27/04/2006 03:25 |
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Nella sua tragedia PROMETEO, o IL CAUCASO, LUCIANO DI SAMOSATA (120-190 ca.), scrittore di lingua greca, mette in scena un dialogo tra Mercurio e Vulcano, i quali, parlando della punizione che spetta al Titano Prometeo, dicono che egli sarà crocifisso alle rocce del Caucaso.
Mercurio. Ecco, o Vulcano, il Caucaso, dove dobbiamo inchiodare questo sventurato Titano. Andiamo guardando se v'è qualche rupe acconcia, qualche balza nuda di neve, per fermarvi salde le catene, e sospenderlo alla vista di tutti.
Vulcano. Andiam guardando, o Mercurio: non conviene crocifiggerlo in luogo basso e vicino alla terra, chè gli uomini da lui formati verrebbero ad aiutarlo: nè troppo in cima, chè non saria veduto da quei di giù. Se ti pare, qui è una giusta altezza, su questo precipizio potrà esser crocifisso: stenderà una mano a questa rupe, ed un'altra a questa dirimpetto.
Mercurio. Ben dici: queste rocce son brulle, inaccessibili da ogni parte, ed alquanto pendenti; e nella rupe c'è appena questo poco di sporto, dove poggiare le punte de' piedi: per croce non troveremmo di meglio. Non indugiamo, o Prometeo: monta, ed accónciati ad essere affisso al monte.
NOTA: Nel testo originale, al posto di croce troviamo “stauros”, al posto di crocifiggere “anastauroo”
Secondo voi la “crocifissione” così come è intesa in questo scritto è compatibile con l’appendere qualcuno ad un palo?
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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)
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27/04/2006 06:27 |
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Trianello ha scritto:
...Secondo voi la “crocifissione” così come è intesa in questo scritto è compatibile con l’appendere qualcuno ad un palo?
Chiaramente qui le braccia venivano distese in senso orizzontale e non in verticle.
"Stauròs" per Luciano di Samosata significava quindi "croce" nel senso comune del termine, e non palo, come dicono i TdG.
Che al tempo di Luciano di Samosata (nato nel 120 d.C.) con stauròs si intendesse proprio la croce comune lo si comprende anche leggendo anche un'altra sua opera, intitolata il Giudizio delle Vocali. Nel capitolo 12 vi si mette in ridicolo l'eccesso di studio stilistico tipico dell'epoca: si tratta di un processo della lettera Sigma contro il Tau (lettere dell'alfabeto greco ovviamente), accusato di "appropriazione indebita" di parole nel dialetto attico. I giudici nel processo erano le sette vocali dell'alfabeto greco: l'accusa rivolta al Tau era quella di essere stato prepotente nei riguardi del povero sigma, del quale aveva tentato di usurpare il posto in varie parole (talatta per talassa, Prattein per Prassein e altre). Quale sarà, si domanda Luciano, la giusta punizione del colpevole Tau? Quella egli pensa, indicata dalla forma stessa della lettera, cioè il supplizio della croce, che specifica con la parola "stauròs". Da ciò si può dedurre che "stauròs" indicava (anche) un attrezzo molto simile al Tau ma soprattutto che nel nel 165 d.C. era di comune accezione indicare la croce con il termine "stauròs". (tratto da www.infotdgeova.it/croce.htm ).
Saluti
Achille
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27/04/2006 06:29 |
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La mia, ovviamente, era una domanda retorica.
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30/04/2006 10:49 |
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Ho inserito anche questa tua citazione di Luciano di Samosata nel sito: www.infotdgeova.it/croce.htm
Achille |
30/04/2006 23:36 |
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Felice di aver dato un piccolo contributo alla tua ammirevole opera. [Modificato da Trianello 30/04/2006 23.47]
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