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La dottrina della trinità, la più grossa invenzione della chiesa cattolica.

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2006 10:34
21/03/2006 20:01
 
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traduzione libro BeDuhn

Dopo un po di ore di fatica, ho quasi finito (su richiesta di pcerini) di tradurre il capitolo in inglese del libro che ho inserito in questo post.
Io non faccio di professione il traduttore e l'inglese lo conosco solo a livello scolastico, perciò quello che ho fatto sarà pieno di errori, quindi se nel tradurre ho fatto degli errori di interpretazione gravi, pregherei chiunque ne sia in grado di correggermi tranquillamente.
L'ultima parte non l'ho tradotta perchè mi sono stancato... ed è anche la parte piu difficile da tradurre, richiederebbe altro tempo che sinceramente al momento non ho, quindi dato che è breve, pregherei chi lo sa fare a farlo per me.

traduzione:
Aggrappati all’accuratezza:

"Nella sua lettera ai Filippesi Paolo incoraggia i suoi lettori ad imitare Gesù. Per dar loro un’idea dell'attitudine (mentale) che dovrebbero imitare, espone un poema o inno molto riassuntivo e stilizzato di quello che fece Gesù (Filippesi 2:5-11). L'interpretazione corretta di questo passaggio è stata dibattuta da quando fu scritta la lettera, ed è ancora opera di accesi dibattiti.
Come in tutto questo libro, io non tenterò qui di stabilire di cosa gli interpreti dibattono.
Invece, io guarderò alla traduzione dei versetti per determinare se sono stati tradotti accuratamente e senza pregiudizi dottrinali.
Noi abbiamo bisogno di assicurarci che i traduttori non abbiano armato il dibattito, in modo da fare una traduzione che soddisfi quello che loro credono vada bene in quel passaggio.
È vero che l’esatta sfumatura del greco diverrà chiara solamente con una
decisione circa l’interpretazione. Traduzione ed interpretazione non sono
assolutamente separabili. Ma ci sono limiti su quanto il greco può essere
forzato; ed un'interpretazione è meno probabile quanto più il greco è forzato.
Come nel capitolo precedente, stiamo discutendo di problematiche lessicali, ovvero,
la definizione di singole parole. Sono le linee aperte del poema [quello che è interpretabile?o quello che non viene detto?] che costituiscono la difficoltà nella traduzione, ed offrono un'opportunità a non resistere o cedere alla tentazione di tradurre in modo pregiudizievole.
Ecco i risultati:

KJV: (versione del re Giacomo) …Cristo Gesù: Il quale, essendo nella forma di Dio
non pensò di rubare l’essere uguale con Dio: Ma non si prese nessuna
reputazione per se stesso, e prese su di lui la forma di un servitore, e fu fatto nella
somiglianza degli uomini.

NASB: (New american standard bible) Cristo Gesù, il quale, anche se esistè
nella forma di Dio, non considerò l'uguaglianza con Dio una cosa da essere afferrata,
ma svuotò se stesso, prendendo la forma di un servitore (obbligato?), e fu fatto nella somiglianza di uomini.

NW(nuovo mondo) Cristo Gesù, il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. No, ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo, divenendo simile agli uomini

NIV: (nuova versione internazionale) Cristo Gesù: Il quale, essendo in vera natura
[O nella forma di] Dio, non considerò l'uguaglianza con Dio qualche cosa da essere afferrata,
ma fece di se stesso un nulla, prendendo la vera natura [O la forma] di un servitore, essendo
fatto in somiglianza umana.

NRSV: (nuova versione standard riveduta) il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;

NAB: (nuova bibbia americana) Cristo Gesù Il quale, sebbene era nella forma di
Dio, non considerò l'uguaglianza con Dio qualche cosa da essere afferrata. Piuttosto,
vuotò se stesso, prendendo la forma di un schiavo, divenendo simile agli uomini.

TEV: (la versione inglese di oggi) Cristo Gesù Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire [o rimanere] uguale a Dio.
Di sua propria spontanea volontà abbandonò tutto quello che aveva, e prese la
natura di un servitore. Egli divenne come un uomo ed apparve in somiglianza umana.

AB: (amplified bible) Cristo Gesù: Il quale, anche se in essenza era uno
con Dio e nella forma di Dio, non pensò che questa uguaglianza con Dio era una cosa da
afferrare avidamente o trattenere, Ma spogliò se stesso, così da assumere la
sembianza di un servitore, e così Lui divenne come gli uomini e nacque un essere umano.


LB: (Living Bible) Gesù Cristo il quale, sebbene egli era Dio, non richiese
e non si aggrappò ai suoi diritti come Dio, ma mise da parte la sua gloria e il suo possente potere
e prese le vesti di un schiavo divenendo come gli uomini [Letteralmente, fu "fatto
nella somiglianza degli uomini".].


Il primo problema lessicale concerne la parola greca morphe. I traduttori di
NIV, TEV, AB, e LB hanno fatto a modo loro, cambiando il linguaggio di Paolo
riguardo l’essenza di Gesù che è “en morphe theou” (letteralmente: "nella forma di Dio")
in "essendo nella vera natura Dio" (NIV), "sempre aveva la natura di Dio" (TEV),
"essendo essenzialmente uno con Dio" (l'Ab), e "lui era Dio" (LB).
Quello che precisamente Paolo vuole dire con "nella forma di Dio" fa parte della discussione interpretativa di questo brano. Almeno una possibilità è che fosse un eco del carattere della natura degli esseri umani i quali furono fatti "ad immagine di Dio" in Genesi 1 (in altre parole, Cristo possedeva quella perfetta forma/immagine di Dio che le creature umane avevano originalmente, ma che persero facendo l'opposto di quello che fece Cristo, come è riportato qui).
I traduttori di queste quattro versioni sono andati fuori strada per arrivare il più possibile ad una possibile comprensione del passo, evidentemente preoccupati delle scelte delle parole di Paolo, le quali (secondo loro) fallivano nel far chiarezza sul fatto che Cristo era più di un essere umano all'inizio della storia.
Ora, la parola morphe in greco (la "forma") è abbastanza generica, e può significare uno svariato
numero di cose. Ma non intende "natura" o "essenza", né significa
che qualsiasi cosa "era" o era "uno con" qualche cosa d’altro.
Queste quattro traduzioni (NIV, TEV, AB, LB) non traducono il greco, ma sostituiscono a questo le
loro proprie interpretazioni di quello che non fa parte del linguaggio di Paolo nella sua totalità.
Perciò sono imprecisi; e il loro pregiudizio è evidente in quello che cercano di importare in questo brano. Il TEV e NIV hanno tentato di introdurre una cristologia di "due-nature"
(al quale ci lavorarono per primi i cristiani al concilio di Calcedonia più di trecento anni dopo che il Nuovo Testamento fu scritto). LB ed AB hanno tentato di sradicare le distinzioni tra Gesù e Dio
il Padre, che Paolo fa in questo importante passaggio. Noi non possiamo riporre molta fiducia nella loro interpretazione del passaggio, quando vediamo come loro corrompono il testo pur di sostenere le loro interpretazioni.
Il secondo problema lessicale di questo passaggio, sul quale vogliamo
dare più attenzione, è il significato del nome greco harpagmos.
Puoi vedere che è stato tradotto da quattro traduzioni in maniera simile come:
"qualche cosa da essere afferrata" (NAB, NIV), "una cosa da essere afferrata" (NASB), e "una
cosa da essere afferrata avidamente " (AB). La parola inglese "afferrare" si può intendere
come qualche cosa da afferrare in quanto non si ha, allo scopo di prenderla o aggrapparsi a
qualche cosa che uno ha già per tenerselo stretto.
Quindi utilizzando "afferrare", queste quattro traduzioni lasciano nell’ambiguità il fatto di cosa Paolo intendeva: se Cristo avesse già l'uguaglianza con Dio e si trattenne dall'aggrapparsi a questa, o non l’aveva ancora avuta e si frenò dall’afferrargliela.
la scelta più diplomatica Può essere quella di scegliere la traduzione più aperta alle possibili interpretazioni; ma questa non dovrebbe essere la cosa più importante dei traduttori. La domanda che noi dobbiamo considerare è se questa ambiguità si trova nell’originale parola greca harpagmos, o se l'accuratezza in questo caso richiede che l'ambiguità diplomatica si deve arrendere ad un significato più preciso.
Gli altri traduttori hanno apparentemente colto il significato della parola harpagmos schierandosi su un lato o sull'altro dei due significati possibili detti precedentemente.

Da un lato ci sono la KJV e NW che traducono harpagmos come "furto" e
"rapina", rispettivamente. Queste due parole suggeriscono afferrare qualche cosa che uno
non possiede.

Sull'altro lato la NRSV e LB che offrono "qualche cosa da essere afferrata" e "aggrapparsi", rispettivamente. Queste due frasi suggeriscono il tenere qualche cosa che uno gia possiede.
Il TEV ed AB, d’altronde, offrono scelte su ambo i lati.
Il TEV ha sia " dover cercare con la forza di divenire " e, in una nota, "o rimane."
L’AB tenta " una cosa da afferrare avidamente o trattenere."
Allora cosa significa questa (parola)?
Il dizionario Liddell & Scott greco che è basato sull'intera letteratura greca, definisce harpagmos come "furto", "rapina", e "premio da essere afferrato." Ma la terza definizione è essa stessa basata su Filippesi 2:6; nessun altro caso è menzionato da Liddel & Scott dove harpagmos intende questo. Infatti la parola è piuttosto rara. Quindi noi dobbiamo fare una piccola investigazione linguistica
per trovare la miglior traduzione possibile di quello che è più probabile che voglia dire questa parola.
Rolf Furuli afferma correttamente che, "I sostantivi terminanti in –mos derivati da un verbo, diventano deverbali indicanti l’azione denotata dal verbo. Perciò harpagmos significherebbe ” l’atto di afferrare” da harpazo “afferrare." (Furuli, pagina 263).). Il dizionario Liddell & Scott provvede i
significati seguenti per questo verbo: (1) portare via, trasportare via; (2) rapinare
con fretta, afferrare su; (3) rapinare, sopraffare; (4) rapinare, adottare; (5)
afferrare coi sensi; (6) cattività, rapinare; (7) tirar su.

secondo quello che dice il lessico questa parola è usata per significare:
essere un ladro, ladro, essere strappati da qualcuno posseduto, avido, afferrare, e
saccheggio. Il nome harpage è usato per: (1) la confisca, furto, rapina; (2) la cosa
afferrata, bottino, preda; (3) l’aggrapparsi così bene come per un gancio, presa di ferro,
o rastrellare. Similmente, il nome harpagma intende bottino, preda, o frutto abbattuto dal vento.
Altre parole formate da questa radice includono i seguenti: "ladro" (il harpakter;
harpaktes), "avidamente" (il harpakti), "rapace, ladro" (il harpaktikos),
"rubando, rapace" (il harpax), "ottenuto da rapina, rubato" (il harpaktos),
"trasportato (il harpastos), "rapinare, rubato" (il harpagmos), "affrettatamente,
violentemente" (il harpagden), "rapace" (il harpasos), "gancio" (il harpagos).
Tu puoi vedere che ognuna di queste parole ha a che fare con la rapina
di qualche cosa che non è propria. Non c'è una sola parola dedotta da
harpazo che è usata per suggerire “tenere stretto” qualche cosa già posseduta.
Alla luce di questo, il "furto" del KJV e la "rapina" del NW dimostrano di essere le più
accurate, ma le altre traduzioni o sono imprecise o inutilmente
ambigue.

Noi vorremo non solo consultare chiaramente, un buon dizionario, ma anche vedere come
la parola è usata nelle scritture del Nuovo Testamento stesso. Sfortunatamente,
harpagmos appare solamente in Filippesi 2:6. Ma molte parole simili (con la stessa radice)
come abbiamo notato sopra sono usate nel Nuovo Testamento. Noi dovremmo vedere come le nostre traduzioni li traducono.
Per Prima cosa, la radice del verbo harpazo può essere trovata in tredici versi del Nuovo
Testamento: Matthew 11:12; 13:19; John 6:15; 10:12; 10:28-29; Atti 8:39;
23:10; 2 corinzio 12:2; 12:4; 1 Thessalonians 4:17; Jude 23; Rivelazione 12:5.
Paolo stesso usa il verbo harpazo tre volte nel riferirsi ad una persona che è portata via in cielo (2 corinti 12:2; 12:4; 1 Thessalonians 4:17). sfortunatamente, le traduzioni moderne sono così sotto l’influenza della KJV da duplicare la frase piuttosto gentile "afferrare" in questi versi.
Il TEV comunque ha “afferrare", e "raccolse ".
In alcuni casi, è, chiaro che Paolo sta usando il verbo col significato dato prima da Liddel Scott:
"portare via”,” trasportare via”. Gli altri scrittori del Nuovo Testamento la usano allo stesso modo. Provvederò le citazioni attinenti in due tavole.

Mt. 11:12; Mt. 13:19; Jn6:15; Jn. 10:12; Jn. 10:28-29

KJV prendere con forza; portare via; prendere con forza ;prendere ;strappare.
NASB prendere con forza; portare via ; prendere con forza ; prese; presa.
NIV impadronirsi di; portare via ; fare con forza ; attaccare; presa.
NRSV prendere con forza; portare via ; prendere con forza ; prese; presa.
NAB prendere con forza ; rubare ; portare via; prese; prenda.
AB afferrare con forza ; portare via ; afferri; cacciare, prese; presa.
TEV afferra; portare via ; afferri; prese; presa.
LB (omessa); porta via; prendere con forza ; saltare su; afferrare, rapire.
NW rapinare; portare via ; afferri; prese; presa.



Atti 8:39; Atti 23:10; Jude 23; Rivelazione 12:5.

KJV portare via; prendere con forza; tirando; preso su
NASB portò via; porti via con forza; afferrando; preso su.
NIV portò via; portare via con forza ; presa; afferrato su.
NRSV portò via; prendere con forza ; afferrando; portato via.
NAB afferrato via; liberare; afferrando; preso su.
AB portare via; prendere forzatamente; afferrando; preso su.
TEV portò via; prendere via; afferrando; portato via.
LB portare via ; portare via con forza ; afferrando; preso su.
NW condusse via; presa; afferrando; preso via.


Come puoi vedere, nel Nuovo Testamento il verbo harpazo che è la radice
posta sotto al nome harpagmos usata in Filippesi 2:6, vuole dire sempre
“portare qualche cosa via”, rapinare e prendere. Tutte e nove le nostre traduzioni
costantemente riconoscono quel significato. Non lo traducono mai per intendere trattenere su qualche cosa che uno ha già. Perché allora molti di loro cambiano il significato
di Filippesi 2:6?
L’aggettivo harpax appare in quattro passi del Nuovo Testamento:
Matthew 7:15; Luke 18:11; 1 corinti 5:10-11; 1 corinzio 6:10.
In tre di questi, si usa come un sostantivo, ovvero, funziona come un nome descrittivo per un gruppo di persone.
Paolo è l'autore di due di questi brani. Quindi troviamo ulteriori informazioni sulle connotazioni delle sue parole:


Matthw 7:15; Luke 18:11; 1 Cor. 5:10-11; 1 Cor. 6:10.


KJV predando; rapaci ; rapaci ; rapaci .
NASB affamato; imbroglioni; imbroglioni; imbroglioni.
NIV feroce; ladri; imbroglioni; imbroglioni.
NRSV affamato; ladri; ladri; ladri.
NAB affamato; avido; ladri; ladri.
AB divorando; (rapaci , ladri); (inganni, ladri); (rapaci , ladri).
TEV selvatico; avido; ladri; ladri.
LB strappare via; inganno; ladri, imbroglione; ladri.
NW affamato; rapaci ; rapaci ; rapaci .


Si può vedere che la parola ha connotazioni di rubare violentemente o
Ingiustamente, qualche cosa.
Questo significato è riconosciuto da tutte le nove traduzioni, ma ancora
non sono seguite da molti di loro, quando traducono Filippesi 2:6.
Il nome harpage appare tre volte nel Nuovo Testamento, sebbene non usato
da Paolo: Matthew 23:25; Luke 11:39; ebrei 10:34.


Matthew 23:25; Luke 11:39; ebrei 10:34.

KJV Estorsione di; predando; guastandosi.
NASB Furto di; furto; rapina.
NIV Avidità di; avidità; sequestro.
NRSV Avidità di; avidità; depredando.
NAB saccheggio; saccheggio; sequestro.
AB: (estorsione, preda, bottino depreda); (avidità; il furto; estorsione);
(depredando, il sequestro)
TEV ottenuto da violenza; violenza; afferrato.
LB Estorsione di; avidità; preso.
NW depreda; saccheggio; depredando.


Ancora una volta, il significato segue la stessa idea di base della rapina, e tutti i nostri traduttori dimostrano di saperlo. Tutte le parole che noi abbiamo esaminato, tutti relativi al verbo harpazo, hanno questo senso di “rubare qualche cosa” da qualcuno altro, anche quando è lo Spirito Santo o qualche altra forza divina che sequestra qualcuno sotto ispirazione. Incidentalmente, la mitologia greca ci parla di esseri noti come arpie, le quali ottengono il loro nome dalla stessa radice che noi stiamo considerando. Loro sono uccelli, creature predatrici che molestavano ed afferravano
persone che offendevano gli dei. La parola inglese " harpoon " viene anche da questa radice greca, ed è un nome per una lancia con ganci (in italiano arpione) usata per afferrare la carne dell'animale agganciata con questa. L'idea di trattenere giustamente qualche cosa di proprio, sembrerebbe quasi essere l’opposto del significato che deriva da harpazo.
Mentre è vero che il contesto e l’uso possono cambiare il significato lessicale, cosi si sta andando lontano dal contesto, invertendo il significato lessicale. Non c’è nessun argomento credibile per sostenere tale inversione nel voler far slittare harpagmos dalla sua traduzione ovvia di “una rapina”, “furto”, o “afferrare qualche cosa”.
Alla luce di questa investigazione lessicale, noi possiamo concludere, che i traduttori del NRSV
non hanno compreso harpagmos, dandogli il significato di “afferrare qualche cosa” che uno ha, questo è uno “sfruttamento”.
Lo stesso errore è trovato nelle alternative date dall’AB ("trattenne"), TEV
("rimanga"), e LB (si "aggrappi"). Nulla nell'uso di questa parola o dei suoi termini relativi all'interno del Nuovo Testamento o nella letteratura greca in generale,
appoggia queste traduzioni.
Siccome la vecchia RSV aveva il più neutrale "aggrapparsi", noi vediamo che il NRSV si è mosso nella direzione di una più limitata interpretazione e, in questo esempio, dandole un significato erroneo.
Inutile dire, che la traduzione di LB specula non poco sul testo greco originale, il quale non dice niente sui "diritti di Cristo come Dio", né sul "suo potere possente e gloria.".
Correggendo l’ LB dalla cattiva traduzione di harpagmos (il "richiese” e si “aggrappò") farebbe migliorare poco questo pezzo di rimaneggiamento creativo.
La traduzione di TEV, d'altra parte semplicemente lascia ai suoi lettori di grattarsi le loro teste da soli. Da un lato dice che Cristo "ebbe sempre la natura di Dio."
Dall’altro " non pensò di dover cercare con la forza di divenire [o rimanere] uguale a Dio." Avere la stessa natura, ma non essere uguale, è teologicamente complesso, abbastanza da esigere un genere di chiarimento in una nota in calce. Cosi come è, la traduzione è semplicemente confusa, ma sarebbe perfettamente accettabile se l'originale fosse ugualmente difficile da comprendere. Comunque, l’originale di Paolo non è del tutto difficile o confuso. Lui dice che Cristo aveva la "forma" di Dio, non la "natura" di Dio. L'uguaglianza non è del tutto implicata nella parola
"forma." Per esempio, un bambino può avere la "forma" del suo genitore--un
punto particolarmente appropriato nel contesto di Filippesi 2:5-11, come
suggerito da C. A. Wanamaker.
NAB, NIV, le traduzioni di NASB, e la lettura primaria dell’AB, possono essere
considerate "accettabili" perché loro usano la frase inglese “grasp”(afferrare) parola che può intendere quello che vuole dire l’ harpagmos greco. Ma l’Harpagmos greco non ha lo stesso
ambiguità che ha la parola "afferrare"in inglese, e così "afferrare" non è la parola migliore.
da usare in una traduzione di questo verso.
I traduttori di NW, d'altra parte hanno capito harpagmos in modo accurato
come afferrando un qualche cosa che uno non ha, questa è, una "rapina."
Cristo non pensava di afferrare l'uguaglianza con Dio, ma invece si umiliò
all'abnegazione. Il contesto letterario sostiene la traduzione di NW (e
non confuta il "pensiero del KJV pensò di non rubare l’essere uguale"), perché questo
porzione dell'Inno di"Filippesi sta facendo un contrasto tra quello che
è probabile che Cristo avrebbe potuto fare (afferrare l'uguaglianza) e quello che lui fece (umiliarsi). Ma, pur essendo d'accordo che la NW da il giusto significato al verso, si deve dire che il "non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio.", è una traduzione iper-letterale del greco, ed è troppo forzata e goffa. Potrebbe essere tradotta più semplicemente "non si diede
nessun pensiero a rapire l'uguaglianza", o “non considerò di afferrare l’uguaglianza", o non "considerò di afferrare il divenire uguale".
Se il greco di Filippesi 2:6 vuole dire che Cristo non "considerò di afferrare
l’uguaglianza", a cosa precisamente Paolo si stava riferendo? Una possibile risposta a questa
domanda sarà trovata nella comprensione di Paolo circa il Cristo come il nuovo Adamo.
Il comportamento di Cristo è dipinto come l'opposto delle azioni di Adamo che
"afferrò" l'uguaglianza con Dio mangiando dell'Albero della Conoscenza nel
giardino di Eden. Secondo Paolo, Cristo è il " Nuovo Adamo " che ricomincia la
corsa umana, e lo fa nel giusto modo, evitando gli errori di Adamo e dei
suoi discendenti. Se interpretare Filippesi 2:6 in linea con quello che Paolo dice altrove su Cristo come il nuovo Adamo, è una cosa aperta alla discussione.
Il punto principale qui è che il significato più probabile della parola harpagmos ci deve guidare nell’interpretazione del brano. Non possiamo legittimamente interpretare il verso ignorando il significato interno delle parole.
Nessuno si dovrebbe offendere dal fatto che, in questo particolare brano, Paolo sceglie di concentrarsi su Cristo come un essere umano, e su come il suo percorso alla
gloria fosse attraverso il suo umile sacrificio.
Questo non è certamente tutto quello che Paolo ha da dire su Cristo".


saluti Mario


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
21/03/2006 20:43
 
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Non ricordo se è già stata segnalata, ma nel sito c'è un'interessante pagina di Francesco Pastore in cui si commenta il passo di Filip. 2:6 ed il modo in cui viene reso nella TNM:

www.infotdgeova.it/rapina.htm

Saluti
Achille
22/03/2006 04:23
 
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Quello che mi lascia assai perplesso nell’atteggiamento dei TdG e di quei quattro o cinque antitrinitari che non sono nel numero di questi è che, nel loro opporsi al contributo che la filosofia può darci per comprendere il senso della Scrittura, considerano gli apostoli come dei bifolchi ripuliti. Ora, Paolo era di Tarso (città cosmopolita) e probabilmente proveniva da una famiglia economicamente agiata, aveva un’istruzione che, in termini attuali, potremmo definire di livello universitario: non era quindi propriamente una tagliaboschi delle montagne libanesi. E’ certo che egli non era totalmente digiuno di filosofia (dalle sue parti, alla sua epoca, operavano diversi filosofi stoici): ci sono degli studi che dimostrano come negli scritti paolini siano qua e là presenti alcuni temi e termini prettamente filosofici (egli citò in modo indiretto anche il paradosso del mentitore). Quindi, non è errato pensare che quel morphe che usa qui in Filippesi 2,6 possa essere inteso nell’accezione che, sotto l’influsso aristotelico, questo termine aveva assunto nel Greco colto.
Del resto, come evidenziato dall’articolo citato da Achille, il voler negare la natura divina al Figlio di Dio, conferisce al periodo in questione un senso abbastanza ridicolo. Se Cristo è solo una creatura, che merito gli sarebbe derivato dal fatto di non essersi voluto fare Dio?
Sarebbe un po’ come voler elogiare San Francesco (rampollo di una ricca famiglia di commercianti di Assisi) per non aver voluto farsi incoronare imperatore. Ovviamente, noi non ammiriamo San Francesco perché non era un pazzo (lo sarebbe stato se avesse preteso di regnare sul Sacro Romano Impero), ma perché da ricco si fece povero tra i poveri al fine di servire il Signore

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

22/03/2006 11:36
 
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Grazie a (Mario70) per la traduzione.

Paolo
22/03/2006 16:07
 
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Re:

Scritto da: Trianello 22/03/2006 4.23
Quello che mi lascia assai perplesso nell’atteggiamento dei TdG e di quei quattro o cinque antitrinitari che non sono nel numero di questi è che, nel loro opporsi al contributo che la filosofia può darci per comprendere il senso della Scrittura, considerano gli apostoli come dei bifolchi ripuliti. Ora, Paolo era di Tarso (città cosmopolita) e probabilmente proveniva da una famiglia economicamente agiata, aveva un’istruzione che, in termini attuali, potremmo definire di livello universitario: non era quindi propriamente una tagliaboschi delle montagne libanesi. E’ certo che egli non era totalmente digiuno di filosofia (dalle sue parti, alla sua epoca, operavano diversi filosofi stoici): ci sono degli studi che dimostrano come negli scritti paolini siano qua e là presenti alcuni temi e termini prettamente filosofici (egli citò in modo indiretto anche il paradosso del mentitore). Quindi, non è errato pensare che quel morphe che usa qui in Filippesi 2,6 possa essere inteso nell’accezione che, sotto l’influsso aristotelico, questo termine aveva assunto nel Greco colto.
Del resto, come evidenziato dall’articolo citato da Achille, il voler negare la natura divina al Figlio di Dio, conferisce al periodo in questione un senso abbastanza ridicolo. Se Cristo è solo una creatura, che merito gli sarebbe derivato dal fatto di non essersi voluto fare Dio?
Sarebbe un po’ come voler elogiare San Francesco (rampollo di una ricca famiglia di commercianti di Assisi) per non aver voluto farsi incoronare imperatore. Ovviamente, noi non ammiriamo San Francesco perché non era un pazzo (lo sarebbe stato se avesse preteso di regnare sul Sacro Romano Impero), ma perché da ricco si fece povero tra i poveri al fine di servire il Signore



Caro Trianello io invece non sopporto chi si prende la briga di aggiungere nella propria traduzione, cose che esulano dal testo greco originale, dandogli un significato che ricalca la teologia del traduttore... e le bibbie cattoliche italiane ne sono un esempio eclatante (specie quelle dinamiche come la vostra cara TOB, sarà pure scritta in un bell'italiano e quasi poetica, ma in quanto a pregiudizi dottrinali inseriti ad hoc, Dio ce ne scampi) lo trovo insopportabile e Bedhun ce lo ha chiarito per bene. Come avrai notato l'attacco di Bedhun era proprio in questa direzione e soprattutto su come queste bibbie hanno tradotto "harpagmos" e non tanto "morphè".
Non credo che per lui fosse tanto importante che Cristo avesse la natura divina del padre, quanto il non volergli rubare a tutti i costi l'uguaglianza, proprio come fece invece Adamo (e Satana prima di lui), il quale volle divenire come Dio scegliendo da se cosa è bene e cosa è male.
L'unico che poteva (voler) farsi uguale all'onnipotente Dio padre, era proprio lui (Cristo), generato dal padre, della sua stessa natura, chi oltre a lui poteva ardire a tanto?
Invece di lasciarsi tentare da questo, fece l'opposto, prese natura umana e mori per noi. Questo si che è un esempio da imitare.
Si, ora ve ne uscirete con la solita storia che se ha la natura del padre è Dio come lui ecc... ma non è questo il punto, io parlo di autorità e di ruolo, non di sostanza.
Per quanto riguarda il discorso della monolatria, non me ne importa niente, sarò pure monolatra (anche se per me "Dio" con la "D" maiuscola è sempre e solo il padre) ma meglio monolatra che trinitario, almeno il mio cervello riesce a comprendere meglio chi è il mio Dio e chi è suo figlio, e soprattutto quali sono i rispettivi ruoli.
saluti Mario.


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
22/03/2006 16:11
 
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Da quello che posso capire dalle pagine tradotte da mario mi sembra che la discussione verta sopratutto su due termini:

"morfhe" e "Harpagmos" (sopratutto su quest'ultimo).

su entrambi i termini ho trovato il link di questa pagina (in italiano) :

digilander.libero.it/domingo7/FILIPPESI%202,6.htm

Poi,in modo piu' specifico su "Harpagmos", quest'altra pagina scritta in inglese:

www.bible.org/page.asp?page_id=1792

Mentre J.D.BEDUHN si rifa' in sostanza ad una analisi de-contestualizzata dalla semantica,una analisi insomma puramente lessicale (oltretutto) in dettaglio senza vedere i sensi dei versetti precedenti e seguenti,l'analisi del sito di digilander cita ad esempio il contesto in cui veniva usato "Harpagmos",facendo riferimento a come lo usavano alcuni autori dell'antichita' greca qualche secolo prima di Cristo.

Invece,il sito di www.bible.org fa una analisi grammaticale che parte da una analisi di Wright detta "ipotesi" ANAFORICA.

BIsognerebbe tentare l'immane fatica di tradurre la pagine di www.bible.org ma non mi aspetto che qualcuno lo faccia,sono parecchie pagine.

Paolo

PS. Fornisco qui una traduzione di poche righe che un collega mi ha gentilmente fatto nel pochissimo tempo che aveva a disposizione.

Qui mi e' stato gentilmente fornita la traduzione in italiano:
dal sito www.bible.org/page.asp?page_id=1792

Denny Burk e' stato uno dei miei assistenti per l'anno scolastico 1999-2000.Questo documento (con lievi correzioni mie e di Dennis) e' quello che ha presentato all'incontro regionale sud-occidentale della Societa' teologica evangelica nella primavera del 2000.Denny ha anche scritto una tesi che ha incorporato molto di questo materiale.
Daniel B.Wallace

INTRODUZIONE AL PROBLEMA

Il problema

Il significato preciso del termine enigmatico HARPAGMOS in Filippesi 2:6 e' un'interrogativo
che e' stato il soggetto di molto dibattito negli studi del NT.Considerato che e' stato versato molto inchiostro per interpretare questo termine,alcune delle piu' importanti questioni in gioco non hanno affatto avuto molto dibattito.Infatti,in molti casi,le preoccupazioni grammaticali che contribuirebbero alla nostra comprensione del significato di questo termine sono state largamente o presunte o ignorate.Una eccezione degna di nota a questa osservazione e' l'importante analisi di questo termine da parte di Wright.Nel suo articolo intitolato "HARPAGMOS e il significato di Filippesi 2:5-11",Wright propone che l'articolo nell'infinito articolato per "V ei ai" abbia una valenza semantica.Specificatamente,egli sostiene che questo infinito articolato porti con se' un significato ANAFORICO.Scrive "Una ulteriore ragione,che di solito non viene osservata,per portare 'V ei ai sa qew' in stretta connessione con 'ejn morfh qeou HASPAGMOS' e' l'uso regolare dell'infinito articolato (V ei ai) per riferirsi a qualcosa precedentemente menzionata o diversamente ben nota".

1.Pertanto,in campo grammaticale,Wright collega anaforicamente l'uguaglianza di Gesu' con Dio
(V ei ai sa qew) alla sua preesistenza nella forma di DIo (morfh qeou).

2.L'interpretazione di Wright ha esercitato considerevole influenza sulle successive interpretazioni di questo passo biblico.Da allora Wright e molti altri commentatori hanno collegato "uguaglianza con DIo" e "forma di Dio" sulla base di questa supposto riferimento anaforico.

3.Per questa conclusione,Kenneth Grayston si spinge perfino piu lontano a dire che
'V ei ai sa qew' e 'morfh qeou' sono frasi equivalenti.

4.Se questa supposizione riguardo il significato dell'infinito articolato e' valida,allora emerge almeno una implicazione interpretativa - "uguaglianza con Dio" e "forma di Dio" sono frasi che indicano la stessa realta'.Una tale interpretazione ha profonde implicazioni teologiche e devono essere esaminate criticamente da un punto di vista grammaticale.

Alcune supposizioni.
prima di andare alla tesi dell'analisi grammaticale di Wright,ho bisogno di impostare di seguito alcune mie supposizioni che porto in questo testo.Prima di tutto,assumero' un certo signifiacto per "forma di Dio" (morfh qeou).Cioe',che questa frase si riferisce all'esistenza di Cristo nella sua essenza come vera divinita'.In secondo luogo,perche' vedo il versetto sette riferentesi alla venuta di Cristo nella incarnazione,capisco che tutto il versetto sei si riferisca ad eventi che hanno luogo prima dell'arrivo del Figlio sulla terra.Percio',l'esistenza di Cristo nella forma di Dio si riferisce alla sua preesistente unita' di essenza con Dio il Padre prima dell'incarnazione.In altre parola,Filippesi 2:6 si riferisce ad eventi e realta' che hanno luogo in una realta' precedente (quella dell'eternita'). La supposizione piu' significativa che faro' riguarda il significato lessicale di HARPAGMOS.Considero HARPAGMOS una forma concreta e passiva.

5.Peranto traduco il termine "una cosa da essere afferrata".In altre parole,Il Figlio non volle o non tento' di afferrare l'uguaglianza con Dio.Benche' stia qui assumendo un certo significato,occorre dire che l'analisi grammaticale seguente riguardera' l'interpretazione di un termine non importa quale senso lessicale venga adottato.Cio' detto,ci sposteremo ora nell'analisi grammaticale.

ESAME DELL'APPROCCIO DI WRIGHT ALL'INFINITO ARTICOLARE.
Problemi nell'analisi di Wright.

[Modificato da pcerini 22/03/2006 16.14]

22/03/2006 16:36
 
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“Caro Trianello io invece non sopporto chi si prende la briga di aggiungere nella propria traduzione, cose che esulano dal testo greco originale”

Per sapere cosa non sopportare dovresti conoscere cosa c’è scritto nel testo greco originale, sfortunatamente il dibattito è infinito.

“cattoliche italiane ne sono un esempio eclatante (specie quelle dinamiche come la vostra cara TOB, sarà pure scritta in un bell'italiano e quasi poetica, ma in quanto a pregiudizi dottrinali inseriti ad hoc, Dio ce ne scampi)”

La TOB italiana non è una traduzione ma semplicemente la CEI del 74 con le note della TOB francese, e soprattutto né la CEI né la TOB francese sono ad equivalenze dinamiche, come non sono letterali del resto.

“era proprio in questa direzione e soprattutto su come queste bibbie hanno tradotto "harpagmos" e non tanto "morphè".”

Quello che s’è perso nel suo consultare dizionari generici è che studi filologici ormai conosciuti da tutti hanno dimostrato che harpagmos accompagnato da verbi come hegeomai, poieo e tithemi ha il significato di res retinenda. A questo proposito avevo già invitato alla lettura di Roy W. Hoover “The harpagmos enigma: a philological solution”, The Harvard theological review, vol. 64,1, gennaio 1971 di cui ho dato il link nella pagina precedente. Lui stesso lo cita ma non prende minimamente in considerazione le argomentazioni presentate.
Inoltre quell’uomo scrive con una pia illusione che io trovo eclatante, ossia crede di argomentare meglio degli altri giacché, a suo avviso, egli sarebbe privo di pre-comprensioni dottrinali. Ma a parte quest’insulto a chi si occupa di greco neotestamentario ed è religioso, costui crede davvero dopo tutto il movimento ermeneutico del XX secolo culminato con Heidegger e Gadamer che esistano “i fatti” scevri da interpretazione?

“L'unico che poteva (voler) farsi uguale all'onnipotente Dio padre, era proprio lui (Cristo), generato dal padre, della sua stessa natura, chi oltre a lui poteva ardire a tanto?”

Questa è una concezione del divino che più che il cristianesimo sembra la teogonia di Esiodo.
Immaginate amici che guerra in cielo col potentissimo Cristo che spara saette contro YHWH: un’autentica teomachia in stile esiodeo, solo che al posto di Crono e Zeus mettiamo, magari con schiere di angeli per ciascuna fazione intente alla guerra celeste, YHWH e il Figlio suo. Questi miti della detronizzazione del Padre, così comuni a chi abbia studiato la letteratura greca arcaica e le influenze che gli vengono dal Vicino Oriente, è forse l’ipotesi non avveratesi che passò in mente a Paolo quando scrisse l’inno*? Questo personalismo antropomorfizzante era ridicolo per un ebreo di quell’epoca quanto per un greco.

“Si, ora ve ne uscirete con la solita storia che se ha la natura del padre è Dio come lui ecc... ma non è questo il punto, io parlo di autorità e di ruolo, non di sostanza.”

Se ha la stessa sostanza, cioè “ciò che sta sotto” la vera ed intima essenza, allora è onnipotente come lui, e il fatto che uno abbia un ruolo e un altro no è puramente convenzionale. Non sei neppure monolatra, per i monolatri Gesù è un piccolo dio di natura diversa, sei politeista.

Finis

*Sempre che non sia un inno cristologico precedente.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
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Re:

Scritto da: Polymetis 22/03/2006 16.36


Se ha la stessa sostanza, cioè “ciò che sta sotto” la vera ed intima essenza, allora è onnipotente come lui, e il fatto che uno abbia un ruolo e un altro no è puramente convenzionale. Non sei neppure monolatra, per i monolatri Gesù è un piccolo dio di natura diversa, sei politeista.

Finis

*Sempre che non sia un inno cristologico precedente.


Non raccolgo la provocazione, comunque per amore della verità credo che Cristo sia un essere divino inferiore rispetto al padre (in quanto generato) e non alla sua altezza (in quanto ingenito) credo che l'adorazione vada solo al padre e non al figlio, comunque, basta leggere i miei numerosissimi interventi su questo argomento per averne una idea semplice e chiara, quindi politeista ci sarai tu caro poly(teista)
ciao Mario.

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
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"Cristo sia un essere divino inferiore rispetto al padre"

Allora non usare la definzione "stessa natura", perché non ci può essere inferiorità tra due esseri dalla medesima natura, della medesima essenza, della medesima sub-stantia, giacché la natura è ciò che rende un essere quello che è, giacché se Dio è Dio lo è perché ha natura di Dio, così come io sono uomo perché ho natura di uomo. Infatti Ario si scagliava contro l'affermazione secondo cui il Padre e il Figlio hanno la stessa natura.
Per quanto mi riguarda puoi credere quello che vuoi, basta che lo chiami coi giusti termini. Come disse Wittgenstein nessuno parla una lingua privata, altrimenti facci partecipi su cosa significhi nel tuoi idioletto "sostanza".

Ad maiora

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Non credo che per lui fosse tanto importante che Cristo avesse la natura divina del padre, quanto il non volergli rubare a tutti i costi l'uguaglianza, proprio come fece invece Adamo (e Satana prima di lui), il quale volle divenire come Dio scegliendo da se cosa è bene e cosa è male.



Perdonami, ma mi rimane difficile capire come faccia un ente che non sia libero di scegliere tra il bene e il male (un ente che il suo Creatore non abbia fatto a propria immagine e somiglianza) a “scegliere” di peccare (fare il male). Quello di Adamo fu un abuso della libertà che Iddio gli aveva concesso: l’abuso consistette nel rifiuto di “piegarsi umilmente” alla volontà di Dio.


Si, ora ve ne uscirete con la solita storia che se ha la natura del padre è Dio come lui ecc... ma non è questo il punto, io parlo di autorità e di ruolo,



Sì, infatti, ce ne usciremmo con un po’ di sana logica, ma vedo che a te la logica non interessa.


Per quanto riguarda il discorso della monolatria, non me ne importa niente, sarò pure monolatra (anche se per me "Dio" con la "D" maiuscola è sempre e solo il padre) ma meglio monolatra che trinitario, almeno il mio cervello riesce a comprendere meglio chi è il mio Dio e chi è suo figlio, e soprattutto quali sono i rispettivi ruoli.



Fammi capire: è Dio che deve adattarsi alle tue capacità di comprenderlo e non sei tu a dover “umilmente” riconoscere di non poter comprendere la Sua natura fino in fondo?!
Beh… io preferisco farmi umile e piegarmi di fronte all’incommensurabilità della natura divina.

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Deus non deserit si non deseratur
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Re:

Scritto da: Polymetis 22/03/2006 20.53


Allora non usare la definzione "stessa natura", perché non ci può essere inferiorità tra due esseri dalla medesima natura, della medesima essenza, della medesima sub-stantia, giacché la natura è ciò che rende un essere quello che è, giacché se Dio è Dio lo è perché ha natura di Dio, così come io sono uomo perché ho natura di uomo.


Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28) , queste tre cose per me lo rendono inferiore rispetto all'unico aghennatos (increato), pantocrator(onnipotente), senza per questo intaccarne la sua natura divina che ha ricevuto dal padre che lo ha generato.




"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
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Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28) , queste tre cose per me lo rendono inferiore rispetto all'unico aghennatos (increato), pantocrator(onnipotente), senza per questo intaccarne la sua natura divina che ha ricevuto dal padre che lo ha generato.



Quello che ancora io non capisco dai non trinitari è la "posizione" di Gesù! Se Gesù non è Dio stesso, se è subordinato, che senso avrebbe?
Perchè mai Dio ha generato un non-Dio-figlio?
Genera "persone" di natura divina e persone di natura non divina a suo piacimento?
Gli antitrinitari spesso trovano assurdo credere che Gesù sia Dio stesso, ma per me è più puerile credere che sia suo figlio, cosa c'è in cielo una famiglia?!!! [SM=x570872]

[SM=x570885]




22/03/2006 21:51
 
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TRINITA'....


vi saluto in CRISTO SIGNORE

miei cari fratelli in CRISTO (in modo particolare Mario 70)

mi chiedo se sono proprio passati inosservati i miei precedenti post 230 /-/ 237, oppure se ....

beh vorrei comprendere cosa è successo, grazie

vi saluto in CRISTO RISORTO
22/03/2006 23:18
 
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“Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28)”

Se anche ci fosse questa successione temporale non vedo cosa dovrebbe dimostrare. Due esseri della stessa natura, seppure uno venga prima e l’altro dopo, sono sempre uguali, ad esempio mio Padre ed io, a meno che l’essere senza principio attribuisca una quale differenza di sostanza al Padre, diversamente l’essere Figlio anziché Padre sarebbe una distinzione puramente cronologica e non intaccherebbe le proprietà che competono a ciascun essere in virtù della sua natura “le cose che il Padre fa il figlio le fa ugualmente” dice Giovanni. Inoltre imparare da qualcuno, che ovviamente è un modo di dire metaforico altrimenti dovremmo attribuire al Verbo un apprendimento graduale e delle attività cognitive, non implica inferiorità ma al massimo la sottomissione, quella di un allievo al maestro artigiano. La dottrina cattolica proclama la sottomissione di Cristo al Padre giacché nella Trinità c’è un ordine, ma come sulla terra esistono uomini sottomessi ad altri ciò non implica che ci siano uomini meno uomini di altri. Chi ha la natura di Dio è Dio.

“pantocrator(onnipotente), senza per questo intaccarne”

Ma come fa a non essere anche lui onnipotente se ha la medesima natura? E’ questa la tua contraddizione. Evidentemente non dai a natura o sostanza il senso che viene dato ai termini nel resto del globo.

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Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28) , queste tre cose per me lo rendono inferiore rispetto all'unico aghennatos (increato), pantocrator(onnipotente), senza per questo intaccarne la sua natura divina che ha ricevuto dal padre che lo ha generato.



Scusami, ma, visto che pure tu ammetti che Cristo è della medesima natura del Padre e non semplicemente, come l’uomo, “somigliante” al Padre, come fai poi ad asserire che comunque il Figlio è “inferiore” al Padre? Se il Figlio ha la stessa natura del padre non può essere inferiore al padre, poiché Padre e Figlio condividono la medesima essenza, quindi sono la medesima cosa.
Adamo peccò perché volle farsi Dio, non nel senso che aspirò ad essere assolutamente uguale a Dio (altrimenti il suo sarebbe stato un atto stupido, non peccaminoso), ma che volle poter determinare lui, in base alla propria natura, quale dovesse essere il bene ed il male nel suo agire; egli era libero di scegliere tra il bene e il male e scelse il male quando volle poter stabilire lui quale fosse il bene e quale il male, egli volle poter raggiungere la beatitudine tramite le sue sole forze, ma, data la sua natura creaturale, ottenne la perdita della beatitudine (la creatura ha solo un modo per acquisire la beatitudine: accogliere la volontà di Dio come la propria volontà, volere quel che Dio vuole) . Il Figlio, invece, generato dal Padre e della Sua stessa sostanza, pur essendo assolutamente uguale a Dio (pure essendo di fatto Dio), si “sottomise” al Padre facendosi uomo ed adempiendo alla volontà del Padre fino all’estremo sacrificio.
Ora, come viene spiegato molto bene nell’articolo di Francesco Pastore presente nel sito di Achille, ci sono due modi di leggere il passaggio in oggetto: 1) Gesù era uguale a Dio, ma rinunciò ad essere tale; 2) Gesù era una creatura che non ha mai reclamato di essere uguale a Dio. Nel secondo caso, però, non si capirebbe perché Paolo additi all’umiltà di Cristo, poiché non è umile chi accetta di non poter essere ciò che non può essere, ma chi si piega ad essere “meno” di ciò che è (quindi, la prima lettura, oltre ad essere filologicamente più pertinente, è anche l’unica confacente alla logica del discorso).
Il merito di Cristo sta nella sua umiltà. Dio offrì gratuitamente la beatitudine ad Adamo, egli l’aveva a portata di mano, egli avrebbe potuto meritarsi questo dono di Dio, ma lo rifiutò (e questo fu il suo demerito). Se Cristo non fosse stato Dio, ma qualcosa di inferiore a Dio, il suo ossequio alla volontà di Dio non gli sarebbe valso un merito atto a ripagare il demerito di Adamo, quindi non avrebbe potuto compensare (come vogliono i TdG) col proprio merito il demerito di Adamo. Siccome, invece, Cristo è Dio, la sua “umiliazione” gli è valsa (e ci è valsa) un merito tale da superare infinitamente il demerito di Adamo, tanto che ora, sostenuti dalla grazia ottenuta tramite il Suo sacrificio, anche per noi è possibile accumulare meriti di fronte al Signore (il nostri meriti di fronte al Signore sono l’operare in noi della Sua grazia, alla quale noi collaboriamo). E ancora una volta vale la pena di citare il famoso versetto paolino: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia.” (Rm 5,20)


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

23/03/2006 11:11
 
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Un piccolo aiuto sennò si equivoca e si parla tra sordi
Il concetto che la WT insegna con la dizione "natura divina" consiste precisamente nel "possesso di un corpo spirituale"*.
Poiché tale corpo lo ha sia Geova, che gli Angeli, che gli Unti, la teologia geovista può sostenere che Gesù/Michele ha natura divina** pur essendo creatura di Dio e perciò inferiore.
_______________________
* Che poi "corpo spirituale" è un ossimoro, ma questo è un altro discorso.

** Anzi dovrebbe averla potenziata al doppio perché ce l'ha sia come arcangelo che come primo della catregoria degli Unti [SM=x570868] [SM=x570872]
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est modus in rebus
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Re:

Scritto da: Mazzingazeta 22/03/2006 21.50



Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28) , queste tre cose per me lo rendono inferiore rispetto all'unico aghennatos (increato), pantocrator(onnipotente), senza per questo intaccarne la sua natura divina che ha ricevuto dal padre che lo ha generato.



Quello che ancora io non capisco dai non trinitari è la "posizione" di Gesù! Se Gesù non è Dio stesso, se è subordinato, che senso avrebbe?
Perchè mai Dio ha generato un non-Dio-figlio?
Genera "persone" di natura divina e persone di natura non divina a suo piacimento?
Gli antitrinitari spesso trovano assurdo credere che Gesù sia Dio stesso, ma per me è più puerile credere che sia suo figlio, cosa c'è in cielo una famiglia?!!! [SM=x570872]

[SM=x570885]





L'assurdo non è semplicemente il credere che Gesu sia Dio stesso, ma il credere che il padre il figlio e lo spirito santo siano un solo Dio, la seconda parte del tuo messaggio credo possa essere definita blasfema anche dai trinitari stessi, la dovresti argomentare meglio... comunque io non ho detto che Dio ha creato un non-Dio-figlio, ma un dio-unico-generato, è un po diverso.

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
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Re:

Scritto da: Polymetis 22/03/2006 23.18
“Quello che tu dici sulla natura di Cristo lo condivido, quello che tu invece non capisci è che benchè il figlio sia della stessa natura del padre, **PER ME** gli è inferiore, perchè a differenza del padre ha un principio (archè), ha imparato da lui (il famoso artefice che lo accompagnava) e gli è sottomesso (ipotasso: 1 Co 15:28)”

Se anche ci fosse questa successione temporale non vedo cosa dovrebbe dimostrare. Due esseri della stessa natura, seppure uno venga prima e l’altro dopo, sono sempre uguali, ad esempio mio Padre ed io, a meno che l’essere senza principio attribuisca una qualche differenza di sostanza al Padre, diversamente l’essere Figlio anziché Padre sarebbe una distinzione puramente cronologica e non intaccherebbe le proprietà che competono a ciascun essere in virtù della sua natura “le cose che il Padre fa il figlio le fa ugualmente” dice Giovanni.


Ed infatti fin qui siamo daccordo



Inoltre imparare da qualcuno, che ovviamente è un modo di dire metaforico altrimenti dovremmo attribuire al Verbo un apprendimento graduale e delle attività cognitive, non implica inferiorità ma al massimo la sottomissione, quella di un allievo al maestro artigiano.



Ti do ragione anche qui



La dottrina cattolica proclama la sottomissione di Cristo al Padre giacché nella Trinità c’è un ordine, ma come sulla terra esistono uomini sottomessi ad altri ciò non implica che ci siano uomini meno uomini di altri. Chi ha la natura di Dio è Dio.



potrei essere daccordo se tu cambiassi l'ultima parte in "se uno ha la natura di Dio è un dio pure lui" o "se uno ha la natura divina è divino egli pure", lo so che per te è uguale ma non per me, se parlassi con me in questo modo potremmo raggiungere un accordo filosofico...





Ma come fa a non essere anche lui onnipotente se ha la medesima natura? E’ questa la tua contraddizione. Evidentemente non dai a natura o sostanza il senso che viene dato ai termini nel resto del globo.


Questo lo devo ruminare un po come dice Bery... stavolta la tua argomentazione ha una sua logica.
Lo vedi che se non ti metti sul piedistallo del maestro e non mostri il tuo solito modo di argomentare sarcastico, qualcosa ottieni?



"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
23/03/2006 11:36
 
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Scritto da: Trianello 23/03/2006 7.07
...
Ora, come viene spiegato molto bene nell’articolo di Francesco Pastore presente nel sito di Achille, ci sono due modi di leggere il passaggio in oggetto: 1) Gesù era uguale a Dio, ma rinunciò ad essere tale; 2) Gesù era una creatura che non ha mai reclamato di essere uguale a Dio.




Aggiungerei 3)Gesu aveva la natura divina del padre, ma non si sognò mai di usurparne il ruolo [di mettersi al posto del padre], facendosi uguale al padre.

Questa terza ipotesi calzerebbe con quello che dici di seguito:

"Il merito di Cristo sta nella sua umiltà. Dio offrì gratuitamente la beatitudine ad Adamo, egli l’aveva a portata di mano, egli avrebbe potuto meritarsi questo dono di Dio, ma lo rifiutò (e questo fu il suo demerito). Se Cristo non fosse stato Dio, ma qualcosa di inferiore a Dio, il suo ossequio alla volontà di Dio non gli sarebbe valso un merito atto a ripagare il demerito di Adamo, quindi non avrebbe potuto compensare (come vogliono i TdG) col proprio merito il demerito di Adamo. Siccome, invece, Cristo è Dio, la sua “umiliazione” gli è valsa (e ci è valsa) un merito tale da superare infinitamente il demerito di Adamo, tanto che ora, sostenuti dalla grazia ottenuta tramite il Suo sacrificio, anche per noi è possibile accumulare meriti di fronte al Signore (il nostri meriti di fronte al Signore sono l’operare in noi della Sua grazia, alla quale noi collaboriamo). E ancora una volta vale la pena di citare il famoso versetto paolino: “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia.” (Rm 5,20)"



saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
23/03/2006 11:39
 
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Re: Un piccolo aiuto sennò si equivoca e si parla tra sordi

Scritto da: berescitte 23/03/2006 11.11
Il concetto che la WT insegna con la dizione "natura divina" consiste precisamente nel "possesso di un corpo spirituale"*.
Poiché tale corpo lo ha sia Geova, che gli Angeli, che gli Unti, la teologia geovista può sostenere che Gesù/Michele ha natura divina** pur essendo creatura di Dio e perciò inferiore.
_______________________
* Che poi "corpo spirituale" è un ossimoro, ma questo è un altro discorso.

** Anzi dovrebbe averla potenziata al doppio perché ce l'ha sia come arcangelo che come primo della catregoria degli Unti [SM=x570868] [SM=x570872]




Quello che dici è esatto, per quanto mi riguarda anche io credo che il relegare la natura divina al semplice corpo spirituale sia riduttivo.
Ciao caro

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Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
23/03/2006 11:50
 
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Per Mario



L'assurdo non è semplicemente il credere che Gesu sia Dio stesso, ma il credere che il padre il figlio e lo spirito santo siano un solo Dio, la seconda parte del tuo messaggio credo possa essere definita blasfema anche dai trinitari stessi, la dovresti argomentare meglio... comunque io non ho detto che Dio ha creato un non-Dio-figlio, ma un dio-unico-generato, è un po diverso.



Lasciamo perdere tutti i passi che mi portano alla conclusione che Dio sia trino che conosci gia.
Quello che non capisco è che significa per te: "dio-unico-generato"!
Non posso spiegare, e credo che nessuno possa farlo, su cosa significa l'essere trino; Dio è intangibile e l'uomo non può pretendere di capire Dio. Posso fare un vecchio e solito esempio dell'acqua che per me, icasticamente, si avvicina molto alla natura divina.
L'acqua nella sua essenza è composta da due molecole di idrogeno e una di ossiggeno, può trovarsi contemporaneamente nei tre stati solido, liquido e gassoso pur essendo composti dalla stessa molecola! Dio, Gesù e lo Spirito Santo sono della stessa sostanza (come la molecola dell'acqua) ma possono manifestarsi in tre moodi diversi. Esiste un punto dell'acqua, punto triplo, in cui i tre stati sono contemporaneamente presenti così come esiste una dimensione divina dove le tre essenze divine sono uno!
Ecco, non riesco a farlo capire meglio.

Io continuo a non capire il ruolo, la posizione di Gesù secondo i non trinitari! Dio è uno, certo, ma come può avere figli(nel senso che danno gli antitrinitari)?

Scusa se ho, involontariamente, banalizzato le tue idee.

Giovanni

23/03/2006 12:18
 
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Re: Per Mario

Scritto da: Mazzingazeta 23/03/2006 11.50


Lasciamo perdere tutti i passi che mi portano alla conclusione che Dio sia trino che conosci gia.
Quello che non capisco è che significa per te: "dio-unico-generato"!


Non ricordo piu dove, ma in un precedente post ti descrissi la mia (attuale) cristologia, nella quale spiegavo cosa erano per me i tre soggetti divini, comunque per me "l'unigenito dio" o "unico Dio generato" significano esattamente quello che sembrano, cioè Gesù è l'unico essere dell'universo ad essere stato generato da Dio suo padre, prima della creazione di qualsiasi altro essere o cosa, le quali sono venute all'esistenza per mezzo di lui e per lui (il Figlio appunto).



...
Esiste un punto dell'acqua, punto triplo, in cui i tre stati sono contemporaneamente presenti
...


mi spieghi questa cosa? non la conoscevo e mi interessa...



Io continuo a non capire il ruolo, la posizione di Gesù secondo i non trinitari! Dio è uno, certo, ma come può avere figli(nel senso che danno gli antitrinitari)? Scusa se ho, involontariamente, banalizzato le tue idee.


Questo lo devi chiedere ad ogni antitrinitario (per piacere chiamami "non trinitario" lo preferisco, non sono contro i trinitari, semplicemente non ne accetto tutta la loro cristologia)ognuno infatti ti dirà cosa significa per lui, comunque sia il ruolo che la posizione di Gesu credo che siano uguali per tutti i non trinitari ossia come colui che è sempre subordinato al suo Dio e padre occupando il secondo posto nell'ordine dell'universo.
Quello che cambia è il concetto di Figlio, per molti Gesù è un essere generato dal padre e perciò avente la sua stessa natura, ma con un inizio con il tempo (la mia attuale posizione) per altri è un essere creato dal nulla (Ario e molti altri) per altri creare e generare sono sinonimi, ed indicano la stessa cosa, senza domandarsi se egli era parte della sostanza divina o semplicemente creato ex novo (attuali tdg), infine per altri il figlio prima di venire sulla terra non esisteva e fu adottato con il battesimo, generandolo in quel momento come suo primo figlio (adottivo) spirituale. (posizione degli unitariani)
Ciao caro

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
23/03/2006 12:47
 
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www.astrofili.org/astroemag/num9/comparsa_vita_sulla_terra/diastatoac...


In figura è rappresentato il diagramma di stato dell'acqua, un grafico cartesiano nel quale si riporta la variazione di pressione in funzione della temperatura.
Nel grafico si possono osservare tre curve, ottenute integrando l'equazione differenziale di Clausius-Clapeyron

dp / dT = DH / TDV


(condizione di equilibrio tra due fasi).
Se a dati valori di temperatura e pressione, il punto corrispondente si trova su una curva, in quel punto si osserva la coesistenza delle due fasi che la curva separa. Se ci si trova, invece, in una zona delimitata da due curve, in quel punto si osserva la fase corrispondente. Le uniche due eccezioni sono rappresentate dal punto triplo (o) e dal punto critico.
Il punto triplo o rappresenta il solo valore della temperatura e della pressione per il quale è possibile osservare la coesistenza delle tre fasi (sulla Terra, alla pressione di 1 atm, cioè a livello del mare, si può osservare, a 0°C, solo la coesistenza della fase solida e di quella liquida).
Il punto critico, invece, rappresenta il punto di coordinate (P, T) nel quale perde di significato la curva di separazione Liquido-Gas; infatti, da quel punto in poi non si osserva più una zona di transizione di fase (la curva, cioè, che rappresenta la coesistenza delle due fasi) nel passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso.
Un ultimo cenno va alla curva tratteggiata. Essa rappresenta un equilibrio metastabile, cioè uno stato di pseudo-equilibrio tra la fase liquida e la fase di vapore; trovandosi sulla curva tratteggiata, è ancora possibile osservare lo stato liquido anche se ci si trova in condizioni nelle quali quello stato è termodinamicamente sfavorito.
Alle condizioni medie regnanti su Venere (P = 90 atm; T = 475°C), si può osservare come sia impossibile la presenza di acqua liquida. Su Marte (P = 0.006 atm; T compresa tra -80°C e +25°C), invece, questa potrebbe essere presente. Non basta, però, considerare solo la pressione e la temperatura medie del pianeta, ma anche la pressione parziale della sostanza in esame: per l'acqua, su Marte, essa vale circa 0.0005÷0.001 atm (inferiore, quindi, a 0.006 atm); ecco perché non si trova, oggi, acqua liquida sul pianeta rosso.

[SM=x570885]

23/03/2006 13:32
 
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Re:

Scritto da: Mazzingazeta 23/03/2006 12.47



In figura è rappresentato il diagramma di stato dell'acqua, un grafico cartesiano nel quale si riporta la variazione di pressione in funzione della temperatura.
Nel grafico si possono osservare tre curve, ottenute integrando l'equazione differenziale di Clausius-Clapeyron

dp / dT = DH / TDV


(condizione di equilibrio tra due fasi).
Se a dati valori di temperatura e pressione, il punto corrispondente si trova su una curva, in quel punto si osserva la coesistenza delle due fasi che la curva separa. Se ci si trova, invece, in una zona delimitata da due curve, in quel punto si osserva la fase corrispondente. Le uniche due eccezioni sono rappresentate dal punto triplo (o) e dal punto critico.
Il punto triplo o rappresenta il solo valore della temperatura e della pressione per il quale è possibile osservare la coesistenza delle tre fasi (sulla Terra, alla pressione di 1 atm, cioè a livello del mare, si può osservare, a 0°C, solo la coesistenza della fase solida e di quella liquida).
Il punto critico, invece, rappresenta il punto di coordinate (P, T) nel quale perde di significato la curva di separazione Liquido-Gas; infatti, da quel punto in poi non si osserva più una zona di transizione di fase (la curva, cioè, che rappresenta la coesistenza delle due fasi) nel passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso.
Un ultimo cenno va alla curva tratteggiata. Essa rappresenta un equilibrio metastabile, cioè uno stato di pseudo-equilibrio tra la fase liquida e la fase di vapore; trovandosi sulla curva tratteggiata, è ancora possibile osservare lo stato liquido anche se ci si trova in condizioni nelle quali quello stato è termodinamicamente sfavorito.
Alle condizioni medie regnanti su Venere (P = 90 atm; T = 475°C), si può osservare come sia impossibile la presenza di acqua liquida. Su Marte (P = 0.006 atm; T compresa tra -80°C e +25°C), invece, questa potrebbe essere presente. Non basta, però, considerare solo la pressione e la temperatura medie del pianeta, ma anche la pressione parziale della sostanza in esame: per l'acqua, su Marte, essa vale circa 0.0005÷0.001 atm (inferiore, quindi, a 0.006 atm); ecco perché non si trova, oggi, acqua liquida sul pianeta rosso.

[SM=x570885]



Grazie Giovanni è molto interessante...
ciao Mario

[Modificato da (Mario70) 24/03/2006 12.29]


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
24/03/2006 00:44
 
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3)Gesu aveva la natura divina del padre, ma non si sognò mai di usurparne il ruolo [di mettersi al posto del padre], facendosi uguale al padre.



Questa terza opzione è logicamente inconsistente. Se il Figlio ha la stessa sostanza del Padre, se per sostanza si intende l'essenza di un ente (ciò che l'ente è), allora il Figlio è la stessa cosa del Padre. Così come lo intendi tu, il Figlio, al massimo, può essere "simile in essenza" al Padre (e si ritorna alla vetusta disputa dello iota).

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

24/03/2006 10:01
 
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Re:

Scritto da: Trianello 24/03/2006 0.44

3)Gesu aveva la natura divina del padre, ma non si sognò mai di usurparne il ruolo [di mettersi al posto del padre], facendosi uguale al padre.



Questa terza opzione è logicamente inconsistente. Se il Figlio ha la stessa sostanza del Padre, se per sostanza si intende l'essenza di un ente (ciò che l'ente è), allora il Figlio è la stessa cosa del Padre.



Hai detto bene "SE", chi ti dice che l'avere la stessa sostanza significa per forza assenza dell'ente? Ti ricordo che anche in ambito trinitario le tre persone sono diverse, quindi lo sono anche le loro personalità.
Ciao Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
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24/03/2006 11:45
 
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6 Poiché ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio; e il dominio principesco sarà sulle sue spalle. E sarà chiamato col nome di Consigliere meraviglioso( di chi?), Dio potente(perchè non onnipotente), Padre eterno, Principe della pace(perchè non re?).



Riflettere riflettere
24/03/2006 13:05
 
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Re:
Stavolta voglio fare l'avvocato del "diavolo" [SM=g27828]


Scritto da: ora basta 24/03/2006 11.45



6 Poiché ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio; e il dominio principesco sarà sulle sue spalle. E sarà chiamato col nome di Consigliere meraviglioso( di chi?)


Non certo di Dio o credi che l'Iddio onnipotente abbia bisogno dei consigli del figlio? E se anche per assurdo lo fosse ti ricordo che nella dottrina trinitaria le tre persone sono distinte quindi l'una puo parlare all'altra rimanendo sempre in sostanza Dio




Dio potente(perchè non onnipotente)


Anche Geova è chiamato Dio potente non per questo non è onnipotente
Neemia 9:32 "Ora dunque, o Dio nostro, Dio grande, potente e tremendo, che mantieni il patto e agisci con misericordia, non ti sembrino poca cosa tutte queste afflizioni che sono piombate addosso a noi, ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri sacerdoti, ai nostri profeti, ai nostri padri, a tutto il tuo popolo, dal tempo dei re d' Assiria fino a oggi."
Isaiah 10:21 "Un residuo, il residuo di Giacobbe tornerà al Dio potente."




, Padre eterno, Principe della pace(perchè non re?).



La parola ebraica Sar qui tradotta "principe" significava anche capo, governante, capitano e alcune volte era sinonimo di re, comunque ricordati che Cristo è chiamato "Re dei re e Signore dei Signori"
Rivelazione 17:14 "Combatteranno contro l' Agnello e l' Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli»."

Titolo attribuito anche al padre:

1 Timoteo 6:14-16 " 14 ti ordino di osservare questo comandamento da uomo senza macchia, irreprensibile, fino all' apparizione del nostro Signore Gesù Cristo, 15 la quale sarà a suo tempo manifestata dal beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, 16 il solo che possiede l' immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen. "

quindi quello che dici non è pertinente.


[Modificato da (Mario70) 24/03/2006 13.07]


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
24/03/2006 14:26
 
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"Hai detto bene "SE", chi ti dice che l'avere la stessa sostanza significa per forza assenza dell'ente"

Non capisco questa frase. Sei sicuro che non ci sia un errore di battitura? Cosa vorrebbe dire "assenza dell'ente"?

Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
24/03/2006 17:26
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 24/03/2006 14.26
"Hai detto bene "SE", chi ti dice che l'avere la stessa sostanza significa per forza assenza dell'ente"

Non capisco questa frase. Sei sicuro che non ci sia un errore di battitura? Cosa vorrebbe dire "assenza dell'ente"?

Ad maiora


è vero volevo scrivere "chi ti dice che l'avere la stessa essenza, voglia dire avere la stessa personalità?"
Infatti io ho parlato di ruolo e di posizione non di essenza. E' per questo che non capisco l'obiezione che mi ha mosso Trianello il quale non accetta la mia terza ipotesi.
Ciao Mario

[Modificato da (Mario70) 24/03/2006 17.29]


"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
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