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A proposito del trattamento degli ex nella vera religione…

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2006 11:11
25/08/2006 09:09
 
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-Non ti sembra di essere andato un po’ oltre nell’interpretazione?




Cara ruvida,

in un tempo in cui non si era soliti scambiarsi inviti a pranzo per il dopolavoro ed in una comunità religiosa in cui il fulcro della liturgia erano le agapi fraterne in cui si svolgeva la “cena del Signore”, penso che l’interpretazione sia più che plausbile. Non a caso l’unanimità dei biblisti, sia cattolici che protestanti, danno questa interpretazione al passo in oggetto.
Ancora oggi, nella Chiesa cattolica, coloro che sono in peccato mortale non posso partecipare all’eucaristia, se prima non si riconciliano col Signore.


-C’e un prima della conoscenza e un dopo.Chi pecca senza sapere non è nella stessa posizione di chi pecca dopo aver conosciuto.



Questa è un’interpretazione arbitraria dei TdG, la quale va contro quello che aveva detto lo stesso Gesù.

“Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te COME un pagano e un pubblicano.” (Mt 18,15-17)

Bisogna considerare i peccatori “come” di pagani e pubblicani, non “peggio” che se fossero pagani o pubblicani. Le parole mi sembrano avere un’interpretazione univoca!!!

PS

Tra le altre cose Gesù non veniva forse rimproverato dai benpensanti proprio perché con i peccatori ed i pubblicani ci mangiava assieme?
Come poteva quindi ordinare Paolo ai cristiani di Corinto di non sedere a pranzo con i loro confratelli che si erano macchiati di peccato, se Gesù aveva detto di trattarli COME i pubblicani e i peccatori?
Ecco che allora Paolo non poteva che riferirsi al pasto eucaristico. Logico, non trovi?

[Modificato da Trianello 25/08/2006 10.29]


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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