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non credono nell'inferno!

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2008 09:49
02/12/2006 11:04
 
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ma in questo stato mentale lontano da Dio come ci si sente? insomma si sta molto male? [SM=x570872]

non ho capito una cosa. polymetis prima ha scritto che anche hitler può venire resuscitato secondo la wts. ma x quale motivo perchè lui poverino senza averne colpa non ha avuto la possibilità di conoscere il vero cristianesimo(ovvero credo dei tdg)?
quindi vengono distrutti solo i disassociati impenitenti e tutti quelli che nonostante abbiano conosciuto il credo geovista non lo hanno accettato? [SM=x570868]

saluti
sono particolarmente interessata a discutere in modo critico le dottrine dei TdG
03/12/2006 00:03
 
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ma in questo stato mentale lontano da Dio come ci si sente? insomma si sta molto male?



Secondo il pensiero cristiano, la partecipazione alla beatitudine divina è lo scopo essenziale di ogni intelligenza creata, quindi, colui che fosse in eterno privato da tale visione vivrebbe nella vuotezza e nell’angoscia (pena del danno).

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

03/12/2006 01:28
 
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non sono affatto d'accordo. un Dio davvero buono come lo concepisco io (che magari poi forse non esiste, ma se è come quello in cui credete voi ne faccio volentieri a meno)non se ne starebbe a guardare che delle anime vivano nell'angoscia x tutta l'eternità senza dargli l'oppurtunità di riscattarsi. e anche se una volta data questa possibilità non accettassero non ammetterebbe cmq questa tortura. ci è arrivato l'uomo che è un miliardo di volte inferiore e quindi meno sensibile di Dio a capire che la tortuna è una pena degradante e non il Creatore??? ma che Dio è il vostro?
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03/12/2006 02:11
 
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Evidentemente, cara asilanna, non hai ben chiaro il concetto di Libero Arbitrio. Se gli enti auto-coscienti sono liberi, allora sono anche liberi di rifiutare Dio, per quanto Egli faccia per condurli a Sé. Ed in questo consiste la dannazione. Dio dà ad ognuno la possibilità di riscattarsi, all'inferno ci finisce chi rifiuta di utilizzare questa possibilità e si accanisce nel suo rifiuto di Dio.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

03/12/2006 02:22
 
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benissimo ma chi è un assassino impenitente le autorità superiori(formate da esseri umani) lo mandano in galera ma non lo privano di cibo di acqua e non lo torturano. si impegnano cmq a rispettare la dignità umana! come ho già detto prima, gli uomini si sono resi conto quanto la tortura sia degradante e distruttiva mentre il vostro Dio ancora no! e meomale che lo ritenete superiore all'uomo! ma la sua sensibilità resta sotto lo zero!

saluti
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03/12/2006 02:39
 
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Allora, cerchiamo di capirci:
Ho già detto che nel pensiero cattolico attuale l'inferno non è concepito come una sorta di camera delle torture, ma come lo stato di colui che è lontano da Dio. Ora, siccome per noi cristiani il senso dell'uomo è Dio, l'uomo che rifiuti Dio rifiuta il senso stesso della sua esistenza, quindi, è lui stesso a privarsi, per dir così, della sua dignità umana.
Ora, chi rifiuta Dio e si accanisce in questo suo rifiuto non potrà mai raggiungere quello che è lo scopo intrinseco dell’essere dell'uomo e, pertanto, rimarrà per sempre "imprigionato" nella propria insufficienza, da qui l'angoscia, il senso insopprimibile di vuoto.

[Modificato da Trianello 03/12/2006 2.49]


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Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

03/12/2006 02:40
 
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Chiudi la Divina Commedia e apri un manuale di escatologia. La pena dell'inferno non è il fuoco inteso letteralmente bensì l'assenza di Dio: l'inferno è non amare più. E per essere precisi non è un luogo ma uno stato dell'anima. Se l'inferno è la mancanza di Dio, il Dio che si è autonomamente rifiutato, paradossalmente esso significa rispettare la volontà della persona. Dio non manda nessuno agli inferi, bensì si limita a convalidare ciò che l'uomo ha scelto per sé da solo: vivere con o senza Dio.
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03/12/2006 02:51
 
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trianello ha parlato di uno stato di angoscia. Vivere nell'angoscia x il resto dell'eternità mi sembra davvero brutto! certo poi dipende cosa si intende x vivere nell'angoscia. se una persona vive al fianco di un leone con il terrore che prima o poi questo la sbrani è un'angoscia molto profonda. se quella che si prova all'inferno è così è davvero una brutta faccenda. equivale a tortura!non so se mi spiego!un Dio amorevole non dovrebbe permetterlo! queste sono cose che possono fare gli uomini ma non può permettersele Dio!altrimenti non è degno di questo nome!

Saluti
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03/12/2006 02:59
 
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in ogni caso per quale motivo lasciare un' anima nella sofferenza?(o come voi dite assenza d'amore, assenza di Dio)? tanto vale non resuscitarlo come dicono i tdg.
mi sembra che 70-80 di vita rifiutando Dio e anche commettendono i + efferrati crimini non possono venir pagati con un intera eternità di sofferenza e di angoscia!tra l'altro io mi rifiuto di pensare che Dio possa conoscere la parola vendetta!
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03/12/2006 03:47
 
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Non hai chiaro come i cattolici concepiscono l’inferno. 1)L’eternità non è un tempo infinito ma l’assenza di tempo. Non sappiamo se il tempo là scorra, o se si faccia parte di una dimensione che è senza tempo, senza per questo voler dire immobilità
2)Non si tratta di vendetta. Dio non manda all’inferno nessuno, è l’uomo che fa tutto da solo, Dio ratifica soltanto quello che hanno già scelto. Se hanno scelto di vivere senza Dio, così sarà, giacché l’inferno è questo, la non partecipazione a Dio E’ quasi una forma di rispetto. Dio non può associare a sé chi non lo vuole, e il paradiso è per l’appunto la comunione con lui.
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03/12/2006 03:52
 
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ma io sto parlando di sofferenza! mentre le anime all'inferno soffrono Dio che fa sta a guardare?? se tu vedi una persona in un perenne stato di sofferenza non le dai il tuo aiuto? nonostante il fatto che possa avermi offeso o ferito, magari non la aiuti la prima volta o la seconda ma poi la aiuti.
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03/12/2006 04:51
 
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Per uscire dall'empasse devi considerare nel suo pieno significato il concetto di Libero Arbitrio. Se l'uomo è libero di non scegliere Dio, se vuole, e Dio ha deciso di rispettare questa sua libertà, anche perché (sempre che valga il principio di non contraddizione) qualora Dio non rispettasse tale libertà annienterebbe quell'ente (l'uomo) a cui questa appartiene per essenza (l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio), allora più che cercare di farlo giungere a Lui, Dio non può fare altro per l’uomo.
La scelta dell’uomo deve essere una scelta d’amore, una scelta libera. Dio non è insensibile alle sofferenze delle sue creature, Dio vuole che tutti si salvino, ma se alcune sue creature non vogliono la salvezza, Dio (appunto perché le ama) non le annienta (questo succederebbe se Egli non rispettasse questa loro volontà di starsene da Lui lontane): si limita a lasciarle lì dove loro stesse hanno scelto di essere. Il fatto che la condizione dei dannati sia angosciosa non toglie che sono i dannati stessi che, accanendosi nel loro rifiuto di Dio, preferiscono, per così dire, la loro angoscia alla beatitudine divina. I dannati non sono disposti ad accettare la loro insufficienza, non sono disposti ad accettare Dio e, pertanto, rimangono nella loro insufficienza, rimangono senza Dio.
Ti lascio queste “brevi” riflessioni di S. Tommaso d’Aquino su cui meditare:


Se dalla divina giustizia sia inflitta ai peccatori una pena eterna

(4 Sent., d. 46, q. 1, a. 3)

SEMBRA che dalla divina giustizia non venga inflitta ai peccatori una pena eterna. Infatti:
1. La pena non deve superare la colpa: poiché sta scritto: "Secondo la gravità del delitto sarà la misura del castigo". Ma la colpa è temporanea. Dunque la pena non deve essere eterna.
2. Di due peccati mortali l'uno è più grave dell'altro. Quindi l'uno deve essere punito con una pena maggiore dell'altro. Ma nessuna pena può essere maggiore della pena eterna, essendo questa infinita. Dunque la pena eterna non è dovuta per tutti i peccati mortali. Ma se a uno di essi non è dovuta, non è dovuta a nessuno: perché la distanza tra loro non può essere infinita.
3. Un giudice giusto non infligge delle pene che per correggere: poiché, come nota Aristotele, "i castighi sono delle medicine". Ma punire i reprobi per l'eternità non serve alla loro correzione: e neppure serve alla correzione di altri, perché allora non ci saranno più dei soggetti capaci di correggersi per questo. Perciò la divina giustizia per i peccati non può infliggere una pena eterna.
4. Ciò che non è desiderato per se stesso, nessuno lo vuole, se non per qualche utilità. Ora, le punizioni non sono volute da Dio per se stesse: poiché egli non gode dei castighi. Siccome quindi non può ricavarsi nessuna utilità dalla perpetuità delle pene, è chiaro che per il peccato non viene inflitta una pena perpetua.
5. Come dice il Filosofo, niente di ciò che è per accidens può essere perpetuo. Ma il castigo è tra le cose per accidens, essendo contro natura. Dunque non può essere perpetuo.
6. La giustizia di Dio sembra esigere che i peccatori vengano annichilati. Infatti per l'ingratitudine uno merita di perdere i benefici ricevuti. Ora, tra gli altri benefici di Dio c'è anche l'esistenza. Perciò sembra giusto che il peccatore, per l'ingratitudine verso Dio, perda la stessa esistenza. Ma se egli viene annichilato la pena non può essere perpetua. Quindi non sembra consono alla divina giustizia che i peccatori vengano puniti per l'eternità.
IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Andranno costoro", cioè i peccatori, "all'eterno supplizio".
2. Come il premio sta al merito, così il castigo sta alla colpa. Ora, secondo la divina giustizia a un merito temporale è dovuto un premio eterno: "Chiunque vede il Figlio di Dio e crede in lui avrà la vita eterna". Dunque secondo la divina giustizia per una colpa temporale è dovuta una pena eterna.
3. Come nota il Filosofo, la pena va determinata in base alla dignità della persona contro la quale si pecca: cosicché viene punito con una pena più grave chi dà uno schiaffo al sovrano, che chi schiaffeggia un privato qualsiasi. Ma chi pecca mortalmente pecca contro Dio, di cui trasgredisce i comandamenti, e dà ad altri l'onore a lui dovuto, mettendo il proprio fine in altre cose. Ora, la maestà di Dio è infinita. Perciò chi pecca mortalmente è degno d'una pena infinita. Quindi è giusto che per il peccato mortale uno venga punito in perpetuo.
RISPONDO: Poiché la pena ha due dimensioni, cioè intensità del dolore e durata, la gravità della pena corrisponde alla gravità della colpa sotto l'aspetto dell'intensità del dolore, cosicché in base alla maggiore gravità del suo peccato uno deve ricevere un castigo più doloroso, secondo le parole dell'Apocalisse: "Quanto si è gloriata e ha lussureggiato, tanto datele di tormento e di lutto". Ma la durata della pena non corrisponde alla durata della colpa, come nota S. Agostino: infatti l'adulterio che viene perpetrato in un momento anche secondo le leggi umane non viene punito con una pena momentanea. Ma la durata della pena si riferisce alla disposizione di chi pecca. Chi pecca, p. es., in una data città, o stato, per ciò stesso talora diventa degno di essere eliminato del tutto da quella comunità, o con l'esilio perpetuo, oppure con la morte. Talora invece non diventa degno di essere escluso del tutto dal consorzio civile: e per renderlo un membro adatto della collettività gli viene inflitta una pena più lunga o più breve secondo che richiede la sua guarigione, in modo che impari a vivere nel consorzio civile in maniera conveniente e pacifica.
Ebbene, anche secondo la divina giustizia uno per il peccato può rendersi degno di essere del tutto separato dalla città di Dio: e ciò avviene per ogni peccato in cui uno pecca contro la carità, la quale è il vincolo che tiene unita la città suddetta. Perciò per il peccato mortale, che è contrario alla carità, uno viene escluso in eterno dalla società dei santi, e condannato alla pena eterna: poiché, come nota ancora S. Agostino, "quello che per gli uomini nella città dei mortali è il supplizio della prima morte, nella città immortale è il supplizio della seconda morte". Il fatto che la pena inflitta dalla città terrestre non viene considerata perpetua è solo per accidens, sia perché l'uomo qui non dura in perpetuo, sia perché la città stessa ha un termine. Ma se un uomo vivesse in perpetuo, la pena dell'esilio o della schiavitù, inflitte dalla legge umana: resterebbero in lui in perpetuo. - Per coloro invece che non peccano in modo così grave da esser degni della totale separazione dalla città dei santi, p. es., quelli che fanno peccati veniali, la pena sarà più breve o più lunga secondo la necessità della loro purificazione, in base al loro attaccamento al peccato. E questo criterio è seguito dalla divina giustizia per le pene di questo mondo e per quelle del purgatorio.
I santi portano anche altre ragioni per mostrare che giustamente per una colpa temporale si può essere puniti con una pena eterna. La prima è il fatto che i dannati hanno peccato contro un bene eterno, disprezzando la vita eterna. Vi accenna in questi termini lo stesso S. Agostino: "Si è reso degno di un male eterno colui che distrusse in se stesso un bene che avrebbe dovuto essere eterno".
La seconda sta nel fatto che l'uomo ha peccato con un atto che in lui è eterno. Di qui le parole di S. Gregorio: "Spetta alla grande giustizia del giudice che non cessi mai il supplizio a coloro che mai han voluto cessare il peccato". - Se poi uno replicasse che alcuni nel peccare mortalmente hanno il proposito di convertirsi, e quindi per questo non sembrano degni di un castigo eterno, - si deve rispondere, secondo alcuni, che S. Gregorio parla del volere che si manifesta nelle azioni. Chi infatti cade in peccato di propria volontà, si pone in uno stato dal quale non può essere risollevato che dall'intervento di Dio. Perciò per il fatto che vuol peccare, vuol rimanere perpetuamente in peccato: l'uomo infatti è "uno spirito che va" verso il peccato "e non ritorna" da se stesso. Se uno infatti si gettasse in una fossa dalla quale non può uscire senza essere aiutato, si potrebbe dire che vuole rimaner là in eterno, per quanto egli pensi diversamente. - Oppure si può rispondere, che per il fatto stesso di peccare mortalmente uno mette il proprio fine in una creatura. E poiché tutta la vita è ordinata al fine, così facendo ordina tutta la propria vita a quel peccato; e vorrebbe restare in perpetuo in tale colpa, se potesse farlo impunemente. Ecco perché S. Gregorio, a commento di quel passo di Giobbe, "Crederebbe che l'abisso sia invecchiato", scrive: "Gli iniqui hanno peccato fino a un dato termine, perché la loro vita ha avuto termine. Ma essi avrebbero voluto vivere senza fine per poter rimanere senza fine nelle loro iniquità: bramano infatti più di peccare che di vivere".
Si può addurre una terza ragione a favore dell'eternità della pena per il peccato mortale, nel fatto che in codesta colpa si pecca contro Dio che è infinito. Perciò, non potendo la pena essere infinita in intensità, perché la creatura non è capace di una grandezza infinita, non rimane altro se non che essa sia infinita per la durata.
C'è poi una quarta ragione nel fatto che la colpa medesima rimane in eterno, non potendo infatti essere rimessa che con la grazia, che l'uomo non può ricuperare dopo la morte. E d'altra parte la pena non deve cessare fino a che rimane la colpa.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La pena deve essere uguale alla colpa, ma non nella durata: com'è evidente anche secondo le leggi umane.
Oppure si può rispondere con S. Gregorio che la colpa, pur essendo temporanea nell'atto, è però eterna nella volontà.
2. Alla gravità del peccato corrisponde la gravità della pena secondo l'intensità. Perciò per dei peccati mortali di gravità differente, ci saranno dei castighi di differente intensità, ma uguali quanto alla durata.
3. I castighi inflitti a coloro che non vengono del tutto eliminati dalla collettività sono ordinati alla loro correzione; ma quelli che li sterminano totalmente dal consorzio civile non sono ordinati alla loro correzione. Tuttavia possono servire alla correzione e alla tranquillità di coloro che rimangono. Perciò anche la dannazione eterna dei reprobi serve alla correzione di coloro che attualmente fanno parte della Chiesa: poiché i castighi servono a correggere non solo col fatto di essere inflitti, ma anche con la loro comminazione.
4. Le pene dei reprobi che dureranno in eterno non saranno davvero del tutto inutili. Infatti esse servono a due cose. Primo, a mantenere la divina giustizia: la quale piace a Dio per se stessa. Di qui le parole di S. Gregorio: "Dio onnipotente perché pio non gode delle sofferenze dei miseri. Ma perché giusto non cesserà in eterno dalla vendetta sui perversi".
Secondo, codeste pene servono al godimento degli eletti, in quanto costoro contemplano in esse la giustizia di Dio, e insieme riconoscono di averle scampate. Di qui le parole dei Salmi: "Il giusto si rallegrerà nel vedere la vendetta"; e quelle di Isaia: "Gli empi esisteranno fino a saziare la vista", la vista "dei santi", come spiega la Glossa. L'identico concetto è così espresso da S. Gregorio: "Tutti i perversi, condannati all'eterno supplizio, sono puniti per la loro iniquità: e tuttavia essi bruceranno per uno scopo, cioè perché i giusti, mentre vedono in Dio la felicità raggiunta, vedano in quelli i supplizi da cui essi sono scampati; cosicché tanto più si sentiranno debitori verso la divina grazia, quanto più vedranno punite eternamente quelle iniquità che essi hanno superato con l'aiuto di Dio".
5. Sebbene il castigo abbia con l'anima una relazione per accidens, tuttavia con l'anima infetta dalla colpa ha una relazione per se. E poiché la colpa rimane in essa in perpetuo, anche la pena dovrà essere perpetua.
6. Il castigo corrisponde alla colpa, propriamente parlando, secondo il disordine che si riscontra in quest'ultima, non già secondo la dignità della persona offesa: perché allora a qualsiasi peccato corrisponderebbe una pena intensivamente infinita. Perciò sebbene per il fatto che uno pecca contro Dio, autore dell'essere, meriti di perdere la stessa esistenza; tuttavia, considerato il disordine intrinseco dell'atto, non è giusto che perda l'esistenza: perché l'esistenza è il presupposto sia del merito che del demerito, e d'altra parte essa non viene distrutta o compromessa dal disordine del peccato. Perciò la privazione dell'esistenza non può essere la pena dovuta a una colpa.


[Modificato da Trianello 03/12/2006 4.57]


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

03/12/2006 05:36
 
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caro trianello,leggerò e rifletterò ma domani, adesso è troppo tardi. [SM=x570871]

l'altra volta avevo chiesto x quale motivo secondo i tdg anche hitler potrebbe venir risorto. perchè non ha conosciuto il credo geovista forse? [SM=x570868]
in pratica x wt non vengono resuscitati disassociati e coloro che, pur avendo conosciuto il credo geovista, l'hanno rifiutato?

saluti e grazie [SM=x570892]
sono particolarmente interessata a discutere in modo critico le dottrine dei TdG
03/12/2006 16:23
 
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Mi sono rimasti ancora 4 posti per il Mio Inferno, chi si fa avanti per "richiedere" il posto?

[SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]

Naturalmente SOLO donne, gli uomini hanno già il LORO inferno dato dalla loro religione.

[SM=x570880] [SM=x570867] [SM=x570867] [SM=x570867] [SM=x570867] [SM=x570867] [SM=x570867]

03/12/2006 19:04
 
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Mi sono rimasti ancora 4 posti per il Mio Inferno, chi si fa avanti per "richiedere" il posto?


Una mia cara amica, tua servitrice, credo sarebbe felice di prendere uno degli ultimi posti liberi [SM=g27828]
Ma alla fine l'inferno esiste o no? Ah, i mormoni credono esista?
*
Tutti vedono quello che sembri, ma pochi capiscono quello che sei (Jim Morrison)
04/12/2006 19:48
 
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Re:


Scritto da: Lu.ce 03/12/2006 19.04

Mi sono rimasti ancora 4 posti per il Mio Inferno, chi si fa avanti per "richiedere" il posto?


Una mia cara amica, tua servitrice, credo sarebbe felice di prendere uno degli ultimi posti liberi [SM=g27828]
Ma alla fine l'inferno esiste o no? Ah, i mormoni credono esista?




Si anche i mormoni, essendo una religione pagana, ossia adoratrice di gesù cristo, credono nell'Inferno, in questo link, trovi la risposta per la tua Amica.

[SM=x570880] [SM=g27823] [SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]

www.mormoni.com/langit/Dottrina/il_mondo_degli_spiriti.htm


05/12/2006 00:40
 
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Re:

Scritto da: Trianello 03/12/2006 2.11
Evidentemente, cara asilanna, non hai ben chiaro il concetto di Libero Arbitrio. Se gli enti auto-coscienti sono liberi, allora sono anche liberi di rifiutare Dio, per quanto Egli faccia per condurli a Sé. Ed in questo consiste la dannazione. Dio dà ad ognuno la possibilità di riscattarsi, all'inferno ci finisce chi rifiuta di utilizzare questa possibilità e si accanisce nel suo rifiuto di Dio.




Questo è vero. Ma un Dio che è definito AMORE lascerebbe che delle persone, pur Anvedolo rifiutato in maniera consenziente, soffrirebbero per l'eternità? Io non lo so mica
La cosa buffa è che si accusano i TdG di essere troppo letterali ne leggere la Bibbia, ma poi le fiamme interne vengono intese alla lettera! Bohhhhh
05/12/2006 14:28
 
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Forse anche tu non hai ben chiaro il concetto di Libero Arbitrio.

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05/12/2006 23:59
 
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In primis mi chiedo se voi abbiate capito cosa intendiamo quando parliamo di "sofferenza", perché ho idea che abbiate in mente la Divina Commedia. Dio non può costringere alla comunione con lui chi non la vuole, si tratta, paradossalmente, di rispetto.


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09/12/2006 01:08
 
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Trianello scrive:
Per uscire dall'empasse devi considerare nel suo pieno significato il concetto di Libero Arbitrio. Se l'uomo è libero di non scegliere Dio, se vuole, e Dio ha deciso di rispettare questa sua libertà, anche perché (sempre che valga il principio di non contraddizione) qualora Dio non rispettasse tale libertà annienterebbe quell'ente (l'uomo) a cui questa appartiene per essenza (l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio), allora più che cercare di farlo giungere a Lui, Dio non può fare altro per l’uomo.
La scelta dell’uomo deve essere una scelta d’amore, una scelta libera. Dio non è insensibile alle sofferenze delle sue creature, Dio vuole che tutti si salvino, ma se alcune sue creature non vogliono la salvezza, Dio (appunto perché le ama) non le annienta (questo succederebbe se Egli non rispettasse questa loro volontà di starsene da Lui lontane): si limita a lasciarle lì dove loro stesse hanno scelto di essere. Il fatto che la condizione dei dannati sia angosciosa non toglie che sono i dannati stessi che, accanendosi nel loro rifiuto di Dio, preferiscono, per così dire, la loro angoscia alla beatitudine divina. I dannati non sono disposti ad accettare la loro insufficienza, non sono disposti ad accettare Dio e, pertanto, rimangono nella loro insufficienza, rimangono senza Dio.

Sinceramente io non credo in Dio ma non me ne faccio una colpa perchè credere che sia stato Dio a creare un mondo del genere dove abbondano le sofferenze fisiche e psicologiche, le malformazioni fisiche e mentali,le calamità naturali, una natura formata da prede e predatori,le malattie mortali che colpiscono anche bambini innocenti ecc(e chi + ne ha + ne metta)non gli fa di certo onore. Forse Dio quando ha creato l'uomo non sapeva ciò che sarebbe successo infuturo?Dio forse non è mica onnipotente? E' inutile che continuamo a dare a Dio del finto tonto: lui ci ha dato la vita ma l'uomo ha scelto di praticare il male e x causa sua sono sopraggiunte tutte le sofferenze; beh Dio non lo sapeva? ma dai!
Dio dovrebbe anche farsi un'esame di coscienza...insomma è vero che molti si accaniscono nel rifiutare Dio ma lui non fa proprio niente per far si che noi(atei e agnostici) possiamo iniziare ad avere fiducia in lui!

A questo punto preferisco credere in un Dio, come spirito di amore illimitato e incondizionato ma non in un Dio Creatore!!

Devo ancora leggere attentamente gli altri punti....a presto.

Saluti
sono particolarmente interessata a discutere in modo critico le dottrine dei TdG
09/12/2006 02:24
 
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Sinceramente io non credo in Dio ma non me ne faccio una colpa perchè credere che sia stato Dio a creare un mondo del genere dove abbondano le sofferenze fisiche e psicologiche, le malformazioni fisiche e mentali,le calamità naturali, una natura formata da prede e predatori,le malattie mortali che colpiscono anche bambini innocenti ecc(e chi + ne ha + ne metta)non gli fa di certo onore.



La presenza del male del mondo non è in alcun modo una prova dell'inesistenza di Dio. Se hai studiato filosofia, saprai che c'è una branca di questa scienza (la teodicea) che cerca appunto di dimostrare come l’esistenza di un Dio onnipotente e sommamente buono non sia in contraddizione col male che troviamo nel mondo. In più, la Rivelazione ci parla del peccato originale quale causa della caduta dell’uomo dallo stato di grazia. Tanto per fare un esempio, oggi le catastrofi naturali ci colpiscono perché noi non siamo in grado di prevederle e di prevenirne gli effetti, ma se godessimo di quella scienza infusa di cui il peccato originale ci ha privati, questo non sarebbe un nostro problema.

Dio è onnipotente, questo significa che Lui può tutto il possibile. Dio non può quindi l’impossibile, ciò che intrinsecamente contraddittorio. Il principio di non contraddizione è infatti il fondamento del pensare e quindi anche del nostro pensare Dio: un Dio contraddittorio è impensabile. Nemmeno Dio, quindi, può fare in modo che ci sia un cerchio quadrato, ad esempio. Ora, un ente libero può essere di due tipi: o un ente perfetto o un ente imperfetto. Un ente libero e perfetto non può fare il male, pur rimanendo libero (poiché la libertà non si limita alla sola possibilità di fare il bene o il male, ma anche a quella di poter scegliere tra vari beni), se non per accidens, ex virtute agentis. Vale a dire che un ente perfetto può solo permettere il male in vista di un bene più grande. Un ente libero imperfetto può anche fare il male. Nemmeno lui però può fare il male in vista del male, questo perché l’ente è sempre buono ed il male è solo una privazione: nel caso del male fisico si tratta di una privazione di una perfezione rispetto ad una perfezione spettante alla natura di un ente (tipo la vista per l’uomo, quando questo è affetto da quel male che chiamiamo cecità); nel caso del male morale si tratta della privazione rispetto ad una specifica perfezione dell’ente auto-cosciente (il soggetto etico), vale a dire dell’ordine al fine che devono avere gli atti umani (fine supremo dell’uomo è Dio). Anche l’ente imperfetto quando fa il male lo fa in vista di un bene, nella voluta ignoranza però di quell’ordine al fine ultimo (Dio) che costituisce quella che è la sua più sublime perfezione. Chi ruba, ad esempio, lo fa per appropriarsi di beni, ma lo fa nella voluta ignoranza di quella norma oggettiva che vuole che il rispetto per la proprietà altrui, compiendo così un male. Il male morale, infatti, altro non è che un anteporre al fine assoluto (Dio) un fine particolare, che in sé si giustificherebbe solo come mezzo ordinato al fine assoluto.
Ora era possibile per Dio creare degli enti liberi e, al contempo, incapaci di compiere il male? No, perché, come si è detto sopra, nemmeno Dio può l’impossibile e tali enti sarebbero enti impossibili, contraddittori. Dio, infatti, non può creare un altro Dio, perché una delle perfezioni di Dio è il suo essere increato, ed un increato creato sarebbe contraddittorio; né potrebbe Iddio creare un ente libero e imperfetto e al contempo impeccabile, in quanto l’imperfezione in questo ente consiste anche nella possibilità di compiere il male, e non si dà un ente che possa essere e non essere ad un tempo capace di compiere il male.
Questo però non giustifica ancora la presenza del male nel mondo. Dio, infatti, nella sua onniscienza, avrebbe potuto anche limitarsi a creare solo quegli enti imperfetti che, pur essendo liberi, Egli sapeva che non avrebbero commesso alcun male. Tale opzione sarebbe stata possibile a Dio, ma, così facendo, la sua opera non sarebbe stata tanto misericordiosa quanto lo è stata nell’aver creato anche gli enti che Egli sapeva avrebbero commesso il male, per poi poterli redimere per tramite del sacrificio del suo Figlio unigenito.
Quando la creatura pecca perde la beatitudine che consiste nell'unione con Dio, e fallisce così la piena realizzazione della sua capacità infinita, ma non perde né il proprio essere né una parziale realizzazione di sé. Perdendo l'unione elettiva col fine ultimo, sminuisce la pienezza della sua bontà e resta unita a Dio solo come una cosa naturale, senza che la sua volontà partecipi attivamente a questa relazione. Ogni male è un indebito rimpicciolimento del bene, come una restrizione di un bene che avrebbe dovuto essere più totale. Nel peccato la restrizione costituisce un passaggio dall'unione finita al Bene infinito, che la creatura razionale doveva operare selettivamente, all'unione con un bene finito che non può colmare la volontà. In più, tutto quello che succede nel mondo, anche se è male, ricade in bene dell'universo grazie alla Provvidenza divina, anche se questa si muove lungo sentieri per noi imperscrutabili. Il male resta così non soppresso, ma reintegrato nell'armonia dell'universo. Seguendo gli alvei stabiliti nell'ordine cosmico, i mali finiscono per confluire nel bene della totalità dell'universo e nel bene personale delle creature spirituali. La Provvidenza di Dio fa buon uso dei mali, a volte per utilità degli stessi che li patiscono, come quando per opera di Dio le infermità corporali o persino spirituali ricadono a vantaggio di coloro che le soffrono; altre volte a vantaggio dì altri, in un duplice modo: o per il vantaggio particolare di qualcuno, come quando, per la penalizzazione di uno, un altro si emenda, o per l'utilità dì tutti, come la punizione dei delinquenti è ordinata alla pace sociale.
Anche se le apparenze dì questa vita suscitano l'impressione che i beni e i mali siano distribuiti indifferentemente, quasi casualmente tanto ai buoni che ai cattivi, anzi con una preferenza per i secondi, questo accade perché la nostra conoscenza dei dettagli del piano provvidenziale è molto superficiale, e non ci riesce facile giudicare se qualcosa è per il bene o per il male, se un avvenimento avverso sia stato alla fine più conveniente o, al contrario, un successo strepitoso abbia in fondo preparato una disgrazia. L'ordine profondo degli avvenimenti, in particolare degli avvenimenti storici, sfugge ai poteri della ragione umana, ma questa compie cosa saggia se ripone la sua fiducia nella saggezza infinita della provvidenza di Dio.

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

02/01/2007 01:24
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 25/11/2006 2.52
“i malvagi semplicemente non risorgono da morte.”

Veramente per i TdG, che citano male Paolo, la morte cancella ogni peccato, quindi Hitler si ritroverà nella terra paradisiaca per i mille anni di prova insieme agli ebrei che ha sterminato, Solo se fallirà la seconda occasione ci sarà la morte definitiva, lo stroncamento eterno.



be per chi è tormentato dal peccato qui in terra, o dal senso del peccato
la non esistenza dell'inferno è rassicurante comunque
per i buoni il premio non è negato
e comunque non tutti risorgeranno per il giorno del giudizio
questo mi è stato detto da più TdG

comunque ripeto
è sicuramente più tranquillizzante la visione complessiva: per male he vada , pasato il brutto quarto d'ora della distruzione, poi più niente


un po' nichilista , ma tranquillizzante
05/09/2007 18:25
 
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Re: Re:
enkidu, 02/01/2007 01.24:



be per chi è tormentato dal peccato qui in terra, o dal senso del peccato
la non esistenza dell'inferno è rassicurante comunque
per i buoni il premio non è negato
e comunque non tutti risorgeranno per il giorno del giudizio
questo mi è stato detto da più TdG

comunque ripeto
è sicuramente più tranquillizzante la visione complessiva: per male he vada , pasato il brutto quarto d'ora della distruzione, poi più niente


un po' nichilista , ma tranquillizzante





Una delle divergenze fondamentali, fra le tante, fra i Testimoni di Geova e i Russelliti (i gruppi di studenti biblici rimasti più o meno fedeli agli originari intendimenti del fondatore della società Torre di Guardia e fuoriusciti in diversi momenti dalla stessa, dopo la morte di Russell) è appunto quello che verte sulla questione del riscatto e la restituzione.
Secondo i Geovisti Adamo non risorgerà in quanto la sua condanna a morte è definitiva, come del resto anche per tanti altri malvagi "irrecuperabili", che hanno conosciuto la verità e scientemente l'hanno rifiutata. Per i russelliti invece Adamo sarà risorto come TUTTI coloro che sono vissuti sulla terra, indipendentemente dal fatto che fossero stati dei criminali impenitenti o dei filantropi. In origine la differenza fra speranza terrena e speranza celeste era data proprio dal fatto che la speranza celeste era riservata "agli eletti" (giustificati per Fede), quella terrena a tutti gli altri che, dopo la resurrezione, avessero accolto la Verità e pertanto meritato la salvezza (con la seconda....occasione). Dichiarata conclusa "la raccolta" degli eletti da Rutherford, questa distinzioni in classi si è dovuto infine trasfonderla direttamente dentro la "Congregazione cristiana", separando gli eletti di prima classe dagli eletti in seconda...

Shalom



****************************
"Fiume inesauribile della grazia, Spirito Santo, Tu che rimetti i peccati, ricevi la nostra preghiera per il mondo, per i credenti e gli increduli, come per i figli della rivolta: e conducili tutti nel regno eterno della Santa Trinità. Che sia vinto da Te l'ultimo nemico, la morte, e che il mondo, rinascendo attraverso il fuoco purificatore, canti il cantico nuovo dell'immortalità: Alleluya!"
05/09/2007 20:50
 
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Giustizia divina?
Immaginatevi di stare in uno di quei posti meravigliosi: spiaggia tropicale, mare cristallino, in panciolle a godervi la vostra buona sorte.
Soltanto poche centinaia di metri nell'entroterra l'inferno: gente afflitta dalla fame, dalle malattie, dall'ignoranza e da mille altre sofferenze.
Certo, se riuscite a non pensare e a resistere alla tentazione di dare un fuggevole sguardo alle vostre spalle, a quell'inferno, potete con una scrollatina di spalle dire: che c'entro io con loro?

Un'immagine simile può esitere nell'aldilà, comunque voi concepite l'aldilà? Rifletteteci, da una parte i salvati, felici e ben pasciuti nella grazia di dio, dall'altra i 'dannati' nel fuoco eterno. Sarebbe giustizia? Sarebbe la restaurazione divina di questo mondo tanto desiderata e attesa nella speranza cristiana. In definitiva, sarebbe un saggio d'amore infinito e di giustizia da parte del Dio fatto conoscere da Gesù Cristo?

Potete credere all'inferno e alle pene eterne, se volete. Tanto è una favola, un'invenzione che potrà soddisfare i sadici, i bigotti e gli ignoranti. Tanto, non esiste e mai esisterà un posto del genere. L'inferno è un'invenzione umana che ha avuto successo solo su questa terra ... a dispetto di Dio.

Agabo.
Visita:

"MA COME UN'AQUILA PUO' DIVENTARE AQUILONE? CHE SIA LEGATA OPPURE NO, NON SARA' MAI DI CARTONE " -Mogol
"Non spetta alla chiesa decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana" A.M. Bertrand
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Potete credere all'inferno e alle pene eterne, se volete. Tanto è una favola, un'invenzione che potrà soddisfare i sadici, i bigotti e gli ignoranti. Tanto, non esiste e mai esisterà un posto del genere. L'inferno è un'invenzione umana che ha avuto successo solo su questa terra ... a dispetto di Dio.



L'Inferno non è un posto, tanto per cominciare.
Prima di pontificare (mai termine fu più azzeccato) sull'Inferno, ti consiglio di informarti meglio su tutta la faccenda (magari dando un'occhiata a quanto postato in questa stessa discussione).

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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

05/09/2007 21:50
 
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Probabilmete quello che l'"uomo comune" non riesce a digerire non è il concetto di libero arbitrio in relazione alla presenza del male nella storia dell'uomo.Si tratta paradossalmente come hai scritto di una forma di rispetto senza la quale l'uomo non si potrebbe definire uomo.

Il problema invece è legato all'idea di "proporzionalità" tra errore e pena.Nè chiarire il concetto di "sofferenza" potrebbe aiuitare a comprendere il vostro punto di vista quanto chiarire l'idea di "eternità" della sofferenza.

Ciao
Bruno
05/09/2007 21:52
 
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Re:
Trianello, 25/11/2006 03.15:

Sì, in effetti, sono stato impreciso: se non ricordo male, sono coloro che hanno esplicitamente rifiutato il messaggio di Geova ed il CD come suo canale che non risorgeranno da morte. Per gli altri, come ha specificato Polymetis, c'è il millennio... e poi, se saranno stati cattivi, l'annichilimento.

[Modificato da Trianello 25/11/2006 3.16]





Questo è uno dei primi punti di contrasto che ho avuto con i TdG da quando mi stò interessando alla loro dottrina.
Quindi una persona che cerca di comportarsi onestamente,sforzandosi di essere "buona" ma non credendo che la verità biblica sia quella presentata dal CD verrà distrutta,mentre milioni di assassini,delinquenti e quant'altro dovrebbero godere di una nuova possibilità solo perchè magari non hanno conosciuto la verità biblica presentata dai testimoni.
Domanda:dove stà scritto tutto questo nella Bibbia?
Risposta:la morte assolve dai peccati,poi cmq sarà Geova a decidere chi resuscitare e chi no.
Continuo a non essere convinto di questa cosa.
05/09/2007 22:18
 
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Per Agabo

” Immaginatevi di stare in uno di quei posti meravigliosi: spiaggia tropicale, mare cristallino, in panciolle a godervi la vostra buona sorte.”

Cos’è? Il paradiso dei TdG? Il mio paradiso è la comunione con Dio, la deificazione, non le palme sulla spiaggia.

“Soltanto poche centinaia di metri nell'entroterra l'inferno”

L’inferno non sta da nessuna parte e certamente non sottoterra. Non è un luogo ma uno stato dell’anima.

“e ben pasciuti nella grazia di dio, dall'altra i 'dannati' nel fuoco eterno.”

Per la teologia cattolica la pena dell’inferno è l’eterna privazione da Dio, il fuoco è metafora della sofferenza derivata da questo stato, stato riconducibile alla consapevolezza da parte dell’individuo del proprio fallimento esistenziale e di aver mancato la possibilità di una comunione col suo creatore.

“Sarebbe giustizia? Sarebbe la restaurazione divina di questo mondo tanto desiderata e attesa nella speranza cristiana.”

Dio non manda nessuno all’inferno, e al contempo l’inferno non è vuoto. Quando avrai capito come far stare insieme queste due affermazioni forse avrai inteso qualcosa della teologia cattolica, di cui stai dimostrando di non sapere un tubo.
PS l’apocatastasi è un’eresia.

“Potete credere all'inferno e alle pene eterne, se volete.”

Temo che tu confonda l’eternità con la perpetuità. L’eternità non è un tempo infinito ma l’assenza di tempo.

“Tanto, non esiste e mai esisterà un posto del genere.”

Che non esista l’inferno a cui tu credi i cattolici credano è verissimo.

“L'inferno è un'invenzione umana”

Sì, di un uomo chiamato Cristo tra gli altri.

Per latinboy

“la morte assolve dai peccati,”

No, questo è quello che credi di leggere in San Paolo non capendo il contesto del versetto. Rileggilo e vedrai che sta banalmente parlando del battesimo come morte alla vecchia vita e cancellazione del peccato originale.
[Modificato da Polymetis 05/09/2007 22:20]
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
05/09/2007 22:27
 
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Re:

Dio non manda nessuno all’inferno, e al contempo l’inferno non è vuoto. Quando avrai capito come far stare insieme queste due affermazioni forse avrai inteso qualcosa della teologia cattolica, di cui stai dimostrando di non sapere un tubo



E' quindi l'uomo a scegliere.


Temo che tu confonda l’eternità con la perpetuità. L’eternità non è un tempo infinito ma l’assenza di tempo



Grazie.
Lontani da Dio,in una realtà cristallizzata ove non è ipotizzabile nessun divenire ? Quindi neppure la "redenzione" ?

In "inferno" si può cambiare ?

[Modificato da giainuso 05/09/2007 22:28]
05/09/2007 23:08
 
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“E' quindi l'uomo a scegliere.”

Ci siamo quasi, diciamo che è l’uomo ad aver scelto e Dio si limita a rettificare, ma si può spiegare molto meglio. Comunque mi interessava la risposta di Agabo.

“ontani da Dio,in una realtà cristallizzata ove non è ipotizzabile nessun divenire ? Quindi neppure la "redenzione" ? In "inferno" si può cambiare ?”

Teologi cattolici come Giovanni Scoto Eriugena l’hanno sostenuto, ma il parere pressoché unanime di quasi tutta la tradizione è: assolutamente no.

Ad maiora
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