Tratto da "Rapporto sulla fede. A colloquio con Joseph Ratzinger" di Vittorio Messori
Edizioni San Paolo 1985
a sua volta tratto da "La mia vita" di J. Ratzinger pag. da 127 a 129
M= Messori
R= Ratzinger
M:....Eminenza, chiedo, ci sono davvero ancora degli "eretici", ci sono ancora le "eresie"?
R:"Mi permetta innanzitutto, di richiamare a questo proposito la risposta del nuovo Codice canonico, promulgato nel 1983 dopo ventiquattro anni di lavoro che l'hanno completamente rifatto e perfettamente allineato al rinnovamento conciliare. Al canone (cioe' articolo) 751 si dice: Viene detta
"eresia" l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verita' che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa".
Per quanto riguarda le sanzioni, il canone 1364 stabilisce che all'eretico - al pari dell'apostata e dello scismatico - incorre nella scomunica
latae sententiae. Cio' vale per tutti i fedeli ma i provvedimenti sono aggravati contro l'eretico che sia anche sacerdote. Vede dunque che, anche per la Chiesa "post-conciliare" (per quanto vale questa espressione "post-conciliare" che non accetto), eretici ed eresie - rubricate dal nuovo codice come "delitti contro la religione e l'unita' della Chiesa" - esistono e si e' previsto il modo per difenderne la comunita' dei credenti".
La parola della scrittura e' attuale per la Chiesa di ogni tempo cosi' come rimane sempre attuale la possibilita' per l'uomo di cadere in errore. E' dunque attuale anche oggi l'ammonimento della seconda lettera di Pietro (2,1) a guardarsi "dai falsi profeti e dai falsi maestri che introdurranno eresie perniciose". L'errore non e' complementare alla verita'. Non si dimentichi che, per la Chiesa, la fede e' un "bene comune", una ricchezza per tutti, a cominciare dai poveri, i piu' indifesi davanti ai travisamenti: dunque, difendere l'ortodossia e', per la Chiesa, opera sociale a favore di tutti i credenti. In questa prospettiva, quando si e' davanti all'errore, non bisogna dimenticare che vanno tutelati i diritti del singolo teologo, ma vanno tutelati anche i diritti della comunita'. Naturalmente tutto va sempre visto alla luce del grande ammonimento evangelico: "Verita' nella carita'".
Anche per questo, nella scomunica in cui ancor oggi incorre l'eretico, e' considerata come "sanzione medicinale": una pena, cioe', che non vuole castigarlo quanto correggerlo, guarirlo.
Chi si convince del suo errore e lo riconosce e' sempre riaccolto a braccia aperte, come un figlio particolarmente caro, nella piena comunione della Chiesa".
M: Eppure, tutto questo sembra, come dire? Troppo semplice e chiaro per corrispondere alla realta' del nostro tempo, tanto poco riconducibile a schemi prefissati.
R: E' vero. In concreto le cose non sono cosi' chiare come le definisce (ne' puo' fare diversamente) il nuovo Codice. Quella "negazione" e quel "dubbio ostinato" di cui si parla oggi non li incontriamo quasi mai in forma palese. Che nonostante cio' essi esistano in un'epoca spiritualmente complessa come la nostra e' da attenderselo: solamente essi non vogliono apparire come tali. Quasi sempre si opporranno le proprie ipotesi teologiche del Magistero, dicendo che questo non esprime la fede della Chiesa, ma solo "l'arcaica teologia romana". Si dira' che non la Congregazione per la fede, ma essi, gli "eretici", individuano il senso "autentico" della fede trasmessa. Dove c'e' ancora un legame ecclesiale un po' piu' forte, ci si imbatte in un fenomeno diverso e pure collegato: io resto ogni volta meravigliato dall'abilita' dei teologi che riescono a sostenere l'esatto contrario di cio' che sta scritto in chiari documenti del Magistero. Eppure quel rovesciamento e' presentato, con abili artifici dialettici, come il significato "vero" del documento in questione".