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A CHE COSA DOBBIAMO ESSERE LEALI ?

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2005 11:24
11/06/2005 23:41
 
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9^ parte - Il ruolo dei doni nella chiesa
Grazie Achille per la puntale precisazione.
Appurato, in ogni modo, che non è vietato il copia e incolla, proseguo con gli ultimi post, credendo che possano essere edificanti per gli amici Testimoni e, avendo avuto la pazienza di leggere, anche di confronto con i stessi TdG.

Il ruolo dei doni nella chiesa

Abbiamo già accennato brevemente il tema del ruolo dei doni nella chiesa. In realtà, ogni credente ha qualche dono, qualche funzione speciale nel corpo di Cristo. Inoltre, vi sono i doni speciali di servizio: “Evangelisti, pastori e dottori” (Ef 4:11). Gli ultimi due, sono stati dati per aiutare tutti i santi ad individuare quale sia il proprio dono ed esercitarlo. Sono stati dati per perfezionare i santi per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo. Perciò è chiaro che l’opera del ministero non è per una categoria speciale di cristiani, ma è per tutto il popolo di Dio.
La funzione di questi doni speciali di Efesini 4, è perfezionare i cristiani al punto che essi possano proseguire nell’esercizio dei doni, e dopo di questo, andare in un altro luogo. In altre parole, i santi non devono essere perennemente dipendenti da questi doni. Al contrario, questi doni devono operare nel minor tempo possibile, per passare a nuove aree di opportunità. Nello stesso modo in cui i genitori cominciano presto ad insegnare ai loro figli il modo in cui possano essere autosufficienti, così questi doni devono insegnare ai bambini in Cristo.
Ora, questo fa sì che sorga la domanda: “Quanto tempo un dono così dovrebbe rimanere nell’assemblea?”.
C’è soltanto una risposta possibile alla domanda: tanto tempo quanto è necessario ai santi per maturare per il servizio. Paolo rimase in Tessalonica solo “per tre sabati” (At 17:2), e lasciò lì un’assemblea nascente, che si appoggiava, governava e sviluppava da sé stessa. Per quanto ci è dato di sapere, il maggior tempo che Paolo passò in uno stesso luogo furono i tre anni che rimase in Efeso (At 20:31). La questione, precisamente, non è tanto il tempo che un uomo deve stare in un luogo, ma piuttosto qual è il suo proposito. Cos’è ciò che sta intentando di fare? Sta cercando di equipaggiare i santi affinché poi essi vadano avanti da soli?
Al riguardo, questi doni devono guardarsi dalla tendenza innaturale di “radicarsi”, di pensare che hanno un appuntamento per tutta la loro vita in un solo luogo. (Questo è vero sia con i missionari stranieri, sia con i servitori locali). Devono conservarsi mobili. E devono anche guardarsi da altri pericoli sottili, come quello di credere che i santi non potranno arrangiarsi senza di loro. Quando si allontanano, si riduce l’assistenza; questo fa loro pensare che non devono andarsene. Temono che l’assemblea vada in pezzi. Pensare che siamo indispensabili nutre l’orgoglio. Ed a volte ferisce il nostro orgoglio il pensare che non c’è bisogno di noi in un luogo in particolare. In realtà, dovremmo rallegrarci quando arriverà quel momento.
Nel parlare di doni, c’è qualcosa in più che si dovrebbe menzionare. Nel Nuovo Testamento, questi doni erano carismatici, non professionali. Questo vuol dire che questi doni erano dati a uomini che erano sovranamente dotati dallo Spirito Santo, senza riferimento a preparazione o occupazione. Per esempio, lo Spirito potrebbe raggiungere ed equipaggiare un pescatore perché sia un evangelista. Oppure, potrebbe prendere un pastore perché insegni la sua Parola. Oppure, un falegname perché eserciti un ministero pastorale fra i santi.
Non ci viene suggerito nel Nuovo Testamento che la formazione professionale (teologica) possa equipaggiare un uomo con un dono per la chiesa. L’idea che soltanto gli uomini che hanno avuto studi formali (in un istituto biblico) nella Parola siano qualificati per servire, è ripugnante. Un tempo di preparazione può essere utile per un credente, per conoscere le Scritture, però nessuna quantità di formazione teologica può fare di un uomo un evangelista, un pastore o un dottore. Inoltre, c’è sempre il pericolo del professionalismo. Se le Scritture sono considerate come base filosofica, allora questa “formazione” può essere qualcosa di molto pericoloso ed infruttuoso.
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