08/07/2006 23:44 |
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La questione dell’immortalità dell’anima può essere chiarita, al di là degli aspetti propriamente filosofici, con un “semplice” ragionamento. In primo luogo, però, è necessario chiarire che cosa sia l’anima per la teologia cattolica: essa è la forma sostanziale del corpo (in senso aristotelico-tomistico).
Allora, quando nella Scrittura si parla della resurrezione dei morti, si intende dire che i morti, proprio quelli che sono morti (non semplicemente degli individui a questi identici), torneranno a vivere. Questo implica però che tra la morte e la resurrezione non ci sia una soluzione di continuità. Se infatti questa soluzione di continuità ci fosse, la resurrezione non sarebbe il tornare in vita dell’individuo morto, ma il sorgere di un nuovo individuo identico a quello morto, “altro” da questo. Che cos’è che garantisce che tra la morte e la resurrezione non ci sia una soluzione di continuità? La forma sostanziale dell’individuo, la quale è in sé sussistente (l’individuo autocosciente e libero, infatti, è un sé) e non si annichila col venire meno del corpo di cui è forma.
Sulla questione delle anime che rimangono in attesa del Giudizio per risorgere vale quanto specificato da Polymetis: tempo e spazio sono le dimensioni del mondo materiale e non hanno senso per le entità “spirituali”, per le pure forme, le quali sono al di là del tempo e dello spazio.
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)
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