per questioni di tempo entro nel merito solo per quanto riguarda la "ciliegina"...
Quando cominciai a studiare Sacra Scrittura ricordo che iniziammo con l'Introduzione Generale e l'ultimo anno, il quinto, abbiamo studiato il libro dell'Apocalisse. Ricordo di averlo studiato di gran fretta benchè le lezioni fossero durate per un anno accademico(problemi testuali, problemi linguistici, problemi... problemi... problemi...). Spaccammo quel libro fino a perderlo... poi, l'ultimo semestre cominciammo a ristudiarlo.
Il professore in questione è un biblista che ha dedicato quarant'anni di studio al quarto vangelo (Giovanni) e gli ultimi dieci al libro dell'Apocalisse. Fantastico, unico padre Attilio Gangemi che ha scritto dei volumi su
I racconti post- pasquali nel Vangelo di san Giovanni, vol. IV, 1-2, Edizioni Arca, Catania 2003, e svariati saggi sull' "Analecta Biblica" sui quali si pubblicano studi specifici del settore. Attualmente è Docente di Sacra Scrittura all'Istituto Teologico San Paolo di Catania. Ultimamente ha uno studente del Pontificio Istituto Biblico che sta facendo una tesi sul verbo "nikào" in Apocalisse.
Sul libro dell'Apocalisse fu chiaro: "Non ci è dato di asserire
quasi nulla di certo su questo libro. Alcune cose sono chiare. Ma nel suo insieme è un libro difficile, duro, scivoloso tanto nelle forme espressive quanto nei contenuti. Il libro dell'Apocalisse è come una noce: duro all'esterno, difficile da penetrare nel suo senso, ma una volta superato l'involucro esterno il suo contenuto è dolce".
Fatta questa premessa, che mi sembrava necessaria per dire a chiare lettere del perché non mi permetto di sparare sentenze su questo libro, direi, di non essere d’accordo col discorso di Reietto per alcuni motivi.
C’è da dire, ad onor del vero, che il suo discorso sullo Spirito santo “settiforme” nella pericope 1,4 è avallato anche – ma in modo un po’ troppo superficiale e indiretto – da una nota della Bibbia di Gerusalemme. Infatti nel cap. 4,5 in nota è scritto: «I sette spiriti di Dio: piuttosto che lo Spirito santo (1,4), che diverrà, nella tradizione cristiana riferita anche a Is 11,2 +, lo Spirito “settiforme”, sono qui “gli angeli della faccia”». Qundi la nota, in modo indiretto, dice che "i sette spiriti" di 1,4 è da intendersi come Spirito santo.
Entrando nel merito dell’espressione "dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono" di Ap 1,4 leggo anche che secondo altri autori non si tratta dello Spirito santo “settiforme”.
Infatti: «Secondo la concezione giudaica, passata poi nella tradizione cristiana primitiva, Dio è circondato da sette Angeli superiori ("Arcangeli") che sono sempre alla sua presenza, per cui sono chiamati "Angeli della Faccia"» (Nuovissima Versione della Bibbia, Apocalisse, San Paolo, 2002, p. 50).
Mi aiuta ancora il Nuovo Grande Commentario Biblico dove si scrive in riferimento sempre a Ap 1,4: «Sono sette angeli di alto rango […]. Qui il numero sette può esser connesso con i sette pianeti, che all’epoca di Giovanni erano considerati creature celesti» (A. Y. Collins in R.E. BROWN – J.A. FITZMYER – R.E. MURPHY [curr.], Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia [seconda ed.] 2002, sez. 63:18, p. 1310).
Ma ciò che più mi convince, come discorso più probabile, che non si tratti dello Spirito santo è che nel testo si dice che gli spiriti stanno “davanti” al trono di Dio.
Perché mai lo Spirito santo “settiforme”, Dio egli stesso, si troverebbe “davanti” al trono – come invece tradizione vuole che facciano gli Angeli superiori –, e non si trova invece “sul trono” come gli spetterebbe?
Da un punto di vista esegetico mi pare più plausibile non incaponirsi su certi elementi di questo libro così misterioso per portare avanti discorsi trinitari, ma l’atteggiamento più corretto è quello di lasciare spazio a più interpretazioni così come fatto - credo - anche da Reietto
[Modificato da =Marcuccio= 21/03/2009 11:16]