Domenica 12 del Tempo Ordinario – [19 Giugno 2005]
Prima Lettura: Ger 20, 10-13
Dei suoi nemici il profeta dice “11… La [loro] umiliazione di durata indefinita non sarà dimenticata.” [la loro vergogna sarà eterna e incancellabile – CEI]
Un accenno in anteprima dell’inferno?...
Seconda Lettura: Rm 5, 12-15
Ci viene riproposta la considerazione della diversità “quantitativa” tra il peso del peccato adamico e la giustificazione donata da Cristo. La Bibbia infatti dice (ma è bene andare anche a vedere prima e dopo del versetto): “15 Ma non è del dono come fu del fallo. Poiché se per il fallo di un solo uomo molti sono morti, molto di più l’immeritata benignità di Dio e il gratuito dono con l’immeritata benignità del solo uomo Gesù Cristo sono abbondati a molti.”
Quel “molto di più” e quella “abbondanza” a cui si premette che “non è del dono come fu del fallo” indicano la diversità. Il che vieta di porre Gesù su un piatto della bilancia e Adamo sull’altro e farli pesare allo stesso modo come avviene in tutti gli stampati geovisti.
Quindi, accertato che la WT in questo depaupera la Bibbia, si potrebbe illustrare al TG con cui si dialoga la posizione cattolica circa la redenzione. Per noi, che seguiamo la regola universale che le azioni consapevoli appartengono alla persona* (“actiones sunt suppositorum” dicevano già da tempi antichi) ed essendo Gesù solo Persona Divina, la Persona del Figlio di Dio Padre, il paragone con Adamo è polverizzato. Una sola lacrima di Cristo aveva valore infinito, capace cioè di donare la grazia del perdono a tutti i peccati passati presenti e futuri dell’umanità.
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* In morale si distinguono gli “atti dell’uomo” (quelli fatti senza consapevolezza; in stato d’ipnosi, nella minorità, nel sonno, sotto droga, in stato di demenza ecc…) dagli “atti umani” (quelli fatti con piena avvertenza e libera volontà). Nei primi è solo la natura umana ad essere coinvolta, nei secondi, insieme ad essa esecutrice, lo è anche la persona che pensa, delibera e dirige gli atti rendendo il soggetto responsabile di essi, sia in merito che in demerito.
Vangelo: Mt 10, 26-33
"26 Perciò non li temete; poiché non c’è nulla di coperto che non sarà scoperto, né di segreto che non sarà conosciuto. 27 Ciò che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e ciò che udite sussurrare, predicatelo dalle terrazze."
E noi, nella trasparenza a cui ci invita il Vangelo, siamo pronti a far registrare una lezione di teologia, una predica nel tempio ecc… Perché invece i Testimoni di Geova hanno un terrore panico del registratore? Perché non prmettono che si registri non solo ciò che viene detto “nel segreto” di un colloquio familiare, ma neanche ciò che essi dicono pubblicamente nelle Sale del Regno?
Questo atteggiamento, insufflato dai capi, come si concilia con la Bibbia che dice: “19 Ora questa è la base per il giudizio, che la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato le tenebre piuttosto che la luce, perché le loro opere erano malvage. 20 Poiché chi pratica cose vili odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano riprese. 21 Ma chi fa ciò che è vero viene alla luce, affinché le sue opere siano rese manifeste, poiché sono state compiute in armonia con Dio”.(NM)?
"28 E non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna."
Ma allora la Bibbia distingue l’anima dal corpo! Come mai la WT insegna che invece l’anima si deve chiamare “spirito”; lo spirito deve essere inteso solo come “forza vitale del corpo”; la forza vitale deve essere intesa come identica a quella delle bestie che svanisce alla loro morte (pe poter così dichiarare trionfalmente che “l’anima muore!”); e l’insieme di corpo e forza vitale deve essere tradotto con “anima”?
Si potrebbe confondere in modo più ardito la semplicità della frase di Gesù da cui, chi legge la Bibbia senza gli accorgimenti watchtoweriani, capisce che il corpo può essere ucciso ma l’anima no, perché sussiste al suo disfacimento? Il che poi va d’accordissimo con il resto della verità rivelata da Gesù secondo cui il corpo sarà risuscitato e sarà riunito all’anima che è già (come le anime dei giusti, come quella del mendicante Lazzaro) “nel seno di Abramo”, cioè nella beatitudine divina, mentre quella dei reprobi è nei tormenti e un giorno riprenderà il suo corpo con cui ha peccato per unirlo a sé nella punizione.
Per questa pretesa che l’anima muoia, rimandiamo al nostro ampio lavoro su questo stesso sito.
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est modus in rebus