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1 Re 17:17-22

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2006 13:15
12/07/2006 20:11
 
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La versione Cei, traduce cosi


17 In seguito il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia era molto grave, tanto che rimase senza respiro. 18 Essa allora disse a Elia: «Che c'è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia iniquità e per uccidermi il figlio?». 19 Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto. 20 Quindi invocò il Signore: «Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». 21 Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo». 22 Il Signore ascoltò il grido di Elia; l'anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere.

La nuovo mondo e pressocchè identica.

E tante bibbie traducono così.

Allora mi chiedo bibblicamente parlando come si fa a negare che gli ebrei non credessero all'immortalità dell'anima.

Se l'anima doveva tornare non era morta ma era in qualche altro posto.

Io rabbrividisco a pensare a che condizione mentale è sottoposto un tg per leggere queste scritture e non accorgersi di nulla.

Saluti

12/07/2006 20:35
 
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Re:

Scritto da: "Terminetor" 12/07/2006 20.11
La versione Cei, traduce cosi


17 In seguito il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia era molto grave, tanto che rimase senza respiro. 18 Essa allora disse a Elia: «Che c'è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia iniquità e per uccidermi il figlio?». 19 Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto. 20 Quindi invocò il Signore: «Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». 21 Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo». 22 Il Signore ascoltò il grido di Elia; l'anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere.

La nuovo mondo e pressocchè identica.

E tante bibbie traducono così.

Allora mi chiedo bibblicamente parlando come si fa a negare che gli ebrei non credessero all'immortalità dell'anima.

Se l'anima doveva tornare non era morta ma era in qualche altro posto.

Io rabbrividisco a pensare a che condizione mentale è sottoposto un tg per leggere queste scritture e non accorgersi di nulla.

Saluti




Molte volte si crede erroneamente che per i tdg nefesh significhi solo anima perchè la loro bibbia traduce cosi quasi tutte le volte.
Questo è sbagliato, la NM ha fatto una scelta traduttiva (sicuramente per rafforzare la loro dottrina) ma i tdg (ovviamente quelli un po piu preparati) conoscono benissimo gli altri significati di nefesh e il libro perspicacia lo chiarisce dicendo quanto segue:

"I termini nelle lingue originali (ebr. nèfesh; gr. psychè) usati nelle Scritture indicano che “anima” è una persona, un animale o la vita della persona o dell’animale.
La New Catholic Encyclopedia dice: “Nepes [nèfesh] ha un significato molto più ampio del nostro termine ‘anima’, poiché significa vita (Es 21.23; Dt 19.21) e le sue varie manifestazioni vitali: respiro (Gn 35.18; Gb 41.13[21]), sangue [Gn 9.4; Dt 12.23; Sl 140(141).8], desiderio (2 Sm 3.21; Prv 23.2). L’anima nell’AT non significa una parte dell’uomo, ma l’intero uomo: l’uomo come essere vivente. Similmente, nel NT significa vita umana: la vita di un singolo soggetto cosciente (Mt 2.20; 6.25; Lc 12.22-23; 14.26; Gv 10.11, 15, 17; 13.37)”. — 1967, vol. XIII, p. 467.
Vita come creatura. Sia nèfesh che psychè sono usati anche nel senso di vita — non semplicemente come principio o forza astratta — ma vita come creatura, umana o animale.
Infatti quando Rachele partorì Beniamino, la sua nèfesh (“anima” o vita come creatura) uscì da lei ed essa morì (Ge 35:16-19), cessò di essere una creatura vivente. Similmente, quando il profeta Elia compì un miracolo sul figlio della vedova di Zarefat che era morto, la nèfesh (“anima” o vita come creatura) del ragazzo tornò in lui ed “egli riprese vita”, fu di nuovo una creatura vivente. — 1Re 17:17-23.

Quindi quando leggono la scrittura da te menzionata è come se la leggessero nella riveduta che la traduce cosi:
NRV 1 Re 17:21
"Si distese quindi tre volte sul bambino e invocò il SIGNORE, e disse: «SIGNORE mio Dio, ti prego, torni la vita di questo bambino in lui!»"

Ciao Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
12/07/2006 20:38
 
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Re: Re:

Scritto da: (Mario70) 12/07/2006 20.35


Molte volte si crede erroneamente che per i tdg nefesh significhi solo anima perchè la loro bibbia traduce cosi quasi tutte le volte.
Questo è sbagliato, la NM ha fatto una scelta traduttiva (sicuramente per rafforzare la loro dottrina) ma i tdg (ovviamente quelli un po piu preparati) conoscono benissimo gli altri significati di nefesh e il libro perspicacia lo chiarisce dicendo quanto segue:

"I termini nelle lingue originali (ebr. nèfesh; gr. psychè) usati nelle Scritture indicano che “anima” è una persona, un animale o la vita della persona o dell’animale.
La New Catholic Encyclopedia dice: “Nepes [nèfesh] ha un significato molto più ampio del nostro termine ‘anima’, poiché significa vita (Es 21.23; Dt 19.21) e le sue varie manifestazioni vitali: respiro (Gn 35.18; Gb 41.13[21]), sangue [Gn 9.4; Dt 12.23; Sl 140(141).8], desiderio (2 Sm 3.21; Prv 23.2). L’anima nell’AT non significa una parte dell’uomo, ma l’intero uomo: l’uomo come essere vivente. Similmente, nel NT significa vita umana: la vita di un singolo soggetto cosciente (Mt 2.20; 6.25; Lc 12.22-23; 14.26; Gv 10.11, 15, 17; 13.37)”. — 1967, vol. XIII, p. 467.
Vita come creatura. Sia nèfesh che psychè sono usati anche nel senso di vita — non semplicemente come principio o forza astratta — ma vita come creatura, umana o animale.
Infatti quando Rachele partorì Beniamino, la sua nèfesh (“anima” o vita come creatura) uscì da lei ed essa morì (Ge 35:16-19), cessò di essere una creatura vivente. Similmente, quando il profeta Elia compì un miracolo sul figlio della vedova di Zarefat che era morto, la nèfesh (“anima” o vita come creatura) del ragazzo tornò in lui ed “egli riprese vita”, fu di nuovo una creatura vivente. — 1Re 17:17-23.

Quindi quando leggono la scrittura da te menzionata è come se la leggessero nella riveduta che la traduce cosi:
NRV 1 Re 17:21
"Si distese quindi tre volte sul bambino e invocò il SIGNORE, e disse: «SIGNORE mio Dio, ti prego, torni la vita di questo bambino in lui!»"

Ciao Mario



bene mario
allora applica questo anche a genesi cap 2 ed a ezechiele (Chi pecca morrà)

[Modificato da enkidu 12/07/2006 20.39]

12/07/2006 21:20
 
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... torni la vita di questo bambino in lui!...

se ci rifletti, anche questo fa capire che la vita continui da un'altra "parte". Perchè dire la vita torni in lui... e dov'era prima la vita che ora deve tornare ?
Se non fosse così basterebbe dire: torni a vivere...

Se non condividi il mio pensiero, non considerarmi un nemico ma, bensì, un tuo alleato per la nostra crescita come persone.

Enea Nicod
12/07/2006 21:39
 
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ciao Mario,
dici

L’anima nell’AT non significa una parte dell’uomo, ma l’intero uomo: l’uomo come essere vivente
quindi non ci sarrebbe separazione tra anima e corpo.

Allora che senso avrebbe dire "torni la vita di questo bambino in lui"?
La vita =soggetto,
torni=predicato verbale
in lui = complemento di luogo (nel bambino) da cui si deduce che la vita è un qualcosa di separato dal bambino inteso qui come corpo,
ciao Siria [SM=x570865]
13/07/2006 10:08
 
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Per Siria che dice...
>L’anima nell’AT non significa una parte dell’uomo, ma l’intero uomo: l’uomo come essere vivente

quindi non ci sarrebbe separazione tra anima e corpo.

R- Il CD dei TG ha creato (volutamente) un modo equivoco di intendere "anima" così efficace che anche chi cerca di dipanare la matassa cade nella imprecisione nel modo di esprimersi.
Questo tuo "quindi" non mi sembra conseguente a ciò che hai annunciato nella prima riga. Dicendo così tu presupponi che il tuo interlocutore geovista abbia nella sua mente due concetti distinti, uno di "anima" e uno di "corpo" come due realtà, mentre invece l'unica parola "anima" in geovese, lo hai detto esattamente nella prima riga, comprende già il concetto di corpo.
Io scriverei dunque "Quindi per un TG non esiste distinzione tra anima e corpo come intendono i membri della cristianità".

E' per questa quasi ineluttabile e fatale equivocità che io ho insistito e continuo a dire che parlando con i TG non si deve difendere l'immortalità dell'anima, ma dell'io umano, della personalità dell'individuo al disfacimento corporeo. E, insieme, si deve negare loro il diritto di parlare di "anima" quando cercano di trattare l'argomento e costringerli ad essere ONESTI e ad usare nèphesh o psychè, perché quelli sono i termini originali di cui si sta cercando di capire il concetto, e non possono essere in partenza sostituiti con "anima" che (udite udite!) intesa al modo come la si intende oggigiorno (ed è quello il modo che la confutazione geovista vuole intaccare facendoci credere che DETTA anima sia mortale!) non è rintracciabile in nessuno dei significati che un dizionario ebraico annette a nèphes o uno greco a psyché. [SM=x570867]

Così almeno non si equivoca e si fa girare la testa al TG che finora ce l'aveva fatta girare a noi. [SM=x570876]

Dovrò aprire un altro 3D... [SM=g27829]
----------------------
est modus in rebus
13/07/2006 19:06
 
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Re:

Scritto da: irias 12/07/2006 21.39
ciao Mario,
dici

L’anima nell’AT non significa una parte dell’uomo, ma l’intero uomo: l’uomo come essere vivente

quindi non ci sarrebbe separazione tra anima e corpo.

Allora che senso avrebbe dire "torni la vita di questo bambino in lui"?
La vita =soggetto,
torni=predicato verbale
in lui = complemento di luogo (nel bambino) da cui si deduce che la vita è un qualcosa di separato dal bambino inteso qui come corpo,
ciao Siria [SM=x570865]


Cara Siria la frase da te riportata non era ne mia ne dei redattori di perspicacia, ma dell'enciclopedia cattolica, infatti trovo inutile discutere su quale fosse la credenza ebraica riguardo l'anima, dal momento che qualsiasi studioso di ebraismo ti confermerebbe quanto esposto dall'enciclopedia.
Solo molto tardi sotto l'influenza greca anche i giudei dei primi secoli avanti Cristo cominciarono ad accettare la dottrina dell'immortalità dell'anima come dimostrano gli apocrifi del VT.

Saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
13/07/2006 20:06
 
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Non si può esagerare neppure in questo senso, s'è passato da un estremo all'altro. Anche nelle fasi più arcaiche c'è una sopravvivenza nello Scheol, il problema è che tale sopravvivenza è incosciente, uno stato umbratile, questa larva spettrale non è il luogo dell'Io.
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
13/07/2006 21:42
 
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...effettivamente parlando con i TdG spesso si applicano (per i meno esperti) concetti propri della cristianità ponendoci su piani diversi dal modo di concepire le cose proprio dei testimoni di Geova. Questo rende più difficile poi riuscire a confutare certi loro insegamenti
ciao berescitte [SM=x570892]
Siria
14/07/2006 13:38
 
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Concordo al 110% con SuperMario70

Saluti


"""Ci sono due tipi di sciocchi;
quelli che non hanno dubbi,
e quelli che dubitano di tutto"""
14/07/2006 16:56
 
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Re:

Scritto da: The Red baron 14/07/2006 13.38


Concordo al 110% con SuperMario70

Saluti


Grazie per il super... alcune volte sembra che tutti i disassociati si siano venduti al primo offerente, dimostrando veramente che hanno creduto a tutti gli insegnamenti precedenti solo per cieca fiducia al CD e non perchè ne erano convinti, questo mi rattrista molto, possibile che tutto quello che insegnano i tdg sia sbagliato? Possibile che quando attaccavano la CC sull'immortalità dell'anima o sulla trinità non ne erano in fondo convinti? Possibile che quello che hanno letto in questo sito sia stato cosi illuminante per loro?
Io queste risposte o queste accuse le conoscevo da anni e cercavo le risposte o il confronto gia all'epoca, ero davvero l'unico?
Mah!
Con questo non sto certo dicendo che i tdg non abbiano mai sbagliato o che non credano in alcune cose bizzarre, ma i punti cardine della teologia dei tdg, ossia le due cose che ho menzionato e poche altre, possibile che siano state abbandonate cosi in fretta e con tanta convinzione?
Veramente dopo aver per anni accusato la CC sul suo comportamento, sulle sue dottrine, d'improvviso ora è diventata la vera chiesa di Cristo?
Lo so che dicendo questo mi attirerò le ire dei cattolici convinti, ed è giusto che sia così, ma sappiano che verso le singole persone cattoliche ho il massimo rispetto, quello che mi lascia sbigottito sono i miei cari fratelli ex tdg ridiventati cattolici cosi facilmente.
Saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
14/07/2006 16:59
 
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Ciao a tutti.

Qualcuno potrebbe spiegarmi bene qual'è l'equivoco di anima?
Non riesco a capirlo.. è una questione di traduzione? Che vuol dire nefesh e che vuol dire psyche?

grazie.
_________________________________
-Non avere nulla: se incontri un buddha, uccidilo... se incontri un tuo antenato, uccidilo... non avere legami, non essere schiavo di nessuno, vivi semplicemente per la tua vita.
(Toa, 31esimo Genjo Sanzo)

-La verità è il prezioso dono degli dei, qualcosa di veramente incredibile. Disgraziatamente, quantunque la gente ascolti il suo nome mille milioni di volte è ugualmente difficile da raggiungere.
(Shaka di Virgo)

A.m. (PowerPlay!!!)
14/07/2006 20:48
 
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Nel V.T.
era gia ben conosciuto il concetto di separazione tra ''spirito'' e '' corpo'' e di immortalità dell'anima
altrimenti chiha evocato la strega di Endor su richiesta di Saul?(1Samuele 28)
I tdG asseriscono che fosse un demone,
domando agli esperti
anche se a me pare leggendo tutto il capitolo, che lo spirito evocato dalla strega, fosse lo spirito di Samuele,
era veramente un demone?
o altrimenti cosa?


saluti
p.s.
forse è meglio aprire un tread a parte?

[Modificato da animhatua 14/07/2006 20.59]

14/07/2006 21:34
 
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Re:

Scritto da: =Siegil= 14/07/2006 16.59
Ciao a tutti.

Qualcuno potrebbe spiegarmi bene qual'è l'equivoco di anima?
Non riesco a capirlo.. è una questione di traduzione? Che vuol dire nefesh e che vuol dire psyche?

grazie.




Per i cattolici il concetto di anima è quello che ci hanno sempre insegnato sin da quando eravamo piccoli, ossia noi non siamo solo quello che appariamo fisicamente, ma abbiamo un qualcosa dentro di noi chiamato anima, creato da Dio, la quale al momento della morte lascia il corpo fisico per tornare al suo creatore in attesa della resurrezione, ma sentiamolo dal catechismo:

"365 L'unità dell'anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l'anima come la “forma” del corpo; [Cf Concilio di Vienne (1312): Denz. -Schönm., 902] ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura.

366 La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio [Cf Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3896; Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 8] - non è “prodotta” dai genitori - ed è immortale: [Cf Concilio Lateranense V (1513): Denz. -Schönm., 1440] essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale."

per le anime di alcuni non proprio pure, si presenta una fase intermedia chiamata purgatorio:

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di Firenze [Cf Denz. -Schönm., 1304f ibid. , 1820; 1580]. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, [Cf ad esempio, ? 1Cor 3,15; 1031 ? 1Pt 1,7 ] parla di un fuoco purificatore.

Per altri peccatori impenitenti invece:

1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, “il fuoco eterno” [Cf Simbolo “Quicumque”: Denz. -Schönm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

Ma la cosa non finisce qui infatti c'è il discorso della resurrezione dei morti col corpo al tempo del giudizio finale:

1038 La risurrezione di tutti i morti, “dei giusti e degli ingiusti” (? At 24,15), precederà il Giudizio finale. Sarà “l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell'Uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (? Gv 5,28-29). Allora Cristo “verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli. . . E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. . . E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna” (? Mt 25,31; ? Mt 25,32; ? Mt 25,46).

1039 Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio [Cf ? Gv 12,49 ]. Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena:
"Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (? Sal 50,3). . . egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: “Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me [Sant'Agostino, Sermones, 18, 4, 4: PL 38, 130-131].

1040 Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della creazione e di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte [Cf ? Ct 8,6 ].


E questo è quello che insegna la chiesa cattolica, ma la sacra scrittura non dice proprio cosi, come detto in questo post nell'antico testamento per "anima" di solito si intendeva la persona tutta, formata da corpo (polvere del suolo) e dall'alito vitale "neshama", l'unione di queste due sostanze formava l'anima "nefesh", come detto per nefesh non si intendeva sempre e solo l'essere vivente, ma anche la vita dell'essere, infatti la parola richiamava il respiro, indizio che la persona era viva.
Questa parola designava anche una parte del corpo, la gola, forse anche lo stomaco, e in seguito la fame e la sete che la gola e lo stomaco risentono, l'anime è nel sangue principio di vita. Dunque l’anima rappresenta dapprima una preoccupazione corporale, come possiamo vedere per esempio in questo proverbio: «L’appetito (néfèsh: l’anima) del lavoratore lavora per lui, perché la sua bocca lo stimola» (Pr 16,26). L’anima è appetito, desiderio di vita.
Questo desiderio di vivere raccoglie animali ed esseri umani nella grande famiglia delle «anime viventi».
Ebbene si, nella bibbia (anche nel NT) anche gli animali sono (non hanno) anime.
Qoèlet dice:
“La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna alla polvere. Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello delle bestie scenda in basso?” (Ecclesiaste 3, 19-21
Quoèlet 9:10- dice chiaramente riguardo ai morti:

"I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c’è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce. Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole. Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha gia gradito le tue opere. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù nel soggiorno dei morti, dove stai per andare" (Ecclesiaste 9, 5-10).

Traducendo alcune scritture in un determinato modo si puo intendere che nello sheol (la tomba) i morti somiglino ad ombre incorporee senza coscienza, ad uno stato larvale, ma lo ripeto è una questione di traduzione nella maggior parte dei casi alla morte non vi è piu alcun pensiero ne lavoro ne altro come afferma quelet, in seguito si prospettò la speranza della resurrezione e Daniele specifica chiaramente che i morti in realtà sono in uno stato simile al sonno in attesa di essere svegliati al giudizio finale quando Michele sorgerà per giudicare, questa "dottrina" è portata avanti dai movimenti protestanti condizionalisti, dai quali i tdg hanno avuto origine.
I Sadducei non accettarono il discorso della resurrezione ma i farisei e gli esseni fecero propria la filosofia greca dell'immortalità dell'anima, prova ne sono le citazioni nei deuterocanonici (siracide, sapienza e maccabei) non accettati dagli ebrei nel canone degli scritti sacri deciso a Yamne nel 1 secolo dopo Cristo, per non parlare degli apocrifi.
Che nel NT si sia accettato il concetto di anima cosi come è accettato oggi, è tutto da dimostrare (io non lo credo) e in questo ed in altri post se ne è parlato abbastanza.
Il dizionario interdisciplinare di scienza e filosofia chiarisce cosa accadde al concetto di anima alla morte degli apostoli e come si sviluppò fino ad arrivare all'attuale interpretazione

"Fra i Padri della Chiesa, Giustino (II sec.), chiedendosi se l’uomo dovesse identificarsi con il suo corpo o con la sua anima, rispondeva che l’uomo è «un animale razionale, il risultato della composizione di entrambi» (cfr. De resurrectione, 8). Atenagora (II sec.) chiarì che l’uomo è formato di un’anima immortale e un corpo adattato ad essa al momento della creazione; Dio non ha destinato la creazione e la vita all’anima sola, o come se fosse separata dal corpo (cfr. De resurrectione, 15). Ireneo di Lione (135-202 ca.), in polemica con gli gnostici, ebbe a ribadire la bontà originaria della materia e della carne, offrendo una lettura fortemente cristologica della teologia dell’immagine di Dio (cfr. Adversus haereses, V, 28; Epideixis, 16). Tertulliano (160-215 ca.), in linea con Ireneo, spinse il «materialismo cristiano» fino a considerare la dimensione corporale come il cardine della salvezza (caro cardo salutis: cfr. De carnis resurrectione, 8). Per questi autori, l’uomo è “composto” di corpo ed anima, ma non si può dire che l’uno venga prima dell’altra. Saranno invece altri Padri, Clemente di Alessandria, Origene e Gregorio di Nissa in oriente, Lattanzio ed Agostino in occidente, ad attribuire una “netta priorità” all’anima per spiegare l’origine e la dignità dell’essere umano di fronte alla caducità della materia. Essi non negano l’unità dell’uomo, ma la natura umana è per loro definita in termini della specificità della sua anima individuale. Si distaccherà dalla tradizione teologica la posizione di Origene (185-253 ca.), con una visione della natura dell’anima assai vicina a quella del platonismo classico, senza però giungere mai ad associare il male direttamente con la corporeità.
Sebbene la sua produzione teologica fu in gran parte anti-manichea, Agostino (354-430) mantenne una certa dipendenza dalla visione platonica: «la parte migliore dell’uomo è la sua anima», dice, «il corpo non è tutto l’uomo, ma la parte inferiore dell’uomo» (De civitate Dei, XIII, 24). Agostino rigetta la dottrina platonica della preesistenza delle anime e della loro precedenza temporale rispetto al corpo. Riguardo l’origine dell’anima, il vescovo di Ippona rifiuta sia l’emanazionismo plotiniano, sia la dottrina origeniana circa la creazione simultanea di tutte le anime all’inizio del tempo. La teologia del peccato originale inclinerà Agostino verso il «traducianesimo», secondo cui le anime dei figli avrebbero origine dall’anima dei loro genitori, ma resterà indeciso fra questa posizione e quella di un “creazionismo individuale” per l’anima, che diventerà col tempo la dottrina comunemente accettata dai cristiani. Si tratta di esitazioni terminologiche inevitabilmente intrecciate ad aspetti di ordine teologico. Ma in Agostino è chiara la necessità di mantenere unito il composto di anima e corpo: egli non accetta di poter dire che l’uomo consista di intelletto (mens) e che il corpo non sia anch’esso tanto uomo quanto quello (cfr. Sermones, CLIV, 10, 15). Esiste tuttavia una certa priorità gerarchica o dinamica dell’anima sul corpo: l’anima è una sostanza razionale che “governa” il corpo o, anche, l’uomo è un’anima razionale che utilizza un corpo terreno e mortale; l’esperienza sensibile non è propria del corpo, ma dell’anima attraverso il corpo (cfr. De Genesi ad litteram, III, 7).
Nel primo medioevo, con Bonaventura (1217-1274) ed Ugo di s. Vittore (1096-1141), l’approccio è ancora di stampo platonico. L’immagine e la somiglianza di Dio, così come l’immortalità umana, appartengono in primo luogo all’anima: il corpo, che apparterrebbe per natura al mondo animale, partecipa dell’immortalità dell’anima come beneficium creationis. Corpo ed anima sono sostanze complete, unite in modo accidentale; l’anima si trova in una migliore condizione quando è separata dal corpo. L’anima separata quindi può considerarsi “persona” a giusto diritto: l’importanza teologica della resurrezione finale verrà, di conseguenza, sottostimata. La virata decisiva giungerà con l’introduzione del pensiero di Aristotele, attraverso la mediazione dei suoi commentatori arabi, Averroè, Avicenna e Maimonide, la cui influenza si farà sentire attraverso tutto il 1200. Prima con Gilberto Porretano (1080-1154) e poi con Guglielmo d’Alvernia (1180-1249) si ritorna a pensare in termini più unitari, seguendo l’espressione aristotelica dell’anima come «forma del corpo»: la funzione “informatrice” dell’anima è essenziale sia alla propria natura, sia al corpo che essa costituisce come umano. L’anima quindi non può essere considerata come persona a pieno titolo, perché in essa non si esprime la perfezione umana; l’anima sopravvive dopo la morte in uno stato che non gli è del tutto naturale, in attesa di ricongiungersi con il corpo nella resurrezione finale.
Infine s. Tommaso D'Aqino cercò di superare la tensione fra le tendenze platonica ed aristotelica riguardo all'anima anche in base a ragioni puramente teologiche: L’anima è forma del corpo, egli sostiene, a motivo del particolare tipo di “sostanza” che essa è (osserviamo che il termine «sostanza», come per gli autori precedenti a Tommaso, va qui compreso nella sua accezione filosofica, come qualcosa che esiste di per sé). Non si tratta di un puro spirito ( ANGELI), né di una sostanza separata, bensì di una sostanza intellettuale che “informa” e “configura” il corpo (si tratta di una variante della teoria ilemorfica). La novità sta nel fatto che mentre Aristotele considerava le sostanze non divine come composte, generalmente parlando, di materia e di forma, l’Aquinate considera ogni sostanza come composta di «essenza» ed «atto di essere». Sia Aristotele che Tommaso convergono sul fatto che in ogni creatura vi è una composizione di potenza e di atto, ma secondo Tommaso l’atto non corrisponde necessariamente, in ogni caso, ad un particolare tipo di forma sostanziale, né la potenza necessariamente alla materia. L’anima è sì una sostanza, ma è composta non di forma e materia, ma di una essenza (quella cioè di essere una forma spirituale) e di un atto di essere che gli proviene direttamente dall’atto creativo di Dio. Ciò fornisce all’essere umano una piena individualità metafisica od incomunicabilità (cfr. Contra Gentiles, II, c. 75), un insegnamento, questo, sul quale Tommaso insistette contro quei commentatori di Aristotele, come Averroè, che in qualche modo tentarono di “platonizzarlo” (cfr. Fabro, 1955, p. 269). Inoltre, poiché l’anima non include alcuna materialità nella propria struttura, essa è semplice ed incorruttibile. «Il corpo non è unito in modo accidentale all’anima, perché il più profondo essere dell’anima è lo stesso essere del corpo, e dunque un essere comune ad entrambi» (Quaestio disputata de anima, a. 1, ad 1um)"


Finisco con le parole del protestante Culmann:

“[Esiste] una differenza radicale fra l’attesa cristiana della risurrezione dei morti e la credenza greca nell’immortalità dell’anima. . . . Se poi il cristianesimo successivo ha stabilito, più tardi, un legame fra le due credenze e se il cristiano medio oggi le confonde bellamente fra loro, ciò non ci è parsa sufficiente ragione per tacere su un punto che, con la maggioranza degli esegeti, consideriamo come la verità . . . Tutta la vita e tutto il pensiero del Nuovo Testamento [sono] dominati dalla fede nella risurrezione. . . . L’uomo intero, che era davvero morto, è richiamato alla vita da un nuovo atto creatore di Dio”.

Saluti Mario


[Modificato da Polymetis 15/07/2006 15.07]


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
14/07/2006 21:58
 
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Molte grazie [SM=g27811] omegabible
15/07/2006 07:21
 
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(Mario70) ha scritto:

...Finisco con le parole del protestante Culmann:

“[Esiste] una differenza radicale fra l’attesa cristiana della risurrezione dei morti e la credenza greca nell’immortalità dell’anima. . . . Se poi il cristianesimo successivo ha stabilito, più tardi, un legame fra le due credenze e se il cristiano medio oggi le confonde bellamente fra loro, ciò non ci è parsa sufficiente ragione per tacere su un punto che, con la maggioranza degli esegeti, consideriamo come la verità . . . Tutta la vita e tutto il pensiero del Nuovo Testamento [sono] dominati dalla fede nella risurrezione. . . . L’uomo intero, che era davvero morto, è richiamato alla vita da un nuovo atto creatore di Dio”.

Scusami, ma questa mi sembra la classica citazione alla TdG, piena di puntini di sospensione. Cosa c'è scritto al posto di quei puntini?

Se si legge interamente quanto ha scritto Cullmann, si comprende come questo teologo, pur non condividendo la dottrina "ortodossa" sull'anima, non credeva affatto che dopo la morte vi fosse l'assoluta inesistenza. Culmann credeva nell'esistenza di un "tempo intermedio", durante il quale i credenti, pue essendo privi del corpo, sono con Cristo, in attesa della resurrezione.

Cullmann, nel suo libro "Immortalità della anima o resurrezione " (Paidea, 1968,) distingue continuamente le due realtà "anima" e "corpo".
Per esempio, a p. 17 si legge:
«E' dunque chiaro che per i primi cristiani l'anima non è immortale in sé, ma lo diviene grazie alla resurrezione di Gesù Cristo... E' chiaro infine che la resurrezione dell'anima che è già avvenuta, non è ancora lo stato di pienezza: dobbiamo attendere questo stato finché il nostro corpo non sarà resuscitato; e ciò avverrà alla fine dei tempi» (grassetto mio).

Qui si dice quindi che vi è già ora uno stato in cui l'anima risorta attende di ricongiungersi con il corpo.
La stessa distinzione tra anima e corpo si trova in altri diversi punti del libro:

«La concezione giudaica e cristiana della creazione esclude il dualismo greco fra corpo e anima. Le cose visibili corporee, sono creazione divina allo stesso modo delle cose invisibili. Dio è il creatore del mio corpo, e questo non è una prigione per l'anima, ma un tempio, secondo la parola di Paolo in I Cor. 6,18... il peccato ha afferrato l'uomo intero, non soltanto il corpo, ma anche l'anima, e la sua conseguenza si estende all'uomo intero, corpo e anima, e non soltanto all'uomo, ma a tutto il resto della creazione» (p. 31).
«Anche il Nuovo testamento fa distinzione fra corpo e anima, o piuttosto fra uomo esteriore e uomo interiore. Ma la distinzione non significa opposizione .... Essi sono essenzialmente complementari l'un dell'altro ed entrambi sono stati creati buoni da Dio. L'uomo interiore [o "anima" ndr] senza l'uomo esteriore [o corpo, ndr] non ha vera esistenza indipendente. Egli ha bisogno del corpo. Tutt'al più, come i morti dell'Antico Testamento, può condurre un'esistenza d'ombra nello [sheol], ma non è vera vita» [però non si tratterebbe nemmeno di annullamento totale dell'esistenza, come credono i TdG... ndr] (p.33).
Cullmann scrive chiaramente che dopo la loro morte, l'anima dei credenti ottiene una resurrezione ed i credenti continuano ad esistere (anche se non nella pienezza della vita) accanto a Cristo.

E' interessante notare che Cullmann riconosce che la parabola del ricco e di Lazzaro e la parole di Paolo in Filip. 1:23, anche se non «parlano di una resurrezione fisica che avvenga subito dopo la morte individuale, come spesso si ritiene» [ma chi ritiene "spesso" questo? ndr], descrivono invece lo stato di coloro che muoiono in Cristo prima della fine, parlano «di quello stato intermedio in cui si trovano proprio come i vivi. Tutte queste immagini valgono ad esprimere la particolare vicinanza a Dio e a Cristo in cui si trovano, attendendo la fine, coloro che muoiono nella fede. Essi sono 'nel seno d'Abramo', oppure (secondo Apoc. 6,9) 'sotto l'altare', o 'con Cristo'. Non sono che immagini diverse per illustrare la vicinanza divina» (pp. 47,48).

Ora se i morti sono semplicemente inesistenti, nulla differenzia i credenti dagli increduli, gli uomini dalle bestie, e quindi tutte queste immagini che vorrebbero rappresentare, secondo Cullmann, la particolare "vicinanza divina" dei credenti perdono di significato.
Cullmann sostiene invece che l'esistenza di un tempo intermedio «sia per i morti come per i vivi, è un fatto difficile da contestare» (p. 50).
La resurrezione di Cristo ha costituito il punto di svolta per i coloro che muoiono nella fede:

«Se la resurrezione del Cristo rappresentasse la grande svolta solo per i vivi e non per i morti i vivi avrebbero un enorme vantaggio rispetto i morti"... ma è inconcepibile che nella concezione dei primi cristiani nulla sia cambiato per i morti in quanto riguarda il tempo che precede la fine [questo però è quello che sostengono i TdG, cioè che nulla sia cambiato rispetto alla concezione vetero testamentaria, ndr]. Proprio le immagini di cui si serve il Nuovo Testamento per definire lo stato di coloro che sono morti in Cristo provano che la resurrezione di Cristo, quest'anticipazione della fine, produce i suoi effetti nello stato intermedio anche per i morti e soprattutto per loro: "Essi sono accanto a Cristo", dice l'apostolo Paolo» (p. 50,51).

Interessante poi il commento di Cullmann al passo di 2 Cor. 5:1-10. Cullmann non dice affatto che la "nudità" di coloro che muoiono prima del ritorno di Cristo equivalga all'inesistenza assoluta:

«Il passo di 2 Cor., 1-10 ci insegna perché anche i morti, sebbene non abbiano ancora corpo e no facciano che 'dormire', pure si trovino già vicini a Cristo. L'apostolo parla qui dell'angoscia naturale che egli prova di fronte alla morte, che è sempre all'opera. Egli teme ciò che definisce lo stato di 'nudità', lo stato dell'anima privata del corpo [anche qui è evidente che si parla di un'anima che esiste, per volere divino, anche dopo la morte del corpo. ndr]... rileviamo in questo passo (2 Cor. 5) ciò che vi è di radicalmente nuovo dopo la resurrezione di Cristo: questo stesso testo parla dell'angoscia naturale ispirata dallo stato di nudità dell'anima, e insieme proclama la grande certezza d'essere ormai accanto a Cristo, anche e soprattutto in quello stato intermedio. Perché dunque dovrebbe ancora turbarci l'esistenza d'uno stato intermedio? La certezza di essere anche là, e la soprattutto, accanto a Cristo, è fondata sull'altra certezza cristiana che del nostro uomo interiore [altro modo di definire l'"anima" da parte di Cullmann, ndr] ha già preso possesso lo Spirito Santo. ... Ecco perché è cambiata qualche cosa anche per i morti, sin d'ora, purché davvero essi muoiano in Cristo, ossia in possesso dello Spirito Santo. La tremenda solitudine, il distacco da Dio operato dalla morte di cui abbiamo parlato, non esiste più, perché vi è lo Spirito Santo. Per questo il Nuovo Testamento sottolinea che i morti in Cristo sono accanto a Cristo; essi dunque non sono abbandonati! Comprendiamo quindi come Paolo, proprio in 2 Cor. 5:1 s., ove parla dell'angoscia davanti alla nudità di questo stato intermedio, definisca lo Spirito Santo 'primizia' ... Secondo il v.8 dello stesso capitolo sembra anzi che i morti siano più vicini al Cristo; sembra che il 'sonno' li avvicini di più a lui: "Preferiamo essere fuori del corpo ed essere accanto al Signore". Per questo l'apostolo Paolo può scrivere in Phil. 1:23 che 'desidera morire' per essere accanto al Signore. Quindi l'uomo senza il corpo fisico, se possiede lo Spirito Santo, è più vicino al Cristo di prima. Infatti, la carne legata al nostro corpo terreno è un ostacolo all'espandersi dello Spirito Santo mentre siamo in vita. Il morto è liberato da questo ostacolo, sebbene il suo stato sia ancora imperfetto, perché non ha ancora il corpo di resurrezione [è chiarissimo anche qui che Cullmann ritiene che vi sia uno stato "imperfetto" di esistenza ultraterrena che precede la resurrezione finale dei credenti, ndr]»(pp. 52, 53).

A pag. 55 si legge: «La morte è vinta. L'uomo interiore [o "anima", ndr] spogliato del corpo non è più solo, non conduce più l'esistenza d'ombra ch'era la sola attesa dei Giudei e che non poteva essere considerata una 'vita' [e, osservo io, non era però considerata nemmeno un annullamento assoluto dell'esistenza. E il Nuovo Testamento ha cambiato ulteriormente, ed in meglio, queste prospettive di esistenza dopo la morte per i cristiani]».

Cullmann sostiene ancora che i morti in Cristo non hanno cessato del tutto di esistere, pur non avendo ancora la vita piena e vera:

«Il cristiano morto possiede lo Spirito, sebbene ancora dorma e attenda sempre la resurrezione che sola gli conferirà la vita piena e vera. Così, in quello stato intermedio, la morte, benché esista ancora, ha perso il suo carattere terrificante, e poiché senza la presenza della carne lo Spirito Santo li avvicina ancora più a Cristo, i morti "che muoiono nel Signore d'ora in poi" possono essere detti felici, come scrive l'autore dell'Apocalisse (14,13). L'esclamazione di trionfo dell'apostolo Paolo (I Cor. 15,54) trova ormai applicazione anche per i morti: "Dov'è, morte, la tua vittoria? Dov'è, morte, il tuo pungiglione?". E l'apostolo scrive ai Romani: "Sia che vegliamo, sia che dormiamo, viviamo in comunione con lui" (I Thess. 5,10) Cristo è "il Signore dei morti e dei vivi" (Rom. 14,9)» (pp. 53, 54).

Non possono esserci dubbi sul fatto che Cullmann parla quindi di uno stato in cui i morti in Cristo, privi del loro corpo carnale, continuano, per opera dello Spirito Santo, ad avere una sorta di esistenza, una continuità di vita, la quale, seppure definita "vita imperfetta", non è il nulla assoluto che viene insegnato dai TdG.

Cullmann prosegue: "Ci si potrebbe chiedere se a questo modo non ci troviamo ancora ricondotti alla dottrina greca dell'immortalità dell'anima, e se il NT non presupponga, per il tempo dopo la Pasqua, una continuità dell''uomo interiore', del cristiano convertito, prima e dopo la morte, in modo che la morte non rappresenti anche qui che un 'passaggio naturale'. Entro certi limiti ci avviciniamo in effetti alla dottrina greca, nel senso che l'uomo interiore trasformato, vivificato dallo Spirito Santo sin da prima (Rom. 6:3), continua a vivere, così trasformato, accanto a Cristo nello stato di sonno. Questa continuità di vita in ispirito è sottolineata particolarmente dall'evangelo giovanneo (Io. 3,36; 4,14; 6,54 passim). Qui intravediamo almeno una certa analogia per quanto riguarda l'immortalità dell'anima» (pp. 54,55).

Mi fermo qui. Penso sia chiarissimo che Cullmann ammette l'esistenza di un'"anima" prima della resurrezione finale, un'"anima" che si trova accanto a Cristo e che continua ad avere una sorta di "vita", seppur non nella pienezza dell'esistenza.
Le concezioni di Cullmann differiscono quindi radicalmente da quelle geoviste (e da quella di Mario70).

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 15/07/2006 7.26]

15/07/2006 07:50
 
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....vedo che stamani ti sei svegliato bene [SM=g27828] omegabible
Buongiorno.
15/07/2006 10:24
 
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per Achille
Caro Achille lo sapevo che Culmann credeva nello stato dormiente dell'anima in attesa della resurrezione, quello che è chiaro è che non accettava il discorso che l'anima fosse immortale o che prima della resurrezione finale questa abbia uno stato cosciente o attivo, questa ipotesi non me la sento di criticarla neanche io, ed in questo mi discosto dalla teologia dei tdg che crede che una volta morti non sopravvive proprio nulla, il problema è capire cosa sia questa cosa che sopravviva, se un semplice rticordo nella mente del creatore o qualcosa di piu.
Saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
15/07/2006 12:44
 
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Scritto da: (Mario70) 15/07/2006 10.24
Caro Achille lo sapevo che Culmann credeva nello stato dormiente dell'anima in attesa della resurrezione, quello che è chiaro è che non accettava il discorso che l'anima fosse immortale o che prima della resurrezione finale questa abbia uno stato cosciente o attivo, ...

Però nella tua citazione "punteggiata" non si capiva che questo fosse il pensiero di Cullmann.
Sembrava invece che Cullmann condividesse lo stesso punto di vista dei TdG.

Ciao
Achille
15/07/2006 15:36
 
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Tutto il discorso sull’antropologia vetero-testamentaria fatto da Mario è filologicamente corretto, mi limito a commentare alcune osservazioni che sono sue personali e che francamente dubito che troverei in una pubblicazioni scientifica.

“finale quando Michele sorgerà per giudicare”

Michele?

“i farisei e gli esseni fecero propria la filosofia greca dell'immortalità dell'anima”

Messa così sembra che l’abbiano presa da loro, ma questo non è affatto chiaro dalle fonti. La dottrina dell’immortalità dell’anima è penetrata in Israele, come del resto la dottrina della resurrezione, non a causa di un solo popolo ma per la costante compresenza con vari popoli del mediterraneo. Né la dottrina della resurrezione né quella dell’immortalità dell’anima appartengono alle fase più arcaica della rivelazione.

“i farisei e gli esseni fecero propria la filosofia greca dell'immortalità dell'anima, prova ne sono le citazioni nei deuterocanonici (siracide, sapienza e maccabei) non accettati dagli ebrei nel canone degli scritti sacri deciso a Yamne nel 1 secolo dopo Cristo, per non parlare degli apocrifi.”

Scusa ma mi sfugge il nessuno causale tra queste tra la prima e la seconda parte di questo periodo, mi sfugge cioè come potrebbe provare il fatto che i farisei abbiano preso una dottrina dai greci il fatto che esistano citazioni (fatte da chi?) da libri che notoriamente i farisei non accettavano. Né ho in mente come Siracide potrebbe provare l’immortalità dell’anima, anzi la nega come Qohelet. Sebbene ad essere precisi questo ignoto autore confessi di non avere certezze su quanto afferma: “Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello delle bestie scenda in basso?” (Qo 3,21) Anche contraddicendosi da solo: “E ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.” (12,7) Ovviamente non sta parlando dell’anima, a cui non credeva, ma l’alito vitale, una prefigurazione di quello che l’evoluzione dottrinale degli israeliti produrrò nel Nuovo Testamento.

“Il dizionario interdisciplinare di scienza e filosofia chiarisce cosa accadde al concetto di anima alla morte degli apostoli e come si sviluppò fino ad arrivare all'attuale interpretazione”

Quel dizionario è perfettamente corretto, ma non parte dalla morte degli apostoli, bensì dal II secolo. Rintraccia cioè quello che ogni studente di liceo consoce, la corrente platonico-agostiniana e quella aristotelico-tomista all’interno della teologia cattolica, quest’ultima sta nel nostro catechismo. Il dramma di chi non ha una preparazione filosofica è che non è in grado di distinguere cosa voglia dire essere immortalasti e cosa voglia dire essere dualisti, non riescono a distinguere questi due termini e li vedono inscindibilmente connessi. Quando poi capirò perché riproporre in blocco nel XXI secolo un’antropologia superata come quella vetro-testamentaria sarebbe sensato vi informerà sicuramente. Io vi propongo un giochetto molto più interessante: cosa vorrà mai dire "sonno dell'anima" e in che cosa questo differisce dalla morte? Avere una sensazione implica avere una coscienza che sente tale sensazione, infatti noi nel sonno abbiamo tutta una serie di sensazioni dall'esterno e anche un lavoro interno, i sogni. Ma io dubito che qualcuno sano di mente sosterrebbe che le anima sognino, dunque in che cosa sarebbe diverso questo stadio dalla morte? Se l'essere con Cristo è un vantaggio è ovvio che di questo stato si percepisce qualcosa.

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 15/07/2006 15.42]

---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
15/07/2006 18:01
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 15/07/2006 15.36
Tutto il discorso sull’antropologia vetero-testamentaria fatto da Mario è filologicamente corretto, a

[Modificato da Polymetis 15/07/2006 15.42]




scusa poly ma vorei che tu riassumessi i risultati di questa "analisi correta della conc. A.T.
pur non avendo una concezione dell'anima come quella greca nè come quella neotestamentaria (perchè non sono la stessa cosa)

la sopravvivenza di una luce vitale dopo la morte mi sembra chiara anche nell at
certamente in una sopravvivenza affievolita, infelice.

ma "riunirsi ai suoi padri" o "essere accolto nel seno di abramo" non può essere riduttivamente inteso: dormire senza rendersene conto

l'espressione di qoelet (non quella a cui fai riferimento tu, più dubitative, ma quelal in cui paral di incoscienza) va inquadrata nella contemplazione"pessimistica" e diremo nihilista dell'opera, e come tu dici dopo diventa più "dubbioso"

sulla sopravivienza nell'al di là, almeno di non sposare l'ermeneutica geovvista, a me (ma scusa, non solo a me) l'antropologia vetero testamentaria non appare molto diversa (non dico che sia uguale, dico non molto diversa) da quella che appare nell XI dell'Odissea (poco tacciabile di platonismo, a meno che non sia stata inserita nelle recensioni di epoca ellenistica ma non mi risulta)

non ti sto a ricitare tutti i passi dell'at, quanto meno "dubbi" o "problematici" che possono essere intesi come "negazionisti" (perdonami il termine), perchè li conosci meglio di me. Solo interpretando sistematicamente tutte questi passi come modi dire (tra la'altro col rischio di confondere i lettori del tempo) e non invece come espressione di un modo di sentire accettato, si può far passare la tesi negazionista in toto.

potresti riassumere, grazie, so che hai scritto molto, ma è giusto per tirare delle conclusioni

[Modificato da enkidu 15/07/2006 18.05]

15/07/2006 20:06
 
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Scritto da: Achille Lorenzi 15/07/2006 12.44
Però nella tua citazione "punteggiata" non si capiva che questo fosse il pensiero di Cullmann.
Sembrava invece che Cullmann condividesse lo stesso punto di vista dei TdG.

Ciao
Achille

Ho trovato da dove Mario ha preso la citazione di Cullmann. E' tratta dalla Torre di Guardia del 1/10/1982, pp.15-16:

«In modo analogo, il teologo protestante francese Oscar Cullmann scrive: 'Esiste una differenza radicale fra l'attesa cristiana della risurrezione dei morti e la credenza greca nell'immortalità dell'anima. . . . Se poi il cristianesimo successivo ha stabilito, più tardi, un legame fra le due credenze e se il cristiano medio oggi le confonde bellamente fra loro, ciò non ci è parsa sufficiente ragione per tacere su un punto che, con la maggioranza degli esegeti, consideriamo come la verità; . . . tutta la vita e tutto il pensiero del Nuovo Testamento sono dominati dalla fede nella risurrezione. . . . l'uomo intero, che era davvero morto, è richiamato alla vita da un nuovo atto creatore di Dio'. - Immortalità dell'anima o risurrezione dei morti?, Paideia Editrice, 1970».

Penso che inserirò anche questa citazione, piena di puntini di sospensione - che stravolgono il pensiero di questo teologo protestante, in maniera tale da far credere che condivida il credo dei TdG -, nella pagina del sito in cui sono riportati vari esempi del modo in cui i TdG citano le fonti:

www.infotdgeova.it/citare.htm

Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 15/07/2006 20.07]

15/07/2006 20:59
 
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Scritto da: Polymetis 15/07/2006 15.36


“finale quando Michele sorgerà per giudicare”

Michele?



Te lo sei dimenticato? Lo dice Daniele (che poi Michele sia una prefigurazione del Cristo, o il Cristo interpreti il ruolo che Daniele da a Michele bè questa è un'altra storia)sta di fatto che nel linguaggio profetico di Daniele quando si dice che un re "sorge" indica che prende il potere o inizia a regnare.

Daniele 12:1 «In quel tempo sorgerà Michele, il grande principe che sta a guardia dei figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia che mai c' è stato da quando ci fu un popolo fino a quel momento. In quel tempo il tuo popolo sarà salvato, ognuno che si troverà scritto nel libro. 2 Molti di quelli che dormono nel paese della polvere si desteranno: questi alla vita eterna; ma quelli al ludibrio, all' infamia eterna.



“i farisei e gli esseni fecero propria la filosofia greca dell'immortalità dell'anima”

Messa così sembra che l’abbiano presa da loro, ma questo non è affatto chiaro dalle fonti. La dottrina dell’immortalità dell’anima è penetrata in Israele, come del resto la dottrina della resurrezione, non a causa di un solo popolo ma per la costante compresenza con vari popoli del mediterraneo. Né la dottrina della resurrezione né quella dell’immortalità dell’anima appartengono alle fase più arcaica della rivelazione.


Concordo nella parte finale ma dai documenti che parlano dei farisei e degli esseni specie di Giuseppe Flavio, nel libro XIII delle sue Antichità, dice che i farisei credevano nella metempsicosi; e gli esseni, dice sempre Giuseppe, la consideravano immortale: le anime, secondo loro, scendevano in forma aerea nei corpi, dalla più alta regione dell'aria; esse vi sono riportate da una violenta attrazione e, dopo la morte, quelle che sono appartenute ai buoni dimorano al di là dell'oceano, in un paese dove non c'è né caldo né freddo, né vento né pioggia. Le anime dei malvagi vanno invece in un paese dal clima completamente opposto.



“i farisei e gli esseni fecero propria la filosofia greca dell'immortalità dell'anima, prova ne sono le citazioni nei deuterocanonici (siracide, sapienza e maccabei) non accettati dagli ebrei nel canone degli scritti sacri deciso a Yamne nel 1 secolo dopo Cristo, per non parlare degli apocrifi.”

Scusa ma mi sfugge il nessuno causale tra queste tra la prima e la seconda parte di questo periodo, mi sfugge cioè come potrebbe provare il fatto che i farisei abbiano preso una dottrina dai greci il fatto che esistano citazioni (fatte da chi?) da libri che notoriamente i farisei non accettavano. Né ho in mente come Siracide potrebbe provare l’immortalità dell’anima, anzi la nega come Qohelet.



I deuterocanonici furono scritti quando gli esseni e i farisei divulgavano le loro dottrine, studiando questi libri si evince la teologia ebraica dell'epoca, anche se sappiamo non essere uniforme, ricordiamo infatti i Sadducei che non credevano ne all'anima immortale ne alla resurrezione.
Per quanto riguarda Siracide forse ti è sfuggito questo passo:
Siracide 46:13-20 13 Amato dal Signore e suo profeta, Samuele stabilì la monarchia ed unse prìncipi sul suo popolo.
19 Prima del riposo eterno poté attestare davanti al Signore e al suo unto: «Niente ho preso da nessuno, neppure un paio di sandali». E nessuno poté accusarlo. 20 Dopo che s' era addormentato profetizzò ancora e mostrò al re la sua fine; anche dalla terra levò la sua voce per cancellare con la profezia l' iniquità del popolo.

Qui Siracide va in contraddizione mentre al 19 parla del riposo eterno al 20 dice che durante questo riposo Samuele profetizzò a voce... mah arcani degli apocrifi...




Io vi propongo un giochetto molto più interessante: cosa vorrà mai dire "sonno dell'anima" e in che cosa questo differisce dalla morte? Avere una sensazione implica avere una coscienza che sente tale sensazione, infatti noi nel sonno abbiamo tutta una serie di sensazioni dall'esterno e anche un lavoro interno, i sogni. Ma io dubito che qualcuno sano di mente sosterrebbe che le anima sognino, dunque in che cosa sarebbe diverso questo stadio dalla morte?


Il fatto che la persona morta sia nello stato di sonno, indica che è distaccata dalla realtà e giace in uno stato di inattività, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale, ricordati che il sonno è lo stato simbolico descritto per i morti in attesa della resurrezione è un paragone per aiutarci ad avere un'idea del loro stato ed è indubbio che tutta la scrittura parli di questo stato per i morti:

Deuteronomio 31:16
16 Il Signore disse a Mosè: «Ecco, stai per addormentarti con i tuoi padri. Questo popolo si leverà per prostituirsi dietro a dèi stranieri, quelli della terra in mezzo alla quale sta andando; mi abbandonerà e romperà l' alleanza che ho concluso con lui.

Salmi 13:3
« Guarda, rispondimi, o SIGNORE, mio Dio! Illumina i miei occhi perché io non m'addormenti del sonno della morte»

Salmo 115:17
«Non sono i morti che lodano il SIGNORE, né alcuno di quelli che scendono nella tomba»

Salmo 6:5
«Poiché nella morte non c'è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?»

Salmo 146:3-4
3 Non confidate nei potenti, in un figlio d' uomo che non dà salvezza. 4 Esala il suo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno periscono i suoi disegni.

Isaia 41:11,12
«Ecco, tutti quelli che si sono infuriati contro di te saranno svergognati e confusi; quelli che combattono contro di te saranno ridotti a nulla e periranno. Tu li cercherai ma non troverai più quelli che contendevano con te; quelli che ti facevano guerra saranno come nulla, come cosa che non esiste più»

Isaia 38 [18]
Poiché non gli inferi ti lodano, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa non sperano nella tua fedeltá. [19]Il vivente, il vivente ti rende grazie come io oggi faccio.

Daniele 12:2,13
2 Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia.
13 Tu [Daniele] avviati verso la fine; tu ti riposerai e poi ti rialzerai per ricevere la tua parte di eredità alla fine dei tempi».
Atti 2:29,34
29 Fratelli, parliamoci francamente. Il nostro patriarca Davide morì e fu sepolto e il suo sepolcro si trova in mezzo a voi fino a questo giorno. 34 Infatti Davide non ascese al cielo;

1Tess. 4:13,14
«Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati»

Giovanni. 11:11-14
«Così parlò; poi disse loro: “Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma vado a svegliarlo”. Perciò i discepoli gli dissero: “Signore, se egli dorme, sarà salvo” Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ma essi pensarono che avesse parlato del dormire del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto”»

Giovanni 14, 2-3
"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io"
(notare che solo dopo che Cristo avrà preparato i posti e sarebbe tornato (parusia) solo allora li avrebbe presi)


Saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
16/07/2006 06:23
 
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Caro Mario, permettimi alcune considerazioni.

In Filippesi 1,23, Paolo scrisse che desiderava ardentemente essere col Cristo, ma che riteneva che fosse più utile per la comunità cristiana che egli rimanesse nella carne. Tale discorso pare inconciliabile con l’idea che, dopo la morte, Paolo pensasse di dover trascorre un periodo di tempo come “spirito dormiente”.

Il “dormire” è un fenomeno legato alla nostra fisiologia, un qualcosa di corporeo. Sono i limiti “materiali” del nostro corpo attuale a richiedere il sonno e, di conseguenza, a cagionare periodi di stato di incoscienza.

L’analogia morte-sonno, così come compare nelle Scritture, vuole indicare il fatto che la morte del corpo non è la vera morte, che il corpo (il sonno è del corpo, non dell’anima) si “risveglierà” a tempo debito. La cosa, del resto, è palese nei passi che tu stesso hai citato.

Tempo e spazio appartengono alla dimensione materiale. Nel mondo delle pure forme (l’anima è una pura forma auto-sussistente) non si dà uno scorrere del tempo. Di conseguenza, non ha senso parlare di un periodo di “sonno” per i morti in attesa della resurrezione, se non (proprio come fa la Scrittura) rispetto alla dimensione materiale-corporea dell’essere umano.

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

16/07/2006 11:57
 
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Re:

Scritto da: Trianello 16/07/2006 6.23
Caro Mario, permettimi alcune considerazioni.

In Filippesi 1,23, Paolo scrisse che desiderava ardentemente essere col Cristo, ma che riteneva che fosse più utile per la comunità cristiana che egli rimanesse nella carne. Tale discorso pare inconciliabile con l’idea che, dopo la morte, Paolo pensasse di dover trascorre un periodo di tempo come “spirito dormiente”.



Ti dimentichi (o sottovaluti) tre cose:
1)Paolo stesso parla dello stato dei morti come dormienti (le scritture le ho gia citate),
2) Credeva che la parusia di Cristo fosse imminente (comunque da quello che scrisse non avrebbe mai pensato che dovevano passare piu di 2000 anni prima di venire, e chissa quanti ancora...)
3)c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo.




Il “dormire” è un fenomeno legato alla nostra fisiologia, un qualcosa di corporeo. Sono i limiti “materiali” del nostro corpo attuale a richiedere il sonno e, di conseguenza, a cagionare periodi di stato di incoscienza.

L’analogia morte-sonno, così come compare nelle Scritture, vuole indicare il fatto che la morte del corpo non è la vera morte, che il corpo (il sonno è del corpo, non dell’anima) si “risveglierà” a tempo debito. La cosa, del resto, è palese nei passi che tu stesso hai citato.



Vedi Trianello sei talmente convinto dell'anima immortale che prendi per scontate cose che scontate non sono affatto, tu dici che è il corpo a dormire, e dove starebbe scritto? Se fosse solo il corpo fisico in uno stato dormiente non credi che la sua distruzione nel tempo implichi che il suo stato non puo essere paragonato al sonno dal momento che come abbiamo detto fino alla nausea non esisterà piu? Se quindi non è il corpo a dormire che cosa è? non credo che rimanga altro che un qualcosa di indefinito (spirito o anima che tu preferisca) che in qualche modo conservi l'individualità della persona, ma in uno stato incosciente paragonato appunto al sonno, solo con la resurrezione questo qualcosa riunito ad un nuovo corpo permetterà alla persona di essere di nuovo presente.

Quello che si contesta sul concetto dell'anima da parte della maggioranza della cristianità, sono due cose:

1) dal punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.

2) Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.
Detto questo si vanno a far friggere tutte le preghiere per i defunti o i vari intermediari umani morti, ne purgatori ne inferno ecc...
capisco che questo per un cattolico è inammissibile, ma la scrittura va in questa direzione punto e basta.

Saluti Mario

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Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
16/07/2006 12:46
 
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Re: Re:

Scritto da: (Mario70) 16/07/2006 11.57

Scritto da: Trianello 16/07/2006 6.23
Caro Mario, permettimi alcune considerazioni.

In Filippesi 1,23, Paolo scrisse che desiderava ardentemente essere col Cristo, ma che riteneva che fosse più utile per la comunità cristiana che egli rimanesse nella carne. Tale discorso pare inconciliabile con l’idea che, dopo la morte, Paolo pensasse di dover trascorre un periodo di tempo come “spirito dormiente”.



Ti dimentichi (o sottovaluti) tre cose:
1)Paolo stesso parla dello stato dei morti come dormienti (le scritture le ho gia citate),
2) Credeva che la parusia di Cristo fosse imminente (comunque da quello che scrisse non avrebbe mai pensato che dovevano passare piu di 2000 anni prima di venire, e chissa quanti ancora...)
3)c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo.




Il “dormire” è un fenomeno legato alla nostra fisiologia, un qualcosa di corporeo. Sono i limiti “materiali” del nostro corpo attuale a richiedere il sonno e, di conseguenza, a cagionare periodi di stato di incoscienza.

L’analogia morte-sonno, così come compare nelle Scritture, vuole indicare il fatto che la morte del corpo non è la vera morte, che il corpo (il sonno è del corpo, non dell’anima) si “risveglierà” a tempo debito. La cosa, del resto, è palese nei passi che tu stesso hai citato.



Vedi Trianello sei talmente convinto dell'anima immortale che prendi per scontate cose che scontate non sono affatto, tu dici che è il corpo a dormire, e dove starebbe scritto? Se fosse solo il corpo fisico in uno stato dormiente non credi che la sua distruzione nel tempo implichi che il suo stato non puo essere paragonato al sonno dal momento che come abbiamo detto fino alla nausea non esisterà piu? Se quindi non è il corpo a dormire che cosa è? non credo che rimanga altro che un qualcosa di indefinito (spirito o anima che tu preferisca) che in qualche modo conservi l'individualità della persona, ma in uno stato incosciente paragonato appunto al sonno, solo con la resurrezione questo qualcosa riunito ad un nuovo corpo permetterà alla persona di essere di nuovo presente.

Quello che si contesta sul concetto dell'anima da parte della maggioranza della cristianità, sono due cose:

1) dal punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.

2) Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.
Detto questo si vanno a far friggere tutte le preghiere per i defunti o i vari intermediari umani morti, ne purgatori ne inferno ecc...
capisco che questo per un cattolico è inammissibile, ma la scrittura va in questa direzione punto e basta.

Saluti Mario



Mario non mi hai ancora detto la interpretazione della parabola di lazzaro e del ricco per te! (soprattutto al seconda parte)


la dottrina per Paolo è chiara sia da Corinzi, che da Filippesi : sosteneva di andare con cristo subito dopo la morte, solo con contorsioni verbali e mentali lo puoi negare.

abbiamo dibattuto su questo per molti post e non hai risposto a polymetis nelle sue obiezioni.
16/07/2006 13:07
 
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Re: Re: Re:

Scritto da: enkidu 16/07/2006 12.46


Mario non mi hai ancora detto la interpretazione della parabola di lazzaro e del ricco per te! (soprattutto al seconda parte)


L'ho fatto almeno cosi mi sembra, comunque non mi va di commentare una favoletta diretta verso i farisei o gli ebrei che non ascoltavano Cristo, è come discutere su cappuccetto rosso o il lupo cattivo.



la dottrina per Paolo è chiara sia da Corinzi, che da Filippesi : sosteneva di andare con cristo subito dopo la morte, solo con contorsioni verbali e mentali lo puoi negare.


Non è chiara per niente, non c'è scritto che sarebbe andato subito con Cristo, altrimenti non stavamo qui a parlarne, come detto Paolo credeva nello stato di sonno per le perrsone morte e le scritture che ho riportato sono chiare, egli era in attesa della mutazione o trasformazione in corpo spirituale alla parusia di Cristo, poi se tu vuoi credere diversamente fai pure... ma non dire che è scritto cosi chiaramente nella bibbia, perchè non è vero.



abbiamo dibattuto su questo per molti post e non hai risposto a polymetis nelle sue obiezioni.


Veramente l'ho fatto poco sopra post 320, non l'hai visto?
ciao Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
16/07/2006 14:00
 
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: (Mario70) 16/07/2006 13.07

Scritto da: enkidu 16/07/2006 12.46


Mario non mi hai ancora detto la interpretazione della parabola di lazzaro e del ricco per te! (soprattutto al seconda parte)


L'ho fatto almeno cosi mi sembra, comunque non mi va di commentare una favoletta diretta verso i farisei o gli ebrei che non ascoltavano Cristo, è come discutere su cappuccetto rosso o il lupo cattivo.



bel modo per non rispondere dire: si rferiva ai farisei (come molti discorsi di Gesù, ma le altre volte mica li svaluti.
quindi non vale per noi? davvero ed allora perchè Dio ha permesso che fosse messo nel vangelo per noi?

Ti sembra rispettoso della parola di Dio definirla "favoletta" ?

a me sembra la risposta di uno che non sa cosa rispondere e non ha argomenti, e che ha paura di vedere crollare tutta una impalcatura

ripeto non sai spiegare (come nessun TdG il significato di questa aprabola, soprattutto neal seconda parte e così la liquidi come favoleta


su san palo, sei tu "che continui a paralarne" per me )( e non solo ) la questione è chiusa

solo un cretino "è stretto" da due spinte oposte, se sa che NON andrà subito con Cristo!
solo un cretino definirebbe la morte un guadagno, ameno che non fosse un pusillanime che vuole fuggire dalle sue responsabilità.

Dio è il Dio dei vivi non dei morti perchè tutti vivono IN lui

[Modificato da enkidu 16/07/2006 14.01]

[Modificato da enkidu 16/07/2006 14.04]

[Modificato da enkidu 16/07/2006 14.05]

[Modificato da enkidu 16/07/2006 14.06]

[Modificato da enkidu 16/07/2006 14.06]

16/07/2006 14:36
 
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“e lo sei dimenticato? Lo dice Daniele (che poi Michele sia una prefigurazione del Cristo, o il Cristo interpreti il ruolo che Daniele da a Michele bè questa è un'altra storia)sta di fatto che nel linguaggio profetico di Daniele quando si dice che un re "sorge" indica che prende il potere o inizia a regnare.”

Preciso la domanda. Il mio dubbio era su “Michele per giudicare”. In questa raffigurazione che dà Daniele Michele è semplicemente visto come il capo dell’esercito celeste che giuda la liberazione finale. Il giudizio finale spetta a Dio.

“Concordo nella parte finale ma dai documenti che parlano dei farisei e degli esseni specie di Giuseppe Flavio, nel libro XIII delle sue Antichità, dice che i farisei credevano nella metempsicosi; e gli esseni, dice sempre Giuseppe, la consideravano immortale: le anime, secondo loro, scendevano in forma aerea nei corpi, dalla più alta regione dell'aria;”

Scusa ma non vedo cosa c’entri con la mia domanda, mio hai solo ripetuto le dottrine dei farisei, io ti ho chiesto da dove avresti evinto che le abbiano prese dai greci. Inoltre che i farisei credessero alla metempsicosi(cioè alla reincarnazione) mi suona nuovo.

“I deuterocanonici furono scritti quando gli esseni e i farisei divulgavano le loro dottrine, studiando questi libri si evince la teologia ebraica dell'epoca, anche se sappiamo non essere uniforme, ricordiamo infatti i Sadducei che non credevano ne all'anima immortale ne alla resurrezione”

Questo lo sappiamo già, ma la mia domanda era come dal fatto che i deuterocanonici parlino di queste dottrine si possa evincere il fatto che i farisei le abbiano prese dai greci visto che i farisei notoriamente non accettavano questi libri.

“Per quanto riguarda Siracide forse ti è sfuggito questo passo:”

T’assicuro non mi sfugge nulla, l’orizzonte di Siracide è assolutamente terreno, in base ad una teologia della retribuzione in vita. E’ stato persino accusato di pre-sadduceismo per questo. L’opera è molto complessa e stratificata, anche perché non abbiamo l’opera originale di Ben Sira scritta in ebraico ma una traduzione in greco opera di suo nipote, o, per meglio dire, del testo ebraico si sono conservati i 2/3, ma la Chiesa ritiene canonico il testo greco con le sue aggiunge.Si vede chiaramente un’evoluzione dottrinale tra i due. Siracide non ha prospettive escatologiche, mentre suo nipote parla del castigo degli empi nell’aldilà (Sir 7,17)

“Dopo che s' era addormentato profetizzò ancora e mostrò al re la sua fine; anche dalla terra levò la sua voce per cancellare con la profezia l' iniquità del popolo.
Qui Siracide va in contraddizione mentre al 19 parla del riposo eterno al 20 dice che durante questo riposo Samuele profetizzò a voce... mah arcani degli apocrifi...”

Non c’è contraddizione ma solo due moventi diversi, anche noi diciamo “l’eterno riposo dona a loro Signore”, ma non ci sogniamo di intendere con ciò che non ci sarà resurrezione. L’episodio cui allude Siracide è 1Sam 28, 6-25, e non aggiunge nulla di nuovo rispetto a quello che 1Sam già spiegava. Inoltre io credo che la Bibbia sia piena di contraddizioni, tanto negli scritti canonici quanto in quelli deuterocanonici, quindi se vuoi usare l’argomento della contraddizione evita di farlo con un cattolico italiano e riservano a qualche fondamentalista americano della bible belt. Inoltre credevo d’aver già distinto con una citazione dal Brelich quello che in storia delle religioni e antropologia si intende con concezione positiva dell’immortalità dell’anima.

“Il fatto che la persona morta sia nello stato di sonno, indica che è distaccata dalla realtà e giace in uno stato di inattività, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale”

Ma io non ho chiesto una descrizione dello stato di sonno dell’anima, ho chiesto in che cosa differirebbe dalla morte dell’anima, cioè la sua inesistenza. Dire che nello stato di sonno non si interagisce col l’esterno, e che soprattutto non si ha coscienza di sé, in che cosa differirebbe dal non esistere? Ma soprattutto che cosa non ha rapporti con l’esterno né coscienza? E’ forse una specie di ectoplasma tipo Ghostbuster che se ne sta da qualche parte ammucchiato insieme a tanti altri. La mia domanda non era riferita a te che non credi al condizionalismo, ma a coloro che lo sostengono, è mio parere infatti che ad una riflessione matura tale condizione non voglia dire un emerito nulla. Non so cioè cosa voglio dire che questo qualcosa che resta conserverebbe l’individualità della persona ma in uno stato incosciente, perché quello che siamo, la nostra individualità, è proprio la nostra coscienza.

Sono poi scioccato dal tipo di citazioni sul sonno dei morti che hai fatto, perché sono molto ingenue rispetto allo scopo che si prefiggono, persino il grande Platone, di cui nessuno dubita circa la dottrina dell’anima, diceva che i morti dormono.Tale modo di dire lo troviamo un po’ in tutti i popoli per la semplice ragione che il sonno è la condizione più vicina alla morte, infatti i cadaveri sembra che stiano dormendo. Ma la metafora del sonno come morte non dice nulla sull’immortalità dell’anima, infatti è una metafora che il mondo antico usa spessissimo. Il grande Senofonte (uno degli storici greci più importanti) ad esempio afferma “considerate che nessuno degli stati umani è più vicino al sonno della morte” (Ciropedia, 8.7.21), eppure era un convinto immortalista. Semplicemente questa metafora è un archetipo comune, non perché i morti siano incoscienti come la semi-incoscienza un uomo durante il sonno, ma perché i cadaveri avendo gli occhi chiusi sembrano dormienti. Anzi, la scuola platonica calcherà molto sulla metafora della morte quale sonno, infatti mentre dormiamo l’anima si rivela divina, perché sogna e sa prevedere il futuro, dunque rivela la sua vera natura. Stai pasticcio antropologico perché da letteralista ingenuamente ritieni che ci sia la stessa concezione dell’uomo e della sua antropologia dalla prima all’ultima pagina della Bibbia. Non mi interessa dunque commentare le citazioni che hai posto perché nessuna parla dell’anima ma parlano solo della morte come sonno, cosa che anche noi cattolici facciamo “l’eterno riposo dona a loro Signore, ecc.”
L’unico che vale la pena di commentare è al seguente: “Non confidate nei potenti, in un figlio d' uomo che non dà salvezza. Esala il suo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno periscono i suoi disegni.”, qui come in Qoehlet il problema è che nella morte non si avranno più le attività che si possono fare sotto il sole, infatti dice che svaniscono i progetti, i disegni, non i pensieri, per la semplice ragione che nello scheol non ci sono più le preoccupazioni e il darsi da fare della vita. Come ho già giustamente richiamato dal punto di vista antropologico simili concezioni vetero-testamentarie sono del tutto analoghe a quelle del libro XI dell’Odissea, non c’è progetto né disegno alcuno nella casa dell’Ade, solo un esistenza da ombre, ma i greci, così come gli ebrei, si sono evoluti.

“c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo.”

Ma Paolo dice che brama “essere assente dal corpo e abitare presso il Signore”, quindi la condizione cui brama in questo versetto non è quella cosa bellissima che avremo alla resurrezione e che Paolo ha sempre in vista, bensì uno stato in cui si troverà presso il Signore pur non essendo nel suo corpo, e lo dice chiaramente mettendo in relazione le due cose come simultanee: “essere assente dal corpo e abitare presso il Signore”(2Cor 5,8) E perché mai dovrebbe desiderare di essere assente dal corpo ed abitare presso il Signore se per lui quest’esperienza sarà il nulla?
Anche qui fai eresia in senso etimologico, tieni solo la resurrezione di cui Paolo ovviamente parla e ti rifiuti di vedere il resto. Se io, testualmente, “sono assente” dal corpo, significa che io da una parte e il corpo altrove.

“tu dici che è il corpo a dormire, e dove starebbe scritto?”

Aprire un manuale di antropologia e scoprire le metafore per la morte di metà dei popoli del pianeta potrebbe illuminarti, per questo dico sempre che non tutto è alla portata di tutti, e che prima di analizzare un testo antico sarebbe il caso di conoscere come gli antichi si esprimevano, cosa che si ottiene solo leggendo la letteratura greca, latina, ed ebraica.

“Se fosse solo il corpo fisico in uno stato dormiente non credi che la sua distruzione nel tempo implichi che il suo stato non puo essere paragonato al sonno dal momento che come abbiamo detto fino alla nausea non esisterà piu?”

Un antropologo come Tranello potrebbe spazientirsi sento un simile ragionamento. Tu infatti non stai pensando come farebbe un persona vissuta duemila o tremila anni fa ma stai usando categorie logiche analitiche, anziché quelle, ad esempio, di purità ed impurità, contagio, magia simpatica, miasma, tabù, ecc. Bisogna pensare come i primitivi se si vogliono conoscere i loro ragionamento. La morte è vista come il sonno perché il cadavere ha gli occhi chiusi e paia che dorma, nonostante questo eufemismo, la gente sa bene che una persona è morta, e dunque l’analogia tra i due stadi si ferma a questo livello e non esige una coincidenza perfetta tra i due stati. La tua argomentazione pretenderebbe una perfetta coincidenza tra ogni simbolo e la cosa simboleggiata, ammazzando tutti i modi di dire e tutti i sistemi simbolici di cui vivono le religioni, anzi, che le religioni stesse sono, per usare un’espressione di Vernant.

“al punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.”

Dio è onnipotente, può far sì che Roma non sia mai stata, la cosa non ci crea problemi. Anche perché in filosofia c’è stato a lungo un dibattito se si debba intendere che l’anima è immortale per sua intrinseca natura o è immortale non in sé ma solo perché Dio la rende tale.

“Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.”

Come già detto, io non dubito che questa fosse la fede di Qoehlet o di Siracide, ma io non sono un ebreo vissuto prima di Cristo, e nell’ebraismo stesso ci sono i primordi di quella che diventerà l’escatologia neotestamentaria.

“L'ho fatto almeno cosi mi sembra, comunque non mi va di commentare una favoletta diretta verso i farisei o gli ebrei che non ascoltavano Cristo, è come discutere su cappuccetto rosso o il lupo cattivo.”

Non è una favola, è una parabola, non confondere i generi letterari. Avevo scritto (ed a questo si riferiva Enkidu): “L’interpretazione della WTS sul ricco epulone è una barzelletta, le parabole usano sempre un sistema simbolico ma dietro ai simboli di quella parabola sta la separazione dei destini tra il giusto e il malvagio. Che poi Gesù lo correli con immagini è ovvio, lo fa in qualunque parabola, ma non si può eludere il nocciolo duro del racconto a cui tutte le metafore presentate mirano. Fare un’analisi semiotica implica accorgersi come l’accento è messo sulla separazione tra il luogo di pena e il seno di Abramo, “fra di noi due v’è un abisso”, e viene detto che è invalicabile, tutto il resto della parabola è di contorno e rafforza la distinzione descrivono come siano differenti le due situazioni. Tutto il nucleo della parabola gioca sull’eternità della pena, e sulla separazione tra una condizione e l’altra. I campi semantici in cui ruotano i termini greci sono lapalissiani.” E aluni post dopo: “Qui non si tratta di scegliere un versetto sì e un versetto no, si tratta di prendere tutto e sapere che cosa significa, si parla di fuoco, simbolo per eccellenza del tormento e della tortura. Dire che non bisogna essere eretici etimologicamente non ha nulla a che fare col la pretesa che tutto vada preso alla lettera, si può prendere tutto anche riconoscendo che spesso il significato è assai distante dal nudo suono letterale. Il Catechismo infatti parla ancora di “inferno di fuoco” spiegando cosa si intende con questo termine. Inoltre nessuno ha mai sostenuto che quella sia una descrizione di come sono fatti gli inferi, la parabola è un genere letterario diverso dall'allegoria, nell'allegoria infatti sono anche i singoli particolari della situazione ad essere interpretati, quello che conta invece nelle parabole è il succo. Qual è dunque il succo della parabola? Facendo un'analisi semiotica si nota subito come tutti i particolari scenici facciano ruotare i campi semantici dei termini verso la separazione delle due condizioni: "tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi." (Lc 16,26) Qui Gesù si sprecherebbe ad enunciare una legge cosmica se non fosse vera? Il succo della parola è il premio per i giusti e la dannazione per gli empi.”

“Non è chiara per niente, non c'è scritto che sarebbe andato subito con Cristo”

Ma lo dice chiaramente, avrebbe avuto la sua dimora presso il Signore quando sarebbe stato assente dal corpo. Lo dice sia in 2Cor dove c’è la lapalissiana frase “essere assenti dal corpo e abitare presso il Signore”, sia in Filippesi dove l’alternativa è “rimanere nella carne” o “essere sciolto per essere con Cristo”.

Ad maiora


[Modificato da Polymetis 16/07/2006 15.06]

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
17/07/2006 00:17
 
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Ti dimentichi (o sottovaluti) tre cose:
1)Paolo stesso parla dello stato dei morti come dormienti (le scritture le ho gia citate),



Quello che io sostengo è che l’analogia morte-sonno ha valore nel contesto della Rivelazione proprio in forza dell’immortalità dell’anima. Così come la possibilità che l’individuo si risvegli dal sonno presuppone che il sonno non comporti l’annichilimento del medesimo, così Paolo (come, del resto, aveva fatto Cristo, e gli autori veterotestamentari prima di lui) vuole intendere che la morte non è la “fine”, ma che anche da questa un giorno ci si risveglierà.


2) Credeva che la parusia di Cristo fosse imminente (comunque da quello che scrisse non avrebbe mai pensato che dovevano passare piu di 2000 anni prima di venire, e chissa quanti ancora...)



A prescindere da quanto Paolo ritenesse prossimo il ritorno glorioso del Signore, le sue parole danno tutta l’impressione che egli pensasse che con la sua morta si sarebbe ritrovato “immediatamente” col Cristo.


3)c'è il discorso del tempo, proprio perchè la morte è paragonata al sonno, per il morto (e per morti intendo la persona completa con la sua individualità) il tempo non passa, quindi da quando muore a quando risorge passa solo un attimo, esattamente come quando dormiamo e ci risvegliamo



La questione è che, se come tu stesso dici, qualcosa dell’individuo rimane anche dopo che questi è morto, onde sia garantita la continuità dell’esistenza del medesimo tra la morte e la resurrezione, resta da stabilire che cosa dell’individuo stesso permanga. Certo, non permane il corpo, che si dissolve, allora, che cosa rimane? Ovviamente deve rimanere qualcosa di “essenziale” dell’individuo, perché si possa parlare di una continuità del medesimo. Deve permanere l’io, il sé dell’individuo. Ma che cos’è che costituisce l’essenza dell’io dell’individuo se non la “presenza” dell’io a se medesimo?
Durante il sonno (ed in altre occasioni) noi sperimentiamo momenti di incoscienza, di non presenza dell’io a se stesso. Quella che sperimentiamo è però un’assenza “temporanea” dell’io a se stesso che ha senso solo nel divenire spazio-temporale del mondo materiale. Ma quest’assenza, dell’io a se stesso non può essere un’assenza in senso assoluto (un annichilimento dell’io), altrimenti questo vorrebbe dire l’annullamento dell’individuo dormiente: vale a dire che, quando qualcuno si risveglia, a risvegliarsi non sarebbe colui che era andato a dormire, ma un clone psichico di questi, erede del corpo del suo predecessore.
Ora, se dopo la morte fisica di una persona, qualcosa di questa persona rimane, un qualcosa di sufficientemente consistente da garantire la continuità della persona in oggetto da questo momento, appunto, a quello della sua resurrezione, questo qualcosa deve essere proprio un io presente a se medesimo (anche se al di fuori del tempo e dello spazio materiali). Ecco che allora, se tu dici che questo qualcosa, mentre è in “attesa” della resurrezione, si trova in uno stato di totale incoscienza, in realtà è proprio come se dicessi che dell’individuo in quanto individuo, dopo la morte del corpo, non rimane proprio nulla e che quello che risorgerà, in realtà, non sarà il medesimo individuo che è morto, ma un suo perfetto clone.
Che poi tra la morte di una persona e la sua resurrezione non ci sia per il soggetto alcuna attesa, poiché l'anima, appunto, sussiste in sé al di là del tempo e dello spazio, questa è un'altra faccenda. Quello che qui conta è che non si può sostenere la dissoluzione o l'incoscienza (che equivale alla dissoluzione) dell'io al termine della vita fisica di un uomo se vogliamo che sia questo medesimo uomo a dover "un giorno" risorgere e non un suo perfetto clone.


Vedi Trianello sei talmente convinto dell'anima immortale che prendi per scontate cose che scontate non sono affatto,



No, semplicemente faccio uso di un po’ di sana logica onde dare una lettura metafisicamente coerente del dato Rivelato.


non credo che rimanga altro che un qualcosa di indefinito (spirito o anima che tu preferisca) che in qualche modo conservi l'individualità della persona, ma in uno stato incosciente paragonato appunto al sonno, solo con la resurrezione questo qualcosa riunito ad un nuovo corpo permetterà alla persona di essere di nuovo presente.



Come ho cercato di mostrarti sopra, questa tua posizione è logicamente fallace.


1) dal punto di vista biblico l'anima puo essere distrutta (ed è scritto piu volte)con la distruzione eterna, la persona (definita da Dio malvagia) semplicemente non esisterà piu.



Dio è onnipotente, così come crea le anime, può anche distruggerle. Non ci vedo nulla di strano in questo. Le anime, come tutto ciò che è creato, non hanno essere proprio, ma partecipano dell’essere in quanto è Dio a donarglielo. Ora, però, volendo affrontare la questione nella sua piena portata, il discorso si farebbe eccessivamente tecnico, per cui è meglio terminarlo a questo punto.


Dal momento della morte fino alla resurrezione questa anima non ha una "vita" come la possiamo intendere noi, essendo appunto in uno stato di sonno, quindi non interagisce ne col mondo fisico ne con quello spirituale è solo in attesa della resurrezione.
Detto questo si vanno a far friggere tutte le preghiere per i defunti o i vari intermediari umani morti, ne purgatori ne inferno ecc...
capisco che questo per un cattolico è inammissibile, ma la scrittura va in questa direzione punto e basta.



Questo tuo ragionamento è un paralogismo. Come ho cercato di spiegarti, la sua premessa è semplicemente fallace da un punto di vista logico.

[Modificato da Trianello 17/07/2006 4.30]


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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