Trasfusione forzata, muore: medici condannati

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Achille Lorenzi
00domenica 18 gennaio 2009 09:25
Dal quotidiano "La Repubblica":

"C’è una dignità anche nel processo del morire" ed è la Costituzione a garantirlo. Una dignità che nessun medico, anche se spinto dalle migliori intenzioni di cura e salvezza del paziente, può dimenticare. C’è una dignità nel morire e c’è un diritto a rifiutare un tipo di cura pur volendo continuare a vivere. Se questo diritto viene negato, qualcuno ne deve rispondere perché si scongiuri il rischio "che nell’intervento terapeutico l’attenzione si sposti dalla cura della persona alla cura in quanto tale".

La sentenza del tribunale civile di Milano che condanna un ospedale e quattro medici a risarcire la vedova di un paziente per danni morali e biologici è di un mese fa. Un uomo si ammala di tumore, una neoplasia gastrica maligna. Viene ricoverato in un ospedale milanese, i medici gli spiegano che sarà necessaria una trasfusione: ma lui è ministro di culto dei Testimoni di Geova, la sua religione non consente le trasfusioni. Così si fa trasferire in un’altra struttura, sempre a Milano. Qui — come riassume il giudice Iole Fontanella — ha rassicurazioni che la sua volontà — messa anche per iscritto — verrà rispettata. Ma tutto precipita in pochi giorni: l’uomo sta molto male, serve una trasfusione a cui lui, i suoi familiari e i suoi amici si oppongono.

"I sanitari chiedono un consulto psichiatrico da cui non emerge alcuna alterazione mentale". L’ospedale allora si fa autorizzare dal magistrato e pratica al paziente un trattamento sanitario obbligatorio che segna l’epilogo drammatico della storia. La polizia allontana i parenti e gli amici, l’uomo viene bloccato a letto e, mentre si dimena, grida che non vuole la trasfusione, prega i medici, gli vengono somministrate due sacche di sangue. Si sta per procedere con la terza ma il cuore dell’uomo cede. Un infarto.

La denuncia penale si risolve con una archiviazione perché non c’è reato. Ma il punto, nel processo civile, è un altro, e viene affrontato dal giudice anche e soprattutto alla luce della sentenza 21748 della Cassazione. La sentenza su Eluana. "Il collegio dei periti — scrive il giudice — che non ha avuto alcun dubbio nel riconoscere che la trasfusione era l’unica scelta praticabile, ha invece espresso sconcerto e imbarazzante perplessità di fronte a un comportamento dei sanitari così palesemente inadeguato e brutale", perché lo stress della trasfusione coatta "ha avuto senz’altro un ruolo concausale nel del decesso".

E ancora: "I sanitari hanno violato elementari precetti deontologici e del vivere civile. C’è una dignità anche nel processo del morire che al paziente è stata negata: tutto ciò non ha niente a che fare con i concetti di cura e di prestazione sanitaria salvavita". Per il giudice Fontanella l’errore dei medici non sta nell’aver valutato la trasfusione come unico modo per salvare la vita al loro paziente. Ma nell’aver imposto quella decisione senza pensare alla "proporzionalità e l’adeguatezza" dell’azione rispetto al fine.

Link: milano.repubblica.it/dettaglio/Trasfusione-forzata-muore:-medici-condannati...
Jon Konneri
00domenica 18 gennaio 2009 10:43
Lo lasciavano morire con la sua dignità , serve da lezione per un prossimo paziente.
certamente se c'è un altro modo per salvarli loro li devono salvare .

devo dire però che il giudice ,non a preso nessuna considerazione della buona volontà dei dottori "per salvare il paziente " è questo in una società come la nostra e un fatto da revisionare.
brian67
00domenica 18 gennaio 2009 10:54
È sempre triste quando ci va di mezzo la vita di una persona. Sono d’accordo che i medici devono fare tutto il possibile per strapparle dalla morte. Ma se si fa questo con la forza, quando il paziente è del tutto lucido é sicuramente scorretto. Indipendentemente se sia giusto o no la trasfusione, imporre un trattamento medico contro la propria volontà, causa al nostro organismo una fase di rigetto, e danni alcune volte irreparabili. Per non parlare anche del danno emotivo e psichico quando la persona si troverà a conviverci una volta scampato pericolo.
In questo caso appoggio pienamente i familiari della vittima.
Brian
lovelove84
00domenica 18 gennaio 2009 12:00
mi fa sempre una certa rabbia sentire storie del genere..

io vedo in quel "grida che non vuole la trasfusione" piu in una paura che Dio lo punirà e che non risuscitera piu, che di vera volontà, perche anche molte persone non tdg rifiutano le trafusioni, e non per Dio, e di certo i medici non fanno scenate del genere, questa paura era talmenta tanta che ha provocato un infarto!

per quanta riguarda i medici, un po esagerati lo devo ammette, polizia per fermare i parenti e il paziente legato!
pero penso che l unico intento che volevano,era di salvare il paziente anzi magari pensavano che se moriva poi veniva condannati perche non avevano cercato di salvarlo!
diciamo che in italia non c'e una Legge come si deve, come si dice la ragione è sempre del cliente/paziente..

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Ancientofdays
00domenica 18 gennaio 2009 13:07
Ho la massima comprensione per i medici: tra incudine e martello.

Il problema di questo caso è che i medici di quell'ospedale non avevano compreso fino in fondo lo stato di fanatismo in cui versano alcuni tdG, altrimenti lo avrebbero semplicemente lasciato morire senza mettersi nei guai.

Mi duole esprimermi in questo modo, ma è questo quello che vogliono e bisogna solo lasciarli fare.



carlomagno1955
00domenica 18 gennaio 2009 18:57
ha invece espresso sconcerto e imbarazzante perplessità di fronte a un comportamento dei sanitari così palesemente inadeguato e brutale", perché lo stress della trasfusione coatta "ha avuto senz’altro un ruolo concausale nel del decesso".

La condanna è per i metodi usati o per aver praticato una trasfusione?

Gianni.
Vecchia Marziana
00domenica 18 gennaio 2009 19:08
Re:
carlomagno1955, 18/01/2009 18.57:


La condanna è per i metodi usati o per aver praticato una trasfusione?



Come enuncia l'articolo:

La denuncia penale si risolve con una archiviazione perché non c’è reato
Comunque certi sanitari dovrebbero ridimensionare seriamente il loro codice deontologico, visto che non viviamo (ancora) in un lager.
Il trattamento riservato a quel signore è a dir poco vergognoso.

Gabriella Prosperi

MatriXRevolution
00domenica 18 gennaio 2009 19:48

Qui abbiamo sicuramente un "concorso di colpa", tale concorso è condiviso tra la WTS con questa assurda norma completamente fuori dalla dottrina biblica e i medici che non hanno saputo prevedere la possibilità dell'infarto.

Questo povero uomo sarebbe comunque morto a causa della malattia, perchè insistere con il trattamento se non voleva?
Polymetis
00domenica 18 gennaio 2009 20:19
Se i fatti si sono svolti come l'articolo prospetta, è stata certamente una violazione della libertà del malato.
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