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non credono nell'inferno!

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2008 09:49
09/12/2006 02:24
 
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Sinceramente io non credo in Dio ma non me ne faccio una colpa perchè credere che sia stato Dio a creare un mondo del genere dove abbondano le sofferenze fisiche e psicologiche, le malformazioni fisiche e mentali,le calamità naturali, una natura formata da prede e predatori,le malattie mortali che colpiscono anche bambini innocenti ecc(e chi + ne ha + ne metta)non gli fa di certo onore.



La presenza del male del mondo non è in alcun modo una prova dell'inesistenza di Dio. Se hai studiato filosofia, saprai che c'è una branca di questa scienza (la teodicea) che cerca appunto di dimostrare come l’esistenza di un Dio onnipotente e sommamente buono non sia in contraddizione col male che troviamo nel mondo. In più, la Rivelazione ci parla del peccato originale quale causa della caduta dell’uomo dallo stato di grazia. Tanto per fare un esempio, oggi le catastrofi naturali ci colpiscono perché noi non siamo in grado di prevederle e di prevenirne gli effetti, ma se godessimo di quella scienza infusa di cui il peccato originale ci ha privati, questo non sarebbe un nostro problema.

Dio è onnipotente, questo significa che Lui può tutto il possibile. Dio non può quindi l’impossibile, ciò che intrinsecamente contraddittorio. Il principio di non contraddizione è infatti il fondamento del pensare e quindi anche del nostro pensare Dio: un Dio contraddittorio è impensabile. Nemmeno Dio, quindi, può fare in modo che ci sia un cerchio quadrato, ad esempio. Ora, un ente libero può essere di due tipi: o un ente perfetto o un ente imperfetto. Un ente libero e perfetto non può fare il male, pur rimanendo libero (poiché la libertà non si limita alla sola possibilità di fare il bene o il male, ma anche a quella di poter scegliere tra vari beni), se non per accidens, ex virtute agentis. Vale a dire che un ente perfetto può solo permettere il male in vista di un bene più grande. Un ente libero imperfetto può anche fare il male. Nemmeno lui però può fare il male in vista del male, questo perché l’ente è sempre buono ed il male è solo una privazione: nel caso del male fisico si tratta di una privazione di una perfezione rispetto ad una perfezione spettante alla natura di un ente (tipo la vista per l’uomo, quando questo è affetto da quel male che chiamiamo cecità); nel caso del male morale si tratta della privazione rispetto ad una specifica perfezione dell’ente auto-cosciente (il soggetto etico), vale a dire dell’ordine al fine che devono avere gli atti umani (fine supremo dell’uomo è Dio). Anche l’ente imperfetto quando fa il male lo fa in vista di un bene, nella voluta ignoranza però di quell’ordine al fine ultimo (Dio) che costituisce quella che è la sua più sublime perfezione. Chi ruba, ad esempio, lo fa per appropriarsi di beni, ma lo fa nella voluta ignoranza di quella norma oggettiva che vuole che il rispetto per la proprietà altrui, compiendo così un male. Il male morale, infatti, altro non è che un anteporre al fine assoluto (Dio) un fine particolare, che in sé si giustificherebbe solo come mezzo ordinato al fine assoluto.
Ora era possibile per Dio creare degli enti liberi e, al contempo, incapaci di compiere il male? No, perché, come si è detto sopra, nemmeno Dio può l’impossibile e tali enti sarebbero enti impossibili, contraddittori. Dio, infatti, non può creare un altro Dio, perché una delle perfezioni di Dio è il suo essere increato, ed un increato creato sarebbe contraddittorio; né potrebbe Iddio creare un ente libero e imperfetto e al contempo impeccabile, in quanto l’imperfezione in questo ente consiste anche nella possibilità di compiere il male, e non si dà un ente che possa essere e non essere ad un tempo capace di compiere il male.
Questo però non giustifica ancora la presenza del male nel mondo. Dio, infatti, nella sua onniscienza, avrebbe potuto anche limitarsi a creare solo quegli enti imperfetti che, pur essendo liberi, Egli sapeva che non avrebbero commesso alcun male. Tale opzione sarebbe stata possibile a Dio, ma, così facendo, la sua opera non sarebbe stata tanto misericordiosa quanto lo è stata nell’aver creato anche gli enti che Egli sapeva avrebbero commesso il male, per poi poterli redimere per tramite del sacrificio del suo Figlio unigenito.
Quando la creatura pecca perde la beatitudine che consiste nell'unione con Dio, e fallisce così la piena realizzazione della sua capacità infinita, ma non perde né il proprio essere né una parziale realizzazione di sé. Perdendo l'unione elettiva col fine ultimo, sminuisce la pienezza della sua bontà e resta unita a Dio solo come una cosa naturale, senza che la sua volontà partecipi attivamente a questa relazione. Ogni male è un indebito rimpicciolimento del bene, come una restrizione di un bene che avrebbe dovuto essere più totale. Nel peccato la restrizione costituisce un passaggio dall'unione finita al Bene infinito, che la creatura razionale doveva operare selettivamente, all'unione con un bene finito che non può colmare la volontà. In più, tutto quello che succede nel mondo, anche se è male, ricade in bene dell'universo grazie alla Provvidenza divina, anche se questa si muove lungo sentieri per noi imperscrutabili. Il male resta così non soppresso, ma reintegrato nell'armonia dell'universo. Seguendo gli alvei stabiliti nell'ordine cosmico, i mali finiscono per confluire nel bene della totalità dell'universo e nel bene personale delle creature spirituali. La Provvidenza di Dio fa buon uso dei mali, a volte per utilità degli stessi che li patiscono, come quando per opera di Dio le infermità corporali o persino spirituali ricadono a vantaggio di coloro che le soffrono; altre volte a vantaggio dì altri, in un duplice modo: o per il vantaggio particolare di qualcuno, come quando, per la penalizzazione di uno, un altro si emenda, o per l'utilità dì tutti, come la punizione dei delinquenti è ordinata alla pace sociale.
Anche se le apparenze dì questa vita suscitano l'impressione che i beni e i mali siano distribuiti indifferentemente, quasi casualmente tanto ai buoni che ai cattivi, anzi con una preferenza per i secondi, questo accade perché la nostra conoscenza dei dettagli del piano provvidenziale è molto superficiale, e non ci riesce facile giudicare se qualcosa è per il bene o per il male, se un avvenimento avverso sia stato alla fine più conveniente o, al contrario, un successo strepitoso abbia in fondo preparato una disgrazia. L'ordine profondo degli avvenimenti, in particolare degli avvenimenti storici, sfugge ai poteri della ragione umana, ma questa compie cosa saggia se ripone la sua fiducia nella saggezza infinita della provvidenza di Dio.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

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