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"La TNM manipolata o tradotta fedelmente" di Felice Buon Spirito

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2007 10:55
21/10/2005 23:22
 
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SPOSTO QUI UN INTERVENTO DI LYBERO CHE CITA UN DOCUMENTO DEL SITO DELL'AZZURRA 7



Gentile Giancarlo, abbiamo la sensazione che lei non abbia letto con attenzione la nostra risposta, dal momento che sottopone di nuovo obiezioni cui è già stata data risposta. Le ribadiremo alcune aspetti importanti, che speriamo la possano aiutare a comprendere perchè riteniamo legittimità e quindi fedele la scelta traduttiva adottata nella TNM! Divinità vuol dire di base "la qualità o gli attributi divini", non vediamo pertanto perchè la TNM non possa usare un sinonimo per tradurla, ci pare un assurdità affermare il contrario. Non si tratta di interpretare ma semplicemente di usare un sinonimo.

D'altronde anche la Nuova Riveduta e la Diodati non "traducono" ma interpretano essi stessi rendendo theotes con "Deità" ovvero "l'essere divino" escludendo a priopri che qui theotes sia (come era!) usato come un sinonimo di theiotes.

Lo stesso fa la TILC (Parola del Signore), taduzione interconfessionale, che rende con: "Dio è perfettamente presente nella sua persona". In questo caso theotes (come nella NR) è reso con "Dio" (ovvero l'essere Dio).

Ora, mentre la traduzione "qualità divina" è perfettamente concessa da un punto di vista lessicale (se accetta che qui theos è reso astratto e qualitativo dal suffisso -tes) la traduzione della NR e della TILC è manipolata in senso trinitario, poichè nulla in theotes ci consente di rendere come Dio-Deità inteso in senso personale.

No è possibile dimostrare che theotes non voglia dire "qualità divina". Infatti "divinità" indica proprio la "qualita o gli attributi divini" pertanto non vediamo che male ci sia ad usare un sinomino di "divinità" piuttosto che "divinità". Non ci vediamo "infedeltà" al testo: se theotes indica un aspetto qualitativo e non "l'essere Dio" tradurlo come tale non è una interpretazione ma un dovere del traduttore.

"Qualità divina" non è una interpretazione della TNM ma è il suo senso lessicale più semplice e privo di interferenza teologica.

Poi su cosa indichi questo "qualità" possiamo discutere: qualità intesa solo come attributi? Come saggezza? oppure come natura in senso trinitario? E' qui che scatta l'interpretazione, non sul significato "qualitativo" del termine. Come le abbiamo già scritto questo è un problema di esegesi e di analisi del conteso e non lessicale.

A nostro parere l'alternativa ("l'essere Dio, Deità, Dio) semplicemente non è possibile se non introducendo concetti che, risalgono ad una interpretazione medioevale della parola (leggi Tommaso d'Aquino), sono cioè il risultato di speculazioni teologico-filosofiche posteriori al kerygma neotestamentario. L'obiettivo nella traduzione biblica e nella sua esegesi, non deve essere quello di forzare un significato acquisito a seguito speculazioni poi radicate nella teologia da una lunga tradizione. No l'obiettivo è di far rivivere l'insegnamento primigeno, aderente al paleocristianesimo, come la Rivelazione attesta.

Se theotes ha forza qualitativa ed è usato come sinonimo di theiotes non c'è alcun problema a tradurlo come "qualità divina". In conclusione:

1. il suffisso -tes in greco trasforma un sostantantivo in un nome astratto, ovvero, come può leggere nella grammatica del Wallace, un nome che si focalizza sull'aspetto della qualità e non della individualità come propone la traduzione della NR (l'essere Dio) pertanto in senso puramente letterale il significato di questa parola è theos + tes, ovvero "la qualità di un dio". Il resto è interpretazione.

2. theotes non è un nome più forte di theiotes, non ci sono evidenze che il primo sia usato per indicare esclusivamente l'essenza di Dio e l'altro per indicare semplice la qualità divina o gli attributi divini, piuttosto sono usati scambievolamente. Per cui è del tutto arbitraria la traduzione "Deità" contrapposta a "divinità" o a "qualità divina".

Non si tratta di opinioni, si tratta di evidenze che ci portano a propendere per il significato "qualità divina" piuttosto che quello di "essere Dio". I dizionari rendono theotes con: divinità, natura divina. Ora, divinità indica gli attributi divini o le qualità divine, non la persone di Dio, anche per natura in senso non trinitario, come lo presuppone il dizionario, si intendono solo "l'insieme delle proprietà e qualità innate di un essere". Queste definizioni sono in perfetta armonia con la tarduzione qualità divina!

Parlando di esperti poi dovrebbe credere a Nash, citato nella precdente missiva, visto che è l'unico ad aver fatto uno studio approfondito ed esclusivo sulla diade theiotes-theotes. Per altro lo studio di Nash è citato nella bibliografia sia del Kittel che del DENT, e rimane a quanto pare lo studio più completo disponibile al momento.
In nessun caso il significato "vero dio" ha alcuna base grammaticale ma solo teologica, infatti l'uso del suffisso -tes dopo theos indica che l'apostolo volutamente sposta l'attenzione dall'aspetto personale a quello qualitativo-astratto del nome.

Come intendere correttamente pertanto Colossesi 2:9? E' evidente che il termine natura è carico di significati filosofici naturalmente, anche molto diversi tra di loro. Per cui molti sono tratti in inganno da quel "natura divina" intendendo "natura" come eterna natura trinitaria. Ma è ovvio che un autore greco del II secolo avanti Cristo non poteva certo usarlo con quel significato, non crede? E' evidente allora che un dizionario, salvo diversa indicazione, la usa nel suo senso più neutro, ovvero quello di "qualità o complesso di qualità che una cosa possiede". Concludo questa discussione su Colossesi 2:9 con questo pensiero di Harnack (L'essenza del cristianesimo)

"Migliaia di uomini furono oltraggiati, oppressi, imprigionati, tratti a morte per l'interpretazione di una frase, per sottigleizze, per una virgola, da altri uomini che avevano sul labbro l'amore e la fratellanza. Tristissima storia! La Cristologia divenne l'arsenale donde gli uomini trassero le armi più terribili, i più crudeli ordigni di distruzione. Questa sciagura non è ancora terminata"

Su questo tema di theotes pertanto riteniamo di concludere che il termine può indicare tanto la qualità, gli attributi, la natura o saggezza divina così come theiotes. Decidere sul suo significato in quel contesto (qualità come eterna natura oppure come l'essenza di Dio, di un dio, gli attributi, la saggezza di Dio?) non è più compito della grammatica ma della teologia.
Nella speranza di averle fornito una risposta esaustiva la salutiamo cordialmente

La Redazione


"La vera libertà si apprezza dopo essere stati SCHIAVI"
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COPIO L'INTERVENTO DI ANDREIU

Queste obiezioni sono già state sentite e strasentite. Quando io devo tradurre una parola, non posso andare a vedere i vari sinonimi per poi metterli nella traduzione. Non sarebbe più traduzione, ma commento. Il termine theotes si può tradurre solo in due modi: "divinità" o "deità", in questo sono d'accordo tutti i dizionari esistenti e le grammatiche. L'espressione qualità divina, non è una traduzione, ma una parafrasi del brano. Inoltre non è vero che non vi sia distinzione tra "theiotes" e "theotes". Il Kittel li distingue, con un'ampia desamina di queste due parole.
Tra l'altro in Ro 1:20, il termine "theiotes", viene reso con Divinità, nella TNM, identificando con la D la Persona stessa di Dio. Allora automaticamente la WTS si dà la zappa sui piedi, in quanto ammette tacitamente di essere di parte in Ro 1:20. Inoltre, pur ammettendo la traduzione "qualità divina", avrei che in Gesù abita la "pienezza della qualità divina", affermando quindi che "qualitativamente" Egli è pienamente divino. E chi può essere "pienamente divino", se non Dio? Inoltre il suffisso "tes" di theotes mi indica pieno possesso, ovvero che Gesù possiede la pienezza della divinità.
Inoltre tutti i dizionari di greco traducono "divinità" o "deità", mai qualità divina.


Andrea
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La mia risposta
Per finirla col –tes…

Quei geni metafisici che sostengono sia possibile tradurre con “qualità” perché c’è davanti un –tes non hanno la minima idea di cosa intenda una grammatica con la parola “astratto”. Come già spiegato il suffisso -tes\tas non è da tradurre con bizzarre perifrasi in quanto esiste già anche nella nostra lingua e va semplicemente lasciato. Qual è l’astratto di “santo”? Santità. Quel santi-tà ha il “ta” finale che già vedemmo in divini-tà e deriva dal latino –tas. Se dunque vi dicessi che “in San Francesco dimora corporalmente la pienezza della santità” a qualcuno sano di mente verrebbe mai l’idea di tradurre la frase in altre lingue con “in San Francesco dimora corporalmente la pienezza della qualità santa”? Che cosa vorrà mai dire che “in San Francesco dimora la pienezza della santità” se non che è santo? Gli estensori di quell’articolo, nel puro delirio grammaticale, sostengono che i termini astratti possano essere tradotti con davanti “qualità”. Ma quando mai? E soprattutto perché farlo visto che il suffisso che rende astratta la parola è identico anche in italiano e dunque non c’è un bel nulla da tradurre né da interpretare.

“Divinità vuol dire di base "la qualità o gli attributi divini", non vediamo pertanto perchè la TNM non possa usare un sinonimo per tradurla”

Questa è ignoranza del metodo scientifico allo stato puro. Ma come si fa a pensare di discutere di greco usando definizioni riportate da dizionari di italiano? Non sanno costoro che tradurre è tradire e che per conoscere le valenze di un termine è perfettamente inutile andare a cercare cosa voglia dire la traduzione di quella parola in altre lingue? I dizionari monolingue parafrasano sempre, giacché è loro compito spiegare con abbondanza di termini ciò che è riassunto nella una singola parola che vogliono spiegare. Che gioco è mai questo? Ci tornerò sopra dopo.

“D'altronde anche la Nuova Riveduta e la Diodati non "traducono" ma interpretano essi stessi rendendo theotes con "Deità" ovvero "l'essere divino" escludendo a priopri che qui theotes sia (come era!) usato come un sinonimo di theiotes”

Veramente Deità non è una traduzione ma esattamente la stessa parola. Ricostruiamo: (lat.)Dei=(gr.)theo(<*thei). Il tema originale di theos è thei- come si vede ancora in thei-os e nel latino arcaico dei-uos>*dei(u)os>deus. La forma deiuos è attesta epigraficamente. Il medesimo tema c’è in altri derivati indoeuropei come nel pruss. dei-wsa. Poiché theo=dei e tes=tas allora theotes=deitas.

“Lo stesso fa la TILC (Parola del Signore), taduzione interconfessionale, che rende con: "Dio è perfettamente presente nella sua persona". In questo caso theotes (come nella NR) è reso con "Dio" (ovvero l'essere Dio).”

LA TILC traduce ad equivalenze dinamiche in modo dichiarato. Vi rifaccio l’esempio di prima. Se scrivo “in San Francesco dimora corporalmente la pienezza della santità” sarebbe forse errato presumere che la frase vuol dire “San Francesco era santo”? Certo non è una traduzione, infatti la TILC per proprio statuto non traduce.

“No è possibile dimostrare che theotes non voglia dire "qualità divina". Infatti "divinità" indica proprio la "qualita o gli attributi divini" . […] Non si tratta di interpretare ma semplicemente di usare un sinonimo”

Insistono ancora nel cercare i significati di un termine greco sul dizionario di italiano, Vogliamo fare questo giochino e cercare su diecimila dizionari definizioni di Divinità che vadano bene a noi? Ad esempio lo Zingarelli dà come primo significato di divinità “natura o essenza divina”, e, seguendo i loro modus operandi, siamo dunque legittimati a rendere il termine con “In Cristo abita corporalmente la pienezza della natura divina”. Chissà perché penso che nella TNM non suonerebbe bene.

“se theotes indica un aspetto qualitativo e non "l'essere Dio"”

Costoro hanno le idee seriamente confuse su cosa voglia dire qualitativo. A proposito, i migliori dizionari di greco neotestamentario di questo pianeta rendono proprio theotes con “l’essere Dio”, già ho postato qualche scansione.

“A nostro parere l'alternativa ("l'essere Dio, Deità, Dio) semplicemente non è possibile se non introducendo concetti che, risalgono ad una interpretazione medioevale della parola (leggi Tommaso d'Aquino),”

Con buona pace di questi grecisti improvvisati il dottor Angelico non c’entra nulla, è pura glottologia.

“Parlando di esperti poi dovrebbe credere a Nash, citato nella precdente missiva, visto che è l'unico ad aver fatto uno studio approfondito ed esclusivo sulla diade theiotes-theotes. Per altro lo studio di Nash è citato nella bibliografia sia del Kittel che del DENT, e rimane a quanto pare lo studio più completo disponibile al momento.”

Costoro ovviamente non hanno mai letto un rigo di Nash, basti dire che oltre ad essere oltremodo datato si danno una zappa sui piedi ricordandoci che viene citato dal Kittel, infatti, sebbene lo citi, il dizionario arriva a conclusioni contrarie, palese dimostrazione che trovava deboli le argomentazioni contenute nell’articolo.

“Ma è ovvio che un autore greco del II secolo avanti Cristo non poteva certo usarlo con quel significato, non crede?”

Ma di chi diavolo parlano?

“Harnack (L'essenza del cristianesimo)
"Migliaia di uomini furono oltraggiati, oppressi, imprigionati, tratti a morte per l'interpretazione di una frase, per sottigleizze, per una virgola, da altri uomini che avevano sul labbro l'amore e la fratellanza. Tristissima storia! La Cristologia divenne l'arsenale donde gli uomini trassero le armi più terribili, i più crudeli ordigni di distruzione. Questa sciagura non è ancora terminata"

Oh, sono giunti addirittura a citare Harnack! Ma hanno informato i loro lettori che Harnack non critica la cristologia trinitaria perché abbia posizione ariane come le loro ma bensì perché crede che la divinità di Cristo sia un’invenzione di una banda di falsari insieme al 90% dei Vangeli declassati al rango di miti?
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Dopo aver letto l’intervento di Polymetis, spiegando ben bene il ruolo del suffisso –tes/tas mi sono chiesto se non fosse il caso di esaminare, nel Nuovo Testamento, i casi in cui vi ricorrono termini che in greco hanno questo stesso suffisso, e scoprire come la TNM le rende in italiano.

E’ nato un lungo lavoro di ricerca che ha occupato buona parte del sabato pomeriggio ( sotto lo sguardo crucciato e minaccioso di mia moglie [SM=g27836] al pensiero di trascorrere a casa il sabato [SM=g27830] )

Voglio mettervi a disposizione tale ricerca in modo da avere chiaro il concetto e, se non sia il caso di pensare che tutto questo polverone sollevato dai T d G intorno a questo suffisso, non sia soltanto un escamotage messo in atto per esautorare la Divinità di Cristo


……. E allora vi spiattello [SM=g27828] ciò che ne ho ricavato:

Per chiarezza ho inserito in ordine: il versetto biblico, la parola greca traslitterata avente suffisso
–tes/tas, la traduzione che ne da l’interlineare greco-latino- italiano della San Paolo e, tra parentesi, la versione della TNM.

Luca 7:14 bastazontes = portanti ( E accostatosi tocco la bara e i portatori si fermarono….)

Luca 9:43 megaleioteti= magnificenza ( …Or mentre tutti si meravigliavano……)

Giov 4:23 proskunountas= adoranti ( … il Padre cerca tali adoratori…..)

Atti 2:46 afeloteti= semplicità ( …..e sincerità di cuore….)

Atti 19:27 megaleiotetos= maestà ( …..e perfino la magnificenza di colei…..)

Rom 8.20 mataioteti = vanità ( poiché la creazione fu sottoposta a futilità….)

.Rom 8:35 gumnotes = nudità ( Chi ci separerà dall’amore del Cristo? Tribolazione …..nudità…)

2 Cor 1:12 haplotêti= semplicità ( ….che con santità e semplicità di cuore…)

2 Cor 6:6 hagnoteti= purezza ( in purezza, in conoscenza……)

2Cor 11:3 haplotetos, hagnotetos= semplicità, purezza (….dalla sincerità e dalla castità,,,)

2 Cor 11:27 gumnoteti = nudità ( ….nel freddo e nella nudità….)

Efes 1:21 kuriotetos= potestà ( ….e autorità e potenza e signoria….)

Efes. 4:17 mataioteti= vanità ( ….. nella futilità della loro mente…)

Col 1:16 kuriotetes= signorie ( …siano essi troni o signorie….)

Col 2:9 theotetos = divinità ( ……pienezza della qualità divina)

1 Tim 6:17 adeloteti = instabilità ( . ….non nelle ricchezze incerte….)

Ebrei 12:10 hagiotetos = santità ( …affinché partecipiamo alla sua santità )

1 Piet 2:17 adelfoteta = fratellanza ( ….intera associazione dei fratelli…. )

1 Piet 5: 9 adelfoteti= fraternità ( ….l’intera associazione dei fratelli…. )

2 Piet 1:16 megaleiotetos= magnificenza ( ….testimoni oculare della sua magnificenza….)

2 Piet 2:10 kuriotetos= signoria ( ….e che disprezzano la signoria…..)

2 Piet,2:18 mataiotetos= vanità ( ….gonfie espressioni di nessun profitto….)

Giuda 8 kurioteta= signoria ( ….. contaminano la carne e trascurano la signoria…)

Apoc 3:18 gumnotetos = nudità ( ….la vergogna della tua nudità…..)


Certamente non sono così presuntuoso da affermare che questa ricerca sia completa, ci saranno tanti altri versetti con suffisso –tes/tas non elencati qui sopra, anzi se qualcuno di buon animo volesse aggiungere qualche altro termine alla lista dei versetti sarebbe il benvenuto.

Ma da tutto ciò cosa si evince?

Semplice:

L’ UNICO TERMINE GRECO CON SUFFISSO –TES/ TAS DI FRONTE AL QUALE GLI AUTORI DELLA TNM SI SONO SENTITI AUTORIZZATI AD INSERIRE IL TERMINE “QUALITA ”, IRONIA DELLA SORTE E’ PROPRIO……. COL 2:9.
I
In questi casi……… come direbbe..... il Buon Andreotti ?

……E comunque, anche se in Col 2:9 “ Theotetos “ viene tradotto con qualità divina a mio avviso la frase non riesce nell’intendo di annullare la Deità di Cristo.

Il Dizionario Enciclopedico RIZZOLI- LAROUSSE dà le seguenti definizioni della parola
“ qualità”

a) Proprietà che determina la natura di una cosa; carattere proprio di una cosa
b) Maniera d’essere, caratteristiche intrinseche.

Ora, prendendo per buona, per un istante la TNM, i TdG non riescono nel loro intento di inficiare la Natura Divina di Cristo, infatti il significato del versetto sarebbe:

“ TUTTA ( non una parte) la proprietà di Dio. TUTTO il carattere proprio di Dio. TUTTA
la maniera d’essere, TUTTE le caratteristiche intrinseche di Dio, dimorano corporalmente in Cristo.

UN TALE ESERE NON PUO’ CHE ESSERE ...... DIO STESSO


Alla prossima
adelfos
23/10/2005 13:40
 
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Ho solo una piccola precisazione da fare, alcune delle voci che citi non riguardano il tema che stiamo trattando. Hai scambiato alcuni participi per il suffisso –tês degli astratti. Ad esempio:
“bastazontes = portanti” è il verbo bastázo al participio nominativo plurale maschile, quindi è costruito con –o- vocale tematica più –nt- (che è la caratteristica del participio) più -es-, desinenza di nominativo plurale maschile, da qui bastaz-o-nt-es. Inoltre la –e- non è un’eta(“e” lunga) come nel caso di theotês ma è un epsilon.(“e” breve). Ci sono errori simili, ad esempio Gv 4,24 “proskunountas= adoranti” non è il suffisso latino –tas di cui parlavo ma un participio maschile accusativo con la caratteristica –nt- più la desinenza –as.

Ciao
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12/11/2005 13:35
 
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Vorrei chiedere a Polymetis un opinione, se possibile dettagliata, su questo brano tratto dall'opera del docente di lingue semitiche Rolf Furuli tratto dal suo libro:

"Il ruolo della teologia e del pregiudizio nella traduzione della Bibbia", e precisamente a pagine 240 e 241.


Al lettore moderno interessa in primo luogo il tempo del verbo di Giovanni 8:58. Il tempo è una grammaticalizzazione della collocazione temporale dell'azione. Cos'è il nostro presente, tempo di solito usato per tradurre i vari egò eimi? Semplificando, è un punto dulla linea temporale che rappresenta il momento attuale, ovvero la congiunzione di passato e futuro. E' relativamente raro che un'azione coincida esattamente con il momento presente; perciò le situazioni espresse col tempo presente per lo più "occupano un periodo più lungo del solo momento presente, ma comnque lo includono". In altre parole, il tempo presente può occupare parte del passato e parte del futuro, pur inlcudendo sempre il momento presente; lo si può usare per il lontano futuro, ma doi rado include uno specifico punto del lontano passato.
In greco il presente si comporta diversamente perché è un aspetto, non un tempo. Rappresenta una parte dell'azione, esclusa la sua conclusione, ed è evidentemente sganciato dal tempo. Il futuro greco è grosso modo analogo al nostro, ed è grammaticalizzato, mentre l'imperfetto greco in genere rende visibile la sequenza di un'azione continua nel passato. Il presente greco sta fra i due e normalmente descrive azioni rese col presente.
Bowman scrive che la traduzione letterale di egò eimi in Giovanni 8:58 è "io sono" e che la NWT, traducendo "io sono stato", tenta di piegare il brano all'antitrinitarismo dei traduttori. Precisa anzi, riferendosi al contesto, che la versione "io sono stato ... non è accurata". Questo ragionamento si fonda sull'assunto che il presente greco sia un tempo grammaticale con lo stesso significato del nostro, ciò che non è, come si è detto. Anzi, da un certo punto di vista è corretto sostenere, come io faccio quì, che la scelta del tempo grammaticale nella nostra lingua non ha niente a che fare col tradurre alla lettera. Qualsiasi equivalente di eimi (essere) è una traduzione letterale, a prescindere dal tempo grammaticale. "Io sono stato(ero)" è tanto letterale quanto "io sono". [/G
13/11/2005 01:47
 
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“dall'opera del docente di lingue semitiche Rolf Furuli tratto dal suo libro”

Precisiamo subito che costui ha preso il dottorato un paio di mesi fa e che è un lettore, non un professore.

“Cos'è il nostro presente?”

Qui iniziano i problemi, perché non so in che lingua Furuli abbia scritto il suo libro. Inglese, svedese? Ogni lingua ha delle peculiarità nel valore da assegnare ai tempi, per questo tradurre grammatiche di greco antico scritte in inglese è molto complesso, fare degli adattamenti affinché le argomentazioni dell’autore divengano comprensibili al lettore italiano richiede una perizia notevole, e qualcosa mi dice che i traduttori dell’Azzarra 7 non siano laureati in lettere classiche…

“In greco il presente si comporta diversamente perché è un aspetto, non un tempo. Rappresenta una parte dell'azione, esclusa la sua conclusione, ed è evidentemente sganciato dal tempo.”

Scusate ma mi sono perso come dalle premesse si arriverebbe alla conclusione, quell’ “evidentemente” a fine sillogismo suona assai male. Il tema del presente indica che l’azione è considerata nel suo svolgimento e nella sua durata, dunque dire che “io sono stato” è una traduzione equivalente a “io sono” è una stupidaggine, perché “io sono stato” e “io ero” indicano un’azione già conclusa.

“Anzi, da un certo punto di vista è corretto sostenere, come io faccio quì, che la scelta del tempo grammaticale nella nostra lingua non ha niente a che fare col tradurre alla lettera. Qualsiasi equivalente di eimi (essere) è una traduzione letterale, a prescindere dal tempo grammaticale. "Io sono stato(ero)" è tanto letterale quanto "io sono".”

Si vede che costui ha imparato greco solo all’università e non è stato forgiato da un liceo, perché francamente tradurre “ego eimi” con qualunque tempo come suggerisce l’amico Furuli è la strada più sicura per arrivare al quattro.

La solfa è sempre la stessa. Ci troviamo dinnanzi all’argomentazione dei TdG secondo cui il presente indica “un’azione che inizia nel passato e continua nel presente”, il che è sostanzialmente falso nel senso in cui lo intendono loro, giacché con “passato” non si intendono i secoli addietro ma il fatto che non si possa mai cogliere il “momento” di un’azione presente e dunque dire “io mangio” implica che un secondo fa stavo facendo la stessa cosa. E’ vero che il presente greco è un aspetto, e per la precisione “aspetto durativo”, ma tale funzione è resa magnificamente da un presente italiano infatti in quasi tutte le lingue il “verbo sostantivo” per eccellenza, cioè essere, esprime l’aspetto durativo. Dunque perché tradurre con l’imperfetto che in italiano indica un’azione durativa conclusasi nel passato?

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13/11/2005 06:14
 
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Innanzitutto ciao Polymetis è un piacere risentirti di nuovo.

Precisiamo subito che costui ha preso il dottorato un paio di mesi fa e che è un lettore, non un professore.

Hai le prove di ciò che affermi amico mio? Comunque paragonato con me resta comunque un professore e con la “P” maiuscola, come te d’altronde.

Scusate ma mi sono perso come dalle premesse si arriverebbe alla conclusione, quell’ “evidentemente” a fine sillogismo suona assai male. Il tema del presente indica che l’azione è considerata nel suo svolgimento e nella sua durata, dunque dire che “io sono stato” è una traduzione equivalente a “io sono” è una stupidaggine, perché “io sono stato” e “io ero” indicano un’azione già conclusa.

Anch’io credo che “io sono stato” e “io sono” non sono traduzioni equivalenti per lo stesso motivo da te evidenziato, infatti “io sono stato” parla di un’azione già conclusa, mentre “io sono” parla si anch’esso di un’azione già conclusa, ma anche “ancora in corso”. Solo una cosa Polymetis, se potresti evitare espressioni tipo “stupidaggini”, “errore” è già sufficiente, grazie…

Si vede che costui ha imparato greco solo all’università e non è stato forgiato da un liceo, perché francamente tradurre “ego eimi” con qualunque tempo come suggerisce l’amico Furuli è la strada più sicura per arrivare al quattro.

Con tutto il rispetto per il professor Furuli anch’io non credo che “io sono stato” sia una traduzione altrettanto letterale e fedele come “io sono”, certo, possibile, infatti CEI e NR in Giovanni 15,27; dimostrano di conoscere la regola del presente storico e la applicano. Ovviamente io parlo solo dell’aspetto grammaticale della cosa escludendo la teologia per quanto riguarda Giovanni 8,58.

La solfa è sempre la stessa (Io penso che il Furuli abbia comunque detto qualcosa di nuovo ed abbia ulteriormente approfondito l'argomento). Ci troviamo dinnanzi all’argomentazione dei TdG secondo cui il presente indica “un’azione che inizia nel passato e continua nel presente”, il che è sostanzialmente falso nel senso in cui lo intendono loro, giacché con “passato” non si intendono i secoli addietro (può anche essere Polymetis) ma il fatto che non si possa mai cogliere il “momento” di un’azione presente e dunque dire “io mangio” implica che un secondo fa stavo facendo la stessa cosa. (su questo concordo) E’ vero che il presente greco è un aspetto, e per la precisione “aspetto durativo”, ma tale funzione è resa magnificamente da un presente italiano infatti in quasi tutte le lingue il “verbo sostantivo” per eccellenza, cioè essere, esprime l’aspetto durativo. Dunque perché tradurre con l’imperfetto che in italiano indica un’azione durativa conclusasi nel passato?

Indubbiamente tradurre “ego eimi” con “io sono” è meglio.

Ti ringrazio per le tue delucidazione come sempre molto utili per il sottoscritto.

Un abbraccio e a presto.

Il tuo amico Gaetano.

13/11/2005 07:40
 
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Vorrei portare una correzione al mio ultimo post, per aver commesso un errore Infatti ho detto:

"infatti “io sono stato” parla di un’azione già conclusa, mentre “io sono” parla si anch’esso di un’azione già conclusa, ma anche “ancora in corso”".

Ma ciò è contraddittorio, (se è conclusa non può essere ancora in corso). Quindi dovevo riportare la frase in questo modo:

"infatti "io sono stato" parla solo di un'azione passata, mentre "io sono" parla si anch'esso di un'azione passata, ma anche "ancora in corso".
13/11/2005 14:17
 
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“Hai le prove di ciò che affermi amico mio?”

Guarda che lo sanno tutti. Ad ogni modo siccome i nostri amici TdG non volevano metterselo in testa ho scritto a Furuli in persona chiedendogli il suo ruolo nell’università di Oslo. La risposta è stata che ha difeso in maggio la sua tesi di dottorato e che attualmente è lettore in lingue semitiche. Qualcosa mi dice che in Norvegia i semitisti scarseggino…

“come te d’altronde”

Per la quarta volta in un mese mi hanno dato del professore quando io non insegno affatto. Ma avete frainteso qualche mia parola?

“Solo una cosa Polymetis, se potresti evitare espressioni tipo “stupidaggini”,”

Una cosa va chiamata col suo nome.

“Con tutto il rispetto per il professor Furuli anch’io non credo che “io sono stato” sia una traduzione altrettanto letterale e fedele come “io sono”, certo, possibile, infatti CEI e NR in Giovanni 15,27;”

Non c’entra un emerito nulla. Sia perché è completamente diversa la consecutio temporum di Gv 8,58 sia perché in Gv 15,27 la CEI non fa una traduzione letterale ma semplicemente eufonica, nulla vieta di rendere come fa la Nuovissima con “siete con me sin dall’inizio”. La costruzione dei verbi in greco è irregolare, proprio perché Gv vuole porre l’attenzione sull’assolutezza del presente. La stessa Vulgata riproduce l’irregolare consecutio greca dando un calcio alle regole del latino: “antequam fieret… sum”, e non «antequam fiat… sum”. Infatti la consecutio avrebbe preteso, sia in greco sia in latino, un imperfetto dopo genésthai/fieret, se Gv sceglie eimí è dunque per una ragione ben precisa.

“(può anche essere Polymetis)”

No. Tu ti stai riferendo al presente storico, che è tutt’altro: di solito si rende col passato remoto e non denota una continuazione nel presente, sia in latino che in greco. Inoltre tale presente è usato per vivacizzare un racconto, non è questo il caso.


Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
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(Κ. Καβάφης)
13/11/2005 20:00
 
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Guarda che lo sanno tutti. Ad ogni modo siccome i nostri amici TdG non volevano metterselo in testa ho scritto a Furuli in persona chiedendogli il suo ruolo nell’università di Oslo. La risposta è stata che ha difeso in maggio la sua tesi di dottorato e che attualmente è lettore in lingue semitiche. Qualcosa mi dice che in Norvegia i semitisti scarseggino…

Mi sa che ti devi aggiornare. Prova a chiedere all'Azzurra7 degli aggiornamenti. Mi pare che ora sia proprio un Professore.

Per la quarta volta in un mese mi hanno dato del professore quando io non insegno affatto. Ma avete frainteso qualche mia parola?

Ti ringrazio per la tua onestà. Però devo dire che se non sei un professore perchè ti vuoi mettere al di sopra di Furuli e di tanti altri?

Una cosa va chiamata col suo nome.

Come vuoi. Per quanto mi riguarda Cristo mi ha insegnato che la verità va a pari passo con la carità cristiana…

Non c’entra un emerito nulla. Sia perché è completamente diversa la consecutio temporum di Gv 8,58

In entrambe vi è un presente storico, infatti si include anche il passato, in Giovanni 15,27; perché Gesù usa il presente “este” (siete) accompagnato dall’espressione “fin dal principio”, e in Giovanni 8,58; perché nella sua affermazione “io sono”, Gesù ha anche risposto la domanda fatta dai giudei in giovanni 8,57; “non hai ancora 50 Anni e hai visto Abraamo?” Certo, a mio avviso in questo caso afferma anche dell’altro ma in questo caso andiamo nel campo della teologia, e non è questo il luogo per parlarne perché si discute se è possibile tradurre un passo in un certo modo dal punto di vista grammaticale, nient’altro.

sia perché in Gv 15,27 la CEI non fa una traduzione letterale ma semplicemente eufonica, nulla vieta di rendere come fa la Nuovissima con “siete con me sin dall’inizio”.

Sono d’accordo con te Polymetis, la traduzione letterale è indubbiamente “io sono” in Giovanni 8,58; e “voi siete” in Giovanni 15,27; però il fatto che la CEI e la NR traducono con “siete stati” in Giovanni 15,27; significa che è possibile giusto? Tu mi dici, non è letterale, è eufonica, ok nessun problema, ma, torno a ripeterlo, è possibile? Io non mi sento migliore dei traduttori delle due versioni bibliche, se loro hanno agito così si vede che si può fare.
Per quanto riguarda Giovanni 8,58; ho da farti vedere le seguenti versioni, le puoi trovare anche nel libro di Felice:

"Io gia esistivo prima di nascere Abraamo". – ABV

"io ero prima che Abraamo fosse nato". – The New Testament or rather The New Covenant (1881) Samuel Sharpe.

"prima che Abraamo venne in esistenza, io sono esistito". – The Documents of The New Testament (1934) G. W. Wade.

"io esistevo prima che Abraamo fosse nato". – The New Testament of our Lord and Savior Jesus Christ (1947) G. Swan – AT – The Authentic New Testament (1958) Hugh J. Schonfield – The New Testament of our Lord and Savior Jesus Christ Translated into English from the Approved Greek Text of the Church of Constantinople and the Church of Greece by Metropolitan Archbishop Fan S. Noli (1961) – The New Testament in the Language of the People (1950, 1963) C. B. Williams.

"prima che Abraamo esistesse io ero esistito". – Bíblia Sagrada (1960) Ediz. Ave Maria. São Paulo.

"io esistevo prima che ci fosse un Abraamo" – The Complete Gospels Annotated Scholars Version (1994) Robert J. Miller.
"io esistevo persino prima che fosse nato Abraamo". – The Concise Gospels and the Acts (1973) Christopher J. Christianson.

"da prima che Abraamo fosse, io sono stato". – The New Testament (1869) George R. Noyes.

"io sono stato quando non c'era ancora nessun Abraamo". – Il Nuovo Testamento in Ebraico (1941) Isaac Salkinson e David Ginsberg.

Dopo aver menzionato queste traduzioni fatte da grecisti, credo insegnanti di greco, mentre tu stesso mi hai detto di non essere un professore, questi invece lo sono e anche il Furuli. Tengo ha precisare quanto segue:
Già in precedenza ho affermato che una traduzione per passare totalmente la prova deve passare due esami, quello traduttiva-grammaticale e quello teologico, a mio avviso non sono teologicamente corrette, perché indubbiamente oltre alla preesistenza ad Abraamo, Gesù si fa in Giovanni 8,58; alla pari con Dio. Però sono tutte grammaticalmente corrette, io credo nella competenza di quei traduttori, grecisti e penso insegnanti di lingua greca, se non sei d’accordo puoi cercare di contattarli. Però non dimenticare, come tu stesso hai affermato, che tu non sei un professore mentre loro si…

Ti elenco anche due grammatiche fatte da altri professori di lingua greca: Le ho tratte dal libro di Felice, tralasciando solo qualcosa non di peso al discorso. Felice comunque anche in questo caso ha citato correttamente.

“Alcune volte il Presente include anche il tempo passato (Mdv. 108), come quando il verbo esprime uno stato iniziato in precedenza ma che continua ancora, uno stato nella sua durata; come Gv. xv. 27 … [ap' archês met' emou estè], viii. 58 … [prin Abraàm genèsthai egò eimi]”. – A Grammar of the idiom of the New Testament, di G.B.Winer, VII ed., Andover, 1897, p.267.

“…Il Presente che indica la continuazione di un’azione nel passato e fino al momento in cui i parla ha praticamente valore percettivo, e la sola differenza è che l’azione è concepita come ancora in corso … E’ frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2.48 … Gv. 5.6 8.58 … ”. A Grammar of New Testament Greek, di J.H.Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, pagina 62.

Questi due professori di Greco dicono che sia “l’este” di Giovanni 15,27; che “l’eimi” di Giovanni 8,58; sono presenti storici, ossia evidenziano un’azione che parte dal passato fino al momento in cui è ancora in corso.


La costruzione dei verbi in greco è irregolare, proprio perché Gv vuole porre l’attenzione sull’assolutezza del presente. La stessa Vulgata riproduce l’irregolare consecutio greca dando un calcio alle regole del latino: “antequam fieret… sum”, e non «antequam fiat… sum”. Infatti la consecutio avrebbe preteso, sia in greco sia in latino, un imperfetto dopo genésthai/fieret, se Gv sceglie eimí è dunque per una ragione ben precisa.

Nulla in contrario.

No. Tu ti stai riferendo al presente storico, che è tutt’altro: di solito si rende col passato remoto e non denota una continuazione nel presente,

Appunto in Giovanni 15,27 e Giovanni 8,58 si parla appunto di presente storico…

Ad malora

Iddio ti benedica.

Che c’è adesso mi mandi anche alla malora? Scherzo.

Permettimi adesso che quest’ignorante di dia un consiglio. In un rapporto fatto anche tramite e-mail, far sentire calore umano e manifestare carità cristiana è molto importante, e segno di rispetto verso il proprio prossimo. La cultura e la conoscenza se non sono accompagnate dalle qualità che ho evidenziate, non serve a molto fratello mio. Nel forum tdG di cui sono membro ho fatto la conoscenza di un insegnante di greco tdG che manifesta grande calore umano, e anche se vi sono indubbiamente grandi divergenze in materia dottrinale ho con lui una grande amicizia. Cerca di manifestare più affetto e rispetto per il prossimo e evita di essere troppo tagliente nelle tue affermazioni, tutto qui.

Ti abbraccio.


15/11/2005 13:42
 
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Re:
Scusate la fretta ma sono ad un internet point


Mi sa che ti devi aggiornare. Prova a chiedere all'Azzurra7 degli aggiornamenti. Mi pare che ora sia proprio un Professore.



Guarda che gli ho scritto due settimane fa.

"Ti ringrazio per la tua onestà. Però devo dire che se non sei un professore perchè ti vuoi mettere al di sopra di Furuli e di tanti altri?"

Io non mi metto al di sopra di nessuno, mi limito a confutare le scorrettezze. Ho paura che tu abbia un po' di confusione sulla carriera universitaria. Nell'università ci sono professoeri ordinari, professori a contratto, lettori, ricercatori, ecc.
Da noi a Venenzia ad esempio (ed è un mio parere personale), il miglior grecista non è un professore ma un ricercatore, che in questo momento sta producendo dei lavori sui sofisti davvero notevoli. Ovviamente queste graduatorie "megliore-peggiore" lasciano il tempo che trovano; non ho certo il metro universale di misura.

"Come vuoi. Per quanto mi riguarda Cristo mi ha insegnato che la verità va a pari passo con la carità cristiana…"

La verità a volte va urlata.

"In entrambe vi è un presente storico, infatti si include anche il passato, in Giovanni 15,27; perché Gesù usa il presente “este” (siete) accompagnato dall’espressione “fin dal principio”, e in Giovanni 8,58; perché nella sua affermazione “io sono”, Gesù ha anche risposto la domanda fatta dai giudei in giovanni 8,57; “non hai ancora 50 Anni e hai visto Abraamo?”."

Non hai capito quello che ti ho scritto, ed è normale, sto cercando di farti capire il sistema verbale del greco ma non avendo tu studi classici alle spalle è meglio che spieghi punto per punto. Ti ho risposto che la consecutio temporum è diversa, tu non hai neppure preso in considerazione quello che ti ho scritto, forse perché non sai neppure cosa sia una consecutio temporum. In breve sia in latino che il greco il verbo che precede condiziona il tempo del verbo che segue. Nel nostro caso non c'è alcun rapporto tra la costruzione di Gv 15,17 e quella dei Gv 8,58. Nel passo incriminato abbiamo un genesthai e dunque di regola dovrebbe seguire un imperfetto, se non segue, come nel nostro caso, è perché Giovanni con un calcio alla grammatica voleva porre l'attenzione su qualcosa, in questo caso l'assolutezza atemporale di Dio.

"Certo, a mio avviso in questo caso afferma anche dell’altro ma in questo caso andiamo nel campo della teologia"

Questa solfa la sentiamo spesso dai TdG, invece è profondamente errata, perché Giovani è stato chiamato sin dai primi secoli ho theologos, il teologo. Non si può analizzare il suo greco prescindendo da quello che teologicamente voleva comunicare.

"significa che è possibile giusto? Tu mi dici, non è letterale, è eufonica, ok nessun problema, ma, torno a ripeterlo, è possibile? Io non mi sento migliore dei traduttori delle due versioni bibliche, se loro hanno agito così si vede che si può fare."

Questa è ingenuità, e non è certo colpa tua, si può imparere cosa vuol dire tradurre solo traducendo. Preciso quanto volevo dire. La Bibbia CEI è una traduzione per la liturgia, in lingua corrente, e non si sogna di seguire la sintassi greca, a dire il vero non conosco nessuna Bibbia che lo faccia perché il sistema verbale del greco non è traducibile in italiano. E' il motivo per cui nei licei si insegna che ogni traduzione è sempre un tradimento. Una volta precisato questo mi chiedi se in Gv 15,17 è possibile rendere con "voi siete stati". La risposta è: dipende da che traduzione ti stanno chiedendo. Una traduzione letterale viene chiesta solo nei primi due anni del classico, cioè al ginnasio, se dunque ti trovi in quella fase devi tradurre con "voi siete", e se rendessi come la CEI ti segnerebbero un errore. Negli ultimi tre anni invece, quando il professore s'è ormai accertato che tu conosci la grammatica, puoi fare delle rese libere piegando la sintassi greca a quella italiana. Per fare un esempio se traducendo "La Guerra gallica" di Giulio Cesare trovi scritto "Caesar fecit pontem" al ginnasio devi tardurre "Cesare fece un ponte", mentre al liceo puoi rendere in un italiano più decente e scrivere "Cesare fece fare un ponte", giacché dalla prima traduzione, seppure letterale, sembrava che fosse Cesare stesso a lavorare. Se dunque mi chiedono: "puoi tardurre "voi siete stati"?", la risposta non è univoca. Se si sta facendo una traduzione libera è ovvio che la risposta è sì, ma non venitemi a portare quel passo per sostenere regole eterodosse in quanto le vostre argomentazioni si basano su una tarduzione non letterale ma prettamente eufonica.

"Per quanto riguarda Giovanni 8,58; ho da farti vedere le seguenti versioni"

Sfatiamo un altro luogo comune. Inanzitutto 3/4 di quelle traduzioni erano dell'ottocento, ce n'erano tre in croce risalenti agli ultimi 50 anni. Abbiamo già ripetuto che se diecimila traduzioni rendono in un modo e solo una decina in altro modo questo non implica che la seconda versione sia possibile, anche perché contro la mole di testimonianze contrarie è assai più probabile in un errore della parte minoritaria. Io vedo traduzioni assurde dalla mattina alla sera fatte da illustri colleghi, ci vuole una grande dose di ingennuità a sostenere che qualunque traduzione sul mercato abbia garanzie di correttezza e scientificità. Ad esempio qui a Venezia c'è stata una reazione immunitaria ai troppo anni in cui ha troneggiato Severino col neo-parmenidismo e come risultato si è arrivati a sostenere che Parmenide non ha mai parlato di "essere" sulla base di alcune teorie molto discutibili circa l'uso degli articoli in epoca arcaica. C'è da aggiungere poi che le tarduzioni riportate quando non sono obsolete sono anni luce dalla letteralità, e dunque smaccatamente libere.

"Però non dimenticare, come tu stesso hai affermato, che tu non sei un professore mentre loro si…"

Come già detto alcuni tra i migliori grecisti che conosco non si sognerebbero mai di insegnare ed infatti fanno ricerca.

"e non sei d’accordo puoi cercare di contattarli."

Visto che per i 3/4 sono dell'ottocento o mi regali un telegrafo che spedisca messaggi a ritroso nel tempo oppure sarà difficile. Per lo più sono assolutamente ignoti, fai una ricerca sul catelogo unificato delle biblioteca e ti renderai conto di quanto affermo.

"Ti elenco anche due grammatiche fatte da altri professori di lingua greca: Le ho tratte dal libro di Felice, tralasciando solo qualcosa non di peso al discorso."

Come è stato abbondantemente dimostrato in questa discussione le citazioni Felice sono degli taglia e cuci peggio di quelle della WTS. Ergo mentre in democrazia si è innocenti fino a prova contraria analizzando le citazioni in quella pubblicazione il criterio dovrà essere "colpevoli fino a prova contraria". Ma andiamo a leggerle:


“Alcune volte il Presente include anche il tempo passato (Mdv. 108), come quando il verbo esprime uno stato iniziato in precedenza ma che continua ancora, uno stato nella sua durata; come Gv. xv. 27 … [ap' archês met' emou estè], viii. 58 … [prin Abraàm genèsthai egò eimi]”. – A Grammar of the idiom of the New Testament, di G.B.Winer, VII ed., Andover, 1897, p.267."

Giuro che non vedo come questa argomentazione dica qualcosa di diverso da quanto sostengo. E' da secoli che parlo dell'aspetto durativo del presente. ti sei perso le precisazioni del mio primo post? (PS. Ma dove è andato a pescare una grammatica del 1897? Non ha trovato appoggi per le sue castronerie su grammatiche di questo secolo?)

“…Il Presente che indica la continuazione di un’azione nel passato e fino al momento in cui i parla ha praticamente valore percettivo, e la sola differenza è che l’azione è concepita come ancora in corso … E’ frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2.48 … Gv. 5.6 8.58 … ”. A Grammar of New Testament Greek, di J.H.Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, pagina 62."

Per la prima volta si cita un testo conosciuto (allelujah!), ma, per l'ennesima volta, non sostiene nulla di quanto farebbe comodo a Felice.

"Questi due professori di Greco dicono che sia “l’este” di Giovanni 15,27; che “l’eimi” di Giovanni 8,58; sono presenti storici"

Ti ho già spiegato che il presente storico è un'altra cosa, ed infatti le grammatiche che citi non lo chiamano così. Se hai altre grammatiche da farmi vedere ti spiegherò volentieri la terminologia, anche perché essa varia da stato a stato, e a volte da univeristà a università, ergo i non grecisti possono perdersi. Il presente storico è un costrutto indoeuropeo che consiste, durante un racconto, nel mettere i passati remoti al presente per conferire vivacità. Ad esempio, sempre per citare Cesare, trovi nel De Bello Gallico frasi come "Cesare mandò gli ambasciatori ai galli", quando la traduzione letterale sarebbe "Cesare manda gli ambasciatori". Ma è ovvio che siccome il buon Cesare, parlando di sé in terza persona, sta parlando di fatti avvenuti anni prima, non sta ancora mandando gli ambasciatori ai galli.

"Che c’è adesso mi mandi anche alla malora? Scherzo."

Perdonami, errori di battitura

"La cultura e la conoscenza se non sono accompagnate dalle qualità che ho evidenziate, non serve a molto fratello mio. Nel forum tdG di cui sono membro ho fatto la conoscenza di un insegnante di greco tdG"

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Mi è venuto in mente un altro esempio che può servire a combattere l'altroce ingenuità secondo cui "se qualcuno traduce così allora è possibile farlo". Vi cito la traduzione dell'Iliade più famosa di tutte, quella del Monti, che dice: "Cantami o diva del Pelide Achille l'ira funesta". Ebbena amici miei, questa celeberrima versione è completamente sbagliata, si inventa un "moi" che non esiste, e più si va avanti a leggere più gli errori balzano agli occhi. Faceva bene Foscolo a definire il Monti in tono scherzoso "traduttor de' traduttori".

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Voleva nuovamente riprendere il discorso sul presente storico, forse ripetendo già delle cose dette da Poly. In una narrazione che presenti i fatti in un modo piuttosto vivace, tanto per intenderci, come se fosse presente il narratore, il presente può sostituire l'indicativo aoristo, mentre la qualità dell'azione a dispetto della forma presente rimane per lo più puntuale. Tra i Vangeli, chi usa il "costrutto" del presente storico, è Marco, Luca lo evita anche se si presenta un caso particolare (Lu 8:49). Questo tanto per fare una panoramica, ma non mi pare proprio che il presente storico, così come è generalmente inteso nella grammatica greca, sia corrispondente a Gv 8:58.

http://andreabelli75.wordpress.com/

http://progettostudiodellabibbia.wordpress.com/
21/11/2005 21:40
 
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Scusate la fretta ma sono ad un internet point

Scusa se ti ho disturbato nel momento meno opportuno.

Guarda che gli ho scritto due settimane fa.

Ok. Ti credo nessun problema.

Io non mi metto al di sopra di nessuno, mi limito a confutare le scorrettezze. Ho paura che tu abbia un po' di confusione sulla carriera universitaria. Nell'università ci sono professoeri ordinari, professori a contratto, lettori, ricercatori, ecc.

E' vero a questo riguardo non sono informato.

Da noi a Venenzia ad esempio (ed è un mio parere personale), il miglior grecista non è un professore ma un ricercatore, che in questo momento sta producendo dei lavori sui sofisti davvero notevoli. Ovviamente queste graduatorie "megliore-peggiore" lasciano il tempo che trovano; non ho certo il metro universale di misura.

Sono d'accordo e grazie per le correzioni.

La verità a volte va urlata.

Capita che a volte abbiamo opinioni diverse su quale sia la verità, comunque tu hai tutto il diritto di esprimere le tue opinione, però mi raccomando non urlare troppo...

Non hai capito quello che ti ho scritto, ed è normale, sto cercando di farti capire il sistema verbale del greco ma non avendo tu studi classici alle spalle è meglio che spieghi punto per punto. Ti ho risposto che la consecutio temporum è diversa, tu non hai neppure preso in considerazione quello che ti ho scritto, forse perché non sai neppure cosa sia una consecutio temporum.

Non sapevo che l'argomento in questione si chiamasse "consecutio temporum", e ne sapevo cosa significasse tale parola. Anche se comunque a mio avviso i presenti di Giovanni 15,27; e 8,58; sono entrambi "presenti storici". Ossia tempi che parlano di un'azione che inizia nel passato e che è ancora in corso. Per quanto riguarda Giovanni 8,58 la prova di ciò è proprio la domanda fatta dai giudei a Gesù Cristo perché nella sua affermazione “io sono”, Gesù ha anche risposto ad essa presente in Giovanni 8,57; “non hai ancora 50 Anni e hai visto Abraamo?”
Andando addirittura oltre, mettendosi nello stesso tempo alla pari con Dio. Comunque ciò non toglie che l’ego eimi di giovanni 8,58 sia e torno a ripeterlo un “presente storico”, per le ragioni espresse sopra, caro Polymetis. Comunque sei libero di dissentire se non sei d’accordo.


Adesso ti porto grammatiche varie, vocabolari e note che a mio avviso giustificano dal punto di vista grammaticale la traduzione della TNM di Giovanni 8,58. Anche se intendo precisare che essa non è ne letterale, ne la più fedele al testo greco e ne quella che trasmette pienamente ciò che Giovanni ha voluto dire.

Vocabolario

“…Il Presente che indica la continuazione di un’azione nel passato e fino al momento in cui i parla ha praticamente valore percettivo, e la sola differenza è che l’azione è concepita come ancora in corso … E’ frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2.48 … Gv. 5.6 8.58 … ”. A Grammar of New Testament Greek, di J.H.Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, pagina 62.

Nota in calce

NOTE FILOLOGICHE “58 Prima…sono, gr. Prin…eimi. In it. La relazione temporale si esprime in due modi: prima…sono oppure prima…ero…”. – J. Mateos – J. Barreto. Il vangelo di Giovanni, analisi linguistica e commento esegetico (1982) © Cittadella Editrice – Assisi 2ª edizione 1990, pagina 387.

Dizionari biblici – Commentari

“…<> (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che comporta, suol essere tradotta <> oppure <>…”. – Commento della Bibbia Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986.

“èimi…Io esisto (usato solo quando enfatico): - sono, sono stato…ero. – New Strong’s Coincise Dictionary of the Words in the Greek Testament, 1995, p. 26



In breve sia in latino che il greco il verbo che precede condiziona il tempo del verbo che segue. Nel nostro caso non c'è alcun rapporto tra la costruzione di Gv 15,17 e quella dei Gv 8,58. Nel passo incriminato abbiamo un genesthai e dunque di regola dovrebbe seguire un imperfetto, se non segue, come nel nostro caso, è perché Giovanni con un calcio alla grammatica voleva porre l'attenzione su qualcosa, in questo caso l'assolutezza atemporale di Dio.

Non nego quello che dici amico mio, perché è proprio qui che vuole arrivare Giovanni, solo che nella sua risposta, come ho precisato prima vi è anche la risposta alla domanda fattagli dai suoi oppositori giudei in Giovanni 8,57; ed è per questa ragione che giovanni 8,58 è a mio avviso anche un presente storico, e che quindi giustificherebbe il modo di tradurre della TNM, anche se tale tipo di traduzione trasmette in pratica solo una parte della verità espressa da Gesù.

Questa solfa la sentiamo spesso dai TdG, invece è profondamente errata, perché Giovani è stato chiamato sin dai primi secoli ho theologos, il teologo. Non si può analizzare il suo greco prescindendo da quello che teologicamente voleva comunicare.

Rispetto la tua opinione Polymetis, però non la condivido.

Questa è ingenuità, e non è certo colpa tua, si può imparere cosa vuol dire tradurre solo traducendo. Preciso quanto volevo dire. La Bibbia CEI è una traduzione per la liturgia, in lingua corrente, e non si sogna di seguire la sintassi greca, a dire il vero non conosco nessuna Bibbia che lo faccia perché il sistema verbale del greco non è traducibile in italiano. E' il motivo per cui nei licei si insegna che ogni traduzione è sempre un tradimento. Una volta precisato questo mi chiedi se in Gv 15,17 è possibile rendere con "voi siete stati". La risposta è: dipende da che traduzione ti stanno chiedendo.
Una traduzione letterale viene chiesta solo nei primi due anni del classico, cioè al ginnasio, se dunque ti trovi in quella fase devi tradurre con "voi siete", e se rendessi come la CEI ti segnerebbero un errore. Negli ultimi tre anni invece, quando il professore s'è ormai accertato che tu conosci la grammatica, puoi fare delle rese libere piegando la sintassi greca a quella italiana.
Per fare un esempio se traducendo "La Guerra gallica" di Giulio Cesare trovi scritto "Caesar fecit pontem" al ginnasio devi tardurre "Cesare fece un ponte", mentre al liceo puoi rendere in un italiano più decente e scrivere "Cesare fece fare un ponte", giacché dalla prima traduzione, seppure letterale, sembrava che fosse Cesare stesso a lavorare. Se dunque mi chiedono: "puoi tardurre "voi siete stati"?", la risposta non è univoca. Se si sta facendo una traduzione libera è ovvio che la risposta è sì, ma non venitemi a portare quel passo per sostenere regole eterodosse in quanto le vostre argomentazioni si basano su una tarduzione non letterale ma prettamente eufonica.

Quindi in un certo senso anche tu giustifichi traduzioni del tipo “sono stato”, o “siete stati”, ma solo se sono fatte in versioni che servono per scopi liturgici oppure che sono volutamente non letterali, eufoniche, idiomatiche elibere.

Sfatiamo un altro luogo comune. Inanzitutto 3/4 di quelle traduzioni erano dell'ottocento, ce n'erano tre in croce risalenti agli ultimi 50 anni. Abbiamo già ripetuto che se diecimila traduzioni rendono in un modo e solo una decina in altro modo questo non implica che la seconda versione sia possibile, anche perché contro la mole di testimonianze contrarie è assai più probabile in un errore della parte minoritaria.

Può anche darsi che una minoranza abbia ragione, non credo che uno debba avere ragione perché semplicemente strilla più forte…

Io vedo traduzioni assurde dalla mattina alla sera fatte da illustri colleghi, ci vuole una grande dose di ingennuità a sostenere che qualunque traduzione sul mercato abbia garanzie di correttezza e scientificità.

Caro Polymetis, io non ho mai detto che solo perché vi sono traduzioni che traducono in un determinato modo vuol dire che è possibile tradurre così, io ho citato quelle traduzioni perché credo che ha mio modesto avviso hanno delle motivazioni valide per farlo. Certo non sono il meglio, non lo ho mai affermato. Il top è: “Prima che Abramo nascesse Io Sono”.

Ad esempio qui a Venezia c'è stata una reazione immunitaria ai troppo anni in cui ha troneggiato Severino col neo-parmenidismo e come risultato si è arrivati a sostenere che Parmenide non ha mai parlato di "essere" sulla base di alcune teorie molto discutibili circa l'uso degli articoli in epoca arcaica. C'è da aggiungere poi che le tarduzioni riportate quando non sono obsolete sono anni luce dalla letteralità, e dunque smaccatamente libere.

Ti ringrazio anche per questa precisazione, indubbiamente non sono traduzioni letterali, ma idiomatiche, comunque non toglie che sono possibili, anche se certamente non il meglio…

"e non sei d’accordo puoi cercare di contattarli."

Visto che per i 3/4 sono dell'ottocento o mi regali un telegrafo che spedisca messaggi a ritroso nel tempo oppure sarà difficile. Per lo più sono assolutamente ignoti, fai una ricerca sul catelogo unificato delle biblioteca e ti renderai conto di quanto affermo.

Ti chiedo scusa per questo mio errore. Se non altro ci siamo fatti quattro risate, comunque nel libro di Felice vi sono anche traduzioni decisamente “più recenti”.

Se hai altre grammatiche da farmi vedere ti spiegherò volentieri la terminologia, anche perché essa varia da stato a stato, e a volte da univeristà a università, ergo i non grecisti possono perdersi.

Le grammatiche te le ho menzionate sopra.

Il presente storico è un costrutto indoeuropeo che consiste, durante un racconto, nel mettere i passati remoti al presente per conferire vivacità. Ad esempio, sempre per citare Cesare, trovi nel De Bello Gallico frasi come "Cesare mandò gli ambasciatori ai galli", quando la traduzione letterale sarebbe "Cesare manda gli ambasciatori". Ma è ovvio che siccome il buon Cesare, parlando di sé in terza persona, sta parlando di fatti avvenuti anni prima, non sta ancora mandando gli ambasciatori ai galli.

Mi sembra che io abbia dato spiegazioni simili quando ho parlato di presente storico e mi sembra che i due passi di Giovanni includono tale significato per le ragioni esposte sopra.

Perdonami, errori di battitura

Caro Polymetis, non c’era bisogno che mi chiedessi perdono. Avevo capito che si trattava di un tuo errore di battitura. Infatti ho detto: (Scherzo).

N.B. Polymetis, comunque mi rendo conto che l’ultima e-mail che ti ho mandato c’era un tono un po’ provocatorio e ti chiedo scusa per questo. Per quanto mi riguarda è il mio ultimo post su Giovanni 8,58. Prima di finire vorrei postarti un piccolo commento teso a difendere il modo di tradurre della TNM a Giovanni 1,1. Aspetto una tua opinione anche in questo, e grazie ancora per il tempo che mi dedichi.

It was mentioned on another forum that the Coptic translation of the Gospel of John, dating from about the 2nd century C.E., specifically uses the Coptic indefinite artilce in translating John 1:1c, rendering it "the Word was a god."
It was also further stated that the Coptic language, unlike Koine Greek, has both a definite and an indefinite article, and that by use of the Coptic indefinite article in John 1:1c, what is only implied in the Greek text by the absence of the definite article is made clear in the Coptic: "the Word was a god."
Ciao e buona settimana.

23/11/2005 09:29
 
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Re:

Scritto da: Polymetis 16/11/2005 16.00
Mi è venuto in mente un altro esempio che può servire a combattere l'altroce ingenuità secondo cui "se qualcuno traduce così allora è possibile farlo". Vi cito la traduzione dell'Iliade più famosa di tutte, quella del Monti, che dice: "Cantami o diva del Pelide Achille l'ira funesta". Ebbena amici miei, questa celeberrima versione è completamente sbagliata, si inventa un "moi" che non esiste, e più si va avanti a leggere più gli errori balzano agli occhi. Faceva bene Foscolo a definire il Monti in tono scherzoso "traduttor de' traduttori".

Ad maiora



in effetti mi pare di ricordare che Monti non conoscesse una parola di greco e la sua è una traduzione in italiano fatta da una traduzione in latino (gran traduttor dei traduttor d'Omero), figuriamoci cosa ne è venuto fuori.... meno male che non ha mai pensato di tradurre la Bibbia.... [SM=x570867]
03/12/2005 05:51
 
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Caro Polymetis.

Ti ho scritto il 17 novembre l'ultima volta, e da allora sto ancora aspettando una tua risposta. Quanto ancora devo aspettare? Se tu non vuoi avere con me più nessun dialogo, per le eventuali ragioni che ti sei fatto , dimmelo chiaramente e non farmi aspettare come uno stupido, grazie.
In attesa di una tua risposta, ti saluto cordialmente.

Gaetano.
03/12/2005 15:35
 
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“Ti ho scritto il 17 novembre l'ultima volta, e da allora sto ancora aspettando una tua risposta. Quanto ancora devo aspettare?”

La tua risposta è già pronta da due settimane, semplicemente non sono ancora riuscito a reperire uno dei libri che hai citato, giacché, come spero avrai capito dagli interventi di Adelfos in questa discussione, ogni citazione fatta da Felice è colpevole fino a prova contraria, visti i poderosi taglia e cuci già evidenziati. Appena avrò reperito il libro pubblicherò la risposta, se ti interessa la bozza posso spedirtela anche stasera, ma ti prego di aspettare a rispondermi finché non avrò pubblicato la replica completa sul forum. Fammi sapere se vuoi che ti spedisca la prima stesura.

“Se tu non vuoi avere con me più nessun dialogo, per le eventuali ragioni che ti sei fatto , dimmelo chiaramente e non farmi aspettare come uno stupido”

Non avevo alcuna intenzione di interrompere il dialogo, ma sappi che se avessi voluto farlo non avrei certo avvisato, sarebbe stato implicito che lasciavo ai lettori il giudizio in quanto non c’era più niente da dire che non fosse già stato esposto. Posso scrivere solo nel week-end, per il resto della settimana sono a Venezia e non posso certo dedicarmi alle risposte lunghe, sia perché non ho intenzione di lapidare il mio denaro agli internet point sia perché ho del lavoro da fare e non posso correre dietro a chiunque si improvvisa linguista; la rete ne è piena e dunque cerco di selezionare a chi rispondere e a chi no.


Ad maiora
---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
03/12/2005 17:04
 
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La tua risposta è già pronta da due settimane, semplicemente non sono ancora riuscito a reperire uno dei libri che hai citato, giacché, come spero avrai capito dagli interventi di Adelfos in questa discussione, ogni citazione fatta da Felice è colpevole fino a prova contraria, visti i poderosi taglia e cuci già evidenziati.

Su questo caro Polymetis, ho già comunque espresso la mia opinione. Dato che non ho a disposizione le pubblicazioni utilizzate da Felice, non posso emettere un giudizio definitivo a riguardo, anche se obiettivamente parlando, per il fatto che Adelfos le cita in modo ben più esteso del mio amico tdG depone se non altro a suo favore.

Appena avrò reperito il libro pubblicherò la risposta, se ti interessa la bozza posso spedirtela anche stasera, ma ti prego di aspettare a rispondermi finché non avrò pubblicato la replica completa sul forum. Fammi sapere se vuoi che ti spedisca la prima stesura.

Fa come ti senti Polymetis. In ogni modo mi ha fatto piacere che tu mi abbia risposto di nuovo. In tutta sincerità incominciavo a preoccuparmi. Pensavo di averti offeso in qualche modo oppure di essere diventato scocciante e petulante con i miei post. In tutta sincerità mi sento sollevato dal fatto che mi hai riscritto di nuovo, e grazie ancora per il tempo che mi dedichi. Oltretutto io scarico molto del tuo materiale perché ci sono stati non pochi tuoi interventi i quali li ho trovati interessanti e da cui ho imparato molto.
Quando vuoi che ti risponda fammelo sapere.


Non avevo alcuna intenzione di interrompere il dialogo, ma sappi che se avessi voluto farlo non avrei certo avvisato, sarebbe stato implicito che lasciavo ai lettori il giudizio in quanto non c’era più niente da dire che non fosse già stato esposto.

Capisco.

Posso scrivere solo nel week-end, per il resto della settimana sono a Venezia e non posso certo dedicarmi alle risposte lunghe, sia perché non ho intenzione di lapidare il mio denaro agli internet point sia perché ho del lavoro da fare e non posso correre dietro a chiunque si improvvisa linguista;

Indubbiamente non si può rispondere a tutti. Per quanto riguarda il fatto d’improvvisarsi biblista, tu lo sai, io con te sono stato sincero dicendoti che non conosco il greco, sono solo un’autodidatta che fa fatto ricerche su parole o termini presenti su versi controversi importanti ai fini teologici e presenti nel greco neotestamentario.

la rete ne è piena e dunque cerco di selezionare a chi rispondere e a chi no.

Sentiti sempre libero di rispondere a chi vuoi. L’unica cosa è che credo sarebbe meglio avvisare quando decidi di non volere proseguire una determinata discussione, questo è ovviamente un mio punto di vista.

A presto, Polymetis.



05/12/2005 22:48
 
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Ciao Gaetano, in attesa della risposta di Polymetis, provo a dire qualcosa io.

La difesa della traduzione di “ io ero” in Giov 8,58 operata da Felice mi convince poco,
sicuramente già saprai che le grammatiche di Moulton e di Winer che egli cita nel suo libro, e
da te riportate nel post del 13 / 11/ 2005 ore 20.00 sono le stesse grammatiche citate dai TdG nella Traduzione del Nuovo Mondo ed. 87 appendice 6F pag 1584,85, mentre la citazione di J.Mateos e J. Barreto del loro: “ Il Vangelo di Giovanni” e la grammatica del greco del NT di A.T Robertson vengono citate nel manuale “ Ragioniamo facendo uso delle Scritture.”
Niente di nuovo quindi.

Ti voglio far notare comunque, come le due grammatiche citate, a mio avviso, non sostengono affatto la resa della TNM.
Affermano semplicemente che il presente indicativo greco, quando esprime durata e continuità d’azione, include sia il presente che il passato, ma questo non giustifica la traduzione di “ io sono stato “ o “ io ero”.
Per continuare a citare l’esempio di Polymetis, se io dico “ mangio da un’ora”, il presente indicativo indica un’azione o stato cominciato nel passato e che continua fino al momento in cui si parla, senza escludere che tale azione o stato possa continuare nel futuro.

Ora, la forma di durata che indica un’azione cominciata nel passato e che continua fino al momento in cui si parla, in italiano va tradotta non con “ io sono stato “ o “ io ero”, in quanto queste espressioni esprimono solo un’azione conclusasi nel passato, allora la lingua italiana ci offre una sola possibilità: IL PRESENTE INDICATIVO, nel nostro caso dunque “ io sono”.

Per quanto riguarda la citazione del “ Vangelo di Giovanni “ di Mateos e Barreto, da parte di Felice, c’e da dire a titolo informativo, che questi due studiosi concludono la loro esegesi del testo con la frase ( ovviamente omessa nel libro ) “ Si è preferito conservare al presente la formula solenne di Gesù - IO SONO QUELLO”
Se alla fine anche loro optano per il presente, un motivo ci deve pur essere !!!!!

La grammatica di Robertson viene citata così:
“ Il verbo ( eimi)…. A volte esprime in effetti l’esistenza come predicato esattamente come qualsiasi altro verbo, ad esempio in ego eimi in Giov 8;58”

Tuttavia nella stessa grammatica a pag. 880, Robertson in un passaggio spiega che in Giov 8:58
“ eimi is really absolute”, indicando che un predicato assoluto è una costruzione in cui un verbo copulativo è usato come un oggetto o complemento.

Comunque ti faccio avere ciò che Robertson afferma in Giov 8: 58, nel suo Word pictures of the NT

“ I am (ego¯ eimi). Undoubtedly here Jesus claims eternal existence with the absolute phrase used of God. The contrast between genesthai (entrance into existence of Abraham) and eimi (timeless being) is complete. See the same contrast between en in Joh 1:1 and egeneto in Joh 1:14. See the contrast also in Psa 90:2 between God (ei, art) and the mountains (gene¯the¯nai)”.

Comunque per farti un’idea più chiara ti riporto ciò che affermano alcune opere teologiche prestigiose in merito a Gio 8:58.

“ Siamo di fronte alla sommità della rivelazione di Gesù. In tutto il dialogo Gesù si proclama Dio, il Preesistente, il Vivente, come lo è il Signore Dio dell’Antico Testamento. Egli è Dio per noi “.
Zevini- Commenti spirituali del NT – Vangelo di Giovanni – Città nuova.


“ Le cose stanno diversamente in 8,58, in cui, per la relazione all’esistenza di Abramo, viene affermata la preesistenza di Gesù, il suo essere eterno e divino; ma poiché qui non si tratta soltanto della categoria del tempo, ma anche e molto di più di una differenza fondamentale di essere ( Gesù NON DICE: << PRIMA CHE ABRAMO FOSSE IO ERO >>, BENSI ’ << IO SONO>>) non si può staccare del tutto questo passo dagli altri espressi in formula assoluta. Tutti questi passi ( Giov: 8,24, 28; e 13, 19) hanno in comune la pretesa di Gesù ad un modo di essere assolutamente unico che va oltre la categoria umana “
Commento teologico del NT- Vangelo di Giovanni, parte seconda Rudolf Schnackenburg, pag 80

“ Gesù possiede la reale preesistenza che è compresa nel suo eterno essere divino.
A differenza di Giovanni Battista che poteva dire soltanto “ protos mou en” ( Giov 1, 15,30),
Gesù parla al presente, che lo colloca al di sopra del tempo e nella presenza eterna di Dio……..
L’accento è posto sull’essere eterno di Gesù, dà all’esposizione un tono alquanto diverso da quello della frequente formula Ego eimi, anche nella sua forma assoluta , cioè non accompagnata da un’immagine”( Giov 8,24,28).
Il passo veterotestamentario alla base dell’espressione potrebbe essere Esodo 3,14 dove Dio di sé attesta: << Io sono l’Io sono>> reso dai LXX con “ Ego eimi ho on “.
Ma l’Ebraico eheh è affine a “ ani hu “, quella divina formula di rivelazione che Gesù riprende con Ego eimi di Giov 8,24 “
Commento teologico del NT- Vangelo di Giovanni, parte seconda Rudolf Schnackenburg, pag 401


“ In questo versetto è evidente la distinzione tra genesthai, che è usato per i mortali e l’uso divino di einai << essere >>, nella forma di << Io Sono >>. Questa stessa distinzione si è vista nel prologo: la Parola era, ma attraverso di lei tutte le cose avrebbero avuto origine. Nell’ AT la stessa distinzione si trova nelle parole rivolte a Jahvè nel Salmo 90:2: << Prima che le montagne si formassero ….da sempre e per sempre tu sei>>
Vangelo di Giovanni – Raymond E. Brown – cittadella editrice pag 469

“ Ci sono in Giovanni otto casi in cui Gesù identifica se stesso mediante l’affermazione assoluta << IO SONO >>. Questa espressione misteriosa sembra sia un’intenzionale riferimento a Mosè ( Es. 3, 13, 14 ); essa quindi è un’espressione della divinità propria di Gesù”
Vangelo di Giovanni – Raymond E. Brown – cittadella editrice pag 1836


Prima che Abramo fosse nato io sono: Questa, una delle affermazioni più enfatiche di Gesù riguardanti la sua natura divina .
Grande Commentario Biblico Queriniana

Ed infine:


“ Ego eimi si trova come autodefinizione di Gesù in Giov 8:58 e 8: 24-28; 13:19.
In Giovanni 8:58 ( ego eimi) è chiaramente contrapposto a “ prima che Abramo fosse “. In esso Gesù esprime la consapevolezza della propria eternità, della propria trascendenza rispetto al tempo. Ciò che la Scrittura attribuisce al Padre VIENE QUI RIFERITO AL FIGLIO CHE E’ UGUALE AL PADRE” ( Grande Lessico del NT, G. Kittel – G Friedrich vol.III pag.189)

Per chiarezza, ho volutamente preferito citare queste opere, in quanto ampiamente citate da Felice in altre parti del suo libro per sostenere la presunta correttezza della versione TNM.

A presto
Adelfos


06/12/2005 12:03
 
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Adelfos ha trovato l'opera che mi interessava citandola nel suo contesto, incollo dunque la risposta che tanto aspettavi.

....
"Ok. Ti credo nessun problema."

Se vuoi ti mando copia dell'e-mail.

Innanzitutto scansiono dalla più celebre grammatica di greco
neotestamentario un breve riassunto su che cosa sia il verbo in greco e quali sono i suoi "aspetti".



Quali sono i principali aspetti?

Il testo ovviamente è "Grammatica del greco del Nuovo Testamento", Blass-Debrunner, Paideia, Brescia, 1997, pag 401)

"Anche se comunque a mio avviso i presenti di Giovanni 15,27; e 8,58; sono entrambi "presenti storici"."

Chiariamo: Gv 15,27 e Gv 8,58 differiscono per costruzione giacché l'einai di Gv 8,58 è inserito in una consecutio temporum che esigerebbe l'imperfetto, quando invece abbiamo il presente, mentre in Gv 15,27 il costrutto è regolare. Nessuno dei due è un presente storico, stai sbagliando terminologia. Come già spiegato il presente storico è tipico dei racconti vivaci, e non ha nulla a che fare con azioni iniziate nel passato e che perdurano nel presente, bensì è un corrispondente del nostro passato remoto e situa le azioni nel solo passato con valore puntuale, non
durativo. Abbiamo qualcosa di simile anche in italiano, ad esempio si può dire: "Nel 1946 l'Italia diventa una repubblica ", o "Virgilio vive nel I secolo d.C."!
Sempre dal Blass-Debrunner pag 403:


Questo non è decisamente un caso di presente storico. E poi volendo essere pignoli un'azione che inizia nel passto e continua nel presente non è resa in italiano con l'imperfetto, il quale rappresenta un'azione duratura che si situa nel passato e nel passato si conclude. "L'anno scorso ero a Londra", indica che per un certo tempo sei stato a Londra ma oggi non sei più là. Tempo fa di discusse di quest'argomento nel forum dell'Accademia della Crusca (l'istituzione ufficiale che vigila sulla purezza della lingua italiana), uno dei linguisti presenti argomentò giustamente:

"Innanzitutto, caro Serveto, se non vogliamo «stirare» il
significato d'un verbo italiano, cominciamo a non stiracchiare quello d'un verbo greco. È infatti verissimo che in greco il presente è un aspetto e non un tempo (aspetto «durativo»), ma non è affatto vero che il presente greco indichi un'azione che inizia nel passato e continua nel presente, questo è semmai vero per il perfetto greco, che indica lo stato presente derivante da un'azione passata [cui però manca la componente durativa] o per l'imperfetto, che indica un'azione continuata nel passato [cui però manca la componente resultativa nel presente]), e quindi non è vero che eimi significhi (nella frase in oggetto o altrove)
"ero e continuo ad essere", ma significa semplicemente «sono» o, se proprio vogliamo enfatizzare l'aspetto durativo, «continuo a essere» (ma questo [1] non risolve l'anomalia sintattica [nemmeno in greco -è vero che, se «continuo a essere», evidentemente «ero anche prima», ma questa è un'inferenza logica {applicabile a qualsiasi lingua!}, non una caratteristica intrinseca del verbo eimi o del presente indicativo greco] e [2] non è necessario in italiano, ché in tutte le lingue indoeuropee il «verbum substantivum» esprime di per sé stesso un aspetto durativo -non
per nulla è il «verbo copulativo» per eccellenza, e alcune lingue come lo spagnolo hanno sentito la necessità di ricorrere a un altro verbo [estar] per esprimere un'azione momentanea). Infatti, come c'insegnano tutte le grammatichette del ginnasio, all'indicativo, il presente, pur mantenendo l'aspetto durativo, acquista anche il valore temporale di «presente»." (Il messaggio prosegue rilevando l'inusuale consecutio temporum tanto in greco quanto in latino, che ti ho già segnato)

forum.accademiadellacrusca.it/phpBB2/viewtopic.php?t=725&s...

".Il Presente che indica la continuazione di un'azione nel passato e fino al momento in cui i parla ha praticamente valore percettivo, e la sola differenza è che l'azione è concepita come ancora in corso . E' frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2.48 . Gv. 5.6 8.58 . ". A Grammar of New Testament Greek, di J.H.Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, pagina 62.

Innanzitto ringraziamo Felice per averci deliziato con questa ennesima grammatica dell'ottocento, giacché sebbene questa sia una ristampa del 1963 l'autore è deceduto nel 1917. Ad ogni modo, visto che Moulton non è uno sconosciuto, cerchiamo di capire di che cosa stia parlado. Nell'ottocento la comprensione del sistema verbale del greco non era quella che abbiamo oggi dunque ci vuole parecchi sforzo per penetrare alcune terminologie arcaiche. A prima vista non capisco di cosa diavolo stia parlando
l'autore, giacché cita come esempi di presente prima Lc 2,48 (dove un presente indicativo non c'è nemmeno),e in seguito un costrutto avverbiale di "echo", quando chiunque sa che il verbo "avere" in greco con certi avverbi può passare a significare
"essere, stare", giacché altrimenti la traduzione letterale della nostra frase sarebbe "già molto tempo tempo ha", e viene da chiedersi "avere che cosa?", molti interpretano con "aveva un'infermità" sottointeso, in realtà è "da molto tempo stava"(in quella condizione). Ora giacché l'autore non era un tonto mi chiedo cosa ci sia in mezzo a quei punti di sospensione che Felice ha voluto regalarci, perché non mi spiego come faccia una grammatica a fare un assunto e poi a citarmi prima una versetto dove un indicativo presente non c'è e poi un altro dove c'è una
costruzione avverbiale che sfasa il valore di echo in direzione durativa; temo che in mezzo l'autore avesse cambiato argomento e qualcuno si sia dimenticato di dircelo. O, se non è così, le ipotesi sono due:
!)La mia comprensione è limitata
2)Anche Omero qualche volta si addormenta

".<> (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che
comporta, suol essere tradotta <> oppure <>.". - Commento della Bibbia
Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986."

Sono l'unico a non vedere nulla tra parentesi?

"èimi.Io esisto (usato solo quando enfatico): - sono, sono stato.ero. -
New Strong's Coincise Dictionary of the Words in the Greek Testament,
1995, p. 26"

Lo Strong? Un'altra perla ottocentesca a cui il mondo anglosassone è molto affezionato. Come pronunciare la parola "Bibbia" equivale a dire King James Version, così dire "Bible concordance" evoca il fantasma di Strong dal lontano 1822. A lui si deve un'interlineare che permise a molti dilettanti di giocare col greco ed illudersi di capirne qualcosa, con risultati disastrosi. Scambiare la traduzione in interlinea col testo
originale greco permise a molti di ritenersi detentori della vera
parola di Dio, e le sette cristiane made in USA iniziarono a spuntare come margherite in un giardino. (Nulla ovviamente contro l'uso degli interlineari per chi voglia avvicinarsi ai testi originali, e invece problematico se partendo da una conoscenza in "interlinea" si pretende di fare una disputa grammaticale). Ad ogni modo non vedo alcun riferimento a Gv 8,58 nel testo che citi, né alcuna menzione che il presenta si possa
tradurre con l'imperfetto. Vedo sono un'eimi all'inizio, ma questo è ovvio, giacché si tratta di un dizionario e i verbi sui vocabolari di greco non si cercano all'infinito come su quelli di italiano ma alla I singolare dell'indicativo presente. Sul mio dizionario di greco ho diecimila volte la traduzione "ero" dopo eimi, il problema è la frase che il mio dizionario cita prima di "ero". Che cosa sono dunque quei puntini di sospensione giusto prima della traduzione incriminata? Lo Strong ha questa caratteristica: ricalca pedissequamente la "King James
Version" e ti fornisce non tutte le traduzioni possibili della parola greca, ma solo le scelte traduttive della KJV. Nel nostro caso la Bibbia di re Giacomo traduce con "Jesus said unto them, Verily, verily, I say unto you, Before Abraham was, I am.", dunque lo Strong ha messo quell' "ero" in riferimento ad un altro versetto, il problema è quale. O forse
dobbiamo credere che quei puntini non celino nulla pur avendo davanti agli occhi l'esempio di le tutte citazioni artatamente tagliate di Buon Spirito che Adelfos ci ha già esposto?

"ho precisato prima vi è anche la risposta alla domanda fattagli dai suoi oppositori giudei in Giovanni 8,57"

Ma tradurre con "io sono" è la risposta per eccellenza, gli sta proprio dicendo che non solo lui era nato prima di Abramo avendo iniziato ad esistere in qualche istante, bensì che "egli è", cioè come diceva la grammatica sopra citata si tratta di un'azione "non soggetta al tempo". Ecco il commento del più prestigioso lessico di greco neotestamentario, alla voce eimi:




"Rispetto la tua opinione Polymetis, però non la condivido."

Qui mi dicevi che non sei d'accordo nell' interpretare la grammatica tenendo sott'occhio la teologia, e io ti replico che è proprio la grammatica ad additarci essa. La consecutio temporum irregolare ci focalizza l'attenzione su quel presente, e giacché Giovanni è chiamato sin dai primi secoli "ho theologos" le nostre antenne si devono rizzare ulteriormente. Che cos'è mai la teologia se non il discorso su Dio? Si può mai fare una traduzione del Vangelo senza tener conto che di Dio si sta parlando?

"Quindi in un certo senso anche tu giustifichi traduzioni del tipo "sono stato", o "siete stati", ma solo se sono fatte in versioni che servono per scopi liturgici oppure che sono volutamente non letterali, eufoniche, idiomatiche elibere."

Purché non mi vengano a portare questi passi come prova di qualcosa.

"Può anche darsi che una minoranza abbia ragione, non credo che uno
debba avere ragione perché semplicemente strilla più forte."

Ti faccio il ragionamento inverso. Perché mai se trovi in sperduti autori dell'ottocento una posizione simile a quella di Felice quella diventa automaticamente lecita? Come già detto io sento idiozie tutti i giorni§; se qualunque trovata venuta in mente ai miei compari di Venezia diventasse lecita solo perché pubblicata dovremmo riscrivere metà dei manuali di filosofia presocratica.

"io ho citato quelle traduzioni perché credo che ha mio modesto avviso hanno delle motivazioni valide per farlo."

Veramente le fonti che citi si limitano ad "affermare" senza argomentare, la giustificazione di quanto dicono o se l'è mangiata Felice coi puntini di sospensione (ma sarebbe controproducente), oppure non c'è.

"sono traduzioni letterali, ma idiomatiche, comunque non toglie che sono possibili, anche se certamente non il meglio."

No, non hai colto la differenza. Non si tratta di migliore o peggiore, ma di traduzioni "letterali" che inventano il meno possibile stando aderenti al testo, e di traduzioni invece "libere" che inventano a larghe mani per rendere fluente la sintassi. Al primo tipo appartiene la Nuovissima, al secondo tipo la TILC, di un tipo intermedio è la CEI. Ti faccio capire cosa si intende per traduzione letterale (prendo un versetto arcitono):

"In principio era la Parola
e la parola era presso Dio
e la parola era Dio".

Ecco invece la traduzione libera che ne fa la TILC
(l'interconfessionale):

"In principio c'era colui che è «la parola».
Egli era con Dio
Egli era Dio"

Sì dà il caso che metà di questa traduzione non abbia alcun
corrispondente nel testo greco, eppure non è sbagliata, perché il tipo di traduzione richiesto non era resa letterale ma il rendere in "lingua corrente". Le categorie di giusto e sbagliato non coincidono con letterale e non letterale, dipende da che tipo di traduzione vuoi fare; ma, se si cita da una versione che rende volutamente in modo libero, cosa che del resto fa qualsiasi traduttore giacché veniamo obbligati a stare aderenti al
testo solo al ginnasio, allora non si può pretendere di usare quella traduzione per sostenere che anche in una traduzione letterale è lecito fare così. Sono due diverse tipologie e non si può sostenere una posizione grammaticale partendo da una traduzione libera.

"comunque nel libro di Felice vi sono anche traduzioni decisamente "più
recenti"."

Il problema è:
-Chi sono gli autori? Settuncole americane o accademici?
-Che tipo di traduzione fanno? Ad equivalenze dinamiche, letterale, o che altro?

"Le grammatiche te le ho menzionate sopra."

Io ne ho vista solo una, degli altri uno è un commento al Vangelo di Giovanni, uno una nota liturgica, e l'ultimo un dizionario essenziale.
Di tutti costoro, a quanto m'è dato di vedere tra le citazioni
tagliuzzate, solo uno traduce il nostro versetto con "ero". Come consensus accademico a favore della tua tesi mi pare assai poco probante, io mi aspetterei almeno quaranta grammatiche (magari non scritte da mummie) se la cosa è tanto ovvia.

"comunque mi rendo conto che l’ultima e-mail che ti ho mandato c’era un tono un po’ provocatorio"

Scusa ma non ricordo di quale e-mail tu stia parlando.

"Prima di finire vorrei postarti un piccolo commento teso a difendere il modo di tradurre della TNM a Giovanni 1,1."

Una cosa per volta

"Aspetto una tua opinione anche in questo"

E' già stato detto tutto il dicibile.

"It was mentioned on another forum that the Coptic translation of the Gospel of John, dating from about the 2nd century C.E., specifically uses the Coptic indefinite artilce in translating John 1:1c, rendering it "the Word was a god."
It was also further stated that the Coptic language, unlike Koine Greek, has both a definite and an indefinite article, and that by use of the Coptic indefinite article in John 1:1c, what is only implied in the Greek text by the absence of the definite article is made clear in the Coptic: "the Word was a god."

Io mi rifiuto di parlare delle lingue che non conosco, direi solo stupidaggini, specie per una lingua aliena al panorama indoeuropeo come il copto. L'unico in questo forum che conosce il meraviglioso idioma è Epifanio, dunque se vuoi chiedi a lui un parere, ricordandoti però che è impegnato con del lavoro nella sua università e non può lasciare la traduzione dei suoi papiri per correre dietro a qualunque quesito. Ti posso solo dire che le infomazioni esposte in quelle righe sono molto dubbie e rendono difficile rispondere. La fonte è un sito internet (It was mentioned on another forum...), e non viene neppure citata l'opera di riferimento.

Ad maiora

[Modificato da Polymetis 06/12/2005 12.12]

---------------------
Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
06/12/2005 12:52
 
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Polymetis ha scritto:

...
".<> (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che comporta, suol essere tradotta <> oppure <>.". - Commento della Bibbia Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986."

Sono l'unico a non vedere nulla tra parentesi?

La citazione dice quanto segue: “…«Io sono» (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che comporta, suol essere tradotta «Io ero» oppure «Io già esistevo»…”. – Commento della Bibbia Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986.

Le parole tra < e > non sono visibili perché questo tipo di "virgolette doppie" (< < e > >) viene letto come linguaggio html.
Per evitare questo inconveniente, quando si vogliono virgolettare delle citazioni è meglio usare questa forma:

«...»,

oppure questa:

"...".

Saluti
Achille
06/12/2005 21:38
 
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Rispondo prima ad Adelfos

Ciao Gaetano, in attesa della risposta di Polymetis, provo a dire qualcosa io.

Innanzitutto mi fa piacere risentirti di nuovo Adelfos e grazie anche per questo tuo post.

La difesa della traduzione di “ io ero” in Giov 8,58 operata da Felice mi convince poco,
Ti voglio far notare comunque, come le due grammatiche citate, a mio avviso, non sostengono affatto la resa della TNM.
Affermano semplicemente che il presente indicativo greco, quando esprime durata e continuità d’azione, include sia il presente che il passato, ma questo non giustifica la traduzione di “ io sono stato “ o “ io ero”.

Capisco le tue motivazioni amico mio, e tenendo conto delle mie convinzioni dottrinali (io sono trinitario, lo dico perché forse in questo forum temo che si incominci a dubitare della cosa), sono decisamente propenso ad accettarle. “Egò eimi” è “io sono”, quindi è questa la sua traduzione letterale, non ci sono dubbi. Il mio intento caro Adelfos è semplicemente quello di smussare un po’ le critiche, a mio avviso un po’ esagerate sulla TNM per quanto riguarda la sua traduzione di Giovanni 8,58.

Per continuare a citare l’esempio di Polymetis, se io dico “ mangio da un’ora”, il presente indicativo indica un’azione o stato cominciato nel passato e che continua fino al momento in cui si parla, senza escludere che tale azione o stato possa continuare nel futuro.

Mi piace questo esempio.

Ora, la forma di durata che indica un’azione cominciata nel passato e che continua fino al momento in cui si parla, in italiano va tradotta non con “ io sono stato “ o “ io ero”, in quanto queste espressioni esprimono solo un’azione conclusasi nel passato, allora la lingua italiana ci offre una sola possibilità: IL PRESENTE INDICATIVO, nel nostro caso dunque “ io sono”.

Hai ragione. D’altronde se rileggi il mio post del 21-11, io affermo:

“…tale tipo di traduzione (TNM) trasmette in pratica solo una parte della verità espressa da Gesù..”

Infatti tu come giustamente fai osservare, in un verso in cui si parla di un’azione che incomincia nel passato e che continua nel presente è ovvio che include anche quest’ultimo tempo e non solo il passato, di conseguenza la traduzione più fedele e precisa è “io sono”.
Solo che facendo comunque parte del significato di “ego eimi”, presente in Giov. 8,58; anche il modo di tradurre della TNM, non è da escludere nel modo più assoluto.


Per quanto riguarda la citazione del “ Vangelo di Giovanni “ di Mateos e Barreto, da parte di Felice, c’e da dire a titolo informativo, che questi due studiosi concludono la loro esegesi del testo con la frase ( ovviamente omessa nel libro ) “ Si è preferito conservare al presente la formula solenne di Gesù - IO SONO QUELLO”
Se alla fine anche loro optano per il presente, un motivo ci deve pur essere !!!!!

Adelfos, io sottoscrivo pienamente quello che dicono Mateos e Barreto. Se tu rileggi attentamente il mio post del 21-11 vedrai che il mio ragionamento è molto simile al loro, correggimi se sbaglio. Anche io credo che è “preferibile conservare al presente la formula solenne di Gesù: IO SONO”. Ma il fatto stesso che è preferibile tale traduzione, non vuol dire che altre traduzioni, tipo “io sono stato” o “io sono”, oppure “io ero” sono da escludere nel modo più completo. Se qualcuno, amico mio, mi direbbe: Gaetano quale traduzione preferisci a riguardo Giovanni 8,58? Io non avrei dubbi! a rispondere: “Prima che Abraamo fosse nato (fosse) (nascesse), Io sono”. Questo perché è la più fedele, dal punto di vista grammaticale, dato che è la versione letterale di “ego eimi”, e tiene conto non solo dell’azione passata, ma anche quella presente (ancora in corso), inclusa anch’essa nel significato di “ego eimi”, di Giovanni 8,58.
Oltretutto è anche quella corretta dal punto di vista teologico, infatti sempre nel verso del quarto vangelo il Signore Gesù si mette alla pari con Dio, e abbiamo visto qual è stata la reazione dei giudei…


La grammatica di Robertson viene citata così:
“ Il verbo ( eimi)…. A volte esprime in effetti l’esistenza come predicato esattamente come qualsiasi altro verbo, ad esempio in ego eimi in Giov 8;58”
Tuttavia nella stessa grammatica a pag. 880, Robertson in un passaggio spiega che in Giov 8:58
“ eimi is really absolute”, indicando che un predicato assoluto è una costruzione in cui un verbo copulativo è usato come un oggetto o complemento.
Comunque ti faccio avere ciò che Robertson afferma in Giov 8: 58, nel suo Word pictures of the NT
“ I am (ego¯ eimi). Undoubtedly here Jesus claims eternal existence with the absolute phrase used of God. The contrast between genesthai (entrance into existence of Abraham) and eimi (timeless being) is complete. See the same contrast between en in Joh 1:1 and egeneto in Joh 1:14. See the contrast also in Psa 90:2 between God (ei, art) and the mountains (gene¯the¯nai)”.

Ti ringrazio per questa citazione estesa. Adelfos potrei chiederti un favore? Nel prossimo tuo post potresti portarmi tutte le citazioni di Felice che ho riportato nel mio post del 21-11; in modo più esteso? Anche quelle sostituite dai puntini sospensivi? grazie.

Comunque per farti un’idea più chiara ti riporto ciò che affermano alcune opere teologiche prestigiose in merito a Gio 8:58.

“ Siamo di fronte alla sommità della rivelazione di Gesù. In tutto il dialogo Gesù si proclama Dio, il Preesistente, il Vivente, come lo è il Signore Dio dell’Antico Testamento. Egli è Dio per noi “.
Zevini- Commenti spirituali del NT – Vangelo di Giovanni – Città nuova.

“ Le cose stanno diversamente in 8,58, in cui, per la relazione all’esistenza di Abramo, viene affermata la preesistenza di Gesù, il suo essere eterno e divino; ma poiché qui non si tratta soltanto della categoria del tempo, ma anche e molto di più di una differenza fondamentale di essere ( Gesù NON DICE: << PRIMA CHE ABRAMO FOSSE IO ERO >>, BENSI ’ << IO SONO>>) non si può staccare del tutto questo passo dagli altri espressi in formula assoluta. Tutti questi passi ( Giov: 8,24, 28; e 13, 19) hanno in comune la pretesa di Gesù ad un modo di essere assolutamente unico che va oltre la categoria umana “
Commento teologico del NT- Vangelo di Giovanni, parte seconda Rudolf Schnackenburg, pag 80

“ Gesù possiede la reale preesistenza che è compresa nel suo eterno essere divino.
A differenza di Giovanni Battista che poteva dire soltanto “ protos mou en” ( Giov 1, 15,30),
Gesù parla al presente, che lo colloca al di sopra del tempo e nella presenza eterna di Dio……..
L’accento è posto sull’essere eterno di Gesù, dà all’esposizione un tono alquanto diverso da quello della frequente formula Ego eimi, anche nella sua forma assoluta , cioè non accompagnata da un’immagine”( Giov 8,24,28).
Il passo veterotestamentario alla base dell’espressione potrebbe essere Esodo 3,14 dove Dio di sé attesta: << Io sono l’Io sono>> reso dai LXX con “ Ego eimi ho on “.
Ma l’Ebraico eheh è affine a “ ani hu “, quella divina formula di rivelazione che Gesù riprende con Ego eimi di Giov 8,24 “
Commento teologico del NT- Vangelo di Giovanni, parte seconda Rudolf Schnackenburg, pag 401

“ In questo versetto è evidente la distinzione tra genesthai, che è usato per i mortali e l’uso divino di einai << essere >>, nella forma di << Io Sono >>. Questa stessa distinzione si è vista nel prologo: la Parola era, ma attraverso di lei tutte le cose avrebbero avuto origine. Nell’ AT la stessa distinzione si trova nelle parole rivolte a Jahvè nel Salmo 90:2: << Prima che le montagne si formassero ….da sempre e per sempre tu sei>>
Vangelo di Giovanni – Raymond E. Brown – cittadella editrice pag 469

“ Ci sono in Giovanni otto casi in cui Gesù identifica se stesso mediante l’affermazione assoluta << IO SONO >>. Questa espressione misteriosa sembra sia un’intenzionale riferimento a Mosè ( Es. 3, 13, 14 ); essa quindi è un’espressione della divinità propria di Gesù”
Vangelo di Giovanni – Raymond E. Brown – cittadella editrice pag 1836

Prima che Abramo fosse nato io sono: Questa, una delle affermazioni più enfatiche di Gesù riguardanti la sua natura divina .
Grande Commentario Biblico Queriniana

Ed infine:

“ Ego eimi si trova come autodefinizione di Gesù in Giov 8:58 e 8: 24-28; 13:19.
In Giovanni 8:58 ( ego eimi) è chiaramente contrapposto a “ prima che Abramo fosse “. In esso Gesù esprime la consapevolezza della propria eternità, della propria trascendenza rispetto al tempo. Ciò che la Scrittura attribuisce al Padre VIENE QUI RIFERITO AL FIGLIO CHE E’ UGUALE AL PADRE” ( Grande Lessico del NT, G. Kittel – G Friedrich vol.III pag.189)

Sono pienamente d’accordo con tutte. Adelfos, posso inserirle in un mio studio sulla trinità che pubblicherò sul mio sito più avanti?

Per chiarezza, ho volutamente preferito citare queste opere, in quanto ampiamente citate da Felice in altre parti del suo libro per sostenere la presunta correttezza della versione TNM.

Ti ringrazio per la tua disponibilità.

A presto

Adelfos

Ciao Adelfos,

Il tuo amico Gaetano.


Ora rispondo a Polymetis.

Se vuoi ti mando copia dell'e-mail.

Ho già detto che ti credo Polymetis. No problem. Se vuoi comunque scrivermi in privato per altre cose sei sempre il benvenuto; gaetano19672@interfree.it

Innanzitutto scansiono dalla più celebre grammatica di greco
neotestamentario un breve riassunto su che cosa sia il verbo in greco e quali sono i suoi "aspetti".

Grazie.

Chiariamo: Gv 15,27 e Gv 8,58 differiscono per costruzione giacché l'einai di Gv 8,58 è inserito in una consecutio temporum che esigerebbe l'imperfetto, quando invece abbiamo il presente, mentre in Gv 15,27 il costrutto è regolare.

Capisco.

Nessuno dei due è un presente storico, stai sbagliando terminologia. Come già spiegato il presente storico è tipico dei racconti vivaci, e non ha nulla a che fare con azioni iniziate nel passato e che perdurano nel presente, bensì è un corrispondente del nostro passato remoto e situa le azioni nel solo passato con valore puntuale, non
durativo. Abbiamo qualcosa di simile anche in italiano, ad esempio si può dire: "Nel 1946 l'Italia diventa una repubblica ", o "Virgilio vive nel I secolo d.C."!

Grazie per la correzione Polymetis. Allora quale sarebbe la terminologia corretta per definire “un’azione passata che continua nel presente?”.

Questo non è decisamente un caso di presente storico. E poi volendo essere pignoli un'azione che inizia nel passto e continua nel presente non è resa in italiano con l'imperfetto, il quale rappresenta un'azione duratura che si situa nel passato e nel passato si conclude. "L'anno scorso ero a Londra", indica che per un certo tempo sei stato a Londra ma oggi non sei più là. Tempo fa di discusse di quest'argomento nel forum dell'Accademia della Crusca (l'istituzione ufficiale che vigila sulla purezza della lingua italiana), uno dei linguisti presenti argomentò giustamente:

"Innanzitutto, caro Serveto, se non vogliamo «stirare» il
significato d'un verbo italiano, cominciamo a non stiracchiare quello d'un verbo greco. È infatti verissimo che in greco il presente è un aspetto e non un tempo (aspetto «durativo»), ma non è affatto vero che il presente greco indichi un'azione che inizia nel passato e continua nel presente, questo è semmai vero per il perfetto greco, che indica lo stato presente derivante da un'azione passata [cui però manca la componente durativa] o per l'imperfetto, che indica un'azione continuata nel passato [cui però manca la componente resultativa nel presente]), e quindi non è vero che eimi significhi (nella frase in oggetto o altrove)
"ero e continuo ad essere", ma significa semplicemente «sono» o, se proprio vogliamo enfatizzare l'aspetto durativo, «continuo a essere» (ma questo [1] non risolve l'anomalia sintattica [nemmeno in greco -è vero che, se «continuo a essere», evidentemente «ero anche prima», ma questa è un'inferenza logica {applicabile a qualsiasi lingua!}, non una caratteristica intrinseca del verbo eimi o del presente indicativo greco] e [2] non è necessario in italiano, ché in tutte le lingue indoeuropee il «verbum substantivum» esprime di per sé stesso un aspetto durativo -non
per nulla è il «verbo copulativo» per eccellenza, e alcune lingue come lo spagnolo hanno sentito la necessità di ricorrere a un altro verbo [estar] per esprimere un'azione momentanea). Infatti, come c'insegnano tutte le grammatichette del ginnasio, all'indicativo, il presente, pur mantenendo l'aspetto durativo, acquista anche il valore temporale di «presente»." (Il messaggio prosegue rilevando l'inusuale consecutio temporum tanto in greco quanto in latino, che ti ho già segnato)

Grazie per la citazione.

".Il Presente che indica la continuazione di un'azione nel passato e fino al momento in cui i parla ha praticamente valore percettivo, e la sola differenza è che l'azione è concepita come ancora in corso . E' frequente nel NT [Nuovo Testamento]: Luca 2.48 . Gv. 5.6 8.58 . ". A Grammar of New Testament Greek, di J.H.Moulton, vol. III, a cura di Nigel Turner, Edimburgo, 1963, pagina 62.

Innanzitto ringraziamo Felice per averci deliziato con questa ennesima grammatica dell'ottocento, giacché sebbene questa sia una ristampa del 1963 l'autore è deceduto nel 1917. Ad ogni modo, visto che Moulton non è uno sconosciuto, cerchiamo di capire di che cosa stia parlado. Nell'ottocento la comprensione del sistema verbale del greco non era quella che abbiamo oggi dunque ci vuole parecchi sforzo per penetrare alcune terminologie arcaiche. A prima vista non capisco di cosa diavolo stia parlando
l'autore, giacché cita come esempi di presente prima Lc 2,48 (dove un presente indicativo non c'è nemmeno),e in seguito un costrutto avverbiale di "echo", quando chiunque sa che il verbo "avere" in greco con certi avverbi può passare a significare
"essere, stare", giacché altrimenti la traduzione letterale della nostra frase sarebbe "già molto tempo tempo ha", e viene da chiedersi "avere che cosa?", molti interpretano con "aveva un'infermità" sottointeso, in realtà è "da molto tempo stava"(in quella condizione). Ora giacché l'autore non era un tonto mi chiedo cosa ci sia in mezzo a quei punti di sospensione che Felice ha voluto regalarci, perché non mi spiego come faccia una grammatica a fare un assunto e poi a citarmi prima una versetto dove un indicativo presente non c'è e poi un altro dove c'è una
costruzione avverbiale che sfasa il valore di echo in direzione durativa; temo che in mezzo l'autore avesse cambiato argomento e qualcuno si sia dimenticato di dircelo. O, se non è così, le ipotesi sono due:
!)La mia comprensione è limitata
2)Anche Omero qualche volta si addormenta

Ti riporto la citazione di Edizioni San Paolo in modo corretto.

“…<> (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che comporta, suol essere tradotta <> oppure <>…”. – Commento della Bibbia Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986.

Scusami per il mio errore.

"èimi.Io esisto (usato solo quando enfatico): - sono, sono stato.ero. -
New Strong's Coincise Dictionary of the Words in the Greek Testament,
1995, p. 26"

Lo Strong? Un'altra perla ottocentesca a cui il mondo anglosassone è molto affezionato. Come pronunciare la parola "Bibbia" equivale a dire King James Version, così dire "Bible concordance" evoca il fantasma di Strong dal lontano 1822. A lui si deve un'interlineare che permise a molti dilettanti di giocare col greco ed illudersi di capirne qualcosa, con risultati disastrosi. Scambiare la traduzione in interlinea col testo
originale greco permise a molti di ritenersi detentori della vera
parola di Dio, e le sette cristiane made in USA iniziarono a spuntare come margherite in un giardino. (Nulla ovviamente contro l'uso degli interlineari per chi voglia avvicinarsi ai testi originali, e invece problematico se partendo da una conoscenza in "interlinea" si pretende di fare una disputa grammaticale). Ad ogni modo non vedo alcun riferimento a Gv 8,58 nel testo che citi, né alcuna menzione che il presenta si possa
tradurre con l'imperfetto. Vedo sono un'eimi all'inizio, ma questo è ovvio, giacché si tratta di un dizionario e i verbi sui vocabolari di greco non si cercano all'infinito come su quelli di italiano ma alla I singolare dell'indicativo presente. Sul mio dizionario di greco ho diecimila volte la traduzione "ero" dopo eimi, il problema è la frase che il mio dizionario cita prima di "ero". Che cosa sono dunque quei puntini di sospensione giusto prima della traduzione incriminata? Lo Strong ha questa caratteristica: ricalca pedissequamente la "King James
Version" e ti fornisce non tutte le traduzioni possibili della parola greca, ma solo le scelte traduttive della KJV. Nel nostro caso la Bibbia di re Giacomo traduce con "Jesus said unto them, Verily, verily, I say unto you, Before Abraham was, I am.", dunque lo Strong ha messo quell' "ero" in riferimento ad un altro versetto, il problema è quale. O forse
dobbiamo credere che quei puntini non celino nulla pur avendo davanti agli occhi l'esempio di le tutte citazioni artatamente tagliate di Buon Spirito che Adelfos ci ha già esposto?

Chiederò a Felice di mandarmi tramite e-mail la citazione dello Strong in modo più esteso.

"ho precisato prima vi è anche la risposta alla domanda fattagli dai suoi oppositori giudei in Giovanni 8,57"

Ma tradurre con "io sono" è la risposta per eccellenza, gli sta proprio dicendo che non solo lui era nato prima di Abramo avendo iniziato ad esistere in qualche istante, bensì che "egli è", cioè come diceva la grammatica sopra citata si tratta di un'azione "non soggetta al tempo".

Sono d’accordo. Rileggi il mio post del 21-11 e la mia ultima risposta ad Adelfos.

Ecco il commento del più prestigioso lessico di greco neotestamentario, alla voce eimi:

Grazie. L’ho scaricato e salvato nel mio computer.

Qui mi dicevi che non sei d'accordo nell' interpretare la grammatica tenendo sott'occhio la teologia,

La mia convinzione è questa. Per tradurre correttamente un passo bisogna tener conto della grammatica e della teologia. Sono due cose indispensabili da rispettare per non commettere errori, ed è ovvio che tenendo conto di ciò, giovanni 8,58; se deve tradurre come fa la Cei e traduzioni che lo rendono in modo analogo. Mentre analizzando la cosa solo dal punto di vista grammaticale, è possibile anche come traduce la TNM, anche se si tratta di una versione diciamo "...non al meglio...".

e io ti replico che è proprio la grammatica ad additarci essa.

Indubbiamente rispettando fino in fondo ciò che la grammatica ci dice, il passo deve essere tradotto “io sono”.

La consecutio temporum irregolare ci focalizza l'attenzione su quel presente, e giacché Giovanni è chiamato sin dai primi secoli "ho theologos" le nostre antenne si devono rizzare ulteriormente. Che cos'è mai la teologia se non il discorso su Dio? Si può mai fare una traduzione del Vangelo senza tener conto che di Dio si sta parlando?

No.

Purché non mi vengano a portare questi passi come prova di qualcosa.

Capisco.

Ti faccio il ragionamento inverso. Perché mai se trovi in sperduti autori dell'ottocento una posizione simile a quella di Felice quella diventa automaticamente lecita?

A tuo avviso indubbiamente no.

Veramente le fonti che citi si limitano ad "affermare" senza argomentare, la giustificazione di quanto dicono o se l'è mangiata Felice coi puntini di sospensione (ma sarebbe controproducente), oppure non c'è.

Chiederò a lui di mandarmi le citazioni che ho riportato nel post del 21-11, più estesamente e senza i puntini sospensivi.

No, non hai colto la differenza. Non si tratta di migliore o peggiore, ma di traduzioni "letterali" che inventano il meno possibile stando aderenti al testo, e di traduzioni invece "libere" che inventano a larghe mani per rendere fluente la sintassi. Al primo tipo appartiene la Nuovissima, al secondo tipo la TILC, di un tipo intermedio è la CEI. Ti faccio capire cosa si intende per traduzione letterale (prendo un versetto arcitono):

"In principio era la Parola
e la parola era presso Dio
e la parola era Dio".

Ecco invece la traduzione libera che ne fa la TILC
(l'interconfessionale):

"In principio c'era colui che è «la parola».
Egli era con Dio
Egli era Dio"

Sì dà il caso che metà di questa traduzione non abbia alcun
corrispondente nel testo greco, eppure non è sbagliata, perché il tipo di traduzione richiesto non era resa letterale ma il rendere in "lingua corrente". Le categorie di giusto e sbagliato non coincidono con letterale e non letterale, dipende da che tipo di traduzione vuoi fare; ma, se si cita da una versione che rende volutamente in modo libero, cosa che del resto fa qualsiasi traduttore giacché veniamo obbligati a stare aderenti al
testo solo al ginnasio, allora non si può pretendere di usare quella traduzione per sostenere che anche in una traduzione letterale è lecito fare così. Sono due diverse tipologie e non si può sostenere una posizione grammaticale partendo da una traduzione libera.

Capisco.


Il problema è:
-Chi sono gli autori? Settuncole americane o accademici?
-Che tipo di traduzione fanno? Ad equivalenze dinamiche, letterale, o che altro?

Mi rendo conto che sono cose che si dovrebbero sapere. M’ informerò a riguardo.

Di tutti costoro, a quanto m'è dato di vedere tra le citazioni
tagliuzzate, solo uno traduce il nostro versetto con "ero". Come consensus accademico a favore della tua tesi mi pare assai poco probante,

Capisco le tue motivazioni. Comunque se ti è possibile caro Polymetis, cerca solo di avere più fiducia in Felice.

io mi aspetterei almeno quaranta grammatiche (magari non scritte da mummie) se la cosa è tanto ovvia.

Io stesso Polymetis credo che non sia ovvio rendere “ego eimi” con “io ero” o “io sono stato”, ma sia una traduzione indubbiamente al di fuori del consueto.

Grazie anche per la tua risposta Polymetis.

A presto!
[SM=x570865] [SM=x570864]
07/12/2005 05:22
 
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Scusami Polymetis, ma ho commesso lo stesso errore nella citazione di "eidzioni San Paolo". Ho fatto piccoli cambiamenti.

“… “Io sono” (la frase, per ragioni di lingua e del confronto con Abramo che comporta, suol essere tradotta “Io ero” oppure “Io già esistevo”…”. – Commento della Bibbia Liturgica. Settima edizione 1994 © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l. 1986.
08/12/2005 22:52
 
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Sono pienamente d’accordo con tutte. Adelfos, posso inserirle in un mio studio sulla trinità che pubblicherò sul mio sito più avanti?




Ciao Gaetano, beh se ti fidi delle mie citazioni puoi copiare a piene mani [SM=g27828] [SM=g27811]
A presto
Adelfos
09/12/2005 22:58
 
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“Infatti tu come giustamente fai osservare, in un verso in cui si parla di un’azione che incomincia nel passato e che continua nel presente è ovvio che include anche quest’ultimo tempo e non solo il passato, di conseguenza la traduzione più fedele e precisa è “io sono”.”

Non la “più precisa” bensì l’unica. L’imperfetto denota un’azione durativa che si chiude nel passato, mentre quell’eimi vuole indicare l’atemporalità dell’esistenza di Cristo.

“Solo che facendo comunque parte del significato di “ego eimi”, presente in Giov. 8,58; anche il modo di tradurre della TNM, non è da escludere nel modo più assoluto.”

Perché farebbe parte del significato di “ego eimi”? Non ho ancora letto una sola argomentazione grammaticale a favore di questa tesi.

“Anche io credo che è “preferibile conservare al presente la formula solenne di Gesù: IO SONO”. Ma il fatto stesso che è preferibile tale traduzione, non vuol dire che altre traduzioni, tipo “io sono stato” o “io sono”, oppure “io ero” sono da escludere nel modo più completo.”

A parte che i due studiosi non dicono che si possa tradurre con “io ero” bensì che la relazione temporale può essere espressa in italiano con “io ero”, il che è ovvio, anche in italiano infatti la consecutio termorum non è rispettata traducendo come fa la CEI. Ma il problema non sono le citazioni bensì quello che contengono. Se mille commentari dicono che questo eimi è un presente ad esprimere l’assolutezza atemporale mentre solo un numero così esiguo da poter essere contato sulle dita di una mano è del parere che sia possibile tradurre con “io ero”, allora ci si aspetterebbe che oltre ad asserire costoro portassero argomentazioni. In una discussione con un grecista una citazione ha importanza solamente se questa oltre a dire qualcosa tenta anche di argomentarla (magari con esempi tratti dalla letteratura greca), altrimenti è ovvio che ci di deve attenere al consensus accademico che rigetta in blocca la tesi della TNM in base ad un’osservazione semplicissima: se Giovanni ha scelto di fare una costruzione irregolare inserendo il presente è perché voleva farlo risaltare. Che cosa fa invece la TNM? Va contro Giovanni che ha scelto appositamente di non mettere l’imperfetto sebbene fosse obbligato dalla grammatica e traduce proprio col tempo che l’evangelista ha evitato.

“posso inserirle in un mio studio sulla trinità che pubblicherò sul mio sito più avanti?”

Hai un sito?

“Allora quale sarebbe la terminologia corretta per definire “un’azione passata che continua nel presente?”.”

In greco non esiste un tempo adibito a questo scopo, occorre usare delle preposizioni.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
10/12/2005 15:12
 
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Hai un sito?

Ad essere precisi, diciamo che ho a mia completa disposizione una sezione del sito del mio confratello Paolo Castellina, in cui posso entrare e uscire liberamente e apportare modifiche inserire saggi ed altro.

Questo è il mio indirizzo: www.gaetano.riforma.net basta scriverlo nella finestra della pagina “internet explorer” e premere invio. Se poi vuoi visitare il sito completo, vai su www.riforma.net


Ciao Poly.
29/01/2006 13:26
 
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Rgazzi ho ricevuto questo scritto da un tdG volevo conoscere la vostra opinione, grazie. Nel frattempo vi saluto tutti con affetto. [SM=x570890]

Interestingly, the Bible used by the modern Coptic church, which is apparently a variety of the Bohairic translation made originally in about the 6th century CE, also faithfully keeps the indefinite article in John 1:1c, rendering it:
ne ounout pe picaji

literally, "a god was the Word."

Thus, it seems that Coptic versions from the 2nd (or 3rd) century through the 6th (or 7th) century and beyond were in agreement in employing the Coptic indefinite article (u when joined with the verbal particle ne[as in Sahidic]; ou when separate [as in the Boharic]) at John 1:1c.

The Coptic Bible used by the church is found at this website:

www.coptic.org/language/bible/bible.htm
29/01/2006 14:43
 
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Se ne è già parlato, trovi la discussione proprio in questa sezione.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
29/01/2006 18:59
 
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Re:

Scritto da: -Gaetano- 29/01/2006 13.26

Rgazzi ho ricevuto questo scritto da un tdG volevo conoscere la vostra opinione, grazie. Nel frattempo vi saluto tutti con affetto. [SM=x570890]

Interestingly, the Bible used by the modern Coptic church, which is apparently a variety of the Bohairic translation made originally in about the 6th century CE, also faithfully keeps the indefinite article in John 1:1c, rendering it:
ne ounout pe picaji

literally, "a god was the Word."

Thus, it seems that Coptic versions from the 2nd (or 3rd) century through the 6th (or 7th) century and beyond were in agreement in employing the Coptic indefinite article (u when joined with the verbal particle ne[as in Sahidic]; ou when separate [as in the Boharic]) at John 1:1c.

The Coptic Bible used by the church is found at this website:

www.coptic.org/language/bible/bible.htm



Ciao Gaetano

La questione è meno semplice di quanto sembra, anche se l’articolo indeterminativo è presente sia nella versione bohairica che quella saidica non necessariamente va tradotto nell’italiano “un”, a tal proposito un docente di lingua copta mi ha detto che:

«in copto quello che viene chiamata articolo indeterminativo ha un uso del tutto diverso dall'italiano, che insomma la categoria lessicale/grammaticale di articolo indeterminativo va trattata con la massima cautela.»

Infatti una versione inglese del Nuovo Testamento fatta dal dialetto bohairico sembra essere consapevole di quanto detto sopra:

www.tyndale.cam.ac.uk/Scriptures/CVNT.htm

Sono ancora in ballo con alcune discussioni, se se saprò qualcosa in più le riporterò nella discussione aperta da Poly.
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