto il diritto di non assumerla. Inoltre ricordiamo che non esiste alcuna legge dello stato che renda incompatibile l’essere cattolici e l’essere impiegati in ospedali pubblici od uffici governativi, perché è questo stesso stato che riconosce l’obiezione di coscienza. L’ideologia dei TdG al contrario è incompatibile con la legge dello stato, uno dei casi, ora annullatosi, era l’obbligo del servizio miliare o in alternativa del servizio civile, un esempio ancora attuale è il fatto che anche ad un minorenne non vadano praticate trasfusioni.




Il datore di lavoro pubblico, in uno Stato Liberale, può ben fare tutti gli accertamenti di idoneità che prevede LA LEGGE, tuttavia non può violare il principio di NON DISCRIMINAZIONE, direttamente discendente da quello di EGUAGLIANZA innanzi alla LEGGE. Questo è un fondamento ineludibile, che nessun gioco di parole può superare, come del resto ha correttamente rilevato il tribunale germanico.
Questo al di là del fatto che il cittadino abbia rispetto all'assunzione ad un posto di lavoro pubblico non un "diritto soggettivo", quanto un "interesse legittimo".

Shalom

[Modificato da PFrancesco 10/02/2007 18.47]

****************************
"Fiume inesauribile della grazia, Spirito Santo, Tu che rimetti i peccati, ricevi la nostra preghiera per il mondo, per i credenti e gli increduli, come per i figli della rivolta: e conducili tutti nel regno eterno della Santa Trinità. Che sia vinto da Te l'ultimo nemico, la morte, e che il mondo, rinascendo attraverso il fuoco purificatore, canti il cantico nuovo dell'immortalità: Alleluya!"
10/02/2007 21:52
 
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Il datore di lavoro pubblico, in uno Stato Liberale, può ben fare tutti gli accertamenti di idoneità che prevede LA LEGGE, tuttavia non può violare il principio di NON DISCRIMINAZIONE, direttamente discendente da quello di EGUAGLIANZA innanzi alla LEGGE. .Questo è un fondamento ineludibile, che nessun gioco di parole può superare, come del resto ha correttamente rilevato il tribunale germanico



Debbo onestamente precisare che non so in che termini la legge tedesca preveda una procedura di accertamento della sussistenza dei requisiti per il conseguimento di un pubblico impiego.

Certamente tuttavia la prevede, così come accade in tutti gli ordinamenti amministrativi della UE, anche in conformità alle direttive comunitarie.

Come già detto, questo accertamento potrà anche portare, da una prospettiva costituzionalistica, a delle forme di "discriminazione" (intendendo il termine nel suo significato neutro), fra categorie di cittadini.

Si "farà distinzione" pertanto fra diverse situazioni di fatto bilanciando il diritto (anche inalienabile come quello all'eguaglianza) del singolo con quello superiore dei consociati.

Il principio del bilanciamento può portare anche, e senza scandalo, alla "compressione" (se non all'elisione) di diritti di singoli soggetti.

In questo caso, dunque, il diritto inalienabile all'eguaglianza davanti alla legge sarà bilanciato con quello, di rango superiore, dello Stato a preservare il buon andamento e l'imparzialità della propria amministrazione a fronte di un rischio di compromissione determinato dall'eventuale accesso ad una sua funzione di un soggetto che non riconosca la primazìa della legge statuale sulla legge religiosa.

Nel caso di specie, la domanda della candidata andava respinta comprimendo, relativamente a una specifica situazione, l'effettività del suo diritto all'eguaglianza davanti alla legge (che il soggetto rifiuta di riconoscere come prevalente sui precetti religiosi).

Il diritto personale (pur se inalienabile) cede quindi a fronte dell'interesse collettivo.

Non è tollerabile la pretesa di un singolo di riservarsi l'osservanza delle leggi per il caso in cui non coincidano con le sue convinzioni religiose.

Occore dunque tutelare l'osservanza della legge e l'ordine pubblico. Lo si può fare soltanto comprimendo il diritto del soggetto a concorrere per l'immissione in una pubblica funzione.

Se non lo si facesse e si consentisse al tdg o a qualsiasi altro soggetto che non riconosca o riconosca con riserva la sovranità statale di accedere, a parità con qualsivoglia altro soggetto, al pubblico impego (specie se a livelli superiori), oltre ad aversi un problema di ordine pubblico si cadrebbe nell'errore logico e giuridico dell'egualitarismo.

Per non discriminare poche persone (che peraltro si collocano volontariamente al di fuori dell'assetto giuridico e sociale) si danneggerebbe la maggioranza dei consociati che ha il diritto di veder garantiti il buon andamento, l'imparzialità e la legalità dell'azione amministrativa.


Questo è un fondamento ineludibile, che nessun gioco di parole può superare, come del resto ha correttamente rilevato il tribunale germanico.



Non si tratta di superare o eludere ciò che resta a ragione un fondamento del moderno costituzionalismo.

Si tratta, più semplicemente, d'interpretare correttamente la gerarchia dei diritti (siano essi personali o collettivi) e di sciogliere le antinomie ed i contrasti avendo sempre ben in vista il pincipio dell'interesse collettivo e della giustizia sostanziale (non solo formale/procedurale).

Ma soprattutto occorre tenere presente che diritto e politica pertengono a due sfere interdipendenti, ma distinte. Al di fuori di questa divisione, quando si mischiano le carte, si originano i "pasticciacci brutti" come quello di ora cui dibattiamo.


Questo al di là del fatto che il cittadino abbia rispetto all'assunzione ad un posto di lavoro pubblico non un "diritto soggettivo", quanto un "interesse legittimo".

Shalom



In questo caso la distinzione diritto-interesse legittimo (diritto affievolito) non rileva, a mio parere.

Ciò che rileva, per il corretto inquadramento del problema, è la gerarchia dei diritti, la loro interpretazione sistematica rispetto alla Costituzione e l'efficace applicazione del principio del bilanciamento d'interessi.

saluti

Michele

[Modificato da Elrond di Gran Burrone 10/02/2007 22.00]

"Conosco la metà di voi soltanto a metà; e nutro, per meno della metà di voi, metà dell'affetto che meritate". (Bilbo Baggins)


11/02/2007 19:49
 
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Re: Per Michele

Scritto da: berescitte 06/02/2007 12.29
>Lo Stato (con la "S" maiuscola) si riconosce in toto per essere in regola e poter pretendere un pieno assetto di diritti, non si riconosce con riserva.

R- In toto? Anche se chi è al potere ordina un genocidio o obbligasse i medici ad eseguire aborti?
Ogni cristiano riconosce l'autorità dello Stato e il dovere di obbedirgli "con riserva"; da sempre sono esclusi dall'obbedienza statale quegli ordini che sono "soprusi". E al cristiano, se ha la possibilità di accertarli, viene fatto obbligo di coscienza di disattenderli .



appunto berescitte ben detto
anche, per esempio, quando lo stato pretende che si paghi le tasse in rapporto al reddito, e cribbio che sopruso!!!!
Il bravo cristiano ha il dovere si fare obiezione in nome della libertà dello spirito ( e del proprio egoismo, ma quale magnifica scusa)
non è evasione è affermazione della libertà del cristiano ripetto allo stato persecutore
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