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1 Re 17:17-22

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2006 13:15
16/07/2006 14:36
 
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“e lo sei dimenticato? Lo dice Daniele (che poi Michele sia una prefigurazione del Cristo, o il Cristo interpreti il ruolo che Daniele da a Michele bè questa è un'altra storia)sta di fatto che nel linguaggio profetico di Daniele quando si dice che un re "sorge" indica che prende il potere o inizia a regnare.”

Preciso la domanda. Il mio dubbio era su “Michele per giudicare”. In questa raffigurazione che dà Daniele Michele è semplicemente visto come il capo dell’esercito celeste che giuda la liberazione finale. Il giudizio finale spetta a Dio.

“Concordo nella parte finale ma dai documenti che parlano dei farisei e degli esseni specie di Giuseppe Flavio, nel libro XIII delle sue Antichità, dice che i farisei credevano nella metempsicosi; e gli esseni, dice sempre Giuseppe, la consideravano immortale: le anime, secondo loro, scendevano in forma aerea nei corpi, dalla più alta regione dell'aria;”

Scusa ma non vedo cosa c’entri con la mia domanda, mio hai solo ripetuto le dottrine dei farisei, io ti ho chiesto da dove avresti evinto che le abbiano prese dai greci. Inoltre che i farisei credessero alla metempsicosi(cioè alla reincarnazione) mi suona nuovo.

“I deuterocanonici furono scritti quando gli esseni e i farisei divulgavano le loro dottrine, studiando questi libri si evince la teologia ebraica dell'epoca, anche se sappiamo non essere uniforme, ricordiamo infatti i Sadducei che non credevano ne all'anima immortale ne alla resurrezione”

Questo lo sappiamo già, ma la mia domanda era come dal fatto che i deuterocanonici parlino di queste dottrine si possa evincere il fatto che i farisei le abbiano prese dai greci visto che i farisei notoriamente non accettavano questi libri.

“Per quanto riguarda Siracide forse ti è sfuggito questo passo:”

T’assicuro non mi sfugge nulla, l’orizzonte di Siracide è assolutamente terreno, in base ad una teologia della retribuzione in vita. E’ stato persino accusato di pre-sadduceismo per questo. L’opera è molto complessa e stratificata, anche perché non abbiamo l’opera originale di Ben Sira scritta in ebraico ma una traduzione in greco opera di suo nipote, o, per meglio dire, del testo ebraico si sono conservati i 2/3, ma la Chiesa ritiene canonico il testo greco con le sue aggiunge.Si vede chiaramente un’evoluzione dottrinale tra i due. Siracide non ha prospettive escatologiche, mentre suo nipote parla del castigo degli empi nell’aldilà (Sir 7,17)

“Dopo che s' era addormentato profetizzò ancora e mostrò al re la sua fine; anche dalla terra levò la sua voce per cancellare con la profezia l' iniquità del popolo.
Qui Siracide va in contraddizione mentre al 19 parla del riposo eterno al 20 dice che durante questo riposo Samuele profetizzò a voce... mah arcani degli apocrifi...”

Non c’è contraddizione ma solo due moventi diversi, anche noi diciamo “l’eterno riposo dona a loro Signore”, ma non ci sogniamo di intendere con ciò che non ci sarà resurrezione. L’episodio cui allude Siracide è 1Sam 28, 6-25, e non aggiunge nulla di nuovo rispetto a quello che 1Sam già spiegava. Inoltre io credo che la Bibbia sia piena di contraddizioni, tanto negli scritti canonici quanto in quelli deuterocanonici, quindi se vuoi usare l’argomento della contraddizione evita di farlo con un cattolico italiano e riservano a qualche fondamentalista americano della bible belt. Inoltre credevo d’aver già distinto con una citazione dal Brelich quello che in storia delle religioni e antropologia si intende con concezione positiva dell’immortalità dell’anima.

“Il fatto che la persona morta sia nello stato di sonno, indica che è distaccata dalla realtà e giace in uno stato di inattività, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale”

Ma io non ho chiesto una descrizione dello stato di sonno dell’anima, ho chiesto in che cosa differirebbe dalla morte dell’anima, cioè la sua inesistenza. Dire che nello stato di sonno non si interagisce col l’esterno, e che soprattutto non si ha coscienza di sé, in che cosa differirebbe dal non esistere? Ma soprattutto che cosa non ha rapporti con l’esterno né coscienza? E’ forse una specie di ectoplasma tipo Ghostbuster che se ne sta da qualche parte ammucchiato insieme a tanti altri. La mia domanda non era riferita a te che non credi al condizionalismo, ma a coloro che lo sostengono, è mio parere infatti che ad una riflessione matura tale condizione non voglia dire un emerito nulla. Non so cioè cosa voglio dire che questo qualcosa che resta conserverebbe l’individualità della persona ma in uno stato incosciente, perché quello che siamo, la nostra individualità, è proprio la nostra coscienza.

Sono poi scioccato dal tipo di citazioni sul sonno dei morti che hai fatto, perché sono molto ingenue rispetto allo scopo che si prefiggono, persino il grande Platone, di cui nessuno dubita circa la dottrina dell’anima, diceva che i morti dormono.Tale modo di dire lo troviamo un po’ in tutti i popoli per la semplice ragione che il sonno è la condizione più vicina alla morte, infatti i cadaveri sembra che stiano dormendo. Ma la metafora del sonno come morte non dice nulla sull’immortalità dell’anima, infatti è una metafora che il mondo antico usa spessissimo. Il grande Senofonte (uno degli storici greci più importanti) ad esempio afferma “considerate che nessuno degli stati umani è più vicino al sonno della morte” (Ciropedia, 8.7.21), eppure era un convinto immortalista. Semplicemente questa metafora è un archetipo comune, non perché i morti siano incoscienti come la semi-incoscienza un uomo durante il sonno, ma perché i cadaveri avendo gli occhi chiusi sembrano dormienti. Anzi, la scuola platonica calcherà molto sulla metafora della morte quale sonno, infatti mentre dormiamo l’anima si rivela divina, perché sogna e sa prevedere il futuro, dunque rivela la sua vera natura. Stai pasticcio antropologico perché da letteralista ingenuamente ritieni che ci sia la stessa concezione dell’uomo e della sua antropologia dalla prima all’ultima pagina della Bibbia. Non mi interessa dunque commentare le citazioni che hai posto perché nessuna parla dell’anima ma parlano solo della morte come sonno, cosa che anche noi cattolici facciamo “l’eterno riposo dona a loro Signore, ecc.”
L’unico che vale la pena di commentare è al seguente: “Non confidate nei potenti, in un figlio d' uomo che non dà salvezza. Esala il suo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno periscono i suoi disegni.”, qui come in Qoehlet il problema è che nella morte non si avranno più le attività che si possono fare sotto il sole, infatti dice che svaniscono i progetti, i disegni, non i pensieri, per la semplice ragione che nello scheol non ci sono più le preoccupazioni e il darsi da fare della vita. Come ho già giustamente richiamato dal punto di vista antropologico simili concezioni vetero-testamentarie sono del tutto analoghe a quelle del libro XI dell’Odissea, non c’è progetto né disegno alcuno nella casa dell’Ade, solo un esistenza da ombre, ma i greci, così come gli ebrei, si sono evoluti.

“c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo.”

Ma Paolo dice che brama “essere assente dal corpo e abitare presso il Signore”, quindi la condizione cui brama in questo versetto non è quella cosa bellissima che avremo alla resurrezione e che Paolo ha sempre in vista, bensì uno stato in cui si troverà presso il Signore pur non essendo nel suo corpo, e lo dice chiaramente mettendo in relazione le due cose come simultanee: “essere assente dal corpo e abitare presso il Signore”(2Cor 5,8) E perché mai dovrebbe desiderare di essere assente dal corpo ed abitare presso il Signore se per lui quest’esperienza sarà il nulla?
Anche qui fai eresia in senso etimologico, tieni solo la resurrezione di cui Paolo ovviamente parla e ti rifiuti di vedere il resto. Se io, testualmente, “sono assente” dal corpo, significa che io da una parte e il corpo altrove.

“tu dici che è il corpo a dormire, e dove starebbe scritto?”

Aprire un manuale di antropologia e scoprire le metafore per la morte di metà dei popoli del pianeta potrebbe illuminarti, per questo dico sempre che non tutto è alla portata di tutti, e che prima di analizzare un testo antico sarebbe il caso di conoscere come gli antichi si esprimevano, cosa che si ottiene solo leggendo la letteratura greca, latina, ed ebraica.

“Se fosse solo il corpo fisico in uno stato dormiente non credi che la sua distruzione nel tempo implichi che il suo stato non puo essere paragonato al sonno dal momento che come abbiamo detto fino alla nausea non esisterà piu?”

Un antropologo come Tranello potrebbe spazientirsi sento un simile ragionamento. Tu infatti non stai pensando come farebbe un persona vissuta duemila o tremila anni fa ma stai usando categorie logiche analitiche, anziché quelle, ad esempio, di purità ed impurità, contagio, magia simpatica, miasma, tabù, ecc. Bisogna pensare come i primitivi se si vogliono conoscere i loro ragionamento. La morte è vista come il sonno perché il cadavere ha gli occhi chiusi e paia che dorma, nonostante questo eufemismo, la gente sa bene che una persona è morta, e dunque l’analogia tra i due stadi si ferma a questo livello e non esige una coincidenza perfetta tra i due stati. La tua argomentazione pretenderebbe una perfetta coincidenza tra ogni simbolo e la cosa simboleggiata, ammazzando tutti i modi di dire e tutti i sistemi simbolici di cui vivono le religioni, anzi, che le religioni stesse sono, per usare un’espressione di Vernant.

“al punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.”

Dio è onnipotente, può far sì che Roma non sia mai stata, la cosa non ci crea problemi. Anche perché in filosofia c’è stato a lungo un dibattito se si debba intendere che l’anima è immortale per sua intrinseca natura o è immortale non in sé ma solo perché Dio la rende tale.

“Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.”

Come già detto, io non dubito che questa fosse la fede di Qoehlet o di Siracide, ma io non sono un ebreo vissuto prima di Cristo, e nell’ebraismo stesso ci sono i primordi di quella che diventerà l’escatologia neotestamentaria.

“L'ho fatto almeno cosi mi sembra, comunque non mi va di commentare una favoletta diretta verso i farisei o gli ebrei che non ascoltavano Cristo, è come discutere su cappuccetto rosso o il lupo cattivo.”

Non è una favola, è una parabola, non confondere i generi letterari. Avevo scritto (ed a questo si riferiva Enkidu): “L’interpretazione della WTS sul ricco epulone è una barzelletta, le parabole usano sempre un sistema simbolico ma dietro ai simboli di quella parabola sta la separazione dei destini tra il giusto e il malvagio. Che poi Gesù lo correli con immagini è ovvio, lo fa in qualunque parabola, ma non si può eludere il nocciolo duro del racconto a cui tutte le metafore presentate mirano. Fare un’analisi semiotica implica accorgersi come l’accento è messo sulla separazione tra il luogo di pena e il seno di Abramo, “fra di noi due v’è un abisso”, e viene detto che è invalicabile, tutto il resto della parabola è di contorno e rafforza la distinzione descrivono come siano differenti le due situazioni. Tutto il nucleo della parabola gioca sull’eternità della pena, e sulla separazione tra una condizione e l’altra. I campi semantici in cui ruotano i termini greci sono lapalissiani.” E aluni post dopo: “Qui non si tratta di scegliere un versetto sì e un versetto no, si tratta di prendere tutto e sapere che cosa significa, si parla di fuoco, simbolo per eccellenza del tormento e della tortura. Dire che non bisogna essere eretici etimologicamente non ha nulla a che fare col la pretesa che tutto vada preso alla lettera, si può prendere tutto anche riconoscendo che spesso il significato è assai distante dal nudo suono letterale. Il Catechismo infatti parla ancora di “inferno di fuoco” spiegando cosa si intende con questo termine. Inoltre nessuno ha mai sostenuto che quella sia una descrizione di come sono fatti gli inferi, la parabola è un genere letterario diverso dall'allegoria, nell'allegoria infatti sono anche i singoli particolari della situazione ad essere interpretati, quello che conta invece nelle parabole è il succo. Qual è dunque il succo della parabola? Facendo un'analisi semiotica si nota subito come tutti i particolari scenici facciano ruotare i campi semantici dei termini verso la separazione delle due condizioni: "tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi." (Lc 16,26) Qui Gesù si sprecherebbe ad enunciare una legge cosmica se non fosse vera? Il succo della parola è il premio per i giusti e la dannazione per gli empi.”

“Non è chiara per niente, non c'è scritto che sarebbe andato subito con Cristo”

Ma lo dice chiaramente, avrebbe avuto la sua dimora presso il Signore quando sarebbe stato assente dal corpo. Lo dice sia in 2Cor dove c’è la lapalissiana frase “essere assenti dal corpo e abitare presso il Signore”, sia in Filippesi dove l’alternativa è “rimanere nella carne” o “essere sciolto per essere con Cristo”.

Ad maiora


[Modificato da Polymetis 16/07/2006 15.06]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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