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1 Re 17:17-22

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2006 13:15
17/07/2006 00:17
 
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Ti dimentichi (o sottovaluti) tre cose:
1)Paolo stesso parla dello stato dei morti come dormienti (le scritture le ho gia citate),



Quello che io sostengo è che l’analogia morte-sonno ha valore nel contesto della Rivelazione proprio in forza dell’immortalità dell’anima. Così come la possibilità che l’individuo si risvegli dal sonno presuppone che il sonno non comporti l’annichilimento del medesimo, così Paolo (come, del resto, aveva fatto Cristo, e gli autori veterotestamentari prima di lui) vuole intendere che la morte non è la “fine”, ma che anche da questa un giorno ci si risveglierà.


2) Credeva che la parusia di Cristo fosse imminente (comunque da quello che scrisse non avrebbe mai pensato che dovevano passare piu di 2000 anni prima di venire, e chissa quanti ancora...)



A prescindere da quanto Paolo ritenesse prossimo il ritorno glorioso del Signore, le sue parole danno tutta l’impressione che egli pensasse che con la sua morta si sarebbe ritrovato “immediatamente” col Cristo.


3)c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo



La questione è che, se come tu stesso dici, qualcosa dell’individuo rimane anche dopo che questi è morto, onde sia garantita la continuità dell’esistenza del medesimo tra la morte e la resurrezione, resta da stabilire che cosa dell’individuo stesso permanga. Certo, non permane il corpo, che si dissolve, allora, che cosa rimane? Ovviamente deve rimanere qualcosa di “essenziale” dell’individuo, perché si possa parlare di una continuità del medesimo. Deve permanere l’io, il sé dell’individuo. Ma che cos’è che costituisce l’essenza dell’io dell’individuo se non la “presenza” dell’io a se medesimo?
Durante il sonno (ed in altre occasioni) noi sperimentiamo momenti di incoscienza, di non presenza dell’io a se stesso. Quella che sperimentiamo è però un’assenza “temporanea” dell’io a se stesso che ha senso solo nel divenire spazio-temporale del mondo materiale. Ma quest’assenza, dell’io a se stesso non può essere un’assenza in senso assoluto (un annichilimento dell’io), altrimenti questo vorrebbe dire l’annullamento dell’individuo dormiente: vale a dire che, quando qualcuno si risveglia, a risvegliarsi non sarebbe colui che era andato a dormire, ma un clone psichico di questi, erede del corpo del suo predecessore.
Ora, se dopo la morte fisica di una persona, qualcosa di questa persona rimane, un qualcosa di sufficientemente consistente da garantire la continuità della persona in oggetto da questo momento, appunto, a quello della sua resurrezione, questo qualcosa deve essere proprio un io presente a se medesimo (anche se al di fuori del tempo e dello spazio materiali). Ecco che allora, se tu dici che questo qualcosa, mentre è in “attesa” della resurrezione, si trova in uno stato di totale incoscienza, in realtà è proprio come se dicessi che dell’individuo in quanto individuo, dopo la morte del corpo, non rimane proprio nulla e che quello che risorgerà, in realtà, non sarà il medesimo individuo che è morto, ma un suo perfetto clone.
Che poi tra la morte di una persona e la sua resurrezione non ci sia per il soggetto alcuna attesa, poiché l'anima, appunto, sussiste in sé al di là del tempo e dello spazio, questa è un'altra faccenda. Quello che qui conta è che non si può sostenere la dissoluzione o l'incoscienza (che equivale alla dissoluzione) dell'io al termine della vita fisica di un uomo se vogliamo che sia questo medesimo uomo a dover "un giorno" risorgere e non un suo perfetto clone.


Vedi Trianello sei talmente convinto dell'anima immortale che prendi per scontate cose che scontate non sono affatto,



No, semplicemente faccio uso di un po’ di sana logica onde dare una lettura metafisicamente coerente del dato Rivelato.


non credo che rimanga altro che un qualcosa di indefinito (spirito o anima che tu preferisca) che in qualche modo conservi l'individualità della persona, ma in uno stato incosciente paragonato appunto al sonno, solo con la resurrezione questo qualcosa riunito ad un nuovo corpo permetterà alla persona di essere di nuovo presente.



Come ho cercato di mostrarti sopra, questa tua posizione è logicamente fallace.


1) dal punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.



Dio è onnipotente, così come crea le anime, può anche distruggerle. Non ci vedo nulla di strano in questo. Le anime, come tutto ciò che è creato, non hanno essere proprio, ma partecipano dell’essere in quanto è Dio a donarglielo. Ora, però, volendo affrontare la questione nella sua piena portata, il discorso si farebbe eccessivamente tecnico, per cui è meglio terminarlo a questo punto.


Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.
Detto questo si vanno a far friggere tutte le preghiere per i defunti o i vari intermediari umani morti, ne purgatori ne inferno ecc...
capisco che questo per un cattolico è inammissibile, ma la scrittura va in questa direzione punto e basta.



Questo tuo ragionamento è un paralogismo. Come ho cercato di spiegarti, la sua premessa è semplicemente fallace da un punto di vista logico.

[Modificato da Trianello 17/07/2006 4.30]


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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