Ciò che rende specifica e unica (e ovviamente sconvolgente) la fede cristiana rispetto ad altri Credi, anche creduti
rivelati, sta nel fatto che noi riteniamo davvero che Dio si sia incarnato in Gesù (è il proclama di Giovanni all'inizio del Vangelo, e anche nelle lettere "il Verbo della vita lo abbiamo veduto e toccato..."). Cf anche la sottolineatura realistica del corpo di Gesù risorto, che era proprio quello stesso che fu crocifisso (toccatemi, pizzicatemi, sono proprio io, mangiamo insieme...)
E questa convizione (derivante dall'insieme dei dati della Rivelazione) ha fatto capire alla Chiesa Cattolica l'insegnamento di Gesù relativo all'Eucaristia in senso realistico e fonda tutta la di lei dottrina sacramentale. Dottrina in base alla quale lo spirito/eternità/divinità si comunica attraverso "segni efficaci" (non solo "simboli") della Sua/di Dio presenza. Il segno
efficace è quel segno che significa e comunica realmente una certa realtà.
La teologia sacramentaria (che sarebbe bene venisse studiata con attenzione da chi vuole conoscere con precisione il pensiero cattolico) spiega che
l'umanità di Cristo, ovvero la sua entità fisico-biologica-psichica, è il luogo di contatto-inserimento della nostra creaturalità con il divino. Ecco perché nel tentativo di spiegare in qualche modo il mistero eucaristico il Magistero Ufficiale ha scelto la parola "transustanziazione". La "sostanza" fa riferimento proprio alla dimensione creaturale di Cristo. Il che vuol dire che, pur essendo Dio, egli non è solo spirito
neanche ora che ha un corpo glorificato. Infatti egli possiete un corpo "spiritualizzato" che è e resterà eternamente il corpo storico di Gesù di Nazareth.
Che questo corpo non occupi uno spazio fisico dipende dal fatto che, come ricorda Poly, è stato trasformato in
soma pneumatikòs (indivisibile anche quando si spezza l'ostia poiché sono divisibili solo le "apparenze/accidenti" e non mai la sostanza) e vive nella dimensione trascendente dell'eternità, che è trans-temporale e trans-spaziale. E che la divinità del Figlio non sia
intaccata dal collegamento con la terrestrità del corpo storico di Cristo dipende dal fatto che l'unione del Figlio con il corpo storico non è realizzata a livello
sostanziale ma è una unione tutta speciale (la chiamiamo "ipostatica" che sta ad indicare una unione a livello
personale propria e unica del Verbo).
In sintesi: noi, tramite Cristo e per dono di grazia (cf anche le metafore della
Vite e tralci e del
Corpo e membra paolino) siamo fatti figli per adozione e inseriti nella divinità (qualche Padre ha scritto "indiati" o "divinizzati") attraverso il meccanismo sacramentale che collega Dio alla creatura mediante quel punto di congiunzione che è Cristo Gesù, luogo storico in cui il Verbo ha deciso di
incarnarsi ed entrare nella storia/spazio/tempo (pur restandone obbligatoriamente trascendente in quanto Persona Divina che da sempre vive nella sostanza del Padre). Un
Emanu-El (Dio con noi) reale, visibile, palpabile, e non più solo metaforico.
Chi non ha questo tipo di fede, che concretizza al massimo il "cibarsi del corpo e sangue del Signore" evitando però il cannibalismo giacché si tratta di dimensione sacramentalizzata, riduce la grazia e il modo in cui essa inserisce in Dio i cristiani a puro simbolismo* e trasforma il realismo eucaristico della presenza di Cristo a semplice metafora di comunicazione concettuale rifacendosi al Cristo-Parola; perciò perviene al massimo ad una "unione con" Dio e non non mai anche allo "essere con/dentro" Dio. Il geovismo esclude tale unione perfino tra Gesù e il Padre cambiando l'espressione "io sono nel padre e il Padre in me" nella riduttiva "io sono unito al Padre e il P. unito a me". Insomma la riduce a unione morale di volontà e intenti, escludendo completamente quella sul piano vitale dell'essere che noi definiamo "ontologica" in base alla Scrittura che garantisce che siamo fatti "compartecipi della natura divina".
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* Cf il CD dei TG che la riduce a "immeritata benignità"; mero atteggiamento spirituale di benevolenza scaturente da iniziativa esclusiva di Dio Padre per le creature e solo per quelle ubbidienti. Mentre
cattolica-mente la grazia - che rimane un dono e in questo senso è certamente non neritato -, è quel dono che ci assimila a Cristo perché ci rende "compartecipi della divina natura" e ci fa sue membra. Perciò, una volta data, è lei che "eccita/provoca/egige/causa/pretende a buon diritto come lo pretende il pianto dei figlioletti dai genitori" la benignità del Padre. Benignità che è
meritatissima in quanto meritata fontalmente da Gesù,
capo del Corpo a cui siamo inscindibilmente uniti che pertanto ce ne fa partecipi rendendoci
,in Sé e per merito suo, degni di gloria e di onore e di benevolenza.
In cnclusione l'umanità di Cristo, appartenente alla Persona del Verbo, realizza con le sue membra una unione non solo spirituale ma anche
corporea, quella delle membra di quell'unico Corpo di Cristo che rende il nostro corpo (udite udite, perfino quando è morto!) meritevole dello stesso tributo dell'incensazione che, durante la liturgia, viene tributato a Gesù-Dio nei suoi simboli che sono la croce, l'altare, il Vangelo.
[Modificato da berescitte 04/10/2007 15:49]
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est modus in rebus