Io invece sono sconvolto dall'ingenuità di certi ragionamenti. Al cielo non si ascende perché il cielo non esiste, gli agiografi pensavano, come gran parte delle culture antiche, che Dio stesse in cielo giacché da quella posizione elevata si può vedere tutto. Noi oggi invece sappiamo che quel bell'azzurro è un'illusione ottica, e che dopo la nostra atmosfera non c'è alcuna dimora fisica di Dio ma lo spazio vuoto. Linguaggi come "ascendere al cielo" o "discendere agli inferi" implicano una concezione primitiva del cosmo secondo cui il cielo sta in alto (ed è la dimora di Dio), mentre l'oltretomba sta in basso (ed è la dimora dei morti). Il cielo, amici miei, non sta neppure in alto, perché il cielo degli australiani è esattamente sotto i vostri piedi, per vedere le stelle che vedono loro, qualora la Terra fosse trasparente, dovreste guardare il vostro pavimento.
Con questo non si vuole negare la storicità dell’ascensione al cielo così come narrata nel NT, si vuole semplicemente dire che Cristo in quel giorno semplicemente lasciò col suo corpo la Terra, ma che l’abbia fatto alzandosi verso cielo in perpendicolare sopra la Terra Santa per poi sparire tra le nuvole è pura rappresentazione mitologica. Chiariamo il punto: non sto sostenendo che il NT inventi qualcosa o che i discepoli abbiano mentito descrivendo la scena, semplicemente in quell’epoca si credeva comunemente che Dio dimorasse in cielo e dunque Cristo quando lasciò i suoi discepoli fornì loro una visione del suo ritorno al Padre che fosse comprensibile per la loro mente. Non si ritorna a Dio viaggiando in quella o quell’altra direzione, alzandosi in volo o traforando la terra, perché Dio non sta in nessun luogo e dunque non c’è alcuna direzione all’interno dello spazio tridimensionale che possa servire per raggiungerlo. Cristo è tornato dal punto di vista del tempo terrestre alla trascendenza, che invece dal punto di vista dell’eternità non aveva mai lasciato, il Figlio infatti ha realizzato l’incarnazione senza lasciare il seno del Padre. Doveva cioè tornare al Padre e contemporaneamente non l’aveva mai lasciato, tutto dipende dal punto di vista, se il nostro continuum tempo-spazio è il punto di riferimento oppure lo è l’atemporalità divina . Venendo al punto in questione il versetto citato non ha alcun parallelo con l’escatologia del giudizio particolare, cioè col destino dell’anima dopo la morte. Il tipo di ascensione di cui si parla è l’ascensione gloriosa di Cristo col suo
soma pneumatikon, il corpo incorruttibile e trasfigurato come sul Tabor che ci descrive Paolo. E’ di questo che parla il versetto e non c’è alcun parallelo tra questo tipo di ascensione e quella delle anime, anche perché come già detto le anime non ascendono in quanto non vanno da nessuna parte che stia in alto, non essendo neppure un luogo la loro meta. Il paradiso non è un luogo ma è uno stato dell’anima, cioè la comunione eterna con Dio Padre.
Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)