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A CHE COSA DOBBIAMO ESSERE LEALI ?

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2005 11:24
10/06/2005 15:59
 
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1^ Parte

Mesi fa ho letto su un mensile evangelico un interessante articolo, credo possa essere utile ai TdG in particolare su alcuni punti quale Cristo come Capo della chiesa, lo Spirito santo quale intercessore, etc.

Credo che in molti possiamo trovaraci daccordo con quanto scritto da Wiliam Mac Donald (e non solo epr i panini :-)

L'introduzione è prettamente per gli ambienti evangelici ma, nel corso del discorso, le argomentazioni divengono, a mio avviso, universali e di importanza cruciale.

Alex

-------

La lealtà è una virtù, sempre e soltanto quando questa è posta correttamente. Come cristiani, dobbiamo essere leali al Signore Gesù Cristo ed alla sua Parola. Tuttavia, molti dei chiamati cristiani sono più leali ad un gruppo d’amici o denominazione di chiese, che al Signore ed alla sua Parola. C’è un’ignoranza generale riguardo alla verità della Chiesa neotestamentaria. Troppe persone chiedono: “Che cosa crede Tizio?” al posto di chiedere “Che cosa dicono le Scritture?”. Quest’articolo ci chiama a porre la nostra lealtà nel giusto posto.


Introduzione

Che cosa penseresti di una persona che dicesse: “I miei genitori sono stati membri di questa denominazione. Io sono nato in essa, e in essa morirò?”
“Oh, – diresti – penso che si sbagli nel parlare in questo modo”.
“Sì, ma perché si sbaglia?”
“Suppongo che si sbagli perché ritiene che la sua denominazione abbia ragione e che l’avrà sempre”.
“Bene, allora, a che denominazione o gruppo dovrebbe essere leale?”
“Penso che non dovrebbe essere leale a nessuna denominazione, poiché nessuna denominazione è perfetta”.
“Un’ultima domanda. Se non deve essere leale a nessuna denominazione o gruppo di cristiani, a che cosa deve essere leale?”
Deve essere leale al Signore ed ai principi della sua Parola”.
Sì, certamente! Questa è l’unica risposta giusta. È un errore promettere una lealtà per sempre a qualche comunità cristiana, per quanto scritturale possa essere in quel momento.
Supponi che tu rifiuti completamente l’idea delle denominazioni. Supponiamo ancora che tu ti raduni con cristiani che rifiutano ogni nome settario. Supponiamo, per esempio, che questi qualifichino sé stessi con il nome inoffensivo di “Le assemblee” e che si tratti di persone che cercano di aderire all’insegnamento della Parola. Non dovresti unire la tua sorte alla loro in modo permanente ed essere leale unicamente a loro?
Se tu lo facessi, ti troveresti in una posizione difficile. Ti impegneresti infatti con un gruppo che quasi inevitabilmente cambierebbe con il passare degli anni.
Questa è stata la storia di quasi ogni comunità cristiana. Appaiono tendenze liberali. Lo zelo e lo stimolo lasciano il passo al formalismo. Si sviluppa una gerarchia denominazionale.
Ben presto si può scrivere su tutto ciò la parola “Icabod”, cioè: “La gloria si è allontanata” (1Sa 4:21).

Allora, nuovamente: se tu fossi leale ad un gruppo di assemblee, la domanda si riproporrebbe: “Con chi sei d’accordo in particolare?” Vi sono grandi differenze tra qualsiasi gruppo di chiese locali, nello stesso modo in cui vi sono grandi differenze fra le persone. Alcune chiese sono aperte, altre sono esclusiviste. Alcune sono conservatrici, altre sono liberali. Alcune hanno un pastore che le presiede, altre ripudiano il ministero di un solo uomo. Non esistono due chiese esattamente uguali.

Ecco un vero problema. A quali assemblee dobbiamo essere leali? Dobbiamo aderire ciecamente a tutte le assemblee che sono enumerate in un prontuario semi-ufficiale? È ovvio che, in sostanza, non possiamo fare questo. Dobbiamo giudicare ogni assemblea individualmente per mezzo della Parola di Dio, in ciò che riguarda la nostra affiliazione personale.

Ecco un altro problema. Se la mia lealtà è verso un gruppo particolare di chiese locali, quale deve essere il mio atteggiamento verso altri gruppi di cristiani che forse assomigliano maggiormente in alcune cose al modello del Nuovo Testamento? Come posso valutare questi gruppi? Li rifiuto semplicemente affermando: “Non sono delle «nostre» assemblee?” Li accetto o li rifiuto in base al fatto che le loro attività sono registrate in una delle “nostre” riviste?

Inoltre, c’è l’argomento dei servitori cristiani individuali “fuori del nostro ambiente”. Come considerarli? Chiediamo loro se sono stati raccomandati all’opera da una delle “assemblee”? Oppure chiediamo se “è con noi”? Oppure ancora, indaghiamo per sapere se stanno servendo il Signore secondo i principi del Nuovo Testamento?
Certamente, la politica più semplice è giudicare gli individui o i gruppi dal fatto se “sono dei nostri” o no. Questo non richiede impegno, né discernimento spirituale. Però è una base di giudizio falsa e pericolosa. Sostituisce la Parola di Dio come nostra autorità finale. Dà per scontato a priori che “noi” siamo nel giusto nella nostra posizione e che tutti gli altri devono conformarsi a noi. Tutto ciò porta ad incoerenza, vergogna e confusione.

I cristiani devono essere ammaestrati ad esaminare e provare tutto attraverso le Scritture. Esse sono la nostra unica autorità. La questione non è: “Che cosa crede Tizio?” né “Come facciamo noi nelle «nostre assemblee»?” Ma piuttosto “Che cosa insegna la Bibbia riguardo a ciò?”
La nostra lealtà deve essere, in primo ed ultimo luogo, sempre al Signore ed ai principi della Sua Parola. E non dovremmo mai dare ciecamente per scontato che un gruppo di credenti possa avere il monopolio della verità, o che aderisca interamente al Nuovo Testamento, o che sia immune da cadute e deviazioni.

Ogni generazione deve guardarsi dal pericolo di cadere nelle forme di pensiero denominazionale e settario. Attraverso i secoli, vi sono stati grandi movimenti dello Spirito Santo in cui certe verità sono state estratte dalle macerie della tradizione, del formalismo e del ritualismo.
La prima generazione, vale a dire coloro che vissero al tempo di questi movimenti, furono avveduti riguardo ai principi della Scrittura. Però la seconda e la terza generazione hanno avuto la tendenza a seguire il sistema per tradizione, perché i loro genitori si trovavano in esso, e perché essi stessi sono cresciuti lì. In essi vi è stato un deterioramento delle vere convinzioni ed è aumentata l’ignoranza dei principi biblici del modello che si segue.
Così la storia della maggior parte dei movimenti spirituali è stata descritta in maniera opportuna con questa serie di parole:

uomo
movimento
organizzazione
monumento


All’inizio c’è un uomo, unto in maniera speciale dallo Spirito Santo. Mentre altri sono condotti alla verità, si sviluppa un movimento.
Però quando arrivano la seconda e la terza generazione, le persone seguono un sistema che ha una ben definita identità settaria, allo stesso modo di una organizzazione. È molto probabile che non rimanga nient’altro che un monumento denominazionale e senza vita.
Se tu chiedessi ad una rappresentanza di cristiani: “Perché vi riunite in comunione nel luogo in cui siete?” Quanti cristiani credi che potrebbero darti una risposta chiara e scritturale? Non molti!
C’è un’ignoranza diffusa riguardo alla verità della chiesa del Nuovo Testamento, e pertanto una mancanza generale di convinzione riguardo all’argomento. Come possiamo avere delle convinzioni solide riguardo a qualcosa che non conosciamo, né comprendiamo?

In un’assemblea neotestamentaria che è spiritualmente sana, coloro che sono in comunione sanno perché si trovano lì. Non sono di coloro che degustano i sermoni come se fossero vini, né di quelli che seguono gli uomini, ma sono cristiani ben fondati nella verità dell’Evangelo e della Chiesa. Essi sono preparati per esaminare e giudicare tutto per mezzo della Parola. Non si sono consacrati in modo definitivo a nessun gruppo o denominazione in particolare. Se si sviluppano tendenze che non sono bibliche, e che non onorano il Signore, essi cercheranno la direzione dello Spirito Santo per unirsi insieme a coloro che si riuniscono in ubbidienza alla Bibbia.
Esaminiamo alcune delle grandi verità che si trovano nel Nuovo Testamento concernenti l’assemblea e quelle alle quali dobbiamo essere leali.
10/06/2005 16:01
 
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2^ parte - L’unità del Corpo
L’unità del Corpo

Una delle verità più chiare è l’unità del corpo di Cristo. C’è un solo corpo, una chiesa, un’assemblea (Ef 4:4).
Dato che è una verità, tutti i credenti sono responsabili di renderle testimonianza. Nel riunirci, dovremmo dare ad essa un’espressione pratica. Niente di ciò che facciamo o diciamo dovrebbe negarla.
Molti cristiani notano chiaramente che le sette e le denominazioni sono una negazione della verità del Corpo (1Co 1:10-13; 3:3). Le sette danno la sensazione che Cristo sia diviso, e sono una cattiva rappresentazione della verità della Parola di Dio. Molti di noi lo vedono chiaramente, e rifiutano appellativi come “battista”,” luterano”, “metodista” o “episcopale”.

Però non sempre ci rendiamo conto che qualsiasi nome che ci separa dagli altri membri del corpo è fonte di divisione e non scritturale. Anche se prendiamo, per esempio, un nome biblico come fratelli, nel momento in cui lo qualifichiamo o lo scriviamo con la lettera maiuscola come un titolo, commettiamo una violazione.
È altrettanto errato identificarsi come fanno alcuni “Le Assemblee dei Fratelli”, “I Fratelli di Plymouth”, “I Fratelli Uniti”, “I Fratelli Cristiani”, “I Fratelli Evangelici”, “I Fratelli Aperti” o “I Fratelli Esclusivi o Stretti”, quanto lo è per altri il chiamarsi battisti, presbiteriani o pentecostali.
“Fratelli” con la “F” maiuscola implica che ci sono alcuni credenti che non sono fratelli, o che alcuni sono fratelli in una maniera diversa. Sentiamo alcuni che domandano: “Sei dei Fratelli?” oppure che affermano con tristezza: “Ho lasciato i Fratelli”. La verità è, naturalmente, che se è salvato, fa parte dei fratelli, e non può lasciare i fratelli, poiché il credente è sicuro eternamente.
Certamente è giusto che ci raduniamo unicamente nel Nome del Signore Gesù Cristo, ma nel momento in cui ci chiamiamo “i cristiani radunati unicamente nel Nome del Signore Gesù Cristo”, volendo dire che noi lo facciamo e gli altri no, cadiamo nel settarismo.
Parlare di qualsiasi gruppo specifico di cristiani esclusivamente come: “Il popolo del Signore”, rivela un attitudine settaria. Ci colloca nella stessa categoria dei credenti di Corinto che affermavano: “Io sono di Cristo”, volendo affermare che essi erano di Cristo escludendo tutti gli altri (1Co 1:12).

Un’altra forma in cui appare l’incoerenza, è l’abitudine di chiamare una congregazione particolare di cristiani in una località “l’assemblea” di quel posto. Oppure parlare di province e città dove “non ci sono assemblee”. In realtà, questo non è un linguaggio preciso.
L’assemblea in qualsiasi luogo è formata da tutti i veri credenti che si trovano lì. In quel luogo potrebbero esserci varie congregazioni di cristiani. Inoltre, potrebbero esserci alcuni veri cristiani che non sono membri di una chiesa locale per una o per un’altra ragione; forse sono sotto disciplina. Tutti formano l’assemblea in quel paese, anche se può darsi che non tutti si radunino nello stesso luogo.
Qualcuno può dire: “Bene, come posso distinguere la mia assemblea dalle altre chiese vere e legittime della mia città o regione?”
La risposta è che anziché chiamarla “l’assemblea” di – ponendo il nome della tua città o regione – fai riferimento ad essa come all’assemblea che si riunisce in…, e poni il nome della via o dell’edificio. In questo modo non neghi l’unità del corpo.

Non dobbiamo mai dimenticare che tutti noi che veramente siamo stati salvati, siamo cristiani, credenti, fratelli, discepoli e santi. Lo stesso vale per tutti coloro che sono stati redenti dal prezioso sangue di Cristo.
Negare ciò in favore di qualsiasi forma di settarismo, denominazionalismo o esclusivismo, è negare la verità della Bibbia ed essere colpevole di carnalità ed orgoglio.
10/06/2005 16:04
 
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3^ parte - tutti i credenti sono membri
Tutti i credenti sono membri

Una seconda e grande verità cui dobbiamo credere e e che dobbiamo attestare, è che tutti i veri credenti sono membri del corpo di Cristo e, pertanto, sono membri gli uni degli altri (1Co 12:12-26). Essendo questa la realtà, è necessario che riconosciamo tutti i cristiani come nostri fratelli e sorelle.
Fare ciò non è sempre facile. Gli uomini hanno innalzato muri. Molte persone sono più leali alla propria denominazione che al corpo di Cristo. Non riconoscono l’unità dello Spirito. Ma il problema non riguarda solo gli altri. Anche nei nostri cuori, spesso, c’è il desiderio di essere diversi, quando pensiamo a noi stessi come se avessimo l’esclusiva nella verità della chiesa o di qualche altra verità.
Spesso, ci è difficile intavolare amicizia con coloro che non vedono le cose come noi. Anziché gioire quando altri sono guidati in una certa misura dalla verità divina, si è propensi ad ingigantire i modi in cui essi sono ancora diversi da noi. E con troppa frequenza lottiamo con più amarezza con coloro il cui ordine di chiesa è notoriamente simile al nostro.
Come possiamo, allora, dare espressione pratica alla verità che tutti i credenti sinceri sono membri del corpo di Cristo?

Innanzi tutto, dobbiamo amarli perché appartengono a Cristo (1Gv 4:11). Il fatto che differiscono da noi in qualche sfera di dottrina o pratica, non deve essere un impedimento per amarli.

Secondo, dobbiamo pregare per loro (1Sa 12:23). Questo è un debito che abbiamo con tutti gli uomini, e specialmente verso coloro che appartengono alla famiglia della fede.

Terzo, dobbiamo cercare di condividere con loro le verità preziose che Dio ci ha mostrato nella sua Parola (2Ti 2:2).
Questo non significa che dobbiamo adottare una strategia deliberata a portare via le pecore, cioè muovendoci fra gruppi evangelici diversi con il proposito specifico di tirare fuori di lì le persone per portarle alla “nostra comunione”.
Non c’è nulla nella Bibbia che ci chiami ad una attività scismatica come questa. Piuttosto, nel nostro contatto individuale con gli altri, guidati dallo Spirito Santo, dobbiamo presentare Cristo come il Centro d’incontro del Suo popolo. Dobbiamo istruire: “Ciascun uomo in ogni sapienza, affin di presentare ogni uomo perfetto in Cristo” (Cl 1:28).

Quarto, non solo dobbiamo amare gli altri credenti, pregare per loro, e cercare di edificarli, ma dobbiamo anche apprendere da loro (1Co 12:21).
È un errore pensare che noi possediamo tutta la verità e che non possiamo beneficiare spiritualmente da coloro che sono fuori della “nostra comunione”. Ogni membro ha qualcosa da contribuire per il resto del corpo. Qualsiasi barriera umana che impedisce ad alcuni credenti di aiutare altri credenti, è contraria alla volontà di Dio.

Quinto, dobbiamo anche astenerci dalle critiche, dall’invidia, dai pettegolezzi, dai mormorii e dai giudizi (Lu 6:37). Ogni credente è un amministratore del Signore. Ci è proibito assolutamente giudicare gli altri prima del tempo, cioè, prima che il Signore venga (1Co 4:5). Paolo domanda: “Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone” (Ro 14:4). Quando Pietro si preoccupò a proposito del servizio di Giovanni per il Signore, Gesù disse: “Che t’importa? Tu seguimi” (Gv 21:22).

Sesto, dobbiamo gioire sempre quando Cristo è predicato, sia che noi siamo o no d’accordo con i metodi o le motivazioni. Paolo scrisse ai Filippesi:
“Vero è che alcuni predicano Cristo anche per invidia e per rivalità; ma ce ne sono anche altri che lo predicano di buon animo. Questi lo fanno per amore, sapendo che sono incaricato della difesa del vangelo; ma quelli annunziano Cristo con spirito di rivalità, non sinceramente, pensando di provocarmi qualche afflizione nelle mie catene. Che importa? Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunziato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora” (Fl 1:15-18).
Riconoscere tutti i veri credenti come membri del Corpo di Cristo, NON vuol dire che adottiamo i loro metodi e pratiche. Siamo responsabili di ubbidire alla Parola di Dio così come Egli ce l’ha rivelata.
Possiamo amare le persone senza amare il sistema in cui esse sono, né essere parte di esso.
In ciò che riguarda il nostro cammino, dobbiamo essere rigorosamente ubbidienti alla Bibbia. Per quanto concerne gli altri credenti, dobbiamo essere pazienti e caritatevolmente tolleranti.

10/06/2005 16:06
 
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4^ parte - Cristo è il Capo della Chiesa
Cristo è il Capo della Chiesa

Una terza verità importante che dobbiamo difendere, è che Cristo è il Capo della Chiesa (Ef 5:23; Cl 1:18). Questo vuol dire che dobbiamo guardare a Lui perché ci diriga e ci guidi nelle vicende dell’assemblea locale.
Tutti ci rendiamo conto che la verità dell’autorità di Cristo come Capo è negata quando un papa, per esempio, afferma di essere il capo della chiesa sulla terra. Però dobbiamo vigilare contro il sottile errore di pensare che chiunque di noi abbia il diritto di incaricarsi delle faccende dell’assemblea. È molto facile parlare dell’autorità di Cristo come Capo, ed anche altrettanto facile agire, sollecitare e ragionare in modo carnale per far trionfare la propria.
Anziché rimetterci a Lui nel digiuno e in preghiera, applichiamo i metodi di successo degli affari e la sapienza di questo mondo. Tutto questo nega in pratica l’autorità di Cristo come Capo.
Se Cristo è il Capo, allora tutto deve essere eseguito sotto il suo controllo e la sua guida.
10/06/2005 16:08
 
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5^parte - Il sacerdozio di tutti i credenti
Il sacerdozio di tutti i credenti

Ora arriviamo ad una quarta verità: tutti i veri credenti sono sacerdoti. Da 1 Pietro 2:5-9 apprendiamo che siamo sacerdoti santi e regali. Come sacerdoti santi, offriamo sacrifici spirituali a Dio per mezzo di Gesù Cristo (v. 5). Questi sacrifici includono:

• -Il sacrificio dei nostri corpi (Ro 12:1-2).
• -Il sacrificio della nostra lode (Eb 13:15).
• -Il sacrificio dei nostri beni (Eb 13:16).

Come sacerdoti regali, annunziamo le virtù di Colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla Sua meravigliosa luce (1P 2:9). Questo significa che ogni credente deve testimoniare di Cristo, sia per mezzo della propria vita, sia per mezzo delle proprie parole.

Come sacerdoti santi entriamo nel santuario per adorare.

Come sacerdoti regali usciamo nel mondo per testimoniare.

Il concetto che l’adorazione ed il servizio siano funzioni di un gruppo esclusivo conosciuto come sacerdozio o clero, non si trova nel Nuovo Testamento.
Tutti i credenti sono sacerdoti e dovrebbero essere liberi di esercitare le loro funzioni sacerdotali.
10/06/2005 16:10
 
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6^ parte - Nessun ministero unipastorale
Nessun ministero unipastorale

Vi sono alcune chiese locali che ripudiano il sistema clericale, rifiutando di avere ciò che potrebbe chiamarsi un ministero “unipastorale”. Però se chiediamo a molti dei cristiani di queste chiese una difesa scritturale della loro posizione, sarà difficile per loro dare una risposta.
Perché è errato avere un ministero unipastorale nell’assemblea locale?

La prima ragione è perché non si trova nel Nuovo Testamento.
Le assemblee dei tempi apostolici erano costituite di santi, vescovi e diaconi (Fl 1:1). Di vescovi, o anziani, si parla sempre al plurale. Non di un anziano a capo di una chiesa, ma di vari anziani in ogni chiesa. Gli storici del Cristianesimo affermano che il sistema clericale apparve nel secondo secolo; questo sistema non si trovava nelle chiese del Nuovo Testamento.

In secondo luogo, il sistema clericale generalmente ignora lo scopo per cui sono stati dati alla Chiesa i doni di evangelista, pastore e dottore. La funzione di questi doni è perfezionare i santi per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo (Ef 4:12).
In altre parole, il servizio cristiano non è la funzione di una categoria privilegiata di persone, ma la responsabilità di tutti i credenti. Soltanto se ogni membro compie il proprio ruolo, il corpo si svilupperà e maturerà. La funzione dei doni enumerati in Efesini 4:11 è perfezionare i santi, al punto che siano membri del corpo, maturi e funzionali. Così, questi particolari doni sono degli aiuti temporali e non elementi permanenti.
Quando un uomo è il responsabile di tutto l’insegnamento e di tutte le predicazioni in una chiesa locale, vi è sempre il pericolo che le persone si raccolgano intorno a lui, e non al Signore. Se un uomo è particolarmente dotato, la gente è attratta dalla sua predicazione. Frequentano la sua chiesa perché lui è lì. Se costui per qualche motivo se ne va, gli altri sono propensi a seguirlo, oppure, se ciò non è possibile, spesso se ne vanno in un altro posto, cercando un altro uomo dotato.

Cristo deve essere il Centro del radunamento del suo popolo (Mt 18:20). Dobbiamo essere attratti dalla sua presenza, non da quella di un uomo. Quando i credenti vedono e agiscono in tal modo, l’assemblea locale non ha bisogno di sussultare perché un uomo se ne va. L’assemblea nella quale i cristiani si radunano intorno a Cristo ha forza, stabilità e solidarietà.
Naturalmente, vi sono pericoli prevedibili quando tutto o la maggior parte dell’insegnamento in una chiesa locale è impartito da un solo uomo. Si tende ad accettare la sua parola come assoluta. Se i credenti non studiano le Scritture da sé stessi, non saranno esercitati a discernere l’errore.
Inoltre, nessun individuo può da solo provvedere alla varietà del ministero che è possibile solo quando lo Spirito Santo ha la libertà di parlare attraverso diversi uomini. Dobbiamo preoccuparci non soltanto che il ministero sia dottrinalmente corretto, ma anche che vi sia una dieta equilibrata per il popolo di Dio. L’istruzione biblica è: “I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino” (1Co 14:29).
Spesso il ministero unipastorale frena lo sviluppo dei doni in una chiesa locale. Gli altri non hanno la stessa opportunità di partecipare. Alcuni ministri insistono nell’avocare la maggior parte dell’opera a sé stessi; si risentono se altri s’intromettono nelle loro funzioni.
Però anche laddove non si verifichi ciò – anche laddove ai ministri piacerebbe vedere altri collaborare – per la stessa natura del sistema clericale, il cosiddetto laico è scoraggiato dallo sviluppare i doni che Dio gli ha dato.
Quando un uomo è stipendiato dalla congregazione locale come predicatore, vi è sempre la sottile tentazione di addolcire il messaggio. Non dovrebbe essere così, ma il fatto è che nel controllare il salario del pastore, spesso la congregazione danneggia sé stessa, impedendo che riceva tutto il consiglio di Dio.
Riconosciamo che vi sono molti grandi uomini di Dio nel sistema clericale, che predicano fedelmente l’Evangelo, insegnano la Parola, e cercano di pascere il gregge di Cristo, e Dio li sta usando.
Riconosciamo anche che vi sono molti “pastori o ministri” che non hanno lo spirito clericale. Essi hanno il sincero desiderio di aiutare i santi in tutti i modi possibili, guidando per mezzo del proprio esempio, e non signoreggiando sull’eredità di Dio.
E ci rendiamo anche conto, che è possibile che qualcuno che non sia clericale, abbia lo spirito clericale. In 3Giovanni 9-11, per esempio, leggiamo di Diotrefe, che agiva come un tiranno in un’assemblea locale.

Però dopotutto, rimane la verità che il sistema clericale è fondamentalmente erroneo, e non è scritturale.
Il mondo non sarà mai evangelizzato nel modo in cui Dio si propose di farlo, e la Chiesa non sarà mai perfetta secondo il piano divino, fintanto che si conserva la distinzione fra clero e laici.
10/06/2005 16:13
 
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7^ parte - La presidenza dello Spirito Santo
Un’altra verità vitale che ogni chiesa locale ha l’obbligo di conservare e praticare è la presidenza dello Spirito Santo (Gv 14:16, 26).
Ciò vuol dire che lo Spirito Santo è il Rappresentante (Vicario) di Cristo nella chiesa sulla terra. Egli deve guidare il popolo di Dio nella preghiera, nella lode e nell’adorazione. Egli deve avere la libertà di parlare attraverso dei servi che Egli stesso sceglie secondo le necessità spirituali del popolo di Dio.
In 1Corinzi 14:26, ci viene presentata una riunione della chiesa delle origini, nella quale vi era la libertà dello Spirito. “Che dunque, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione”.
Quando lo Spirito Santo ha questa libertà di condurre, vi sarà spontaneità nell’insegnamento, nella predicazione, nella adorazione e nell’intercessione.
Riconosciamo tutti che il ministero dello Spirito Santo è stato in gran parte spento dall’introduzione del ritualismo e della liturgia. L’uso di preghiere scritte, di messaggi preparati per certi giorni del “calendario ecclesiale”, di un ordine prescritto di servizio che si deve seguire senza fuorviare; queste cose pongono degli intoppi allo Spirito Santo nelle riunioni della chiesa locale.
Ma dobbiamo guardarci dai modi più sottili di spegnerLo. Per esempio, dobbiamo fare attenzione alle regole umane nelle nostre riunioni di adorazione. In alcuni luoghi, esiste la norma che non si deve avere la predicazione della Parola prima di rompere il pane. Oppure, che la riunione non deve superare un certo tempo. Oppure, che adorando non dobbiamo soffermarci sui nostri peccati o indegnità. Oppure, che dobbiamo stare in piedi o seduti quando preghiamo o cantiamo. Tali norme spengono lo spirito dell’adorazione spontanea e conducono al formalismo.
Spesso feriamo qualcuno per una parola che ha detto. Ad esempio un giovane credente ha espresso la sua gratitudine a Dio per essere morto per lui. Deve essere ripreso per questo? Tutti sappiamo che Dio il Padre non morì. E senza dubbio anche il giovane credente lo sa. Però conscio della partecipazione pubblica, il giovane tende ad esprimersi poveramente. Lo si dovrebbe umiliare pubblicamente per questo primo, titubante atto pubblico di adorazione? Non è meglio ascoltare la sua sincera, anche se imperfetta adorazione, piuttosto che non ascoltarla affatto?
Generalmente parlando, crediamo che lo Spirito Santo guiderà l’adorazione del Suo popolo con un tema concreto. Però supponiamo che un fratello proponga un inno che non sembra avere un’attinenza con il tema. Deve essere umiliato per questo? Non è meglio cantare l’inno, e pregare affinché, nel maturare sufficientemente per discernere il tema della riunione, lo faccia senza perdere niente del suo calore ed affetto per il Signore?
Questo ci ricorda un certo predicatore, cui qualcuno chiese: “Che faresti se un fratello citasse un inno che ovviamente non era secondo lo Spirito?”. Egli replicò: “Lo canterei secondo lo Spirito”.
Mentre cerchiamo di dare allo Spirito Santo il suo giusto posto nell’assemblea, prestiamo attenzione alle regole ed alle norme che lo spengono e che uccidono la spontaneità e l’adorazione senza amore.
10/06/2005 16:16
 
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8^parte - Ogni assemblea è autonoma: responsabile direttamente davanti Cristo
Ogni assemblea è autonoma:
responsabile direttamente
davanti Cristo

C’è un altro principio nella Parola di Dio che dovrebbe guidarci riguardo all’assemblea: sapere che ogni assemblea è indipendente e responsabile soltanto davanti a Cristo. Non troviamo nel Nuovo Testamento qualcosa come una denominazione, una federazione di chiese, raggruppamenti regionali o circoli di comunione.
Non ci sono sedi sulla terra, che dirigono ed esercitano autorità di alcun tipo sulle assemblee locali. Alcuni non condividono questo principio, perché non va d’accordo con ciò che hanno organizzato o vogliono organizzare.
La sede della Chiesa è dov’è il Capo, nel Cielo.
Ogni chiesa locale deve evitare con attenzione tutto e qualsiasi cosa che la conduca sotto un controllo centralizzato sulla terra.Questa centralizzazione è il male che ha accelerato l’estensione del modernismo. I liberali hanno preso il controllo delle sedi delle denominazioni e dei seminari. Costoro sapevano che se avessero potuto controllare le sedi centrali, allora avrebbero potuto sicuramente controllare tutte le chiese.
La formazione di un gruppo centrale spesso viene dalla pressione esercitata dal governo, o dal desiderio di ottenere certi benefici dal governo costituito. Oltre ai suoi altri difetti, la centralizzazione rende facile ai governi totalitari di dominare la Chiesa. Se controllano alcuni leaders di denominazioni, possono controllare le attività di tutta la denominazione.
La volontà di Dio è che ogni assemblea sia un’unità indipendente, responsabile direttamente davanti al Signore Gesù. Questo ostacola l’espansione dell’errore, e rende più facile che la chiesa si nasconda in tempo di persecuzione.

..... > continua

[Modificato da alex.kirk 10/06/2005 16.18]

10/06/2005 17:24
 
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Scritto da: alex.kirk 10/06/2005 15.59
1^ Parte

Mesi fa ho letto su un mensile evangelico un interessante articolo, credo possa essere utile ai TdG in particolare su alcuni punti quale Cristo come Capo della chiesa, lo Spirito santo quale intercessore, etc.....

Si tratta di un copia/incolla da questo sito: http://www.ilcristiano.it/2005/mar05/fondamenta.htm

Ricordo che il regolamento sconsiglia i copia/incolla:
«9. Copia/incolla Sono sconsigliati i copia/incolla di interi testi o pagine web. Vanno eventualmente riportati nel forum solo quei punti che si intendono discutere od analizzare».

Inoltre inviare otto post copia/incollati (e non è ancora finita), senza aspettare che qualcuno esprima almeno un commento, credo scoraggi decisamente la volontà di partecipare alla discussione.

Saluti
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 10/06/2005 17.25]

11/06/2005 23:41
 
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9^ parte - Il ruolo dei doni nella chiesa
Grazie Achille per la puntale precisazione.
Appurato, in ogni modo, che non è vietato il copia e incolla, proseguo con gli ultimi post, credendo che possano essere edificanti per gli amici Testimoni e, avendo avuto la pazienza di leggere, anche di confronto con i stessi TdG.

Il ruolo dei doni nella chiesa

Abbiamo già accennato brevemente il tema del ruolo dei doni nella chiesa. In realtà, ogni credente ha qualche dono, qualche funzione speciale nel corpo di Cristo. Inoltre, vi sono i doni speciali di servizio: “Evangelisti, pastori e dottori” (Ef 4:11). Gli ultimi due, sono stati dati per aiutare tutti i santi ad individuare quale sia il proprio dono ed esercitarlo. Sono stati dati per perfezionare i santi per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo. Perciò è chiaro che l’opera del ministero non è per una categoria speciale di cristiani, ma è per tutto il popolo di Dio.
La funzione di questi doni speciali di Efesini 4, è perfezionare i cristiani al punto che essi possano proseguire nell’esercizio dei doni, e dopo di questo, andare in un altro luogo. In altre parole, i santi non devono essere perennemente dipendenti da questi doni. Al contrario, questi doni devono operare nel minor tempo possibile, per passare a nuove aree di opportunità. Nello stesso modo in cui i genitori cominciano presto ad insegnare ai loro figli il modo in cui possano essere autosufficienti, così questi doni devono insegnare ai bambini in Cristo.
Ora, questo fa sì che sorga la domanda: “Quanto tempo un dono così dovrebbe rimanere nell’assemblea?”.
C’è soltanto una risposta possibile alla domanda: tanto tempo quanto è necessario ai santi per maturare per il servizio. Paolo rimase in Tessalonica solo “per tre sabati” (At 17:2), e lasciò lì un’assemblea nascente, che si appoggiava, governava e sviluppava da sé stessa. Per quanto ci è dato di sapere, il maggior tempo che Paolo passò in uno stesso luogo furono i tre anni che rimase in Efeso (At 20:31). La questione, precisamente, non è tanto il tempo che un uomo deve stare in un luogo, ma piuttosto qual è il suo proposito. Cos’è ciò che sta intentando di fare? Sta cercando di equipaggiare i santi affinché poi essi vadano avanti da soli?
Al riguardo, questi doni devono guardarsi dalla tendenza innaturale di “radicarsi”, di pensare che hanno un appuntamento per tutta la loro vita in un solo luogo. (Questo è vero sia con i missionari stranieri, sia con i servitori locali). Devono conservarsi mobili. E devono anche guardarsi da altri pericoli sottili, come quello di credere che i santi non potranno arrangiarsi senza di loro. Quando si allontanano, si riduce l’assistenza; questo fa loro pensare che non devono andarsene. Temono che l’assemblea vada in pezzi. Pensare che siamo indispensabili nutre l’orgoglio. Ed a volte ferisce il nostro orgoglio il pensare che non c’è bisogno di noi in un luogo in particolare. In realtà, dovremmo rallegrarci quando arriverà quel momento.
Nel parlare di doni, c’è qualcosa in più che si dovrebbe menzionare. Nel Nuovo Testamento, questi doni erano carismatici, non professionali. Questo vuol dire che questi doni erano dati a uomini che erano sovranamente dotati dallo Spirito Santo, senza riferimento a preparazione o occupazione. Per esempio, lo Spirito potrebbe raggiungere ed equipaggiare un pescatore perché sia un evangelista. Oppure, potrebbe prendere un pastore perché insegni la sua Parola. Oppure, un falegname perché eserciti un ministero pastorale fra i santi.
Non ci viene suggerito nel Nuovo Testamento che la formazione professionale (teologica) possa equipaggiare un uomo con un dono per la chiesa. L’idea che soltanto gli uomini che hanno avuto studi formali (in un istituto biblico) nella Parola siano qualificati per servire, è ripugnante. Un tempo di preparazione può essere utile per un credente, per conoscere le Scritture, però nessuna quantità di formazione teologica può fare di un uomo un evangelista, un pastore o un dottore. Inoltre, c’è sempre il pericolo del professionalismo. Se le Scritture sono considerate come base filosofica, allora questa “formazione” può essere qualcosa di molto pericoloso ed infruttuoso.
11/06/2005 23:45
 
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10^parte - La chiesa locale
La chiesa locale

Quando un gruppo locale è una vera chiesa neotestamentaria?
Lo è forse quando la maggior parte dei membri è veramente credente?
Oppure, lo è anche se solo una minoranza è davvero credente?
Lo è dovunque i cristiani si radunano nel nome del Signore?
Che cosa qualifica un gruppo per essere considerato un’assemblea locale?
Il Nuovo Testamento non dà una lista di norme concrete riguardo a ciò che è un’assemblea. Esso dichiara che dovunque due o tre sono riuniti nel nome di Cristo, Egli è in mezzo a loro (Mt 18:20). E le Scritture presumono che coloro che compongono l’assemblea siano cristiani, benché si riconosca a volte che anche gli increduli si possono trovare inavvertitamente fra loro (At 20:29-30). Il Nuovo Testamento sembra includere anche la presenza di anziani e diaconi nell’assemblea normale (Fl 1:1). Ma aldilà di questo, non c’è un modo definitivo con cui possiamo affermare che certi gruppi di cristiani siano chiese neotestamentarie e che altri non lo siano. Possiamo essere grati che in questi casi non siamo noi i giudici.
Se un gruppo professa di essere un’assemblea cristiana, allora deve manifestare la verità della chiesa universale. Deve essere una miniatura, una replica del Corpo di Cristo. Deve presentare un ritratto vivente della chiesa del Dio vivente.
Ebbene, la situazione fra le chiese locali nel mondo d’oggi è questa; alcune chiese locali rappresentano molto male la chiesa universale. Altre lo fanno con più precisione. Nessuna lo fa perfettamente. Esiste un’ampia gamma di chiese con differenti gradi di somiglianza alla chiesa universale.
Alcune chiese, ovviamente, non hanno il diritto che le si consideri come assemblee cristiane. Mi riferisco, per esempio, a quelle chiese liberali che negano tutte le dottrine fondamentali della fede.
Però sicuramente abbiamo anche una gran varietà di altre chiese che riconoscono Gesù Cristo come l’unico Signore e Salvatore. Alcune sono più evangeliche di altre. Chi può dire dov’è la linea che separa quelle che sono chiese neotestamentarie, da quelle che non lo sono? Lasciamolo al Signore.La nostra responsabilità è di edificare secondo il modello, e cioè, dare una vera somiglianza con la Chiesa nella nostra assemblea locale.
Certamente nessuna assemblea ha ragione per inorgoglirsi. Se potessimo vederci come ci vede il Signore, probabilmente ci intimidiremmo e moriremmo.
L’orgoglio spirituale è in sé stesso una negazione della verità che vogliamo sostenere.
16/06/2005 11:24
 
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11^Parte - conclusioni
Conclusione

A che cosa dobbiamo essere leali?
Poniamo di nuovo l’enfasi sul fatto che dobbiamo essere leali alle Scritture, alla Parola di Dio, e non ad un sistema ecclesiale o ad un ambiente di comunione.
In quest’epoca di trascuratezza e decadenza spirituale, dobbiamo costantemente esaminare tutto per mezzo della Bibbia, ed agire in accordo con essa.

Vi sarà un prezzo da pagare.
Costa seguire i principi del Nuovo Testamento. Vi sarà la critica da parte del mondo e l’opposizione di altri cristiani.
Ma la nostra responsabilità è chiara: dobbiamo ubbidire a Dio, lasciandone a Lui le conseguenze.

William MacDonald
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